Eins!
Oh Mensch! Gieb Acht!
Zwei!
Was spricht die tiefe
Mitternacht?
Drei!
"Ich schlief,
ich schlief -,"
Vier!
"Auf tiefen
Traum bin ich erwacht:-"
Fünf!
"Die Welt ist
tief,"
Sechs!
"Und tiefer als
der Tag gedacht."
Sieben!
"Tief ist ihr
Weh -,"
Acht!
"Lust - tiefer
noch als Herzeleid:"
Neun!
"Weh spricht:
Vergeh!"
Zehn!
"Doch alle Lust
will Ewigkeit -,"
Elf!
"- will tiefe,
tiefe Ewigkeit!"
Zwölf!
Die sieben Siegel
(Friedrich Nietzsche, Also sprach
Zarathustra, Das andere Tanzlied).
«Uno!
Uomo! Sii attento!
Due!
Che dice la
mezzanotte profonda?
Tre!
“Io dormivo, dormivo
-,
Quattro!
“Da un sogno profondo
mi sono risvegliata: -
Cinque!
“Profondo è il mondo,
Sei!
“E più profondo che
nei pensieri del giorno.
Sette!
“Profondo è il suo
dolore -,
Otto!
“Piacere – più
profondo ancora di sofferenza:
Nove!
“Dice il dolore:
perisci!
Dieci!
“Ma ogni piacere
vuole eternità -,
Undici!
“ – vuole profonda,
profonda eternità!”.
Dodici!».
(Friedrich Nietzsche,
Così parlò Zarathustra, La seconda canzone di danza).
Chiunque abbia visitato almeno una volta il villaggio di
Sils-Maria in Engadina rimane stupito dal fatto di non ritrovare quello che
immaginava essere il paesaggio che ispirò lo Zarathustra di Nietzsche.
Ci si aspetterebbe un ambiente più impervio, più rude, più
selvaggio, denso di baratri e crepacci, di abissi e paesaggi mozzafiato, dove
l’aquila e il serpente trovano il loro habitat naturale e dove il profeta Zarathustra
possa trovare rifugio e raccoglimento, e ci si ritrova davanti ad un tranquillo
villaggio che fluttua fra due laghi, bagnato da un fiume, a cui fa corona il
gruppo del Sella, dove sono ben visibili dal lago di Silvaplana il Piz Murtèl,
il Piz Corvatsch, il Piz Grüschaint, il Piz Roseg e il Piz Bernina, con
sentieri riposanti, che si staccano dall’abitato e si inoltrano dolcemente e
gradatamente nella natura fra acque, rocce, alberi e montagne.
D’altronde, chi conosce bene la vicenda di Nietzsche sa che
non poteva essere altrimenti che così; all’età di circa quarant’anni (egli
compone lo Zarathustra in quattro parti fra il 1883 e il 1885) Friedrich
era un uomo ancora vigoroso nel fisico, tanto da poter affrontare anche alcune
ore di cammino sui sentieri di montagna, ma la sua vista era seriamente
compromessa, al punto che riconosceva le persone solo quando queste gli erano
molto vicine ... è impensabile che un uomo con un campo visivo così limitato
potesse affrontare da solo (come era solito fare) passeggiate in sentieri che
costeggiavano dirupi.
Tuttavia è da questo luogo che lo Zarathustra trae
la sua linfa (e dal mare di Genova ... c'è qualcosa di salmastro, quell'odore del muschio bianco che si impregna di alghe stagnanti e di iodio reso frizzante dall'aria tersa che caratterizza questa città in quel libro), non furono tanto i paesaggi (che Nietzsche poteva vedere a
stento) ad ispirarlo, forse contribuì tutto ciò che “sentiva” e quel senso di
pace e di serenità che aleggiava in quei luoghi, ma la sorgente principale da
cui sgorgarono quelle parole fu senza dubbio costituita dalle vicende stesse
della sua vita: lo Zarathustra è frutto di uno sguardo interiore.
Certamente contò parecchio il fatto di essere stato
costretto dal suo stato di salute a lasciare la sua cattedra a Basilea (la sua
insoddisfazione per gli studi filologici e il suo non essere riconosciuto nella
nuova veste di filosofo), la rottura dell’amicizia con Richard Wagner
(che aveva conosciuto nel 1868), la catastrofica vicenda sentimentale con Lou
von Salomé e la perdita del suo più caro amico Paul Rée che gli fu
preferito (anche se solo come amico) da Lou, e l’abbandono o l’incomprensione
da parte di alcuni fra i suoi amici più cari dopo la svolta del suo pensiero
rappresentata da Aurora e dalla Gaia scienza.
Eppure sulla targa commemorativa quasi al centro del Lej da
Segl, sulla punta estrema della penisola che si protende al suo interno, non
potevano essere scritte parole più significative di quelle che ho trascritto io
all’inizio di questo post; a Sils Nietzsche respirò l’eterno.
L’intuizione l’aveva avuta in precedenza ai primi di agosto
del 1881 fra questi monti, a Sils-Maria: “a 6000 piedi sopra il livello del mare e assai più al di
sopra di tutte le cose umane” (Epistolario,1850-1879,
a cura di B. Allason, Einaudi, 1962, vol. III, p. 231) e l’aveva poi sviluppata
a Genova nell’inverno del 1881-1882 nella Gaia Scienza dove scrive:
«Che accadrebbe se un giorno o una
notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e
ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla
ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente
di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente
piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella
stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna
fra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra
dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di
polvere!". Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo
il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo
immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: "Tu sei un dio e mai
intesi cosa più divina"? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a
te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi e forse ti stritolerebbe».
(Aforisma 341).
Per poco non rimaneva tramortito dalla sua drammaticità,
l’idea che gli era germogliata era infatti terribile, egli lo definì in Ecce
Homo “il pensiero più grave” o “il pensiero abissale”, Martin Heidegger
(Nietzsche, Adelphi, 1994) ne parlò
come “il pensiero dei pensieri” della maturità del filosofo di Röcken,
la porta aurorale della trasvalutazione di tutti i valori e della morte di Dio,
l’usta dell’anticristo, la traccia iridata dell’übermensch, un lampo che
si manifesterà a tratti nel suo pensiero e che sarà celato con orrore agli
altri e a se stesso (con l’unica eccezione, forse, della Salomé e di Paul Rée)
perché la sua visione era insostenibile.
E dire che il libro era partito pacificamente, i primi
tre libri della Gaia scienza dovevano essere semplicemente la
continuazione di Aurora ... poi ad un tratto la folgore, chi possiede
elementi di psicopatologia si rende conto che dal quarto libro in poi la
pacatezza degli aforismi precedenti lascia il posto ad una frenesia, ad uno
stato alterato di coscienza, a un invasamento, quasi una possessione.
Nella sua vita quotidiana Nietzsche rimase quell’uomo
profondamente timido, maldestro, ignaro di come gira il mondo, estremamente
serio e solenne che era sempre stato, ma nel rapporto con le sue opere notiamo
che inizia a perdere il senso critico e l’autoironia che fino ad allora l’aveva
contraddistinto, e alterna periodi di ipomania a momenti di depressione
profonda, come possiamo intravedere in una lettera che scrive a Peter Gast
il 14 agosto 1881:
“Sul mio orizzonte sono sorte idee
di cui non ho mai visto l’uguale prima – per ora non voglio dirne niente, e
voglio mantenermi io stesso in una calma imperturbabile. Dovrò ben vivere
ancora alcuni anni! Ah, amico, talvolta
mi passa per la testa che sto vivendo una vita pericolosissima, perché
appartengo alle macchine che possono scoppiare! L’intensità dei miei sentimenti
mi fa rabbrividire e ridere - già alcune volte non ho potuto lasciare la stanza
per la ridicola ragione che avevo gli occhi infiammati. Perché? Perché avevo
pianto troppe lacrime durante le mie
passeggiate [...] non lacrime di sentimento, ma lacrime di gioia: mentre
piangevo cantavo e dicevo assurdità, invaso da una nuova visione che sono il
primo di tutti gli uomini ad avere” (Autobiografia attraverso le lettere, a cura di C.
Buttazzi, Piemme, 1995, p. 238),
con tracce di megalomania che sfoceranno nell’autoesaltazione
dell’Ecce Homo (quando proclama solennemente:
«Conosco la mia sorte. Un giorno
sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai
si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una
decisione evocata contro tutto ciò che fin’ora è stato creduto, preteso,
consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite.-» (Friedrich Nietzsche, Ecce Homo. Come
si diventa ciò che si è, 15, Perché io sono un destino),
fino alla catastrofe
dell’abbraccio del cavallo e al delirio delle lettere della follia a Torino.
In ogni caso, preso da sacro
furore nella primavera del 1882 , con una decisione fulminea si imbarca da
Genova (dove risiedeva) alla volta di Messina su una nave mercantile di cui era
l’unico passeggero, dimenticando nel suo fervore spirituale il suo stato di
salute e il fatto che soffriva di mal di mare (quando giunse a destinazione
dovettero farlo sbarcare mezzo svenuto trasportato in una barella.
Nonostante la disavventura, però,
gli bastò risvegliarsi in una stanza piena di luce che si affacciava su piazza
Duomo e sui filari di palme (si tratta della splendida Messina precedente al
terribile terremoto che la devastò nel 1908) perché riprendesse il suo stato di
esaltazione precedente all’imbarco e scrisse ai suoi amici Franz e Ida
Overbeck:
“Questa Messina sembra creata per
me e anche i messinesi si mostrano verso di me di una tale amabilità e cortesia
da farmi balenare alla mente i pensieri più strani. È forse possibile che
qualcuno mi preceda nel mio viaggio per preparare la gente ad accogliermi con
favore?”. (Heinz F. Peters, 1962, Lou Andreas Salomé. Mia
sorella, mia sposa, Odoya Editore, Bologna, 2011, p. 108).
Nietzsche scambia probabilmente la straordinaria gentilezza, cortesia e ospitalità dei messinesi (e in generale della gente del sud Italia) per qualcosa che è rivolto solo ed esclusivamente a lui, come un omaggio e un riconoscimento della sua grandezza, tanto che si immagina come un imperatore o addirittura un Dio i cui messi lo precedono e ne annunciano la venuta.
Altrettanto strana è la lettera
che scrive al suo amico Paul Rée quando questi gli annuncia di aver fatto la
conoscenza di una giovane russa molto interessante che vorrebbe fargli
conoscere e, forse (la lettera di Rée purtroppo non ci è pervenuta), gli
annuncia pure il progetto di quest’ultima di una convivenza spirituale comune
basata sullo studio, sullo scambio e sulla ricerca del sapere, magari
facendogli presente la questione del “decoro” borghese che si richiedeva a tale
convivenza, la riporto per intero e fedelmente:
“Genova, 21 marzo 1882.
MIO CARO AMICO, QUALE PIACERE MI
PROCURANO LE SUE LETTERE! – MI PORTANO LONTANO – IN TUTTE LE DIREZIONI, E ALLA
FINE, IN OGNI MODO, VERSO DI LEI! – IERI HO FATTO IL BAGNO IN MARE, PROPRIO IN
QUEL FAMOSO PUNTO IN CUI ---. PENSI CHE L’ESTATE SCORSA UN MIO PARENTE STRETTO
[Si tratta dello zio materno di Nietzsche, Theobald Oehler, morto mentre
prendeva un bagno nel luglio del 1881] È STATO COLTO DA UNO DI QUESTI ATTACCHI
NEL BAGNO, E DATO CHE PER CASO NON C’ERA NESSUNO VICINO, È MORTO AFFOGATO. HO
RISO MOLTO DEI SUOI 30 FRANCHI – ALLA POSTA MI HANNO CONSEGNATO QUELLA LETTERA
SENZA NEMMENO CHIEDERMI IL PASSAPORTO – E IL GIOVANE IMPIEGATO LA MANDA A
SALUTARE – ECCO! OVERBECK [il suo amico Franz Overbeck amministrava la sua
pensione di professore in congedo] MI HA MANDATO IL MIO DENARO – ADESSO SONO A
POSTO PER UN PAIO DI MESI. – SALUTI DA PARTE MIA QUESTA RUSSA, SE TUTTO CIÒ PUÒ
AVERE UN SENSO: SONO AVIDO DI TALE SPECIE DI ANIME. ANZI, TRA POCO NE ANDRÒ A
CACCIA – MI SERVONO PER CIÒ CHE INTENDO FARE NEI PROSSIMI 10 ANNI. UN CAPITOLO
COMPLETAMENTE A PARTE È QUELLO DEL MATRIMONIO – AL MASSIMO POTREI CONSENTIRE UN
MATRIMONIO DI DUE ANNI, E ANCHE QUESTO SOLTANTO IN VISTA DI CIÒ CHE DOVRÒ FARE
NEI PROSSIMI 10 ANNI. – STANDO ALLE ESPERIENZE CHE VADO FACENDO CON KÖSELITZ,
NON CREDO CHE RIUSCIREMO MAI A CONVINCERLO AD ACCETTARE DENARO DA NOI – SALVO
NELLA FORMA PIÙ BORGHESE DELLA COMPRAVENDITA. IERI GLI HO SCRITTO CHIEDENDOGLI
SE VOLEVA VENDERE A ME E A DUE MIEI AMICI LA PARTITURA DEL MATRIMONIO [Il
matrimonio segreto, opera comica su libretto di Giovanni Bertati (1735-1815),
musicata da Paisiello e da Cimarosa,
Heinrich Köselitz, in arte Peter Gast, amico e discepolo di Nietzsche
intendeva musicare a sua volta il libretto che stava, nel frattempo, traducendo
in tedesco]: GLI HO OFFERTO 6000 FRANCHI PAGABILI IN 4 RATE ANNUE DI 1500
FRANCHI. CONSIDERO QUESTA PROPOSTA UNA FINEZZA E UNA TRAPPOLA. – APPENA MI DIRÀ
DI SÌ, LA AVVERTIRÒ; E LEI AVRÀ ALLORA LA BONTÀ DI TRATTARE CON GERSDORFF.-
Stia bene! La macchina per
scrivere non ne può più, siamo al punto che il nastro è rattoppato. Ho scritto
alla sig.na v. Meysenburg, anche a proposito di Pieve [Nietzsche aveva pregato
la sua amica Malwida von Meysenburg di inviargli un suo scritto su Pieve di
Cadore, città natale di Tiziano].
I miei più cordiali auguri di
buona salute, di giorno e di notte.
Suo
fedele amico FN”.
(In Friedrich Nietzsche Lou von
Salomé Paul Rée, 1970, Triangolo di lettere, a cura di Ernst Pfeiffer,
2011, p. 82-83).
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