Globes de Vincenzo Maria Coronelli, Musée Chapelle Notre Dame des anges Coulommiers, Photo Ph.de Murel. |
“Im Abgrund wohnt die
Wahrheit”
Nell’Abisso abita la
verità.
(Johann Christoph
Friedrich von Schiller, 1759 – 1805, Sprüche des Konfuzius, 1799).
Vincenzo Maria Coronelli, dettaglio di mappamondo. |
Immagine di Settimio Benedusi. |
Vincenzo Maria Coronelli |
“E tacciono, perché
sono abbattute
nelle loro menti le
barriere,
e le ore in cui si
potrebbe comprenderli
vengono e vanno.
Spesso a notte,
affacciati alla finestra,
tutto ritrova a un
tratto il giusto senso.
La loro mano poggia
sul concreto
E il cuore è alto e
vorrebbe pregare,
e gli occhi in pace
guardano
nel recinto ormai
calmo l’insperato
giardino tante volte
sfigurato
che nel riverbero di
mondi ignoti
continua a crescere e
mai non si perde”.
(Rainer Maria Rilke,
Nuove poesie, I folli, 129).
Vincenzo Maria Coronelli. |
Vincenzo Maria Coronelli. |
Da bambino ero sempre irrequieto,
smanioso, tutto mi stava stretto, il mio lettino, la mia cameretta, la mia
casa, il mio quartiere, il mio paese, la Sicilia intera e non sono mai riuscito
a sopportare un maglione col collo alto, nonostante qualcuno abbia provato a
regalarmene di molto belli.
Ricordo una volta, avrò avuto
quattro anni e non di più, eravamo passati con mia madre da un negozio di
giocattoli, guardando la vetrina mi ero innamorato di un oggettino, ma mia
mamma non aveva i soldi per regalarmelo; più tardi, messa insieme la cifra che
mi occorreva, ho ripercorso la strada a ritroso, ho ritrovato il negozio, ho
acquistato il mio regalo (non so se i soldi fossero sufficienti, ma il
negoziante me l’ha venduto lo stesso) e ho creato una certa inquietudine a casa
mia, perché per più di un’ora non mi trovavano più da nessuna parte, poi mi
sono ripresentato col giocattolo in mano e mia mamma ha capito che ero andato
da solo in Piazza Teatro, a più di un chilometro da casa mia, ed ero tornato
con l’oggetto che desideravo, tanto che ha pensato: “Questo figlio non lo devo
sottovalutare!”.
Non mi spaventava esplorare mondi
per me sconosciuti (e Piazza Teatro lo era, pensate a quanto il mondo di un
bambino sia infinitamente più grande di quello di un adulto, quanto più ampia
sia la sua casa, quanto più esteso il quartiere dove abita, quanti passi deve
fare in più un bambino rispetto un adulto per coprire quel chilometro
abbondante che era la distanza fra quella che allora era la mia casa e la
piazza), anzi mi attraeva oltre ogni limite, non stavo mai fermo, anche per
mangiare non riuscivo a stare seduto a tavola, tutto ciò che non conoscevo o
che conoscevo poco mi attraeva, e costringevo mia mamma a girare per tutto il quartiere
col piatto in mano, cosa che non aveva fatto con nessuno dei miei due fratelli
maggiori.
Per ciò che riguarda l’educazione
all’igiene, invece, mia mamma era molto più rigida, molto precocemente mi aveva
abituato a usare il wc, e la questione non si discuteva, per fortuna che mie
zie, le sorelle di mio padre, che abitavano nelle vicinanze, erano molto più
tolleranti in proposito, perché è importante per un bambino poter decidere il
momento e opportuno e il luogo che più gli aggrada, per liberarsi delle sue
scorie, che ancora concepisce come dono, insomma, è importante per un bambino
poterla fare dove e quando più gli aggrada, o quasi, è importante che possa
negoziare le sue esigenze con quelle della madre e con le regole dell’esistenza
civile.
Qualche decennio fa i pediatri
consigliavano alle neo-mamme di fornire pasti ai propri bambini ad orari
regolari, per abituare i suoi bioritmi quanto più velocemente possibile a
quelli degli adulti; oggi quasi più nessun pediatra vi darà un consiglio
simile.
L’Infant Research, costituita da gruppi di psicologi che osservano il
bambino in interazione col suo mondo, hanno osservato che il bambino accorda
più facilmente i suoi bioritmi a quelli degli adulti (i suoi caregivers) molto più in fretta e molto
più saldamente se è nutrito non secondo orari predeterminati, ma a richiesta,
cioè ogni volta che piange perché ha fame.
I due globi, terra e cielo, di Vincenzo Maria Coronelli, creati per Luigi XIV |
Nansen, l'esploratore che attraversò la Groenlandia con gli sci ai piedi. |
Vincenzo Maria Coronelli. |
Henry Morton Stanley
Se tu nutri tuo figlio ogni
quattro ore è possibile che il bambino non incontri mai la sua fame, non si
riconosca mai affamato, non sappia mai che la nutrizione fa parte integrante
del suo essere al mondo ed essere vivo; se, invece, lo nutri quando te lo
chiede, gli dai il tempo di sentire la fame e lo riconosci come bambino
affamato, gli riconosci il bisogno di essere nutrito, solo a partire da questo
riconoscimento il bambino può accordare i suoi bioritmi ai tuoi, e lo fa
spontaneamente.
Bisognerebbe applicare questa
semplice constatazione a tutti gli ambiti dell’educazione di un bambino ed
anche al rapporto fra adulti, solo lasciando essere un altro ciò che è possiamo
pensare di creare un rapporto profondo fra lui e noi.
Dovevo essere anche l’unico
bambino che costringeva gli adulti a variare di volta in volta il testo delle
favole che mi leggevano prima che mi addormentassi, non mi piaceva sentire
sempre le stesse cose, volevo che cambiassero i particolari, che modificassero
il finale, volevo che inventassero invece di leggere semplicemente.
Invece agli altri bambini sembra
non piaccia affatto che si cambi una sola virgola del ”sacro” testo scritto dai
fratelli Grimm, la favola va letta così come è stata scritta, senza divagazioni
e senza modifiche, e va letta fino alla nausea e allo sfinimento dell’adulto
che legge e del bambino che ascolta.
C’è in tutto questo, forse, un
tentativo di imparare a padroneggiare l’angoscia che alcune favole suscitano
nel bambino, Pollicino ad esempio evoca il timore dell’abbandono, Biancaneve
quella della cattiva madre, la Bella Addormentata quella della morte,
Cenerentola e il Brutto Anatroccolo quella del figlio indesiderato, umiliato,
sminuito, sfruttato, ….
È importante per un bambino
sentire che Pollicino ritroverà la strada e i suoi genitori che, non più in
condizioni di indigenza, possono ora amarlo, Biancaneve e Cenerentola si
salveranno dalle nere trame della strega cattiva e della matrigna e sposeranno
un principe bellissimo e ricchissimo, la Bella Addormentata si risveglierà in
seguito al bacio di un altro principe (che nelle favole abbondano, quando pensi
di aver trovato il migliore, che so il Principe Azzurro, ecco che ne spunta un
altro ancora più bello, ancora più nobile e ancora più ricco in un’altra
fiaba), il Brutto Anatroccolo diventerà un bel cigno.
klementinum V. Coronelli, K. Pflieger, S. Faber |
Quando ho iniziato a leggere da
solo, prima dell’età scolare, perché non potevo più aspettare, volevo bere dai
miei occhi alla fonte più seducente che accendeva la mia fantasia, ho divorato
tutto ciò che trovavo in casa, tutto ciò che trovavo a casa dei miei zii, i
fumetti che compravamo miei fratelli e i miei cugini, le riviste di moda delle
mie cugine.
Poi, in età scolare, leggevo il
giorno stesso dell’acquisto o nei due immediatamente successivi il libro di
lettura e il sussidiario, per il resto dell’anno scolastico li degnavo appena
di uno sguardo, e quasi solo esclusivamente quando avevo delle poesie da
mandare a memoria, operazione che odiavo e che per un certo periodo di tempo mi
ha fatto odiare la poesia, poi passavo subito a leggere cose più interessanti.
Libri, fondamentalmente di
avventure, Gengis Kahn, Ventimila leghe sotto i mari, Viaggio al centro della terra, le Avventure di Aladino, il Giro del mondo in 80 giorni, il Richiamo della foresta, la Capanna dello zio Tom, il Piccolo principe, i Ragazzi della via Paal, Senza
famiglia, l’Isola del tesoro, le Avventure di Tom Sawyer, le Avventure di Huckleberry Finn, le Tigri di Mompracen, il Libro della jungla, il Conte di Montecristo, i Tre moschettieri, Pinocchio, i Pirati della
Malesia, i Viaggi di Sindbad, i Viaggi di Gulliver, Zanna bianca, ….
Libri gialli, che però non mi
entusiasmavano molto e che leggevo solo in mancanza d’altro e in estate quando
il tempo a disposizione era maggiore, l’enciclopedia Conoscere, illustrata, che ho dragato in lungo e in largo,
assorbendovi la storia, le scoperte scientifiche, esistenza usi e costumi di
popoli lontani, e molte altre cose, fumetti di ogni genere, anche per adulti,
catturati ai miei fratelli che erano più grandi di me, Topolino, Tex Willer, Il comandante Mark, Zagor, Blek Macigno, Moby Dick, Capitan Miki, L’Intrepido,
Il Monello, ho provato persino a
leggere la Divina Commedia, l’Iliade e l’Odissea.
Altri libri nella biblioteca di
casa mi sembravano molto ostici, prematuri e vagamente noiosi, tutti i libri di
poesia che trovavo soporiferi e che avevo il terrore di dover mandare a
memoria, perché credevo che la poesia fosse solo da memorizzare, come il
proprio nome e cognome, indirizzo, numero di telefono, saggi di ogni genere,
libri politici (non riuscivo nemmeno a spostare il Capitale di Marx in
edizione integrale), romanzi che allora mi apparivano sdolcinati come Anna Karenina, Guerra e pace, Padri e figli,
il Placido Don, Eugenio Onegin, la Figlia del
capitano, i Fratelli Karamazov, l’Ultimo dei Mohicani, i Demoni, Delitto e castigo, i Miserabili,
Notre Dame de Paris, l’Età della ragione, la Nausea, alla Ricerca del tempo perduto, l’Ulisse,
Tenera è la notte, il Grande Gatsby, i libri d’arte e i
quotidiani, mentre mi perdevo letteralmente nei libri del Touring, leggendo
nomi di luoghi che avrei visitato solo molti anni dopo e che all’epoca erano
altrettanto fiabesche per me di Atlantide, di Agarthi, di Camelot, di
Iperborea, di Xanadu, di Sangri-La, del Tartesso e delle sette città di Cibola,
mentre altri non li ho mai visti da vicino.
La televisione mi attirava poco,
c’era una specie di scatoletta alla base in cui accendevi un pulsante e
bisognava aspettare quasi un quarto d’ora prima di iniziare a vedere delle
immagini, mi annoiavano i notiziari, i tv, gli approfondimenti, le tribune
elettorali, i programmi musicali e di intrattenimento, ricordo con piacere solo
l’Odissea di Franco Rosi con Bekim Fehmiu
nel ruolo di Ulisse (si trattava di
una replica), di cui non mi perdevo una puntata, ricordo Zorro, Tarzan, Pippi Calzelunghe, Michele Stroghoff, Furia il
cavallo del west, Orzowei, Sandokan, la Famiglia
Bradford, Pinocchio, e Goldrake, il primo cartone animato
giapponese.
Kon Tiki, film. |
Lezionario di Spira. |
Dr. Livingstone, I presume! |
Coronelli Globe. |
Poi mi piaceva moltissimo stare
ad ascoltare le storie antiche della mia terra, la mia fonte principale era mia
nonna materna, che negli ultimi anni di vita abitava in casa con noi, anche i
miei zii contribuivano molto a raccontarmi le storie del passato, più raramente
i miei genitori da bambino, mentre molto più tardi, prima che morissero, sono
stato ad ascoltare la storia di famiglia e antichi avvenimenti di persone che non
ho neanche mai conosciuto, oppure qualche anziano vicino di casa o, ancora,
nelle botteghe artigiane che ancora esistevano quando io ero piccolo, come il
falegname, il vetraio, il calzolaio, la sarta, il vinaio, il “salaro”, il
pizzicagnolo, il gelataio d’estate e “cassatinaio” d’inverno, il venditore
d’olio, il cartolaio, il meccanico, il biciclettaio …
Mio padre era un proprietario
terriero, ha prodotto per anni mandorle e limoni delle migliori qualità, poi
negli anni 80 ha messo su uno stabilimento dove veniva estratta l’essenza di
limoni, arance, mandarini, bergamotti, dei fiori di zagara, da utilizzare in
profumeria, il succo degli agrumi andava alle aziende che producono bevande e
la polpa una parte andava alle aziende che producono confetture di agrumi e il
rimanente andava ad integrare la dieta degli animali da allevamento,
fondamentalmente mucche e maiali.
Durante tutto l’arco dell’anno
mio padre rispettava gli impegni scolastici e lavorativi di noi tre figli (i
miei fratelli, entrambi più grandi di me, hanno iniziato a lavorare quando io
ancora andavo a scuola), raramente nei mesi da settembre a luglio richiedeva il
nostro aiuto, ero soprattutto io a dargli una mano quando c’erano i periodi
critici del raccolto dei limoni e serviva qualcuno di fiducia che controllasse
le pesate e sovrintendesse ad alcuni lavori, e quando avevo bisogno di qualche
soldo extra.
Però in agosto non intendeva
sentire ragioni, per tutto il mese (e anche oltre talvolta) si raccoglievano le
mandorle, sotto il sole a picco, con temperature da deserto africano, con la
polvere del mandorlo che ti cadeva addosso per ogni colpo di canna o di forcone
che davi per bacchiare i rami, col sudore profuso e i pidocchietti della pianta
che ti torturavano la pelle, con la corteccia di mandorli secolari che sembrava
carta vetrata quando ti avvicinavi, ed eri costretto non solo a farlo, ma anche
a salirvi sopra se volevi raccogliere anche le mandorle dei rami alti interni,
in agosto tutta la famiglia al completo doveva essere in campagna a raccogliere
le mandorle.
Ed era una festa perché c’era la
famiglia allargata, zii, zie e cugini, oltre ai braccianti che erano necessari
per un raccolto che interessava parecchi ettari di mandorleto, da effettuare
prima delle piogge di settembre, perché la mandorla quando si spacca il mallo
verde con i caldi di giugno e di luglio, non deve prendere acqua se no si formano
delle muffe che ne alterano il sapore, ed è per questo che dopo il raccolto e
dopo la sbucciatura dal mallo verde, le mandorle si stendono ad asciugare al
sole del giorno e alla brezza marina secca della notte.
La mattinata di lavoro iniziava
alle cinque del mattino, al primo albeggiare, una jattura per me che volevo
godermi le vacanze estive e fare tardi con gli amici o con qualche ragazza,
sarà per questo che da ragazzo per far quadrare il cerchio della mia esistenza
prendevo molti caffè ogni giorno, soprattutto la sera e che poi finita la
stagione dormivo anche 12 ore per notte, e si protraeva fin quasi a
mezzogiorno, quando la vampa di agosto diventava insopportabile e non era più
consigliato proseguire all’aperto.
Nationalbibliothe, An den Ecken des Ovals stehen vier Globen von Vincenzo Coronelli |
Roald Amundsen |
A quel punto i braccianti
venivano congedati e rimanevano solo i familiari, si apparecchiava un tavolato
sotto le fronde dell’ulivo più antico, studiandola in modo da avere sempre
l’ombra nonostante lo spostamento della terra rispetto al sole, si pranzava e
nel pomeriggio si iniziava a sgusciare le mandorle privandole del mallo verde e
selezionandole per categorie.
Mio padre produceva
fondamentalmente tre qualità di mandorle: la pizzuta, la più grande e la più
pregiata, di forma lanceolata, da cui il nome, che dava frutti di forma
perfetta in un solo spicchio adatti soprattutto per fare i confetti; la
fascionello, più piccola e tozza, spesso con spicchio doppio, adatta per ogni
uso, dai piatti tipici della cucina iblea alla pasticceria e alle bevande come
il latte di mandorla, alla romana, più grande della precedente e più rotonda,
destinata soprattutto alla pasticceria per la qualità e il sapore dei suoi oli
essenziali che rendono ogni dolce a base di mandorla unico nel panorama
mondiale.
Si iniziava la mattina ad
intonare canti, stornelli e motteggi divertenti, si cantava e si rideva per non
sentire il caldo, la fatica, il dolore di qualche mandorla che ti cadeva
addosso nonostante i bacchiatori stessero molto attenti ad evitare traiettorie
dove potevano trovarsi altri bacchiatori o raccoglitori, si andava a tempo col
frinire delle cicale, si narravano vicende antiche ed altre più recenti,
tragiche o divertenti, auliche o popolari, costumate o licenziose … era la cosa
che mi rendeva tollerabile e persino interessante e divertente il dover sacrificare
ogni agosto della mia vita per 22 anni dalla mia nascita alla raccolta delle
mandorle.
Poi, nel pomeriggio, quando ci si
trovava fra di noi al fresco dei rami d’ulivo, il discorso diventava più
intimo, e meno popolare, sboccato e licenzioso, allora si iniziavano le storie
di famiglia e le varie vicende di ogni genere accorse a questo o a
quell’esponente della mia stirpe, si raccontavano cose che era bene fossimo
solo noi esponenti a sapere e alcuni segreti venivano svelati anche ai piccoli
che stavano crescendo, avevi l’impressione che ciò che è accaduto ad uno fosse
accaduto a tutti, ciò che riguardava uno riguardasse tutti, esattamente come
eravamo tutti a raccogliere e a sgusciare le mandorle che erano della mia
famiglia, ed eravamo ancora tutti a dare una mano quando i miei zii
raccoglievano gli ortaggi o la frutta dalle loro terre.
Il mio eroe preferito era, senza
dubbio alcuno, Ulisse, la mitologia greca antica proponeva tre tipi di eroi
principali, oltre a tutta una serie di eroi secondari, il primo era Achille,
forte e invincibile, l’eroe che predominava sempre, che superava tutti quanti
in forza, abilità e coraggio, l’atleta perfetto, veloce nella corsa,
letteralmente micidiale, ma è estremamente altero e permaloso, oltre persino a
come dovrebbe essere un vero mito greco, e muore molto giovane dopo aver
ottenuto gloria imperitura e aver provato l’amore profondo.
Poi c’è Ettore, l’eroe dal volto
umano, quello per cui il coraggio non è soltanto valutazione della sua forza,
ma vittoria sulla sua paura e accettazione del suo destino, guardate Ettore
mentre rimprovera il fratello Patroclo di viltà, guardatelo sulle mura mentre
si congeda dalla moglie e dal figlio, quando si toglie il cimiero che spaventa
il bambino e lo prende in braccio per l’ultima volta, guardatelo alle porte
Scee mentre aspetta Achille, in quel susseguirsi di ondate di fermo coraggio e
di umana paura.
Mr. Livingstone I presume |
Infine, c’è Ulisse, è forte, è
bravo, è abile, anch’egli ha superato prove che l’hanno reso famoso fra i suoi
simili, ma non è il più forte, non è il più abile, non è il più coraggioso,
Ulisse però possiede il suo grandioso ingegno, in quello non lo batte nessuno,
dove non arriva con le sue forze, con le sue abilità, col suo coraggio, ci
arriva con la sua mente, con la sua abilità ad architettare stratagemmi e a
tessere inganni.
Non si conquista Troia con la
forza, dieci anni di assedio e i migliori eroi dell’Ellade non sono bastati, se
non fosse stato per quel suo cavallo … pensateci, sono gli stessi troiani a
perdersi, loro stessi che introducono la rovina dentro le loro mura, quando
un’intera armata achea e l’aiuto degli dei maggiori non fu sufficiente.
Nessun mortale poteva mai vincere
l’ira di Poseidone, il dio del mare, dei fulmini, delle tempeste, quello che
scuoteva la terra in spaventosi terremoti, ma non si poteva vincere nemmeno il
ciclope Polifemo, enorme ed orribile gigante con un occhio solo, che nulla
pareva avesse di umano e che iniziò a decimare i compagni di Ulisse nel più
orribile dei modi, mangiandoseli; eppure Ulisse ha il sangue freddo e la
sagacia di ingannare anche questa forza della natura e di uscire così incolume
lui e i suoi compagni superstiti.
Non si può uscire indenni dalle
spire di due figure femminili potenti e dotate come la maga Circe e la ninfa
Calipso, le donne, si sa, ne sanno una più del diavolo, ed anche i greci
antichi sembravano crederlo e per sincerarsene dovremmo leggere le pagine
dell’Odissea (Libro V) quando Elena cerca di svelare l’inganno di Ulisse
imitando le voci delle spose degli achei, che questi non vedono da un decennio
e che lei conosce alla perfezione… c’è mancato poco che quegli uomini si
tradissero e che lo stratagemma si ritorcesse contro chi l’aveva ideato.
Non si può non rimanere estasiati
dal canto delle sirene fino a perdersi e a naufragare, né avere il coraggio di
andar via dalla terra dei lotofagi, estasiati dalle loro sostanze stupefacenti
che facevano dimenticare la terra, gli affetti, i doveri e gli affanni e non si
possono mangiare i buoi bianchi sacri ad Iperione, il dio del sole, e uscirne
indenni, né si esce indenni dai gorghi di Scilla e Cariddi o dalla discesa
nell’Ade dopo aver interrogato i morti.
Non si possono vincere i proci,
che erano 108, ed erano tutti più giovani e vigorosi di lui, e che in quel ventennio
che lui era mancato si erano creati una rete di alleanze ad Itaca, mentre
Ulisse aveva perso tutti i suoi compagni in guerra e nella sua isola poteva
contare solo su pochi e fidati alleati; non si può vincere la diffidenza
riguardo alla fedeltà della sua sposa, del proprio figlio e su quanti un tempo
considerava amici e fratelli, se non con la trappola, con l’inganno, col
costringere l’altro a svelarsi, a offrirsi in condizioni di inferiorità o a
mostrarsi disarmato.
Ma la cosa che mi attraeva di più
in Ulisse era la sua immensa curiosità, che sfidava tutti i pericoli e sfidava
persino gli dei, qualche anno dopo, ormai ragazzo e liceale, ho letto e riletto
estasiato i versi che Dante gli
dedica nell’Inferno ( XXVI°, vv.
112-120):
« "O
frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti
a l'occidente,
a questa tanto
picciola vigilia
d'i nostri sensi ch'è
del rimanente
non vogliate negar
l'esperïenza,
di retro al sol, del
mondo sanza gente.
Considerate la vostra
semenza:
fatti non foste a
viver come bruti,
ma per seguir virtute
e canoscenza". »
Dante comprende che Ulisse non è
uno che possa starsene in un’isola con la moglie e col figlio ormai adulto, a
rammendare reti da pesca o a coltivare la vite per bere del buon vino greco;
Ulisse non si nutre solo di pesce e di vino, ma di salsedine e di tempesta, e
vuole solo il mare e l’orizzonte davanti a sé … e quale orizzonte migliore che
quello che gli si spiana davanti al di la delle Colonne d’Ercole, al di la del mondo allora conosciuto, al di la
del confine fra civiltà e l’incognito?
Libero,
RispondiEliminaperchè consapevole della realtà,
l'animale terreno consapevole
osserva le azioni folli
degli esemplari della specie Homo Sapiens Sapiens
resi ottusi dai loro tre deliri:
dio, vita eterna, amore per il prossimo.
Dalla consapevolezza della realtà naturale
della vita, della morte e degli altri
nasce nei poveracci,
gli esemplari più deboli della specie Homo Sapiens Sapiens,
l'angoscia.
Dall' angoscia
nasce nei poveracci,
gli esemplari più deboli della specie Homo Sapiens Sapiens,
la necessità dell'illusione, della mistificazione, del delirio
che serve a cancellarla.
Da ogni consapevolezza della realtà naturale
della vita, della morte e degli altri
nasce nei poveracci,
gli esemplari più deboli della specie Homo Sapiens Sapiens,
un'angoscia.
Da ogni angoscia
nasce nei poveracci,
gli esemplari più deboli della specie Homo Sapiens Sapiens,
la necessità di un' illusione, di una mistificazione, di un delirio
che serve a cancellarla.
Dalla consapevolezza della realtà naturale
della precarietà dell' esistenza
nasce la prima angoscia,
e, per cercare di cancellarla,
la prima illusione, la prima mistificazione, il primo delirio:
un essere soprannaturale
onnuipotente, onnisciente e onnitutto
che opportunamente sollecitato con rituali e preghiere
aiuta e provvede.
Dalla consapevolezza della realtà naturale
della morte
nasce la seconda angoscia,
e, per cercare di cancellarla,
la seconda illusione, la seconda mistificazione, il secondo delirio:
l' anima eterna e la vita eterna.
Dalla consapevolezza della realtà naturale
della totale estraneità dell' altro
e della sua potenziale pericolosità
nasce la terza angoscia
e, per cercare di cancellarla,
la terza illusione, la terza mistificazione, il terzo delirio:
l'amore per il prossimo,
la convinzione delirante
che ogni esemplare della specie Homo Sapiens Sapiens
sia interessato
ad ogni altro esemplare della specie Homo Sapiens Sapiens
e sia portato ad occuparsi
di ogni altro esemplare della specie Homo Sapiens Sapiens.
Obnubilati e resi ottusi da questi tre deliri,
che non possono scacciare dal loro cervello,
che non sanno scacciare dal loro cervello,
perchè scacciarli
porterebbe la consapevolezza della realtà naturale
della vita, della morte e degli altri
e l'angoscia che ne consegue,
milioni di disgraziati si aggirano per la Terra
compiendo azioni folli e deliranti,
ispirate da una visione folle e delirante
della vita, della morte e degli altri,
che non ha nulla a che fare
con la realtà naturale
della vita, della morte e degli altri.
Libero,
perchè consapevole della realtà,
l'animale terreno consapevole
osserva le azioni folli
degli esemplari della specie Homo Sapiens Sapiens
resi ottusi dai loro tre deliri:
dio, vita eterna, amore per il prossimo.
Libero,
in quanto consapevole delle realtà
dei loro deliri,
l' animale terreno consapevole
evita di seguirli nei loro deliri
e sa come fare
per non essere coinvolto
nelle conseguenze drammatiche
dei loro deliri.
Libero,
in quanto consapevole delle realtà
dei loro deliri,
l'animale terreno consapevole
cerca di portarli
alla consapevolezza della realtà,
ispirato da ottimismo della volontà,
per sottrarli ai loro deliri,
ma comunque certo,
per pessimismo della ragione,
che essi non riusciranno mai
a sottrarsi a quei deliri,
che sono per loro,
insieme ad alcool, droga et similia,
uno strumento per cancellare
la consapevolezza
della realtà naturale della vita, della morte e egli altri,
e l'angoscia che ne consegue.
Lo psichiatra.
RispondiEliminaAh si quello
che crea un modello ideale di uomo,
quello voluto da ricchi e potenti
che tengono in mano la società,
che lo pagano,
e poi pretende che tutti si adeguino.
Che te devo di' Bazar ?
Servono de più i chioschi delle limonate..
Il mio post è una risposta a questo
http://bazardelleparole.ilcannocchiale.it/2016/01/18/bevo_jagermeister_perche_consu.html
in cui il blogger Bazardelleparole,
citando un' arguta vignetta di Schulz,
segnala la scomparsa
dei chioschi che vendevano limonate
e la loro sostituzione
con chioschi gestiti da psichiatri.
Che te devo di' Bazar ?
Considerando che gli psichiatri
sono individui pericolosissimi,
come li preti,
che creano modelli ideali di uomo,
di solito quelli voluti dal ricco e dal potente
che tiene in mano la società in cui vivono,
'nzomma quello che li paga,
e poi pretendono che tutti si adeguino,
per omologarli al gregge
e portarli a tosare tutti insieme
per far lana per il padrone,
erano più utili,
molto più utili.
i chioschi che vendevano limonate.
Sta attento Uli',,,
RispondiEliminaContinui a fa lo svelto
ma Polifemo ha capito tutto.
Quello prima tre se incula
e poi quando gli domandano:
"Chi ti sei inculato ?"
risponde:
"Nessuno".
p.s.
Non dubito che Ella capirà la metafora..
Un postone come al solito tuo, lussureggiante di immagini e di ricordi e poi il grande Rilke. Nessuno ti sta al passo per la ricchezza di informazioni che ci metti a disposizione... con gartitudine
RispondiEliminahttp://specchio.ilcannocchiale.it
Mi hai fatto ricordare le lezioni di storia delle esplorazioni geografiche, le mie preferite e un bellissimo film: "le montagne della luna"...
RispondiEliminaQuoto il commento di specchio
Ciao
Julia
@ Carla P. e Julia,
RispondiEliminain realtà questi sono frammenti di storia e di memoria, musiche del tempo, odori sedimentati, colori più vivi e sapori più intensi di quelli reali, che avevano voglia di emergere ed andarsene a spasso, per perdersi nel nulla o per trovare qualcuno che sappia farli risuonare con quelli suoi.
Un grazie di cuore ad entrambe per la vostra squisita gentilezza e per il tempo che mi dedicate.
Ciao
Sai, mi piace rileggere questo post. Mi ci sono ritrovata. Magari... non erano gli stessi odori, la stessa musica, etc etc ... ma ... siamo stati due bambini molto simili, davvero.
RispondiEliminaPoterti leggere, è una delle più belle "cose" che mi è capitata in questo mondo virtuale. Davvero.
Ciao. Buona domenica.
Forse il fatto che potremmo essere più o meno coetanei può spiegare il tuo senso di affinità e di identificazione, in alcune epoche determinate si allevano i figli in un certo modo, accadono delle cose che lasciano il segno per tutti, ci sono ambizioni, aspirazioni, sogni comuni a quasi tutti i bambini che crescono in quell’epoca.
RispondiEliminaOppure è con la curiosità, la smania di conoscere, che è l’argomento principale di questo post, che ti sei identificata; si, forse gli odori non erano proprio gli stessi, né i colori del cielo o del mare, né i sapori, né i suoni dell’articolazione delle prime parole che abbiamo ascoltato era lo stesso, forse proveniamo anche da ambienti sociali diversi: contadino o borghese, cittadino o paesano, del nord o del sud, …, ma i nostri sogni dovevano essere molto simili, se non proprio identici.
Sai, credo che potrei dire anch’io che l’averti incontrata sia “ una delle più belle "cose" che mi è capitata in questo mondo virtuale” … davvero :-).
Un buon inizio di settimana.
P.S. Mi ha colpito il tuo “davvero” ripetuto due volte, in un contesto in cui appare la perifrasi “mondo virtuale”; sembra quasi che quel davvero voglia uscire dal virtuale e dare realtà al tuo pensiero.
Questo "momento"... lo prendo e lo porto con me. E' un angolo di gioia.
RispondiEliminap.s. Si. Il mio "davvero" si dimentica il muro del virtuale. Si intrufola tra le parole per tentare di trasmettere il "suono" reale della mia voce.
Buona Notte, Garbo.