martedì 4 marzo 2025

L'INFINITAMENTE PICCOLO







“Chi non osa l’insperabile, non lo conseguirà, perché non troverà traccia o pertugio che portano ad esso”.

(Eraclito, 22B18 DK).


I ragazzi di via Panisperna, da sx: Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi. Foto scattata da: Bruno Pontecorvo.




“Devota come un ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d'oblio,
su acutissime lamine
in bianca maglia di ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d’addio…"

(Cristina Campo, Passo d'addio , da Devota come un ramo, Milano 1956).


Il Passo d’Addio nella danza è la naturale conseguenza di un percorso accademico che dura circa 8 anni, si tratta infatti di una saggio finale in cui ogni allievo presenta una o più variazioni dal repertorio classico ed avviene dopo il conseguimento del diploma.




Ettore Majorana


"Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento, nessuno mi guardarebbe, pochi m'osservarebono, da rari sarei ripreso e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l'alma, vago de la coltura de l'ingegno e dedalo circa gli abiti de l'intelletto, ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m'assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti". 

(Giordano Bruno, De l’infinito, universo e mondi, a cura di G. Aquilecchia, Sansoni, Firenze, 1985, incipit dall'Epistola).





“E chi mi impenna, e chi mi scalda il core? | Chi non mi fa temer fortuna o morte? | Chi le catene ruppe e quelle porte, | Onde rari son sciolti ed escon fore? | L'etadi, gli anni, i mesi, i giorni e l'ore | Figlie ed armi del tempo, e quella corte | A cui né ferro, né diamante è forte, | Assicurato m'han dal suo furore. | Quindi l'ali sicure a l'aria porgo; | Né temo intoppo di cristallo o vetro, | Ma fendo i cieli e a l'infinito m'ergo. | E mentre dal mio globo a gli altri sorgo, | E per l'eterio campo oltre penetro: | Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo”. 

(Giordano Bruno, De l’infinito, universo e mondi, a cura di G. Aquilecchia, Sansoni, Firenze, 1985, dall’Epistola).





2 commenti:

  1. Post ricco di spunti per le riflessioni. "Quel ch'altri lungi vede, lascio al tergo”.
    di Giordano Bruno

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    1. Che Giordano Bruno fosse un gigante nel suo tempo è una cosa su cui esistono pochi dubbi, la sua vicenda di vita, la sua cattura, la sua sentenza, che sia stato bruciato vivo a Campo dei Fiori a Roma dalla chiesa cattolica, che dice di amare il prossimo tuo come te stesso, e di porgere l’altra guancia, non sto nemmeno a sottolinearlo, che nessuno si sia mai scusato per questa morte, per quello che potrebbe valere, non dico nulla.
      Voglio sottolineare come Giordano Bruno sia un gigante anche nel nostro tempo, fatto di pigmei non in senso fisico, ma in senso mentale: persone con le idee troppo corte, per fortuna che c’è ancora qualcuno che vede oltre questa gente qui.
      Ciao

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