“E chi mi impenna, e chi mi scalda il core? | Chi non mi fa
temer fortuna o morte? | Chi le catene ruppe e quelle porte, | Onde rari son
sciolti ed escon fore? | L'etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l'ore | Figlie
ed armi del tempo, e quella corte | A cui né ferro, né diamante è forte, |
Assicurato m'han dal suo furore. | Quindi l'ali sicure a l'aria porgo; | Né
temo intoppo di cristallo o vetro, | Ma fendo i cieli e a l'infinito m'ergo. |
E mentre dal mio globo a gli altri sorgo, | E per l'eterio campo oltre penetro:
| Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo”.
(Giordano Bruno, De
l’infinito universo e mondi, dall'epistola, 1584).
“La seduzione non è per il luogo del desiderio. E’ quello
della vertigine, dell’eclissi, dell’apparizione e della sparizione”.
(Jean Baudrillard, Della seduzione).
“Una mobilità meravigliosa, incantevole, una vivacità aerea:
il gatto. […]. Ogni seduzione è felina. Come se le apparenze si mettessero a
funzionare da sole e a concentrarsi senza fatica. […]. Felinità delle apparenze.
Niente se ne scatena, tutto vi s'incatena. Perché la felinità non è altro che
la concatenazione suprema del corpo e del movimento.[…]. Soltanto il gatto
lascia sulla sabbia o sul letto l'impronta totale del suo corpo addormentato.
L'uomo non sa abbandonarsi alla forma del suo corpo, in modo da poter provare
un abbandono totale. Non conosce l'inerzia da cui il gatto trae la sua
felinità, la sua vivacità, la sua crudeltà formale. Non conosce questa
elasticità mistica, la dissoluzione del corpo nelle sue diverse membra, che
permette al gatto di cadere senza sfracellarsi al suolo. Poiché ogni parte in
sé è leggera, è la pesantezza dell'insieme che ci perde”.
(Jean Baudrillard, Cool memories).
Si potrebbe allargare la
prospettiva delle impossibilità includendo agli ostacoli esterni quelli interni
ad uno o ad entrambi i soggetti in questione, è così che per esempio diventa
impossibile accedere all’amore se entrambi o soltanto uno dei due è affetto da
una qualche psicopatia invalidante, in questo ultimo periodo più che
l’eteromania sembra fari strada una nuova variante di psicopatologia sessuale
che sembra avere più legami con la vecchia etichetta di isteria, che ormai non
esiste più nei manuali di psichiatria e, pur essendo conosciuta molto di più
nella sua accezione femminile, col nome di allumeuse, colpisce tanto gli
individui di sesso maschile quanto quelli di sesso femminile.
Si tratta di una seduzione fine a
se stessa, dove ciò che è più importante è la conquista e non il godimento o il
possesso dell’altro o del suo corpo come nella seduzione classica, quella in
stile Don Giovanni o Casanova per intenderci; ci si compiace nel suscitare il
desiderio, senza coinvolgimento emotivo alcuno, conquistato il partner, questi
perde immediatamente ogni fascino e ogni importanza, e viene lasciato così su
due piedi e senza alcuna spiegazione.
Questo tipo di relazione sta sempre
di più esulando l’ambito della psicopatologia e dell’eccezione, per diventare
sempre di più il modello dominante di rapporto, in cui il partner maschile
mette alla prova il proprio fascino e la propria potenza sessuale, mentre
quello femminile testa l’effetto ammaliante che provoca nell’altro sesso e ne
trae occasione di orgoglio.
In entrambi i casi il
coinvolgimento affettivo è ridotto al minimo, l’amore e la passione per l’altro
soltanto recitati ed anche in maniera grossolana, nutrendosi non di gesti
spontanei ma di iperboli o di esagerazioni di gesti d’amore, di prove sempre
più grandi ed impegnative, fino a raggiungere i limiti dell’impossibile, perché
la voragine che dovrebbero nutrire e colmare è altrettanto ampia.
In questi rapporti non si costruisce
nulla, non esiste progetto comune, non esiste vera reciprocità, ma soltanto
pura e semplice funzionalità, l’altro è “amato” per ciò che rappresenta per me
e non per ciò che è, dati questi presupposti, non stupisce che queste relazioni
possano terminare all’improvviso così come sono sorti, senza un vero motivo
nemmeno il più futile, e che non lascino gli strascichi di sofferenza e di
dolore per la perdita che invece lasciano gli amori autentici quando finiscono.
Esiste soltanto il rammarico per
ciò che non c’è stato, per ciò che non è mai successo, oppure quel senso di
essere stato usato, strumentalizzato, manipolato, plasmato, ma non amato se non
a parole e con gesti sostanzialmente privi di affetto.
Quando succede un evento simile
non chiedetevi perché lei o lui non vi amano più, perché hanno smesso di
amarvi, perché non vi hanno dato alcuna spiegazione per questa improvvisa
chiusura senza appello o per questo gioco di avvicinamento/allontanamento che
continuano a mettere in atto ma che voi non accettate più, chiedetevi perché
voi siete entrati in un rapporto simile accontentandovi di un amore solo
proclamato ma che non siete mai riusciti a sentire veramente.
Esistono anche casi in cui lui o
lei od entrambi si portano dietro un grande amore, teoricamente finito, su cui
c’è stata una separazione legale, un allontanamento fisico, il pronunciamento
di un giudice ed eventuali misure cautelari, ma che in pratica l’ex partner è
più presente ora di quando non era ancora ex, e che avete la sensazione di
essere sempre in tre e mai in due, di vivere un triangolo e non in coppia.
Lo stesso avviene quando vi
capita di incontrare persone ancora troppo legate alla loro famiglia di
origine, i cui “fantasmi” entrano nella coppia sotto forma di abitudini, di
divieti, di modi “giusti” di fare le cose, che condizionano pesantemente la
libertà e l’autonomia della coppia e impediscono a questa di costruirsi
veramente oltre i modelli imposti dal passato e dal transgenerazionale,
impediscono che si trovi una via propria di modellare la coppia secondo il
presente, le nostre interazioni e le nostre esigenze attuali.
La mia impressione, che ho
comunicato al gruppo, durante quella discussione era che stavamo facendo
dipendere troppo l’impossibilità di un amore da fattori interni od esterni in
ogni caso non sottoposti alla volontà del singolo, alla sua autodeterminazione,
alla sua capacità di investire affettivamente in un rapporto.
Certamente se qualcuno dei miei
amici intraprendesse un rapporto con una donna sposata potrei sospettare un
disimpegno da parte sua o da parte di entrambi, è in effetti più difficile
investire affettivamente con una persona già legata ad un altro partner; lo
stesso sospetto mi verrebbe se decidessero di non convivere, o di fare molte
altre scelte che in genere fanno le persone che si amano.
Ma poi, ciò che mi darà la vera
misura di che tipo di rapporto si sta instaurando, è soltanto il reciproco
investimento affettivo, il valore che ciascuno da all’altro e al rapporto con
l’altro, quanto ci tiene insomma, quanto riesce ad amarlo così com’è e quanto
in definitiva tiene anche ai propri sentimenti, a ciò che prova lui per
l’altro.
Quando un rapporto si avvia verso
questa direzione, non ci sono ostacoli che non possono essere superati, non
esistono distanze che non si possono colmare, differenze che non si possono
superare, legami preesistenti che non possono essere sciolti, “fantasmi”
parentali o amorosi che non possono essere seppelliti definitivamente; oppure,
paradossalmente, si può decidere di lasciare tutto come sta e godersi ciò che
si ha momento per momento, e non ciò che si vorrebbe avere, godersi i frammenti
dell’altro, perché questi frammenti sono comunque molto appaganti, più di
qualsiasi altro rapporto full-time passato o prevedibile.
Il rapporto fra Ed e Amy è di
quest’ultimo tipo, ha tutte le caratteristiche per essere un amore impossibile,
ma non lo è perché il loro reciproco investimento è fortissimo, non è esente da
dinamiche psicologiche, ma non si esaurisce in esse, ad esempio è molto
probabile che Amy si sia innamorata di un uomo tanto più vecchio di lei perché
in egli vede la riedizione del rapporto con suo padre, un rapporto concluso
tragicamente, con la morte di quest’ultimo in un incidente stradale.
Era lei a guidare, suo padre
aveva avuto fiducia in lei e le aveva affidato la macchina, Amy non smetterà
mai di colpevolizzarsi per quella morte e nel rapporto con Ed probabilmente
cerca un nuovo “padre” che abbia ancora fiducia in lei, mentre nel suo lavoro
di stunt-woman riedita infinite volte la scena fatale dell’incidente in cui lei
rimane illesa perché ha avuto la prontezza di aprire la portiera della macchina
e di catapultarsi all’esterno, si tratta di una sorta di ordalia in cui sfida
la morte e in quella rinascita trova un senso per continuare a vivere e un
motivo per cui lei è sopravvissuta.
Alla fine sarà la morte del nuovo
padre Ed a farla rinascere, una morte in cui lei non ha alcuna colpa, e che le
permetterà dopo varie esitazioni di affrontare l’ultima ordalia, una scena di
un incidente d’auto che ricalca con precisione l’incidente vero accaduto anni
prima, rimanere ancora una volta illesa, di riaprire gli occhi e seppellire il
fantasma del padre nel ricordo, sgombrando il campo della sua vita affettiva.
Altro momento clou è un episodio
in apparenza banale, l’avrà fatto molte volte, si sarà prestata infinite volte
a prove come quella di rimanere chiusa senza fare alcun movimento in luoghi
chiusi, come può essere un calco in gesso che un artista sta modellando sul suo
corpo e sulla sua figura, ma stavolta è diverso, è sofferente, non ce la fa più
a rimanere immobile dentro una figura plasmatale addosso da altri, dentro un
modello rigido che la imprigiona e che la opprime, si muove e così facendo
rovina il calco che sarebbe dovuto servire per modellare l’opera intera.
Ha trascorso tutta la sua vita ad
essere come gli altri volevano che fosse, ha cercato di adeguarsi, ai suoi
genitori, alla scuola, agli amici, ad Ed, ora avverte tutta l’insofferenza di
questo plasmarsi ad immagine e somiglianza dei modelli che gli altri le
offrivano, per la prima volta vuole essere libera e può farlo solo adesso che
ha fatto i conti col fatto che l’amore non può essere condizionato ad essere in
qualche modo, non può essere condizionato e basta.
Dovrà rischiare di perdere
l’amore altrui se cerca di essere ciò che è, dovrà finalmente iniziare lei ad
amarsi per prima se vuol essere amata per come è, solo allora si può rendere
conto (come dice anche l’artista durante l’esposizione delle sue opere) che la
Amy insofferente, quella che si muove e rovina il calco, può essere anche
migliore di quella che tutti si attendono (infatti, l’artista alla fine
conserva il calco “rovinato” e lo usa per realizzare l’opera finale, un’opera
che risulta così quasi picassiana, con un volto stra-volto, con tre nasi e gli
occhi sbiechi).
Le stelle che osservava con Ed
molto probabilmente si erano spente da tempo, ciò che loro vedevano erano
soltanto le scie di luce che giungono sulla terra quando chi le ha inviate non
esiste più, anche il rapporto con suo padre prima e con Ed dopo è un rapporto
virtuale con persone che non esistono più, con fantasmi, e quando hai a che
fare con i tuoi fantasmi puoi avere almeno due alternative, la prima è quella
comprensibile della paura, la prima reazione è quella della fuga, non vuoi
vederli, scappi, ma siccome sono interni, sono dentro di te, non metterai mai
la distanza che desideri fra te e loro, è così che sei destinato a viverli
nella tua vita, travestiti da qualcos'altro, ma altrettanto invasivi di quelli
che ti mettevano paura.
Oppure puoi affrontarli, puoi
come diceva Lacan “attraversare il fantasma” (traversée du fantasme), viverlo
fino in fondo, e non tanto per liberartene, perché non ci si libera del
fantasma, quanto per non proiettarlo più sul tuo reale, devastandoti la vita,
per tenerlo in quella riserva indiana che è l’immaginario, fonte di ogni
creatività.
Nel film all’inizio è solo Ed che
anticipa ogni mossa di Amy, e lei ne è stupita e contenta come una bambina,
sente tutto l’amore di Ed in quelle attenzioni particolari, nella capacità del
suo uomo di prevedere le sue mosse e perfino la realtà che vivrà da li a poco,
coglie la presenza anche quando lui è assente, prima per la distanza e gli
impegni, poi perché Ed muore e continua una relazione con Amy fatta di filmati
registrati, di telefonate e messaggi che precedono o seguono ogni suo impegno
importante, seppure con qualche svarione, ma pian piano, man mano che Amy
matura e inizia a staccarsi dai suoi fantasmi può per un attimo non sentire l’angoscia
e il dolore per l’assenza e permettersi di sorridere quando invece di un
messaggio rivolto a lei Ed le invia per errore un messaggio rivolto al proprio
figlio in età scolare.
Pian piano non è più un rapporto
a senso unico fra bambina e adulto, fra chi ha arti quasi divinatorie e chi si
bea di queste attenzioni speciali, fra chi invia messaggi e chi li ascolta,
pian piano anche lei inizia a replicare ai messaggi di Ed, in quella che è
quasi una psicoterapia sul modello psicoanalitico, poi entra anche lei in
quelle corrispondenze di attenzioni ed eventi a cui Ed l’aveva abituata, anche
lei riesce ad anticiparlo, a far coincidere i suoi moti del cuore con ciò che
le accade.
Adesso, e soltanto adesso l’amore
fra Ed E Amy è completo, è reciproco e relativamente libero dai loro fantasmi,
adesso accadono le corrispondenze reciproche, non più a senso unico, dove il
gesto dell’uno incontra l’emozione dell’altro, il pensiero dell’uno l’agire
dell’altro, il palmo della mano destra dell’uno quello della sinistra
dell’altro, la guancia destra quella sinistra, le labbra dell’uno arcuate verso
destra quelle dell’altro arcuate verso sinistra.
Alla fine, straziata dagli ultimi
messaggi di Ed su SD di pessima qualità perché si sono bagnate nel lago, in cui
si confonde la pessima qualità delle riprese a causa del deterioramento col
deterioramento delle condizioni di Ed a causa della malattia (un astrocitoma,
un tumore al cervello dal nome evocativo per Ed che è astrofisico, egli lo
commenta dicendo che a forza di guardare le stelle, una di esse è andata a
conficcarvisi nella sua testa, dovuto ad un “astrocita immortalizzato”, un
astrocita è una cellula del sistema nervoso centrale che costituisce la
nevroglia, cioè quella rete di cellule che sono di supporto ai neuroni, li
nutrono, li isolano da altri tessuti nervosi e tengono lontani i corpi
estranei, immortalizzato perché per motivi sconosciuti subisce una
modificazione nel DNA per cui non si estingue come tutte le sue consorelle, ma
si replica di continuo), Amy comprende che il suo uomo, la sua stella, è morto
e che lei ne vede solo la luce, e solo allora può distaccarsi e lasciarlo
andare.
Ma Amy non è ancora pronta per un
altro amore, adesso sta godendosi ancora queste corrispondenze e l’essersi
ritrovata così com’è, senza calco di gesso che la imprigioni e senza fantasmi
che la agitino … “Sei impegnata? Che dici, beviamo qualcosa insieme?”, “Non
stasera, Jason – replica lei dopo un istante di silenzio”.
(Giuseppe Tornatore, La
corrispondenza, Sellerio, 2016).
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