È più probabile che le parole di Gaio Giulio Cesare nella più famosa
delle sue esclamazioni siano state queste piuttosto che il: “Vini, vidi, vici!”
che i suoi storici: Plutarco ne le Vite parallele e Svetonio nella Vita dei
cesari, gli fanno pronunciare con molta più solennità.
E, sempre probabilmente, non
furono pronunciate durante l’annuncio della straordinaria vittoria riportata il
2 agosto del 47 a.C. contro l'esercito di Farnace
II a Zela nel Ponto, ma dopo essersi alzato da tavola ospite dei veneti
dell’Armorica (l’attuale Bretagna) che egli aveva conquistato nel 56 a. C. con
la vittoriosa battaglia navale di Morbihan.
Che diavolo ci facessero allora i
veneti in Armorica è un mistero, come pure è un mistero come diavolo abbiano
fatto dopo a trasferire il campanile, il palazzo del Doge, piazza San Marco, il
Ponte dei Sospiri, la riva degli schiavoni, il ponte di Rialto, il Danieli e il
Cipriani nella laguna dell’alto adriatico dove risiedono tutt’ora … forse percorrendo
con le loro gondole i fiumi delle Gallie remando con la forza delle braccia (la
famosa voga veneziana con un solo remo), mattone per mattone su e giù per
l’Europa.
L’esclamazione entusiastica di
Cesare deve essere seguita non alla vittoria ma ad un buon piatto di “risi e
bisi”, che è una tipica specialità veneta: si tratta di riso e piselli, che non
è un risotto e non è una minestra, perché è troppo liquido per essere il primo
ed è troppo denso per essere il secondo, tanto è vero che esiste un’antica
disputa se sia meglio mangiarlo col cucchiaio o con la forchetta (per inciso, è
un risotto se alla fine il cucchiaio di legno sta dritto in verticale sulla
pentola, è una minestra se si affloscia sul bordo).
Sono diverse le città venete che
se ne contendono le origini … “Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono, donne,
ragazzi, vecchi, fanciulle … Ahimè, ahimè, che furia! Ahimè, che folla! Uno
alla volta, per carità, per carità, per carità. Uno alla volta, uno alla volta,
uno alla volta, per carità! Figaro Son qua! Figaro Son qua! Figaro qua, Figaro
la Figaro qua, Figaro la Figaro su, Figaro giù Figaro su, Figaro giù Pronto
prontissimo Son come il fulmine, sono il factotum della città della città della
città della città della città! Ah, bravo Figaro bravo, bravissimo Ah, bravo Figaro
bravo, bravissimo Fortunatissimo Fortunatissimo Fortunatissimo per veritààààààà!”.
A Borso del Grappa, in provincia
di Treviso, in primavera spuntano i piselli più dolci, più teneri e più grossi,
ma anche Lumignano e le aree limitrofe al comune di Longare, in provincia di
Vicenza, dove le coltivazioni sono riparate dai Colli Berici, sono zone
particolarmente adatte alla crescita di queste coltivazioni, i cui prodotti
vengono però assorbiti per la maggior parte dai ristoratori locali.
In quanto alla produzione del riso,
sul delta del Po è documentata dalla metà del ‘400, vi fu introdotta dagli
Estensi, signori di Ferrara, che favorirono la bonifica di grandi estensioni
palustri; il secondo polo produttivo è la bassa veronese, in particolare il
centro di Isola della Scala, Grumolo delle Abbadesse tra Padova e Vicenza (il
nome ricorda le monache benedettine che intorno all’anni Mille, mentre tutto il
mondo cristiano soggiaceva a timori apocalittici, bonificarono le terre del
fiume Tesina e introdussero la coltivazione di questo cereale).
La varietà più caratteristica che
si produce in Veneto è il vialone nano, un riso semifino che in cottura si
espande assorbendo il sugo e riempiendosi di gusto e per questo è
particolarmente adatto per minestre e per risotti, in special modo per la
preparazione del risi e bisi. Anche Venezia scende in campo con i suoi colori,
la sua storia e la sua tradizione per rivendicare la paternità di questo
piatto, se non è possibile prepararlo senza i piselli di Borso o dei Colli
Berici, né senza il riso della bassa veronese, vicentina, padovana e rovigina,
la prima documentazione certa di questo piatto si ha nella tradizione secondo
la quale veniva preparato ogni 25 aprile per la tavola del Doge per festeggiare
nientemeno che San Marco, il patrono della città.
Il riso è molto importante in
Veneto tanto che un antico proverbio dice: “Risi crui in cesa, riso coto in
tola” (riso crudo in chiesa, riso cotto in tavola), comunque sia il riso con i
piselli è un piatto di antica tradizione e chiunque l’abbia inventato
meriterebbe la menzione d’onore o in alternativa una statua equestre in riva
degli Schiavoni a Venezia al posto di quella orribile dedicata a Vittorio
Emanuele II, che fu re d’Italia grazie alla mente e agli intrighi di Cavour e
al braccio e al coraggio di Garibaldi, mentre lui si occupava di caccia, di
donne e di cavalli.
Il veneto è un vero
semplificatore, riduce le lettere doppie in singole, a volte elimina proprio
delle lettere all’interno di una parola (come nel caso di “tola” al posto di
“tavola” … che volete, in val di Susa ci sono i “no-tav” in veneto abbiamo i
“no-av”), se proprio si doveva fare un ministro alla Semplificazione bisognava
mettere un veneto non un lombardo.
Il lombardo è “bauscia”, uno che
si da arie, lo sbruffone, quello che ingigantisce ogni cosa che gli accade per
darsi più importanza. Prendete Silvio
Berlusconi che ne è l’esemplare più rappresentativo, lo indagano a Milano e
lui straparla di complotto dei giudici, di toghe rosse, di persecuzione
giudiziaria, non può accettare alcuni giudici della zona in cui risiede gli
contestino dei semplici reati … la questura di Milano arresta Ruby per furto e lui è preoccupato che
possa parlare e spiattellare tutto sulle orge, il bunga bunga, e del fatto che
è minorenne?
Telefona in questura e dice che
Ruby è nipote di Mubarak, che
manderà una persona di fiducia a prenderla che la consegnerà ad un’altra
persona di fiducia (in realtà manda un’igienista dentale, accusata di
organizzargli le orge perché la conduca da una prostituta d’alto bordo), in
definitiva fa di un problema di sesso, orge e pedofilia un caso di politica
internazionale e paventa l’incidente diplomatico. Ma non finisce qui, non così,
va molto oltre, magai fosse finita così … il 27 maggio del 2010 314 deputati
del PDL votano in Parlamento che Ruby è davvero nipote di Mubarak … il senso
del ridicolo era già stato superato prima, qui ho terrore a pensare a cosa
abbiamo attraversato …
Con questa scena Berlusconi
consegna l’Italia definitivamente al comico del mondo, nessuno potrà più
guardarci senza ridere di noi; nessuno sceneggiatore di film comici oggi
saprebbe nemmeno immaginarsi una gag così, va oltre ogni immaginazione, bisogna
essere particolarmente dotati per pensarla e per realizzarla ricoprendo il
ruolo di Presidente del Consiglio, quando tento di spiegarlo ad alcuni miei
amici d’oltreoceano non so mai da che parte iniziare per far comprendere
un’enormità di questo genere … ma com’è che noi ci siamo abituati a queste
assurdità, come facciamo a conviverci, com’è possibile che un tipo così sia
ancora fra le scatole, potente e determinante nel decidere sul destino di noi
tutti?
Bisognerebbe andare molto
indietro nel tempo per trovare qualcosa di simile, a Totò che vende la fontana
di Travi a Decio Cavallo, perché i film comici odierni sono in affanno rispetto
alla realtà, uno dei film che mi è piaciuto di più, Qualunquemente di Antonio
Albanese, era costantemente sottotono, surclassato dalla realtà, anche
scene forti come quando Cetto consegna suo figlio come responsabile unico dei
suoi illeciti e dunque lo condanna a scontare il carcere al posto suo
sottolineando che il carcere fortifica e migliora, per quanto possa far ridere
non ha la verve spontanea di un Berlusconi che inventa all’istante le cose più
impensate.
E che dire poi della comicità
intrinseca di un Bersani e di tutto
il Pd che si porta dietro la simpatia che accompagna gli sfigati cronici, tutti
coloro che sono destinati a perdere sempre anche quando sembrano ad un passo
dalla vittoria, l’ilarità che suscitano tutti coloro che possiedono un
autolesionismo patologico, quelli che prendono le torte in faccia, quelli a cui
va tutto storto, da Paolino Paperino
ai nostri giorni. Come non provare uno spontaneo moto di simpatia per i
faccione di Bersani, col suo perenne sfigato, con l’immagine sbiadita in bianco
e nero come quei manifesti che sembravano fatti apposta per perdere qualsiasi
elezione in un periodo di un nero funereo come quello della attuale crisi
economica e come non simpatizzare per Enrico
Letta, consegnatosi mani e piedi a Berlusconi in olocausto come già prima
aveva fatto Mario Monti, Presidente
di un Consiglio dove che decide la musica e le danze è Silvio Berlusconi, che
minaccia di farlo cadere ad ogni istante e ricattando tutto l’esecutivo.
Come non provare un minimo di
pena per Ignazio Marino, “sostenuto”
dal PD alle elezioni comunali di Roma quando vedi le sezioni del partito
deserte e sonnecchianti e realizzi che forse Marino avrebbe potuto avere
qualche chance se si presentava con una lista civica.
Il veneto, dicevo, semplifica le
doppie, elide lettere che trova superflue, ma in alcuni casi abbonda e non lo
fa moltiplicando le lettere di una parola, ma ricorrendo al plurale invece del
singolare; non vi sarà sfuggito che mentre in tutto il resto dell’Italia il
piatto proposto si sarebbe chiamato riso e … in Veneto si preferisce
denominarlo “risi” … e in effetti è come se il veneto volesse sottolineare che
non si tratta di un singolo chicco di riso, ma di tanti … è un modo per
significare abbondanza.
Un veneto non chiederà: “Mi ha
cercato nessuno?”, ma: “Me ga’ cercà nisuni?”, e quel “nisuni” vuol dare a
intendere che potrebbero cercarlo legioni di individui, non una singola persone
come lascia intendere il termine “nessuno” … il “ga’” è voce del verbo avere:
mi go’, ti ga’, i ga’ … semplice no, xe venexian par foresti questo!
Il veneto è particolare, tempo fa
già vi misi sull’avviso circa il denominare una figlia col nome di Simona, guai
a farlo da queste parti, guai alla Simona che si trasferisse in Veneto; non
molto tempo fa un conoscente di nome Goffredo ha dovuto cambiar nome … magari
in faccia proprio no, perché le ragazze venete sono educate all’ipocrisia, ma
non ci voleva molto ad accorgersi che ogni volta che Go’ fredo si presentava
una risatina risuonava nel cervello della ragazza che aveva di fronte, e
riecheggiava quando questa raccontava il suo incontro alle amiche.
Alla fine Goffredo non ce l’ha
fatta più di sentire tutte quelle risatine delle ragazze a cui si presentava,
moltiplicate per le loro amiche; chissà perché Fiammetta va bene e Goffredo no,
invece! E che diavolo era saltato in mente ai genitori di Goffredo, entrambi veneti,
di consegnare il proprio figlio alla barzelletta comune, al riso delle ragazze.
Verrebbe da far pariglia con i
“bisi” (i piselli), se non fosse che anche in italiano si preferisce usare il
plurale, perché il singolare darebbe adito a troppi fraintendimenti, come già
accade a quella fiaba di Hans Christian
Andersen, La principessa sul pisello, la storia, cioè di quella principessa
a cui non piaceva molto questo legume … poi chissà, col tempo magari avrà
cambiato idea, ma nella fiaba viene descritta una notte d’inferno trascorsa da
questa povera ragazza a cui nascondono un pisello sotto una serie di 20
materassi, 20 guanciali e 20 cuscini, al di sopra del quale fu preparato il suo
giaciglio per la notte.
Oggi per fortuna le principesse
non soffrono più di questa idiosincrasia anderseniana, che per inciso piacque
tanto alla futura suocera della principessa, e possono gustare questo piatto
prelibatissimo senza tema di rimanere insonni la notte, sono conquiste della
civiltà queste.
E già che non esistono più
controindicazioni, riporto un antico proverbio veneto che auspica l’abbondanza,
infatti, dice: “Ogni riso un biso”, che è come dire: “A ciascun’alma presa e
gentil core …” (Dante Alighieri, Vita Nova, III, 10-12); sull’onda di
questa abbondanza vi riporto qui di seguito la ricetta così come mi è stata
trasmessa da Nonna Papera, molto
fedelmente senza aggiungervi né togliervi un chicco di riso, non senza prima
introdurvela col le parole del grande Pellegrino Artusi, che essendo romagnolo
d’origine e toscano d’adozione privilegia la cucina di queste due regioni, per
cui non riporta nel suo famoso libro La
scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1891) questa ricetta veneta, ma
fra Le minestre asciutte e di magro un risotto con i piselli … che non è la
stessa cosa:
“Il riso! Ecco giusto un alimento
ingrassante che i Turchi somministrano alle loro donne onde facciano, come
direbbe un illustre professore a tutti noto, i cuscinetti adiposi”.
INGREDIENTI:
-
Riso vialone nano 320 gr.;
-
Piselli freschi in baccello 1 kg. Oppure 300 gr
di piselli freschi già sgranati;
-
Pancetta magra
o prosciutto cotto 50 gr.;
-
Cipolle bianche 2 grandi;
-
Carota 1;
-
Costa di sedano 1;
-
Burro 40 gr.;
-
Olio d’oliva 3 cucchiai;
-
Grana o Parmigiano 50 gr.;
-
Prezzemolo (quanto basta per la guarnizione);
-
Sale;
-
Pepe nero.
ESECUZIONE:
Ripulite i piselli di eventuali
impurità, passateli sotto acqua fresca con tutti i baccelli e metteteli a bagno
per mezzora con bicarbonato di sodio; dopo risciacquateli bene, sgranateli e
mettete parte dei baccelli in una pentola capiente con una cipolla sbucciata e
tagliata grossolanamente, una carota sbucciata e tagliata in tronchetti e la
costa di sedano lavata e tagliata anch’essa a tronchetti. Ricoprite tutto con
molta acqua fredda, mettetelo su un fornello e lasciatelo per circa due ore
dopo la bollitura. In questo modo otterrete un brodo vegetale che alla fine
scolerete accuratamente, fate attenzione che per la ricetta ve ne occorrerà
circa un litro e mezzo o poco più, quindi se dovesse evaporare troppo o se
avete messo meno acqua di quella che vi serve aggiungetela e portate a bollore.
In una pentola antiaderente alta
adatta per il risotto fate soffriggere in tre cucchiai d’olio e in metà del
burro la seconda cipolla tagliata a dadini piccoli tutti uguali fra di loro,
quando prende colore dopo qualche minuto aggiungete la pancetta e i piselli
sgranati e continuate a rosolare per più di cinque minuti mescolando di
continuo con un cucchiaio di legno, quindi versate dentro il riso che
rosolerete a fuoco alto per un paio di minuti perché si tosti.
Quando il riso sarà ben tostato
versategli sopra qualche mestolo del brodo che avrete preparato e che starà
bollendo su un altro fornello in parallelo col riso; il fuoco di cottura del
riso dovrà essere vivace per tutto il tempo previsto, scegliete un fornello di
grandezza intermedia e mescolate di continuo versando brodo ogni volta che si
asciuga troppo il fondo di cottura.
Ultimate la cottura procedendo in
questo modo e mescolando spesso con un cucchiaio di legno, due minuti prima del
tempo previsto per la cottura del riso aggiungete il formaggio, un pizzico di
sale marino e il rimanente burro e mantecate il riso mescolando fino allo
scadere del tempo.
C’è un’antica diatriba nella
scelta fra grana padano o parmigiano, a partire dalla menzione che ne fa il Boccaccio (Decameron, VIII, 3) fino ai nostri giorni, fortunatamente noi qui
non dobbiamo decidere per l’uno o per l’altro, sappiate solo che le ricette più
antiche, la tradizione e la zia Giuseppina non hanno alcun dubbio, ci va il
grana, anche perché mentre il parmigiano sarebbe esclusivamente emiliano, la
zona di produzione del grana padano è più ampia e comprende regioni come il
Piemonte, la Lombardia, il Trentino, il Veneto e l’Alto Adige.
E poi, già il nome in tempi
recenti il grana è stato privilegiato qui al nord non tanto in quanto grana, ma
per il termine “padano”, c’è stato persino chi, come il sindaco di Varallo Gianluca
Buonanno, con logica ferrea ha sentenziato che se esiste il grana
padano allora esisterà per forza la Padania, ma alcuni avanguardisti dada
difendono il parmigiano a spada tratta uber
alles e sono pronti a scavare trincee per difenderne la superiorità.
Il problema non è la scelta in sé
del tipo di formaggio, ma la sublime consonanza di gusti fra tutti i
commensali, così come il formaggio serve ad amalgamare il risotto, serve ad
amalgamare anche la compagnia: se decideste per il parmigiano e nella vostra
compagnia a tavola ci fosse un amante del grana, allora si creerebbe un dissidio,
una frattura, la tavola penderebbe tutta da un lato e saremmo molto lontani
dall’equilibrio perfetto della tavola rotonda di Artù e dei suoi cavalieri.
Pensate poi alle coppie di
fidanzati che si stanno formando, talvolta il porre la domanda più semplice: “A
te piace di più il grana o il parmigiano?”, eviterebbe matrimoni avventati,
unioni infelici e preverrebbe molte separazioni, io l’ho introdotto come
piccolo test nel mio lavoro, lo chiedo a chi mi consulta prima di iniziare
un’analisi, se mi dovesse dare la risposta “sbagliata” (o meglio, non con sona
con i miei gusti) non inizio nemmeno l’analisi, nella sintonia del gusto
talvolta ci sono segrete assonanze che servono e che sono essenziali quando si
intraprende un lungo cammino insieme, per la vita o con uno scopo terapeutico.
Versatelo nei piatti, guarnitelo
con un rametto di prezzemolo e una spolverata di pepe nero macinato al momento.
Gustatevi questo "fuori onda" di Renato Brunetta ... è dalle piccole cose, dalle banalità, che capisci un uomo spesso, perché un politico quando parla di politica sarà controllatissimo su ciò che dice e su ciò che fa, un uomo abituato a microfoni e telecamere cambia completamente quando è "on air" e quando invece questi strumenti non sono accesi. Allora ... godetevi la "mappazza"!
Ora, provate a pensare che Brunetta invece di "risi" e "bisi" stesse parlando di mettere insieme uomini del PD e uomini del PDL, provate a pensare che la "mappazza" sia l'attuale governo Letta .... provate a pensare ....
Prima la risposta alla Tua domanda posta nell'altro post con la conferma del fatto che non sono molto esperto con il PC e trovo difficoltà, imparata una strada, a percorrerne un'altra, diversa, (come il somarello!).
RispondiEliminaLo faccio perchè mi piace leggerTi.
Ora al post di sopra con una celia perchè mi è sembrato un manifesto elogio al pisello!
Come faccio ora a confessare che mi piace il riso ed anche il suo "condimento" da Te magnificato, senza incorrere in equivoci da parte di chi mi/ci legge?
Ciao da luigi
P.S.:
Mi è capitato, anni addietro, in gioventù, di raccogliere dalle piante direttamente i baccelli per tirarne fuori i piselli di produzione propria per uso casalingo. Il genitore, che curava direttamente una campagna avuta in eredità da uno zio Avvocato, pur egli allevatore di cani da caccia e Giudice Cinofilo di bellezza e di caccia pratica, oltre che pubblicista - Rivista Diana e libri editi sulla Cinotecnia - si distraeva come Cincinnato ed utilizzava sulla terra fertilizzanti naturali (oltre azoto, potassio, ecc...) per rendere ancora più dolci i frutti della stessa.
Quelli comperati, se non proprio dolci, vanno aggiunti, in fase di cottura con un po' - q.b. - di zucchero.
"Come faccio ora a confessare che mi piace il riso ed anche il suo "condimento" da Te magnificato, senza incorrere in equivoci da parte di chi mi/ci legge?" Non porti nemmeno il problema ... il problema sarà tutto di chi equivoca! Anche tutto il post per intero era una celia e anch'io ho sfiorato l'equivoco di cui parli, nel senso che ci ho giocato un po' sopra. Sulla coltivazione dei piselli so molto poco, mio padre (che è anche il mio principale riferimento sul sapere sulla terra) non ne ha mai coltivati. Ti ringrazio per i suggerimenti di coltivazione e di cucina, io sono restio ad aggiungere zucchero nelle mie ricette per addolcire, se proprio devo farlo preferisco quello di canna, se i tratta solo di togliere un po' di acidità (come nel caso del sugo di pomodoro) io aggiungo un pizzico di bicarbonato di sodio per uso alimentare.
RispondiEliminaCiao Luigi
Anche mio padre, cuoco eccelso in casa ed anche per gli amici durante la stagione di caccia quando si isolavano sui monti dell'Aspromonte, usava lo zucchero per il sugo di pomodoro, q.b., quando necessario.
RispondiEliminaCiao da luigi
Che gradevole post. Leggiadro, interessante, curioso e divertente a leggersi. L'accenno berlusconiano mi ha anche fatto ricordare una cosa ad hoc, che ho scoperto la scorsa domenica consultando i miei libri di giardinaggio sulle piante selvatiche. Sfogliandone uno, all'improvviso, non ti scopro la pianta più odiata da Silvio, che manco sapevo esistesse? Sono scoppiata a ridere, naturalmente! La realtà è sempre molto fantasiosa, bisogna ammetterlo! Vado a prenderla e la faccio ridere, signor Garbo, per ricambiare!
RispondiEliminaEccola qui: che nome profetico per Il povero Silvio!
http://en.wikipedia.org/wiki/Veronica_beccabunga
¡Muchas gracias, Señora!
RispondiElimina