mercoledì 18 giugno 2014

UN GRAFFIO IN TESTA 1





GRAFFIO  שריטה
GRAFFIATO עשוי כלאחר יד
UN GRAFFIO IN TESTA  שריטה בראש



«405. Maschere. Ci sono donne che, per quanto la si cerchi in loro, non hanno interiorità, sono pure maschere. È da compiangere l’uomo che ha a che fare con tali esseri quasi spettrali, necessariamente insoddisfacenti; ma proprio esse possono eccitare al massimo il desiderio dell’uomo: egli cerca la loro anima – e continua a cercare».
(Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano I, 405).



Qualche anno fa un mio caro amico mi inviò, ritenendo che io potessi esserle più utile di quanto lo fosse già lui, una sua conoscente che stava attraversando un periodo difficile; i problemi che lei gli confidava, infatti, a suo parere necessitavano dell’ausilio di uno “specialista”.
Non è una prassi inconsueta che qualcuno dei miei amici mi invii un suo amico o un conoscente o persino un parente, capita anche molto spesso; nel mio lavoro mi succede che le persone giungano per le vie più disparate al mio studio.
La stragrande maggioranza mi giunge attraverso altri pazienti, soprattutto quelli che hanno terminato l’analisi con me e ne hanno tratto qualche beneficio, per cui mi consigliano calorosamente alle persone in difficoltà che conoscono; è molto più raro, invece, che i pazienti che sono ancora in analisi mi inviino qualcuno, forse per una sorta di gelosia e di senso di esclusività, non è raro che siano molto curiosi circa gli altri miei pazienti che incrociano prima o dopo la loro seduta e che fantastichino, o esprimano invidia o gelosia verso di loro.
Sempre più numerosi, in questo periodo di crisi, mi arrivano anche attraverso i sevizi psichiatrici, dove qualche professionista che lavora nel pubblico, che mi conosce e apprezza il mio lavoro, mi invia delle persone ritenendo di affidarle in buone mani; lo stesso avviene con i medici di base, mentre le coppie in crisi (perché mi occupo anche di terapia di coppia, oltre a quella individuale) mi giungono quasi esclusivamente dalle parrocchie dove qualche prete illuminato mi gira i “casi” più critici, oppure giungono spontaneamente delle coppie che hanno ascoltato qualche mio intervento quando qualche sacerdote che conosco mi invita a parlare di qualche tema specifico.



Alcuni miei colleghi mi dicono che è molto utile per la loro attività partecipare a qualche forum tematico dove incontrano persone in difficoltà, per poterne valutare i problemi ed eventualmente indirizzarle al proprio studio privato o al collega più vicino che possa aiutarle; c’è chi scrive per qualche rivista, in uno spazio grafico che precede il tuttologo e subito dopo l’astrologo o il nutrizionista, chi si iscrive a pagamento a dei collettori professionali come le varie pagine gialle, blu o multicolori che puoi incontrare, c’è ancora la moda di Linkedln a cui indulgo anch’io, ma non seriamente perché risultavo esperto in “gioco d’azzardo e casinò” (ora ho aggiustato il tiro) … e invero è proprio un azzardo addentrarsi nei meandri dell’inconscio, nelle pieghe della psiche.
C’è, ancora, chi si è attrezzato per fare consulenza o addirittura terapia on-line, utilizzando Skype, la chat, la webcam, la tecnologia che permette una videoconferenza, …, certo la crisi è crisi, e si rastrella di tutto, ovunque lo si trovi, ma in base alla delibera del 23 marzo 2002, n° 19 del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi Italiani: "non è possibile effettuare interventi di psicodiagnosi e psicoterapia via internet".
E la delibera n° 260 del 07 luglio 2002 che vieta espressamente di effettuare “pratiche di consulenza psicodiagnostica e di psicoterapia via internet” perché non conformi ai principi espressi negli artt. 6, 7 e 11 del vigente codice deontologico.
Ma tali delibere, come tutto ciò che è stato negli anni deliberato dall’ “Ordine”, non potevano non essere ambigue e cerchiobottiste, perché vietano si queste pratiche “virtuali” solo:  “In attesa di produrre nel Consiglio regionale uno specifico regolamento e un codice di autoregolamentazione dell’uso dello strumento Internet da parte degli iscritti su proposta di un ristretto gruppo di lavoro da istituire …”.
E il Consiglio Regionale, almeno quello del Lazio, non si è fatto attendere, dal 1 luglio 2004, l’Ordine degli Psicologi del Lazio, ha vietato non solo la psicodiagnosi e la psicoterapia via internet, ma la stessa consulenza on line. L’articolo 3 cita:
"In ogni caso, ed in particolare con l’utilizzo di internet, è vietato:
a)     svolgere attività di diagnosi, per la quale l’incontro di persona con il cliente/paziente è sempre condizione imprescindibile;
b)     fornire indicazioni su trattamenti da effettuare;
c)     esprimere giudizi sull’appropriatezza degli interventi e/o delle diagnosi effettuati da colleghi;
d)     manifestare qualsiasi tipo di commento, suggerimento o valutazione in relazione a casi specifici."
L’articolo 4 del Codice dell'Ordine degli Psicologi del Lazio cita:
" Le attività di abilitazione-riabilitazione e sostegno di cui all'art. 1 L. 18.2.1989 n.56,  le attività a ciò affini indicate dalla L. n. 170 del 2003, riguardante le competenze degli iscritti alla sezione B dell’Albo e le attività di psicoterapia di cui all’art. 3 L. 56/89, non possono essere svolte con la mediazione di tecnologie elettroniche per la comunicazione a distanza, salvo nei casi in cui ciò sia necessario per l’impossibilità di mantenere di persona il contatto con i clienti/pazienti. In tal caso ciò è consentito alle seguenti condizioni:
a)     il rapporto con il cliente/paziente sia già stato stabilito in precedenza di persona e senza l’utilizzo delle tecnologie sopra menzionate;
b)     per fasi chiaramente determinate e circoscritte nel tempo;
c)     senza corresponsione di compenso, poiché il rapporto mediato dalle tecnologie per la comunicazione a distanza, non può configurarsi come una delle attività indicate nella prima parte di questo comma".



Non mi risulta che le cose siano cambiate, da un lato l’Ordine Nazionale e gli Ordini Regionali degli psicologi vietano espressamente di esercitare la professione in modo virtuale, dall’altro molti colleghi usano gli strumenti che mette a disposizione internet senza lasciarsi intimidire dalle varie delibere e senza lasciarsi convincere dal fatto che studi sempre più numerosi che valutano l’efficacia della terapia convergano nell’indicare nel rapporto fra terapeuta e paziente il fondamentale strumento terapeutico e non le varie tecniche più o meno standardizzate in uso.
Per cui è più efficace puntare su un rapporto reale, intenso, autentico, in cui ci sia una fondamentale affinità fra terapeuta e paziente, e non puntare su questa o su quella tecnica, su questa o su quella strategia, su questa o su quella euristica, che prescindano dalla relazione esistente fra la coppia analitica … e quale tipo di rapporto volete che si possa instaurare in una chat, su Skype, attraverso una webcam e un microfono?
Ma non solo le vie del signore sono infinite, anche le vie che conducono al mio studio non scherzano, qualche tempo fa è arrivata nel mio studio una signora che mi ha detto di essere arrivata a me perché ha consultato il mio sito, ha letto la recensione dei miei libri, tutto ciò che ho fatto e ne è rimasta soddisfatta, tanto da chiedere in giro il mio numero e di chiamarmi perché ero certamente la persona giusta per aiutarla a risolvere un suo problema.
Io non ho alcun sito internet, non ho scritto alcun libro (solo degli articoli molto specialistici la maggior parte dei quali pubblicati in riviste internazionali in lingua inglese, in francese o in spagnolo), da alcuni chiarimenti della signora e da alcuni mie ricerche ho scoperto che esiste un mio omonimo che opera in un’altra regione (seppure vicina a quella dove io risiedo) e che si occupa e scrive di argomenti molto prossimi a quelli di cui mi occupo io.



Dico molto prossimi perché in realtà lui non è né psicologo né psicoterapeuta, non usa mai la parola psicoterapia associata al suo lavoro, si dichiara piuttosto “consulente”, “formatore” nell’ambito di una non meglio identificata “ricerca interiore”, ci ha scritto sopra dei libri su questa ricerca che mettono insieme un certo “naturismo” ingenuo e una certa religiosità modaiola (dove evoca immagini di persone e di esempi positivi che dovrebbero sorreggere i suoi convincimenti e poi fonda quelle figure e quegli esempi sui principi di cui è convinto … un po’ come due ubriachi che si sorreggano a vicenda per non cadere).
È stato condannato in primo grado per esercizio abusivo della professione di psicologo e questo data l’omonimia e la vicinanza territoriale avrebbe potuto danneggiarmi professionalmente, anche perché a questa condanna (che credo sia la prima in Italia, dove esistono legioni di “consulenti”, di “formatori”, di “guru” e di “maestri spirituali” che debordano fin troppo spesso in qualche forma di psicoterapia selvaggia) è stato dato un certo rilievo.
Questo tizio non solo ha abusato del mio nome e cognome, ma abusa anche della mia professione.
La grancassa suonata dall’Ordine Nazionale degli Psicologi su questo unico caso di condanna in primo grado per abuso della professione mi è suonata strana, considerando che si tratta di un successo modestissimo e che ciarlatani di ogni risma praticano impunemente ogni sorta di rimedi e di trattamenti (anche i più fantasiosi e i più mirabolanti) per ripristinare l’equilibrio e il benessere psico-fisico.
Poi, finalmente, in un pomeriggio della tarda primavera del 2011 mi si è illuminato l’arcano, quel pomeriggio ero appena giunto a Palermo in macchina e stavo cercando di raggiungere il mio hotel in via Emerico Amari (nelle vicinanze del Teatro Politeama), ma ad un certo punto, pressappoco a metà, la strada si interrompeva e diventava senso unico, per arrivare davanti all’ingresso dell’hotel ho dovuto fare un largo giro attraversando Piazza Ruggero Settimo (quella del Teatro), imboccando così la strada da sopra.
Non solo l’intera piazza, ma anche le grandi e piccole vie di collegamento erano intasate, al punto che dopo un tratto percorso a passo d’uomo, mi sono dovuto proprio fermare, perché non si andava più da nessuna parte, autobus, taxi … persino un’ambulanza erano completamente bloccati.



Sono sceso e in un italiano neutro, senza accenti (il siciliano è in genere più gentile con uno straniero che con un altro siciliano che proviene da una provincia, da una città, da un paese diverso dal suo), ho chiesto ad un passante che diavolo stava succedendo.
Mi ha risposto che il “paliemmo” si era qualificato per la finale di Coppa Italia contro l’Inter, battendo il Milan, l’ho guardato stupito, una baraonda infernale, tutto fermo, il centro storico bloccato, tutto ciò che aveva delle ruote (macchine, moto, scooter, carrozzelle, biciclette … ho visto anche tre tizi in una vespa l’ultimo dei quali teneva la sedia a rotelle piegata dietro le spalle) era su strada e tutto ciò che emetteva un suono o un rumore qualsiasi stava strombazzando, e tutto perché la loro squadra si era qualificata alla finale di Coppa Italia?
Neanche l’avesse già vinta la finale … ho commentato: “Sembra che abbiate vinto i mondiali!”, se glielo avessi detto nel mio dialetto avrebbe pensato che era tutta invidia la mia (quando mai il Siracusa ha vinto qualcosa di prestigioso, quando mai è stato in Serie A visto che ha sempre navigato nel periplo fra gli ultimi gironi delle varie serie C e D e i gironi danteschi) e mi avrebbe replicato piccato, ma credendomi del “Continente” (forse anche del nord, vista la mia targa) ha alzato gli occhi al cielo, ha allargato le braccia, come per dirmi: “Che ci vuoi fare …”.
Il Palermo calcio non ha vinto mai niente, è naturale che la semplice qualifica alla finale di Coppa Italia sia per loro un evento senza precedenti, da festeggiare adeguatamente; allo stesso modo l’Ordine Nazionale degli Psicologi non ha nel suo carnet chissà quali successi da che è stato istituito, e così ha cercato di pubblicizzare oltre ogni decenza l’unico successo conseguito nella lotta contro l’abuso della professione.



Perché un Ordine, come quello degli Psicologi, che a noi iscritti sembra quasi inutile, dal momento che non riesce ad imporre il riconoscimento del danno psicologico alle assicurazioni equiparato al trauma fisico e l’obbligo di risarcire le cure psicologiche come già quelle mediche, mentre in compenso ogni anno mi invia un’agenda parecchio figa, che però nel corso del tempo è declinata dalla copertina in pelle (umana, pelle di paziente) a quella in cartoncino pressato.



E non riesce neppure a definire i limiti, le differenze, le rispettive competenze di psicologi, psicoterapeuti, psicoanalisti, psichiatri, consulenti, formatori e quant’altro, lasciando tutta la questione in un limbo di incertezza in cui il singolo nel proprio studio privato fa ciò che vuole, e dove le scuole di counseling diventano delle scorciatoie per aprire bottega e guadagnare senza avere una solida formazione, senza possedere un metodo valido, senza poter acquisire l’esperienza necessaria seguito nei tuoi primi passi professionali da colleghi più esperti che ti sappiano supportare, consigliare, illuminare e che evitino se necessario alcuni errori, anche catastrofici, che potresti commettere data l’inesperienza e che possono essere tragici per chi lavora con la sofferenza umana.
Tanto per avere un’idea, un consulente non deve essere necessariamente laureato in psicologia e fa solo da qualche mese ad al massimo un paio d’anni di corso formativo, mentre uno psicoterapeuta è una persona laureata in medicina o in psicologia che fa una scuola di specializzazione post-laurea della durata di 4 o 5 anni e un tirocinio di pari durata presso una struttura idonea dove può iniziare, sotto supervisione, a seguire alcuni casi e ad esercitare il metodo terapeutico che sta imparando. 



Per giunta questo mio omonimo è anche un appassionato ciclista, proprio come me, ma chi mi conosce anche solo di vista non potrebbe scambiarlo per me guardando le foto che pubblica sul suo blog, ha un secondo nome che io non ho e qualche anno in più rispetto a me.
Quando mi sono fatto un’idea abbastanza definita e ho chiarito l’equivoco con la mia paziente, la signora non se n’è data per intesa, le dispiaceva che io non avessi scritto tutti quei bei libri e che non fossi quel tizio che fa tutte quelle belle cose che scrive sul suo sito, ma pazienza, avevo comunque passato l’esame di idoneità a cui mi aveva sottoposto fin dal primo istante in cui aveva messo piede nel mio studio e aveva stabilito che le ispiravo sufficiente fiducia per confidarmi le sue ambasce.

(Continua ...)


7 commenti:

  1. E' assurdo anche il solo fatto che se ne debba parlare. La necessità di vietare la psicoterapia in differita non fa altro che testimoniare come sta "evolvendo" la tua professione e tutto il resto, aggiungerei. La cosa allucinante è che sei tu a dover parlare di quanto sia importanto il contatto visivo, tutti i canali di comunicazione che si attivano in una normale conversazione anzicché questo ticchettare sulla tastiera che può anche essere interessante, istruttivo e può anche attivare emozioni ma non può essere sostitutivo di una vecchia chiacchierata, di uno sguardo silenzioso.
    E' bellissimo il doppio video con i fotogrammi che scorrono sulla stanza. In ogni fotogramma il protagonista è il personaggio dell'altro fotogramma, fino all'incontro che può essere tragico o lieto. E' un'ottima silloge del tuo post.
    Attendo il seguito ma non in ebraico che mi intimidisce :-) Un saluto, anche alla signora tanto dispiaciuta che non sei l'immagine che s'era fatta :-D

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  2. Consulenza psicologica via internet, brrr... Bisogna essere completamente pazzi solo per pensarlo.

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  3. @ Antonio,
    #staisereno :-), non intendo (né saprei)scrivere un post in ebraico, per quelle parole ho chiesto una consulenza e capirai il perché dell'ebraico se avrai la bontà di seguire la seconda parte. Per quanto riguarda la mia professione, ritengo che il benessere psichico (o come altro vogliamo chiamarlo), nonché la "ricerca interiore", il "conosci te stesso", e tantissime altre formule, dimostrano che pratico la professione più inflazionata del mondo, tutti quanti si ritengono psicologi e psicoterapeuti "in erba", solo il CT della nazionale è una professione più inflazionata della mia :-).
    Ciao

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  4. @ Silver Silvan,
    Brrrrr .... (https://www.youtube.com/watch?v=igjbUfw0ypk) :-)
    Sono contento, Signora, che ha tolto l'embargo a questo blog ;-)
    Bentornata

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  5. Nessun embargo, signor Garbo. Ogni tanto mi dimentico di lei, molto banalmente. Ha a che fare col fatto che ciclicamente minaccia chiusure, poi se la svigna e non si fa vivo per mesi. Poi la ritrovo da qualche parte e me ne ricordo. È come quei fazzoletti di carta dimenticati nella tasca di qualche giacca, quando la porti in lavanderia. Bentrovato.

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  6. E' buffo pensare che Lei ha ritrovato il suo fazzoletto di carta in un periodo dell'anno in cui è difficile beccarsi un raffreddore ... dovrà conservarlo fino al prossimo autunno :-) Ed è altrettanto buffo pensare che mi volesse portare in lavanderia ... cosa voleva darmi, una lavata di capo? ;-) Ma, soprattutto, è buffa la sua concezione dei blog come fazzoletti di carta da usare all'occorrenza per ripulirsi il naso :-)
    Hola.

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    1. Non è buffo manco un po', visto che soffro di rinite allergica! Io il raffreddore ce l'ho quando non ce l'ha nessuno, sono originale!

      Al prossimo ritrovamento!

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