LA SOLIDARIETÀ SPIEGATA AI NON UDENTI (CHI HA ORECCHIE INTENDA …) 1
Saline di Marsala e la laguna dello Stagnone
Saline di Marsala e la laguna dello Stagnone
Generali della Campagna d'Italia
“È strano, ho appena riletto
questo post e oltre la sensazione di ripetere spesso la stessa cosa da più punti
di vista e a quella di aver parlato di me e della mia famiglia troppo
intimamente per un blog … e forse non era il caso, ho anche quella persistente
che chi capirà tutto questo senza problemi, non aveva alcuna necessità di
leggerlo e a chi, invece, volevo indirizzarlo, non lo capirà comunque,
nonostante tutti i miei sforzi e la mia esposizione personale”.
Ieri sono andato a vedere il
nuovo film di Pierfrancesco Diliberto
(Pif), In guerra per amore, è strepitoso e consiglio di
andarlo a vedere assolutamente; fra una risata e l’altra mi ha lasciato
molto su cui riflettere. Di quale politica e di quale mafia parla Pif nel suo
film, di quella di Giuseppe Genco Russo,
di Calogero Vizzini o di un ipotetico
don Calò, della Democrazia Cristiana, o della mafia e della politica di adesso?
Di quale fascismo parla, di quello di Mussolini
e dei suoi gerarchi o del fascismo dei nostri giorni, che è pur sempre vivo e
più vegeto che mai nella sua essenza?
Ma soprattutto, perché molti
americani giunsero in Europa a rischiare la loro pelle per beghe molto lontane
da loro e di cui avrebbero potuto disinteressarsi completamente? Certo, i più
accorti fra voi mi faranno notare quale vantaggio abbiano conseguito gli USA
dall’intervento nella seconda guerra mondiale, i più dotti mi indicheranno l’attacco
a sorpresa di Pearl Harbor che piombava gli americani nella guerra loro
malgrado e i più disincantati mi faranno notare come i governanti decidono e la
massa esegue, per spiegare come mai molti americani partirono per un continente
lontano senza nemmeno protestare.
Non posso certo darvi torto,
queste cose le conosco anch’io, ma so anche che l’America, attaccata dai
giapponesi, poteva limitarsi a contrattaccare in Giappone e nulla più, in
Europa invece persero migliaia di uomini e di ogni vita spenta il presidente
era responsabile di fronte al Paese.
Buccheri, dopo lo sbarco alleato.
La fotografa Gerda Taro e un soldato tedesco.
Mezzo anfibio da sbarco.
Autorità fasciste in Sicilia
In molti, poi, in America, si
arruolarono volontari ed erano convinti seriamente di combattere contro una
feroce dittatura che si stava impadronendo del Vecchio Continente, si sarebbe
impadronita dell’Africa e un domani anche del mondo; e anche chi non si sa bene
perché era partito, giunto in Europa nel 43, dopo quattro anni di guerra, trovò
fame, desolazione e rovine.
Chi attraversò l’Italia dal sud
al nord trovò una povertà che si poteva affettare col coltello, che non era
solo dovuta alla guerra e ai saccheggi dei nazisti in ritirata, ma che era
strutturale, gran parte dell’Italia era rurale e le industrie erano quasi
inesistenti e concentrate nelle grandi città del nord, usava metodi di
coltivazione arcaici e poco fruttuosi, nemmeno la produzione del grano era
sufficiente al fabbisogno del Paese e la politica dell’autarchia voluta da
Mussolini aveva peggiorato le condizioni di arretratezza politica, economica,
industriale e tecnologica.
Le rivendicazioni che il regime
esigeva nei confronti del mondo civile, progredito e industrializzato, erano
tardive, anacronistiche e non erano sostenute da forza sufficiente per poterle
conseguire, il posto al sole, l’impero, la colonizzazione dell’Africa fu un
fallimento totale, risolto grazie all’uso massiccio di gas chimici … tutto per
prendere le briciole di ciò che il colonialismo europeo aveva lasciato perché
lo riteneva poco appetibile (la Libia, la Somalia e l’Eritrea).
Robert Capa
Tramonto sulle saline di Mozia
Tramonto sulle saline di Mozia
Sbarco in Sicilia, luglio 1943
In questo contesto alcuni soldati
statunitensi illuminati hanno dato testimonianza di solidarietà vera verso la
gente che incontravano, vestendoli, sfamandoli, tentando di riorganizzare ciò
che rimaneva delle loro amministrazioni e delle loro istituzioni.
Poi prevalse la realpolitik, gli alleati non potevano
permettersi di lasciare truppe nei territori “liberati” secondo la propaganda
imperante, “conquistati” secondo il quantitativo di bombe sganciate e il numero
dei morti fra i civili, dovevano continuare la guerra e, soprattutto, volevano
arrivare prima dei sovietici a Berlino … sarebbe stato un grande colpo per la
propaganda mondiale, i soldati americani che per primi piantano la bandiera a
stelle e strisce sul Reichstag di Berlino, ed invece furono i russi a farlo.
Per questo non andarono tanto per
il sottile e riesumarono la vecchia mafia, ogni persona che sapesse esigere rispetto
e comandare anche con l’uso della forza, fu chiamata ad un posto di comando …
alcuni mafiosi diventarono sindaci, i criminali amministravano i beni comuni, i
corrotti tenevano nelle loro mani le fila dell’amministrazione … è
straordinario constatare come non sia cambiato niente da allora, quando si dice
che viviamo nel solco delle antiche tradizioni.
Erice
Soldato fascista scrive uno degli ultimi slogan del regime su un muri di paese in Sicilia
Robert Capa
Casamatta in cemento armato della seconda guerra nelle campagne del siracusano
Ciò non mancò di indignare tutti
quegli americani integerrimi e onesti che credevano di aver liberato l’Italia
da una feroce dittatura, dalle mani di un pazzo guerrafondaio, e si accorgevano
che veniva ceduta ai criminali da strada che stavano riorganizzandosi per
creare una dittatura ancora più feroce della precedente.
Ci furono delle dimissioni dall’esercito,
lettere di protesta, qualcosa arrivò alla stampa di allora, ma il governo degli
stati uniti non cambiò di una virgola le sue decisioni iniziali anzi, capì
subito che con i mafiosi che stavano prendendo rapidamente il potere ovunque ci
si poteva trattare, si potevano fare accordi, si poteva estendere l’area di
influenza politica, militare ed economica del loro Paese.
Ben presto il mondo si divise in due blocchi e ciascuno si premurò di
assicurarsi l’influenza e la fedeltà totale dei propri alleati, soprattutto
quelli che si situavano al confine fra le aree … fu così che noi italiani ci
avvezzammo a mangiare hamburger, patatine e a bere coca cola e gli slavi a
mangiare salmone, aringa affumicata, e a bere vodka.
Phil Stern, i Rangers del gen Darby verso la Sicilia
Phil Stern in Sicilia Lo sbarco in Sicilia nelle foto di Phil Stern - Photogallery - Rai News
Il generale Harold Alexander in primo piano e, alla sua destra, il generale Oliver Leese.
C’è da chiedersi cosa gliene
fregava a questi militari americani delle sorti dell’Italia, perché mettere a
repentaglio o a rinunciare a carriera e prestigio duramente conquistati sul
campo per denunciare irregolarità, soprusi, violenze che neanche li
riguardavano, perché sprecare tanto del loro tempo in battaglie che fin da
subito si presentavano come perse.
Perché andarsi a sedere, come fa
il protagonista del film Arturo
Giammarresi sulla panchina fuori dalla Casa Bianca (come Forrest Gump) nell’attesa vana di
essere ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti, che secondo lui non poteva certo
tollerare che in Italia si piazzassero i mafiosi a governare il territorio.
Un’ingenuità incredibile, Arturo
ci è simpatico proprio per questa sua ingenuità, però non possiamo anche non
definirlo patetico, quando sappiamo che gli Stati Uniti prima di progettare l’operazione
Husky (lo sbarco in Sicilia) prendono accordi con Lucky Luciano, che anche dal carcere controllava il porto di New
York da cui sarebbero partite le navi militari americane dirette in Europa.
Soldati inglesi e americani a Cassibile durante la firma dell'armistizio, 3 settembre 1943
La bandiera rossa dell'URSS sullo Reichstag di Berlino
Robert Capa - Shiny Shoes Men Agosto 1943
Comiso, luglio 1943
Se l’America voleva essere pronta ad organizzare una flotta in breve tempo (dopo
i danni di Pearl Harbor) doveva affidarsi alla mafia di New York che
controllava il porto, e ancora c’era bisogno di contatti locali in Sicilia per
studiare dove fosse meglio sbarcare, per conoscere il territorio, dove colpire,
come muoversi, come dialogare con una popolazione locale che era essenziale
spingere dalla propria parte e che parlava soltanto il dialetto stretto.
Pierfrancesco si concede uno
svarione storico riguardo allo sbarco degli alleati nel suo film, li fa
sbarcare nella parte occidentale della Sicilia, i posti che si vedono sono soprattutto
la splendida Scala dei Turchi col castello sovrastante, uno splendido colpo d’occhio,
il paese di Erice, sopra Trapani, tutto lastricato in pietra e le saline di
Mozia con i caratteristici mulini, mentre lo sbarco avvenne fra Siracusa e Gela.
Mia madre, adolescente in quell’epoca,
che abitava proprio in un paese sul mare situato al centro della striscia di
costa interessata dagli sbarchi, mi raccontava che subito dopo i primi
bombardamenti che distrussero la stazione ferroviaria, la caserma dei
carabinieri, tutte le postazioni militari, il palazzo comunale, il carcere e
rasero al suolo il quartiere più povero e popoloso, che ebbe tanti morti, per
piegare col terrore ogni resistenza, decisero di rifugiarsi in una loro
proprietà in campagna dove avevano un pozzo e una casa colonica.
Giarre, donne trasportano proiettili per carro armato.
Prigionieri fascisti
Erice
Pochi rimasero in paese, anche
perché i bombardamenti continuarono a tappeto e si intensificarono
progressivamente, in tantissimi sfollarono in campagna (chi possedeva un pezzo
di terreno) o in montagna dove ci sono delle grotte artificiali che in passato (anche
piuttosto recente) erano state abitate stabilmente o stagionalmente dagli
allevatori o dai contadini.
La famiglia di mia madre, sto
parlando della famiglia allargata che comprendeva mia nonna vedova, tutti i
suoi figli, generi o nuore, nipoti diretti e indiretti e qualche cugino che si
trovava in visita in quei luoghi, nel suo esodo portò dietro con sé la famiglia
di alcuni vicini, che erano anche amici, padre, madre e due ragazzi adolescenti,
ciascuno portò tutto ciò che possedeva per sopravvivere, perché non si sapeva
quanto sarebbe durata e le campagne in luglio inoltrato erano spoglie di
raccolto.
Mia nonna non era ricca, né
benestante, dopo che le era morto il marito ed era rimasta da sola con tanti
figli da crescere in un paese che non era il suo e in cui non aveva dei
parenti, eccetto un nipote che lo zio (mio nonno) aveva favorito per un posto
di lavoro, un’opportunità insperata per quel giovane che altrimenti non avrebbe
avuto nel suo paese d’origine, nipote che si farà in quattro poi per aiutare la
zia quando rimarrà vedova e che rimarrà legato per sempre alla mia famiglia con
un legame indissolubile.
Erice
Alexander e Patton
Però, come diceva lei stessa: “Per
fortuna non desiderava!”, lei era stata “liquidata” piuttosto bene dai datori
di lavoro del marito appena deceduto e, seppure aveva dovuto abbandonare la
bella ed ampia casa padronale che occupava finché il marito lavorava in quel
posto, si era adattata piuttosto bene a vivere in una casa più piccola in
affitto.
Questa piccola agiatezza
iniziale, insieme all’aiuto della sua famiglia d’origine aveva permesso ai suoi
figli di studiare e ai più grandi di trovare un impiego abbastanza in fretta,
lei stessa lavorava in casa. Il suo esoticismo, la provenienza da un altro paese
siciliano che aveva una parlata più antica del paese della costa in cui si era
trasferita, la conoscenza di tradizioni
antiche ormai perdute le dava il potere e l’autorità per esercitare piccole
pratiche di magia, come togliere il malocchio, la majarìa (l’incantesimo), il tràntolo
(qualcosa di simile al tarantismo) e altre fattucchierie varie in cui
allora credevano in tanti, ad iniziare da lei stessa, però all’occorrenza
faceva anche la levatrice ed era piuttosto brava dicevano.
Giuramento delle ultime reclute dell'Italia fascista ad Agrigento
Operazione Husky
Pantalica
Questo faceva si che la loro
madia fosse sempre piena di farina, che l’orcio fosse sempre colmo d’olio, la
giara piena di vino, perché non si accoglie un ospite senza un bicchiere di
vino (almeno questa era l’usanza del suo paese) e che, male che andasse, due
pomodori e un’acciuga per condire una fetta di pane ce l’avevano sempre.
Ma era difficile che andasse così
male perché in quella piccola campagna c’era uno dei migliori orti del
vicinato, non mancava nulla, dai peperoni alle melanzane, zucchine e fagiolini,
cavolfiori, ortaggi di stagione ed erbe aromatiche, in una piccola stalla
coperta, dove ormai non c’era più alcun rappresentante equino, si allevavano
conigli, galline e, sempre, un maiale.
Perché non si può festeggiare il
carnevale senza i ravioli di ricotta e cannella col sugo di maiale, una ricetta
che nella mia famiglia è giunta attraverso lei che era di un’altra provincia e
conosceva la cucina di collina, dell’entroterra, degli iblei, invece di quella
della costa, ricetta che si è divulgata a macchia d’olio, perché le sorelle di
mio padre l’hanno imparata in questo modo e anche qualche vicina di casa
volenterosa, insieme ad altre buone come questa.
Guaritrice scaccia il malocchio
Giuseppe Genco Russo
Scala dei Turchi, Realmonte Agrigento
Ma, quando si è in tanti, quando
i raccolti sono in la da venire, quando non puoi integrare acquistando niente
perché in quel periodo i soldi non valevano nulla e chi aveva un po’ di farina
era ricco, tutto ciò che hai dura molto poco; erano stati costretti a razionare
il cibo, anche il pane, e avevano iniziato a mangiare le carrubbe (“Le carrubbe
erano più buone della cioccolata!” ripeteva sempre mia madre) che crescevano
spontaneamente ed erano considerate esclusivamente cibo per gli animali, eccetto
che per una ricetta particolare, il vino cotto, che sostanzialmente è un
liquido molto denso fatto di un infuso di carrubbe ed altri ingredienti, in cui
si inzuppavano le “crespelle” di san Martino, una specie di zeppole o frittelle
dolci o salate, con zucchero, o con acciughe e semi di finocchio selvatico.
In quella situazione di necessità
e di incertezza, che nessuno era in grado di prevedere quanto sarebbe durata e
come si sarebbero sfamati l’indomani, successe un fatto increscioso, i due
ragazzi della famiglia ospite di mia nonna, girovagando per le campagne,
incontrarono un giovane pastore che portava il suo gregge al pascolo, il
maggiore dei due barattò col pastore un coltellino in acciaio che aveva con un
bel pezzo di formaggio, i due fratelli in combutta fra loro lo nascosero nella
stalla avvolto in carta di giornale e in un sacco di iuta e di tanto in tanto
andavano a mangiarlo da soli.
Mia madre li scoprì ben presto e
li denunciò portando come prova il formaggio che rimaneva, il padre di questi
due ragazzi li convocò davanti a tutti, sentì la versione di mia madre, come si
era insospettita, come li aveva scoperti, cosa avevano detto in loro discolpa
nell’immediato, poi sentì ciascuno dei suoi figli uno per volta.
Scala dei Turchi, Realmonte Agrigento
Soldati inglesi e americani in Piazza Umberto I (la piazza principale) ad Avola
Infine si alzò dalla sedia in cui
era seduto (era l’unico seduto, tutti gli altri erano rimasti in piedi) si
avvicinò al figlio maggiore (quello del coltellino) e gli assestò uno schiaffo così forte e così
sonoro la cui eco ancora risuona in quelle vallate, rimbalzando fra gli alberi
di limoni, gli ulivi, i carrubbi, il muro a secco, la vecchi stalla, il
melograno; il figlio minore, complice, ricevette anch’egli uno schiaffo, ma non
di quelli che sembrano staccarti la testa … non c’era bisogno di aggiungere
altre parole.
Sei ospite presso una famiglia
che ha condiviso tutto con te, che ha messo sul piatto la parte più grossa,
perché quest’uomo era impiegato e non possedeva né terre, né beni di consumo,
né allevava animali, qualsiasi cosa, anche la più insignificante avrebbe dovuto
essere a disposizione di tutti.
C’è chi, fra i miei colleghi,
ritiene che ogni dittatura, ogni autoritarismo, ogni fascismo, nascano quando
la figura del padre, il significante del
nome del padre direbbe Lacan, è
latitante … un padre c’è ma non fa il padre, non ne ha l’autorità, non riesce a
traghettare suo figlio dal seno della madre
dall’attaccamento al cordone ombelicale, a divenire un essere sociale,
ad immergersi nel mondo, a comprendere e ad accettare le regole e i codici della
comunità. È anche il passaggio dall’egoismo
totale all’altruismo, da questo seno e questo latte sono solo miei a tutto ciò
che esiste è di tutti, perché tutti hanno diritto a vivere; il contratto
sociale non impone che si rinunci al proprio egoismo, che non si voglia un bene
prima di tutto per sé e per i propri figli prima che per gli altri, ma che si
mantengano le proprie pretese sotto controllo, che non si voglia tutto, perché
se tu prendi tutto l’altro rimane con niente e se non ha niente non ha più
nulla da perdere, nemmeno la vita e potrebbe rischiarla contro di te, cercando
di riprendere ciò che gli hai sottratto: se prendi tutto non gli lasci scelta
se non quella di morire o di combatterti.
Qualsiasi società si fonda sulla
solidarietà, sull’aiuto verso gli altri, non esiste convivenza fra individui
che non sia regolamentata da codici di aiuto reciproco: si aiuta il vicino, il
compaesano, il corregionale, il connazionale, quello che appartiene alla mia
stessa cultura, al mio stesso continente, ma si aiuta anche chi ne è
completamente estraneo, perché è un essere umano, perché è bipede e implume
come me, perché ha due occhi, il naso, le orecchie proprio come me, perché ha
il sangue rosso, dello stesso colore del mio.
Ci si prende cura anche degli animali,
non solo per necessità nutritive o perché ci aiutavano nei lavori, ma senza
alcun tornaconto, per il semplice gesto di farlo, si presta aiuto persino agli
animali selvatici, quelli che in altre occasioni potrebbero aggredirci o
danneggiarci. (SEGUE).
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