“La maggior parte degli uomini è
malvagia”. (Biante di Priene, in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, TEA
Laterza, Roma-Bari, Libro I, Cap. V, 87, p. 33).
Su questa vicenda l’unica cosa sensata che ho letto sono le pubbliche scuse di Peter
Gomez su Il Fatto,
su tutto il resto stenderei soltanto un velo pietoso.
Fino al suicidio di questa
ragazza io non sapevo niente di ciò che le stava accadendo, niente delle sue immagini
e dei video che circolavano, niente del dileggio e del disprezzo che le girava
intorno, niente della vasta eco che avevano assunto.
Tuttavia credo di saperne quanto
ciascuno di voi, quanto ne sanno tutti, vale a dire non ne so niente, non so
cos’è accaduto veramente, non so chi era Tiziana Cantore, non so chi erano i
suoi amici, chi e perché ha divulgato immagini e video confidenziali, perché
hanno suscitato immediatamente tanto clamore (davvero la vita di molti è tanto
vuota da entusiasmarsi o da inviperirsi per qualche video hard?).
Gomez, che pure apprezzo molto
come giornalista e ancor di più per queste parole autocritiche che si è sentito
di scrivere a posteriori, dice che se avessero saputo che non si trattava di un
fenomeno di costume, ma di un fatto di cronaca, non avrebbero mai pubblicato il
pezzo.
Esplicitamente ammette che se si
fosse trattato di una emergente attrice porno
in cerca di pubblicità gratuita, era lecito scriverci e scherzarci sopra, se
quelle immagini fossero invece state estorte con la forza, la minaccia o il
ricatto, o ancora se tutto fosse partito da un gioco osè un po’ esibizionistico
per giungere a una diffusione non prevista e a conseguenze drammatiche non
contemplate, allora tutta la vicenda sarebbe stata trattata in maniera completamente
diversa.
Perdonatemi se non capisco la
differenza, perché nel primo caso fai da grancassa gratuita ad un lancio
pubblicitario e nel secondo stimoli comunque la morbosità dei tuoi lettori; di
fronte a quelle immagini e di fronte alla reazione dei tanti, molti, oceanici
decerebrati che popolano l’etere, zombi sempre alla ricerca di plasma fresco
che li tenga in vita, perché sono ormai incapaci di vivere una vita propria, io
avrei soltanto cercato di capire cosa stava succedendo.
Solo così Gomez avrebbe potuto
stabilire se si trattava di un fenomeno di costume o di un fatto di cronaca,
anzi sono sicuro che una volta compreso avrebbe realizzato che non ha senso
dividere gli eventi in costume, cronaca, politica o quant’altro.
Questa vicenda è passata per il dileggio,
lo scherno, la satira feroce, il disprezzo, l’aggressività che è stata rivolta
verso questa ragazza, allo scherno, alla satira, al disprezzo, all’aggressività
verso chi l’ha criticata, verso chi ha divulgato del materiale “intimo”, verso
chi usa espressioni come “se l’è cercata”, verso chi, magari semplificando troppo
o francamente andando a farfalle, emette sentenze moralistiche o pseudo-scientifiche
per dare conto di ciò che è successo.
Sia gli uni sia gli altri sia i
media che veicolano gli uni e gli altri, senza avvedersene, fanno parte dello
stesso circo mediatico; moralisti e indignati, sbeffeggiatori e difensori d’ufficio,
tutti muniti della stessa aggressività gli uni contro gli altri, nutrono
entrambi le stesse curiosità morbose e alimentano il circuito della perversione
mediatica.
A nessuno interessa che una
ragazza di 31 anni si sia impiccata col suo foulard, dopo aver tentato pochi
giorni prima un suicidio, dopo aver tentato di cambiare nome, città, lavoro,
frequentazioni, identità, dopo che tutto ciò che credeva essere la sua vita, le
sue amicizie, le complicità, gli affetti, si sono frantumati miseramente allo
stesso modo in cui si sono sbriciolate le case dei terremotati dal Lazio, Marche,
Umbria e Abruzzo.
Contrariamente a loro, però,
Tiziana si è trovata improvvisamente da sola, disperata, con un’immagine di sé in frantumi,
non più a suo parere ricucibile (oggi che viviamo di immagine, oggi che l’immagine
è tutto … e lei lo sapeva perfettamente visto che aveva affidato alle sue
immagini osé il suo valore in quanto donna piacente e desiderata), e con
addosso quel senso di “inaiutabilità”, come se la sua vita si fosse spezzata definitivamente,
che l’hanno condotta a porre termine alla sua esistenza.
L’uomo d’oggi, più che fare
esperienze, vive di reminescenze, non sapendo vivere in prima persona vive
attraverso gli altri, che siano politici, gente di spettacolo, persino scienziati
spettacolarizzati, trattati come se fossero delle stars, resi icone mediatiche
al di le ed oltre il significato delle loro scoperte scientifiche, che viene
immancabilmente travisato, quando non addirittura reso superfluo, perché
abbiamo così tanto bisogno di idoli, che non abbiamo bisogno di motivi validi
per cui uno possa diventare celebre per davvero.
L’immagine è più ambita e
ricercata della cosa stessa che rappresenta, l’immagine di un nudo è più ambita
del nudo stesso davanti ai miei occhi, un rapporto virtuale più ricercato di
quello reale, perché il rapporto mediato dall’immagine (dal significante,
avrebbe detto Lacan) è più rassicurante e non sappiamo più da tempo rischiare
un rapporto vero fra due persone senza interporvi in mezzo un qualsiasi
significante che ha la funzione di tenere in piedi il rapporto, non a caso
Lacan diceva che il significante matrimonio fa si che i due partner non si
sbranino a vicenda, non sempre, è vero.
Poi, mentre il piacere del
contatto reale è effimero, se non lo sai trascrivere nel tuo cuore, e noi non
sappiamo più scrivere il reale, l’immagine è una cosa che permane e che ti da l’illusione
di avere potere sulla cosa che rappresenta, di possederla, e spesso nei
rapporti umani accade proprio così, come una profezia che si auto-avvera, se
possiedi l’immagine possiedi anche ciò che rappresenta quell’immagine.
Possedere l’immagine o il filmato
porno di Tiziana è quasi come possedere la sua anima (e poi prendiamo in giro
quei selvaggi che non vogliono essere fotografati perché temono che tu possa
rubare loro l’anima), ti da il potere di poterla ricattare, di averla in tuo
potere, di farla gioire o soffrire e persino di distruggerla fisicamente o
moralmente o di indurla a spezzare la sua vita.
Il post sarebbe finito qui, tutto ciò che segue è ciò che avanza, cose pensate dopo e che per inserirle nel testo principale lo dovrei riscrivere e sovvertire; ve le lascio qui, che ne facciate ciò che volete:
Se non c’è immagine non esiste
neanche la cosa che essa rappresenta e se non lo dice il tg o non lo trovi in
rete un fatto non è mai successo … un’immagine è feconda se ti stimola a
conoscere meglio ciò che rappresenta non se si sostituisce al reale … viviamo
ormai immersi in una rete di significanti e abbiamo perso il contatto con i
significati, con gli altri.
… si cerca in questo modo il
dominio e la sottomissione dell’altro e il controllo delle proprie tendenze
simili attraverso il controllo e la segregazione dell’altro, l’altro svilito,
vilipeso, umiliato, ridotto ad essere subumano mi ricorda perennemente ciò che
sarei io se non controllassi i miei stessi impulsi così simili ai suoi.
Quando discutiamo se è giusto ciò che Tizio ha fatto, se sia giusto farlo o non farlo, stiamo in realtà rinforzandoci a vicenda, stiamo cercando un motivo, una gratificazione sociale per non farlo, questo perché sul piacere che proveremmo nel farlo non abbiamo dubbi.
Quando discutiamo se è giusto ciò che Tizio ha fatto, se sia giusto farlo o non farlo, stiamo in realtà rinforzandoci a vicenda, stiamo cercando un motivo, una gratificazione sociale per non farlo, questo perché sul piacere che proveremmo nel farlo non abbiamo dubbi.
Il moralismo serve soltanto a
controllare i propri impulsi omologhi a ciò che si condanna e a creare la
propria appartenenza ad un gruppo superiore, che si contiene, e l’appartenenza
dell’altro ad un gruppo inferiore, che invece non sa contenersi: si è subumani
perché non ci si contiene e non ci si contiene perché si è subumani, questa la
logica dei moralisti con la bava alla bocca.
Un esempio?
Il vicepresidente del Corecom
Marche, Francesco Capozza, scrive in un primo tweet: “''Scusatemi, attaccatemi
pure, ma io non posso concepire il suicidio di per sé, ancor meno se una vacca
che si fa video hot poi arriva a tanto''. Tradotto: se prima era solo una “vacca”,
ora è una “vacca suicida”.
E poi: 'Ritengo di avere usato
impropriamente un termine offensivo e me ne scuso'', il primo. E ancora:
''chiedo scusa per il tweet di ieri se ha offeso la memoria di una povera
ragazza. Volevo dire, da cristiano, che il suicidio non è una soluzione''.
Che volete che vi dica, dopo
questo per me è più offensivo dire “cristiano” che non dire “vacca” a qualcuno.
Propendo per la perversione mediatica. E in base a questa perversione ogni fatto o situazione giornaliera finisce sul web o sui mass media. Si muore "in diretta", o si subisce violenza in diretta (come nel caso della ragazza di 17 che ha subito violenza in discoteca e le ragazze che guardavano e filmavano). Ormai la vedo come una patologia che rischia seriamente di diventare inguaribile. Penso alla parola "osceno" che nel teatro dell'antichità indicava qualcosa di tragico che avveniva nelle quinte del teatro (cioè a lato del palcoscenico) ma non veniva mostrato al pubblico. Oggi siamo all'esatto opposto: tutto è mostrato senza limiti. Qualcosa che succede in un giorno ecco che nel giro di pochi click e pochi attimi fa il giro del mondo. Non si tratta di giudicare (in fin dei conti anch'io come te non conoscevo la ragazza che si è suicidata) ma condivido quando dici che a nessuno interessa cosa era la sua vita e il dramma in cui si è trovata quella donna di 31 anni. Ciò che conta è buttare la notizia in pasto al pubblico, e magari fare un po' di audience. Infine il vice presidente del Corecom Marche è il tipico esempio di cinico che parla quando sarebbe meglio star zitti. Penso a Oscar Wilde quando diceva: "Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno". Rimane la tristezza e anche il dolore di una persona qualsiasi, come me, che quando legge la fine di quella donna di 31 anni morta impiccata con il suo foulard ne rimane sempre colpita. In Giappone i Samurai (gente pagata per far rispettare la legge ed eventualmente uccidere a colpi di spada) nonostante tutto seguivano il motto del Bushido: "Riconoscere la vita in ogni respiro"...un salutone, hai scritto su un argomento difficile nel miglior modo possibile come sempre. Alla prossima
RispondiEliminaPotrebbe sembrare facile commentare questo fatto doloroso, o meglio, facile lo è per quelli come quel deficiente che hai citato nell'ultima parte.
RispondiEliminaIo, sono più che altro arrabbiata con questa Ragazza, si... Chissà il suo cervello da che parte stava mentre faceva partire con un click quello stupido, inutile, insensato e dannato filmato.
Sai cosa non sopporto più dell'essere umano? La sua ignorante e nauseabonda superficialità nel gestire il precorso della Vita. Perchè la Vita, prima o poi, te li presenta i suoi conti salati. Hai voglia se te li presenta! E purtroppo la stragrande maggioranza della generazione Android, IPhone, Fb, WhatsApp, e tutto il resto non è assolutamente pronta a pagarli quei conti, anzi, credo manco se li immagini lontanamente. Il caso di questa povera ragazza ne è la prova. Se solo avesse capito in tempo che dentro quel filmatino idiota si nascondeva la malvagità dell'essere umano, non l'avrebbe mai e poi mai fatto partire con un click.
Ciao Garbo.
(stupenda la canzone di Pino)
Diciamo sempre che il progresso ha fatto il mondo più piccolo eppure ho l'impressione che la distanza tra le persone sia aumentata. Intendo la distanza emotiva quella che ci fa sentire empatia nei confronti dell'altro, quella nata dal contatto visivo, dalla comunicazione non verbale. Se i social sono l'attuale paradigma del progresso allora bisogna considerare seriamente come intervengono su tempo e spazio, non solo quelli fisici ma anche e soprattutto su quelli emotivi. La nostra tribù si è allargata, non è più costituita mediamente da 150 componenti che costituivano le comunità del paleolitico e che ancora oggi rappresentano il nocciolo delle nostre relazioni più forti ma ancor di più è aumentato il numero di chi stava e continua a stare fuori dalla tribù, i diversi, quelli contro cui fare la guerra. Oggi è una guerra pulita, niente spargimento di sangue, basta un click, un mi piace, un dito verso come del resto è già avvenuto in passato. Niente di nuovo sotto il sole? Forse solo variazioni sul tema di una specie che non riesce a stare al passo con i propri stessi progressi.
RispondiEliminaOgni suicidio mi sconvolge, mi ammutolisce, fin da quando ero piccolo, per via di un'amica di mia madre che si tolse la vita... ma non è questo il punto. Il punto è che da allora ogni suicidio mi fa entrare nel silenzio, quel silenzio che è comunicazione non verbale e che non lascia traccia se non nella nostra anima e nell'anima di chi ci è vicino. Nulla di tutto questo è possibile nella cosiddetta comunicazione di oggi, quella dei social, ma anche quella dei giornali. Tutti devono dire qualcosa il più velocemente possibile, e come in questo caso la velocità può dare un contributo al suicidio. Il tempo dell'attesa, della riflessione, del silenzio si accorcia, si annulla. Si deve scrivere il pezzo altrimenti si perde il tempo... quanta ironia si nasconde in questa espressione ormai! Ognuno sente il richiamo a dire la sua e renderla pubblica, come quel cretino di cui parli. Il silenzio ha perso la sua mistica, l'aurea del possibile che poteva originare, il luogo riservato e intimo in cui si muore e si rinasce, in cui ci si incontra. Ecco perché c'è questo horror silentium, per il terrore di incontrarsi. Il silenzio oggi è semplicemente assenza, se non si parla/scrive/posta di un argomento allora l'argomento non interessa e come dici tu se non sei presente in questo modo allora non esisti. Perdona questo mio modo scomposto di procedere, torno a quei conati che certa gente ha bisogno di vomitare in pubblico. Non sono mai mancate le condanne scomposte a chi contravviene le regole stabilite dalla comunità e neanche le condanne più composte ma non meno ipocrite... parlo dello stigma gettato sui suicidi. Forse è dovuto all'istinto di conservazione, forse a chi sa quale altro diavolo di adattamento psicologico ma non sono mai riuscito a capire perché non si taccia. Non lo capirò mai e questo tempo è un tempo sbagliato per chi cerca risposte nel silenzio. La storia di questa ragazza è nata e si è consumata in questo non tempo, quello delle immagini di cui parli tu. E' figlia di questo tempo in cui le immagini prendono il posto della carne viva con una efficacia e diffusione mai viste prima, ma le immagini non muoiono, non soffrono. A morire sono sempre le persone e in questo caso per mano della propria immagine brandita da chi ha trovato in quell'immagine la propria garanzia di purezza. Ciao Garbo.
Ho, da sempre, tutelato il diritto all'immagine.
RispondiEliminaSe il video è stato, dalla ragazza/donna, indirizzato ad altri ha commesso una imperdonabile leggerezza che l'ha portata al suicidio.
Per il resto sentenziare da terzi è sempre deprecabile poiché gli stati d'animo dell'animale Uomo non sono facilmente - per nulla affatto - sindacabili.
Ciao da luigi
@ Accade,
RispondiEliminami piace questo tuo commento, da solo è un post di notevole profondità ed eleganza stilistica. Una chiave di lettura di questa e di altre vicende è che viviamo nell’era dell’immagine, in cui tutto ciò che non appare non esiste, in cui facciamo le gare ad apparire, a mostrarci, ad avere il nostro quarto d’ora di notorietà, dove non importa se possiedi bellezze o talenti se nessuno li vedrà mai, persino l’oscenità esibita è migliore del genio ignoto.
Ma ci rapportiamo al mondo dell’immagine con un corredo emotivo grettamente moralista: faccio delle foto o dei filmati hard, le mando agli amici, se poi questi le divulgano, se invece di riscuotere complimenti e consensi, se invece di essere desiderata sono disprezzata, penso di essere un fallimento e che la mia vita è distrutta.
Oppure, pubblico le foto e i filmati hard dell’amica senza nemmeno rendermi conto di ciò che può accadere, senza calcolare le possibili e prevedibili conseguenze, o se le intuisco, me ne frego, è più importante che migliaia di imbecilli clicchino “mi piace” nella mia pagina facebook, istagram, tumblr, twitter … e che la mia popolarità schizzi alle stelle.
O, ancora, faccio fare alla mia ragazza dei filmati porno con altri uomini e poi ne dispongo come preferisco; o, infine, mi è morta una figlia suicida, non ho saputo trasmetterle niente tranne l’apparire, non ho saputo capire il suo dramma, non l’ho saputa confortare come facevano le madri e le donne di un tempo, che sanno che il tempo lenisce tutto e che ciò che adesso ti sembra drammatico e insuperabile, fra qualche mese non se ne ricorderà nessuno, allora sollevo un polverone mediatico accusando il suo fidanzato di averla plagiata e usata.
Caro Accade, c’è solo l’immagine, parole come amicizia, dignità, amore, rispetto continuano ad esistere svuotate di significato, non funzionano quando le cose accadono o stanno per accadere, funzionano sempre a posteriori in chiave moralistica e sempre rivolte ad accusare altri.
Ciao, grazie per questi tuoi preziosi passaggi.
@ Cri,
RispondiEliminasuperficialità è il termine esatto, ma devi anche aggiungerci immaturità, incapacità di sintonizzarsi sui sentimenti altrui, di prevedere le conseguenze (soprattutto emotive) delle proprie azioni, di distinguere e di accettare i propri sentimenti senza cancellarli, la voglia di uniformarsi al branco a tutti i costi, di essere trasgressivi come tutti, di cercare una trasgressione in una cultura che non impone più norme che possano essere trasgredite, incapacità di vivere, insensatezza, senso di noia e di vuoto diffusi, esplosioni improvvise e incontrollabili di aggressività auto ed etero diretta.
I social che tu citi creano questo vuoto culturale, o ne sono solo la conseguenza, il fatto di usare internet ci da la sensazione di vivere in un mondo irreale, dove la vita è un videogame e la morte non esiste davvero; oppure, usiamo i social network perché non sappiamo più stare insieme agli altri e a noi stessi?
La “malvagità” non è solo negli altri, Biante dice che la maggior parte degli uomini è malvagia, Sartre dice che l’inferno sono gli altri, ma solo perché gli altri sono lo specchio della malvagità che non vogliamo vedere in noi. Credo che solo scoprendola e accettandola la nostra malvagità/imbecillità possiamo pensare di non riversarla sempre e comunque nella nostra vita e in quella degli altri.
Il dubbio, per essere più chiari, non doveva venirle al momento del clic, ma nel momento in cui accetta gli scatti, nel momento in cui accetta un fidanzato senza amore e degli amici senza amicizia, nel momento in cui non si ama e decide di sottoporre ai primi deficienti che incontra la sua domanda d’amore attraverso quei filmati.
Ovviamente, una simile domanda vale per tutti i protagonisti di questa vicenda e per ciascuno di noi.
Ciao
@ Antonio,
RispondiEliminacome ben sai, l’era dell’immagine è nata nel momento in cui l’uomo lascia la foresta e si avventura nella savana, scende dagli alberi e comincia a camminare con la schiena eretta deambulando con gli arti posteriori; l’orientamento olfattivo, punto di riferimento e modalità di conoscenza del mondo privilegiato, cede il passo all’orientamento visivo. Il tuo simile, il predatore e la compagna, che prima individuavi odorando l’aia intorno a te, perché nella foresta c’è scarsa visibilità a causa di alberi, rami, foglie e vegetazione varia, adesso devi individuarli con gli occhi.
I gesti amichevoli, quelli minacciosi e quelli che esprimono desiderio si sostituiscono all’odore familiare degli appartenenti al tuo clan, di quello estraneo di chi non vi appartiene, all’odore dell’aggressività che si spande nell’aia di chi ti sfida o ha intenzioni ostili, all’estro femminile che segnala la disponibilità all’accoppiamento e il periodo di massima fertilità nelle femmina.
Con l’imporsi della vista si creano progressivamente due mondi: ciò che è visibile e ciò che non è visibile, la realtà e il mito, il mondo sensibile e quello sovrasensibile, la percezione e la metafisica, res cogitans e res extensa; è necessario, a questo punto creare un rapporto e un collegamento fra i due mondi.
I greci inaugurano l’indagine scientifica, da Eraclito, ad Anassagora, da Empedocle a Platone, dal visibile si cerca di intuire l’invisibile, in alcuni casi si apre il visibile alla ricerca di ciò che è celato, come fa Ippocrate con la dissezione dei cadaveri.
La loro opinione era che l’invisibile fosse la spiegazione ultima del visibile, quindi fosse più importante di quest’ultimo; ma l’empirismo e il materialismo hanno abolito l’invisibile, lo statuto di realtà di ciò che non si vede è nullo, ciò che non si può toccare, non si può percepire e non si può misurare non esiste o è inferiore a ciò che è concretamente percettibile.
Mancava l’ultimo passo e gli americani hanno colmato questa lacuna, il visibile vale qualcosa, vale di più quanto più è visibile, e l’invisibile non vale niente; non importa chi tu sia, in quale buco del mondo tu sia sepolto, quale lavoro umiliante tu sia costretto a fare per sopravvivere, se vuoi, se sei determinato, se credi in te stesso, puoi avere successo, dove il successo è diventare famoso, visibile, riconosciuto e quindi, automaticamente, essere privo di preoccupazioni economiche, di pensieri, tutto ciò che eri, tutto ciò che sei stato viene azzerato e tu diventi un semidio a cui fama, successo e denaro piovono addosso da sole, per il semplice fatto di stare nel punto di fuoco di un obiettivo.
Non serve che tu abbia delle capacità, che impari qualcosa, che ti migliori, né serve essere nato in una determinata famiglia, in un luogo preciso, con caratteristiche di un certo tipo, non serve l’intelligenza, abilità alcuna, preparazione, istruzione, educazione … alcune di queste cose, anzi, sono controproducenti, perché gli altri, quelli che ti venerano, devono potersi rispecchiare in te, e se tu fossi troppo intelligente, pochi potrebbero riconoscersi in te dal momento che la stragrande maggioranza delle persone non lo è affatto.
(segue)
Anche essere beneducato è deleterio in un mondo involgarito, o colto in un mondo di ignoranti; è vero però, che con opportuni artifici, la massa potrebbe identificarsi con te in base all’ideale dell’Io, cioè non per ciò che è ma per ciò che vorrebbe essere, ma è una identificazione instabile e prima o poi prende il sopravvento la differenza fra te e loro.
RispondiEliminaLe identificazioni con chi meglio di ogni altro rispecchia ciò che siamo come gruppo, popolazione, nazione, civiltà, creano un senso di uniformità e di identità molto forte, tanto più forte tanto più fragile è questa identità creata fittiziamente (per l’uomo simbolo che rispecchia cos’è un popolo, vedi Berlusconi che rispecchiava ciò che avrebbe voluto essere la destra italiana e ciò che non avrebbe voluto essere la sinistra; per quanto riguarda l’identità fragile pensa alla “padania”, al mito della discendenza celtica, ai matrimoni ariani, all’acqua del Po portata sulla foce in un’ampolla).
Essere inclusi in un gruppo vuol dire uniformarsi all’idea dominante, assomigliare al leader, essere funzionario di un’idea, di uno schema di potere, di un interesse, significa sacrificare la propria autonomia, il proprio senso critico, la propria intelligenza, diventare uno zombi; non appartenere al gruppo significa esporsi al disprezzo, alla discriminazione, talvolta all’impossibilità di vivere dignitosamente, significa essere bersaglio di attacchi verbali e/o fisici … se ti senti travolto, se non credi di avere la forza o il coraggio per contrastarli, se non vedi una via d’uscita, spesso la morte autoinflitta diventa la tua via di fuga e la cessazione della sofferenza, talvolta ti offri spontaneamente come capro espiatorio, in olocausto, per punire i tuoi peccati e rinsaldare l’identità del gruppo e il senso di purezza che li accompagna.
E’ un problema molto serio e può creare danni molto più gravi del suicidio del singolo individuo.
Ciao
@ Luigi,
RispondiEliminasulla vicenda in sé ho premura di non esprimermi, non ne so niente, non conosco nessuno, ma in generale ci possiamo e ci dobbiamo porre il problema del perché una ragazza di 31 anni si suicida, perché gira dei filmati porno, perché li invia ad “amici”, perché questi li divulgano senza alcun rispetto … che sta succedendo? Se fosse solo il problema di questa ragazza, piangeremmo solo la sua morte, invece c’è un’altra ragazza minorenne in stato alterato di coscienza in una discoteca, che viene violentata da molti e che le sue amiche invece di intervenire filmano lo stupro e lo divulgano. C’è una ragazzina di 12 anni che viene violentata dal branco costituito da ragazzi minorenni, con l’aggiunta di qualche adulto (uno persino poliziotto), il branco è coperto da tutto il paese, perché il capobranco è figlio del boss della ‘ndrangheta, poi c’è il figlio del maresciallo, il fratello del poliziotto … e il paese copre la sua viltà, la sua codardia, dietro lo slogan: “Se l’è cercata” … una ragazzina di 12 anni se l’è cercata, abusata per anni, tutti sapevano … tutti insieme: poliziotti, carabinieri, ‘ndrangheta … tutti a violentare una minorenne, fisicamente, coprendo lo stupro, accusando la vittima … persino i genitori sapevano, e il padre che fa? Va a parlare col boss della mafia, parlare capisci? Quando avrebbe dovuto sparargli in bocca o almeno denunciarlo.
Scusami, Luigi, sono sempre più incazzato quando sento queste notizie.
Ciao