Il segretario provinciale del Sap
di Ferrara e vicesegretario del Sindacato autonomo di polizia dell’Emilia
Romagna, Luca Caprini, ha indirizzato al Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano una lettera in cui dichiara di aver applaudito anch’egli i colleghi
condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi e Gli chiede se per questo suo gesto sia ancora degno di essere insignito della Medaglia di Bronzo al Valore Civile e del titolo di Cavaliere della Repubblica, o se debba restituirle.
La lettera di caprini a Napolitano la potete leggere per intero qui; io ancora non ho capito perché quest’uomo si è sentito di applaudire questi quattro colleghi, se si tratta di solidarietà, lasciatemelo dire, è una strana forma di solidarietà, sembra più una sorta di connivenza ed agita lo spettro dell’impunità di casta, come non la si era mai vista prima d’ora.
La lettera di caprini a Napolitano la potete leggere per intero qui; io ancora non ho capito perché quest’uomo si è sentito di applaudire questi quattro colleghi, se si tratta di solidarietà, lasciatemelo dire, è una strana forma di solidarietà, sembra più una sorta di connivenza ed agita lo spettro dell’impunità di casta, come non la si era mai vista prima d’ora.
Il “dovere” (lo scrivo
virgolettato e minuscolo perché Caprini lo scrive maiuscolo, per distinguermi
dal suo concetto di dovere) di un poliziotto è quello di proteggere i cittadini
non quello di massacrarli al punto da spaccargli contro ben due manganelli.
La causa della morte non sono
comunque le percosse in sé, Federico è morto soffocato perché non riusciva a
respirare, in quella che viene chiamata “asfissia da posizione” (la stessa
causa della morte di Cristo per intenderci, solo che nei due casi la posizione
era diversa: Federico riverso a terra con le mani ammanettate dietro la
schiena, il torace schiacciato sull’asfalto e, probabilmente, gravato dal peso
di uno o due poliziotti a tenerlo fermo, mentre Cristo muore dopo diverse ore
perché il suo peso schiaccia il torace impedendogli il respiro).
La notte del 25 settembre 2005
nessuno di noi sa cosa sia accaduto realmente, ma da ricostruzioni,
intercettazioni, registrazioni di telefonate, dalle testimonianze e dalle prove
a carico ne emerge uno scenario agghiacciante.
Non sappiamo esattamente cosa è
andato storto in quello che avrebbe dovuto essere un semplice controllo di
polizia; Federico era davvero agitato, avrebbe aggredito per primo
immotivatamente come hanno sostenuto i poliziotti in processo? Era sotto l’effetto
di alcol e di droghe (ma le tracce di queste sostanze riscontrare nel sangue di
Federico erano di così lieve entità da non giustificare il marasma
psico-fisico, la crisi pantoclastica e addirittura la morte)?
Ma ammettiamo pure che questi
poliziotti si siano davvero trovati di fronte ad una autentica furia umana, e,
seppure fossero in quattro, incontenibile; è pure vero che Federico quando sono
intervenuti non stava aggredendo, rapinando, uccidendo, violentando nessuno, e
non stava nemmeno spacciando (improbabile data l’ora anche solo pensarlo),
perché questo accanimento, e perché nessuno di loro ha pensato di chiamare un
intervento psichiatrico?
Ciò che invece sappiamo con
certezza è che Federico era vivo quella sera prima di incontrare quella
pattuglia e dopo averla incontrata, alle 6.15 del mattino il medico
intervenuto, dopo aver tentato invano di effettuare ripetuti tentativi di
rianimazione cardio-polmonare, è costretto a constatarne la morte.
Una cosa del genere non dovrebbe
mai accadere, un poliziotto deve conservare la sua lucidità sempre, perché è
dotato di un certo potere ed è pure armato, deve sapere cosa fare in ogni
circostanza e non deve mai provocare col suo atteggiamento qualsiasi persona
gli si ponga di fronte, deve mantenere il rispetto per chiunque, fosse anche il
peggior delinquente (è questo che differenzia le forze dell’ordine dalla
criminalità).
Se questo non accade, se si
massacra un ragazzo di 18 anni in quel modo, non puoi appartenere alla Polizia,
non puoi essere un assassino condannato dalla Legge e, nello stesso tempo, un
poliziotto; sarebbe inconcepibile pensare che viene scartato un aspirante
poliziotto perché ha i denti storti e si riconfermi qualcuno dopo una condanna
per omicidio.
Per questo e per altri motivi io
trovo fuori luogo non solo che quei poliziotti rivestano ancora la divisa, ma
che alcuni colleghi tributino loro un caloroso applauso; non solo io non mi
fiderei nell’incontrare poliziotti di questo tipo in qualsiasi luogo di notte e
senza testimoni come è accaduto a Federico Aldrovandi, ma posso anche presumere
che chi li ha applauditi non si sarebbe comportato in maniera diversa da loro
in una situazione simile.
Io so solo che una madre ha visto
uscire il proprio figlio diciottenne una sera e quando l'ha rivisto il suo ragazzo portava tutti
i segni di un massacro e, cosa ancora più difficile da accettare, non è stato
qualche criminale, qualche psicopatico o un incidente a far questo, sono stati
dei poliziotti.
Non so se Luca Caprini debba
restituire la Medaglia di Bronzo al Valore Civile e il titolo di Cavaliere
della Repubblica, che deve aver meritato, e che in ogni caso nessuno, nemmeno
il Presidente della Repubblica può decidere per lui, nessuno ha messo in dubbio
che egli sia degno di tali onorificenze; solo mi dispiace per quell’applauso,
perché sarà pure colposo l’omicidio commesso dai suoi colleghi, ma è pur sempre
un omicidio e se lui ritiene che meriti un applauso non solo deve restituire, a
mio parere, le onorificenze, ma la divisa stessa.
Sono d'accordo con te. Ma purtroppo non succederà mai. Quelle divise non verranno mai restituite. Loro, possono permettersi di continuare ad indossarle tranquillamente, come non fosse successo niente di che. E sai perche? Perchè in Italia, purtroppo, la Giustizia e la Legge non è uguale per tutti.
RispondiEliminaCiao Garbo.
Cri
@ Cri,
RispondiEliminabenvenuta in questo blog. Il fatto che entrambi abbiamo scritto la parola Legge e la parola Giustizia con la lettera maiuscola mi conforta, vuol dire che siamo almeno in due a pensare che la legge sia e debba essere uguale per tutti e che la giustizia possa trovare luogo anche in un Paese imbarbaritosi come il nostro. Non sono certamente felice di sapere che i responsabili di Genova e dalla Caserma Diaz facciano ancora parte della polizia, né che alcuni poliziotti colpiscano a calci e manganellate le persone già a terra, né che accada tutto questo intorno all'omicidio di Federico Aldrovandi, ma ricordo anche Roberto Mancini, poliziotto, morto a 53 anni per aver respirato i veleni delle eco-mafie su cui indagava, ricordo le scorte di Falcone e di Borsellino, ricordo Ninì Cassarà morto sotto casa davanti agli occhi della moglie perché credeva in un mondo più pulito.
Ciao
Gentile Senora Nair,
RispondiEliminala Giustizia si amministra sulla base delle amicizie, quasi sempre, e la Legge è fatta per i fessi!
Non scendo in particolari ed esempi, sulla Giustizia, che riguardano direttamente la mia famiglia per non annoiarLa, ma è proprio così.
Ho conosciuto - pochi - poliziotti "seri" ed altri - molti - meno; ne ho denunciati due, direttamente dentro il Commissariato dove prestavano servizio, per aver abusato del loro potere minacciandomi, peraltro; solo l'intervento del loro Superiore che mi ha poi raggiunto per telefono e mi ha pregato di desistere, porgendomi le sua scuse li ha salvato da ciò che meritavano.
E' sconcertante, però, che condannati per omicidio siano ancora a vestire la divisa.
Così si perde quella, poca, fiducia residua sulle Forze dell'Ordine e, più in generale, sullo Stato.
Egr. Garbo,
anch'io scrivo Legge e Giustizia con la maiuscola, perché ci credo.
Genova G8 e Diaz; uno di loro è a capo di Finmeccanica ed è tutto dire.
Ecco perché si ha poca fiducia in questo Stato che ricatta ed è ricattato.
Saluti da luigi
@ Luigi,
RispondiEliminaSe ancora oggi esiste una parvenza di stato in Italia lo dobbiamo ad alcuni magistrati coraggiosi (alcuni di loro ci hanno rimesso anche la vita) e ad alcuni poliziotti che hanno difeso come leoni la Giustizia (quella che si può scrivere col carattere maiuscolo), il bene comune e il rispetto delle Leggi dello Stato.
Queste persone sono per l’Italia ciò che i monaci benedettini furono per la cultura dell’Occidente dopo la cauta dell’Impero Romano, in mezzo a tanta barbarie cercano disperatamente di salvare qualche brandello di civiltà.
Poi, che la condanna ai Servizi Sociali di Silvio Berlusconi sia diventata una pagliacciata, che molte inchieste anche se finiscono con una condanna, di politici, di amministratori, di burocrati, di imprenditori, dei colletti bianchi, si risolvano infine con pene così lievi, con amnistie, con prescrizioni, con indulti, con arresti domiciliari, con “grazie” (vedi Sallusti) e quant’altro fa parte di una politica che detiene il potere legislativo che si autoassolve e assolve altresì l’habitat che li mantiene al potere.
Se fai un giro per le carceri troverai, purtroppo, solo “tossici” (grazie alla legge Fini-Giovanardi), extra-comunitari clandestini (grazie alla legge Bossi-Fini) e poveracci di ogni risma che non sono in grado di pagarsi un avvocato in gamba che prenda con serietà l’impegno di patrocinarli.
C’è anche il problema burocratico, grazie a tutti gli impedimenti e a tutta una serie di riforme “garantiste”, tese soprattutto a garantire il presunto criminale invece che la vittima, processi che potrebbero e dovrebbero essere molto più celeri durano anni e arrivano nelle aule processi che non stanno né in cielo né in terra e non avrebbero dovuto nemmeno iniziare.
In questo post non volevo affrontare, se non di striscio, il problema della Giustizia, mi interessava discutere sulle recenti vicende di un sindacato di polizia che applaude l’ingresso di alcuni colleghi condannati per assassinio; che alcuni sindacati si siano nel tempo trasformati ( o siano proprio nati fin dall’inizio con queste caratteristiche) in una difesa ad oltranza dei propri iscritti, anche quando erano assenteisti, scansafatiche, scioperati, ne abbiamo purtroppo fatto già ampia esperienza.
Ciò che ci mancava è questa perdita del confine del buon senso e della decenza che fa si che si difendano i propri aderenti anche quando si macchiano di assassinio.
in tutti questi casi un sindacato (o qualsiasi consorteria) aspirano a diventare uno stato dentro lo Stato, sistemi più o meno occulti di potere i cui aderenti non sono soggetti alle norme vigenti e godono di particolati privilegi e impunità, in sostanza sono una mafia che si sostituisce allo Stato il cui potere è unico e dove nessuno può dirsi al di fuori delle regole condivise o “speciale” circa il godimento di favori.
Un’ultima cosa, se mi permetti, parli dello Stato come se fosse qualcos’altro, lo Stato siamo noi, nel bene e nel male: se è così è perché noi tutti così l’abbiamo voluto, o perché abbiamo fatto poco per impedirlo.
Ciao Luigi
Questo Stato - così ho scritto - è qualcos'altro; non mi appartiene di certo!
RispondiEliminaIo ho fiducia in uno Stato che tutela i suoi "servitori", i quali devono essere al servizio dei cittadini - che sono lo Stato medesimo (mai dubitato o contestato) -, siano essi Netturbini, Magistrati o Tutori delle Forze dell'Ordine.
Il Sindacato che plaude ad assassini c'entra nulla con la difesa dei Lavoratori.
Finisco il concetto di sopra includendo il particolare che ho conosciuto Magistrati seri ed onesti ed altri un po' meno.
La difesa degli iscritti, sulla quale ci possono essere "refusi", ma non si deve generalizzare, non deve essere confusa con il plauso per omicidio; non sono degni di indossare una divisa.
Sono con Te quando affermi che abbiamo lo Stato che, come collettività, ci meritiamo; io nel mio piccolo ho fatto del mio meglio, forse non troppo.
Ciao da luigi