sabato 19 ottobre 2024

IL PENSIERO SOLARE



“ ‘È vero’ io ho ammesso. Avevamo una tale angoscia d’essere nati stupidi e senza possibilità di riscatto, che ci facevamo in quattro per dimostrarci sempre intelligentissimi e informati. […] Quando Loretta a vent’anni […] per la prima volta ci ha trafitto con l’espressione: ‘Che sguardo intelligente che ha’, ed è stata proprio una trafittura, perché intendeva proprio Oscar Liverano, non me, non Michele; noi abbiamo preso l’abitudine di andare in giro per la sezione a occhi sbarrati, cosa che nelle nostre intenzioni doveva truccare lo sguardo e camuffarne la stupidità, evitandoci il rischio di non essere apprezzati dai compagni.

Io devo aver esagerato in quel periodo. Gustavo mi ha detto spesso: ‘Che hai agli occhi?’ ‘Niente’, seccato, perché nelle intenzioni stavo facendo lo sguardo intelligente come il compagno Oscar e invece Gustavo sospettava: ha gli occhi malati”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, pp. 22 - 23).




Eravate rimasti a: “Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia, delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale”? E avete pensato subito alla “supercazzola” dell’indimenticato conte Mascetti? Ingenui!

Io avevo pensato invece alla sindrome che attanaglia tutti coloro che vengono sollevati ad incarichi per cui non si sentono all’altezza; l’elenco è lunghissimo e abbondano in politica soprattutto quelli di destra: da Farinacci che durante il ventennio volle ottenere a tutti i costi la laurea in Giurisprudenza, conseguita a suon di corruzione e di minacce, perché se avesse dovuto fare dei veri esami, lui che non si esprimeva molto bene in italiano, tanto che nel suo stesso partito era definito l’ ‘antigrammatico’, ti saluto!

Non sto nemmeno a citarvi la laurea acquistata in Albania (quante nefandezze succedono oggigiorno in Albania …) dal Trota, perché è nota a tutti, ma la falsa laurea in medicina di cui si fregiava suo padre, il Senatur, con gli amici di allora e con la sua prima moglie, tanto che la salutava ogni mattina dicendole che andava a lavorare in ospedale.






“Noi - ho precisato - avevamo dubbi persino sull’ortografia. Eravamo sul chi vive dall’età di cinque anni. Volevamo lasciare il mondo analfabeta in cui eravamo nati, ma eravamo stremati dai nostri sforzi solitari e logorati dal senso di insufficienza. ‘Ci valutavamo cinque e mezzo’ ho detto: ‘a volte sei più. E soffrivamo. Avevamo imparato tutto quello che capitava frettolosamente, da soli, con un’unica ossessione in mente: saltare in un mondo pieno di gentilezze e di cortesie ben formulate, dove eravamo perfettamente a nostro agio, non si soffriva nemmeno un po’ per la malvagità di pochi, nessuno ci faceva sentire inferiori, ogni parola era misurata”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, p. 24).





Di Sangiuliano, quando ha iniziato a comparire sul TG2 di TeleMeloni, non ti chiedevi: “Ma questo come fa ad essere giornalista?”, solo perché la categoria è già abbastanza screditata; ti chiedevi piuttosto com’è che l’hanno messo a fare il ministro della Cultura: non ha un solido spessore culturale, non brilla per intelligenza, a guardarlo bene negli occhi è un uomo profondamente triste, e come tutti i mediocri che sono anche ambiziosi è vendicativo, di una vendicatività passivo-aggressiva e sostanzialmente vile, perché ti colpisce anche molti anni dopo un presunto torto subito, ma solo quando il potere è nettamente nelle sue mani.

Tutti gli esempi delle sue gaffes, che ci hanno allietati in quei mesi del suo ministero, sono frasi che avrebbe potuto non pronunciare, ma che catastroficamente ha pronunciato per fare sfoggio di erudizione: da Dante come precursore della destra, fino ai due secoli e mezzo dalla fondazione di Napoli e a Cristoforo Colombo che voleva circumnavigare la terra in base alle teorie di Galilei.

Sangiuliano nella foto con la Boccia, mentre lei sorride sfoderando i denti, lui apparentemente fa lo stesso con una smorfia della bocca che accenna appena un sorriso, ma se lo guardate negli occhi è triste, sembra un cane bastonato che fa buon viso a cattivo gioco, eppure dovrebbe essere felice di essere a fianco a quella che indubbiamente ritiene una bella donna.




Alessandro Giuli


“ … ci legava, come per la pratica di una lingua cifrata, l’uso di un italiano segreto, mai ascoltato, solo letto: per noi senza suono fino ad un attimo prima che lo pronunciassimo. Non era l’italiano con cadenze dialettali dei nostri insegnanti. E nemmeno quello falsamente discorsivo del cinema, della radio o della tv. Era un italiano - ci immaginavamo - da gente pensosa, che non perdeva mai il tempo in conversazioni senza sapore e senza sapienza. Lo sperimentavamo con voce sommessa, intonando interrogativi ed esclamativi sull’esistere, dichiarandoci elucubrazioni, in genere badando più al fiotto che al senso.

‘È questo il motivo’ gli ho detto, in modo che ci pensasse su prima di perdermi insuperbendosi. Perché - ho argomentato, ma ne parlo con le parole di adesso (allora ne ho usate altre che non mi ricordo, a parte un’espressione che fra poco dirò) - solo noi due sapevamo soffiare i nostri respiri in quelle lettere, naturalmente dopo averle risucchiate dalle pagine per ricomporle nei suoni che l’occhio era andato affidando all’immaginazione dell’orecchio.

‘L’immaginazione dell’orecchio’: questa è l’espressione che improvvisai là per là. E Michele ha ripetuto stupito, con una punta d’invidia: ‘L’immaginazione dell’orecchio?’. ‘Dell’orecchio’ ho confermato non credendo io stesso al fatto che quella nuvola verbale l’avessi prodotta in proprio. ‘Cioè?’ ha domandato lui. ‘Cioè che l’orecchio si immagina il suono delle parole lette dall’occhio’ gli ho illustrato. ‘Allibisco’ allora ha detto Michele. Infatti. Era questo il punto. Lui allibiva e anch’io, mentre nessun altro tra quelli che avevano accompagnato la nostra esistenza fin dalla nascita era mai allibito; nel senso che non aveva mai affidato a questo verbo di colore livido il viso che sbianca per sbigottita meraviglia. Sicché , quando allibivamo ad alta voce assumendo il colore di una foglia d’olivo per lo sfinimento verbale, poi ci guardavamo intorno allarmati per vedere se qualcuno ci aveva sentiti e già diceva di noi: si danno arie da signorini; o, peggio ancora, ci copriva di vituperio con l’espressione: vogliono fare gli intellettuali.

In quanto, per essere chiari: se Michele di punto in bianco avesse detto a suo padre FF.SS.: papà allibisco; il padre gli avrebbe in qualche modo fatto capire: ti mando a scuola, ma parla come mangi. Idem con i fratelli, che gli avrebbero cantilenato 2allibisco’ fino alla fine dei suoi giorni. Senza dire dei compagni di classe: dopo quell’allibisco Michele si sarebbe chiamato per sempre Michele Allibisco. Invece io incassavo ‘allibisco’ con curiosità e lo riusavo a mia volta: ‘Allibisco’; suo alleato e suo complice in questo sotterraneo allenarsi per ricavare dal verbo indiscutibile del mondo dove eravamo nati per caso, il verbo dell’intermondo o del sovramondo dove ‘allibisco’ era lecito”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, pp. 90 - 91).




Per arrivare ad esempi più vicini a noi e più consoni all’attualità più recente, citerò anche il filosofo Diego Fusaro, turbo hegeliano col botto, una citazione a caso: “L'odierno scenario globale si presenta come un'oligarchia crematistica con sovranità dell'economia sulla politica e, schmittianamente, neutralizzazione del politico. Il mondo che si santifica come democratico si configura così, per ironia della storia, come il capovolgimento dialettico della democrazia in dittatura del capitale finanziario transnazionale (o multinazionale)”. (in Minima mercatalia, Bompiani, Milano, 2012, p. 418).

Il ministro Giuli ci riprova con: “Occorre riaffermare la centralità del pensiero solare”, letta testuale alla Buchmesse di Francoforte. e fin qui fa pariglia più con Fusaro per l’incomprensibilità di ciò che vuole dire, che con Sangiuliano, il cui detto era spesso involontariamente comico, quanto più comico tanto più avrebbe voluto essere autorevole.

Per loro sembrano stagliarsi bene le parole che dice Nitzsche dei poeti: “A un soffio, un guizzo di fantasima si riduce, per me, tutto il loro arpeggio; quando mai hanno saputo che fosse la passione dei suoni! - E poi per me non sono neppure abbastanza puliti: essi tutti intorbidano le proprie acque per farle sembrare profonde”.

(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Parte Seconda, Dei poeti, Adelphi, Milano, 1985, p. 156).



Stonehenge

Julius Evola


“Nei libri c’era un mondo verbale coerente e consistente, fatto di paesaggi complessi senza buchi nel fondale, di stanze e botteghe intessute di oggetti, di nobiltà decadenti e borghesie in ascesa, di borghesie in decomposizione tra malinconici crepuscoli e proletari vergini da palingenesi: ogni due righe una parola ignota, ogni conversazione tra virgolette almeno un concetto che si fa bella figura a riusare. Ci piaceva e insieme ci avviliva. Perché ‘anche il mondo dei suoni e delle lettere è ordinato gerarchicamente’ abbiamo scoperto da adulti. In quanto ciò che stava in alto, o almeno tendeva verso l’alto, persino quando si disfaceva in repellenza o languiva nella sconfitta e nell’umiliazione, trovava il modo di farsi raccontare con belle parole: mentre quello che stava in basso soffocava nella trivialità del lessico, nella banalità delle ragioni e nella miseria della sintassi”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, pp. 92 - 93).



Maria Rosaria Boccia - Gennaro Sangiuliano


E così ho creduto anch’io: ingenuo!

Poi arrivano quelli di Domani, il quotidiano, e mi spiegano che non c’è niente da sfottere, che questo “pensiero solare” non è una pubblicità del fotovoltaico, né una roba ayurvedica, nello stile risveglia tutti i tuoi chakra, dello shivaismo tantrico di stile dionisiaco, nessuna supercazzola, nessuna analisi psicologica da ”compensazione narcisistica”, nessuno Spin Doctor cultore di Kant ed Hegel (che il ministro Nordio dice di aver compreso benissimo, mentre esimi studiosi del filosofo di Stuttgart ancora vanno a farfalle), nessuna mancanza di un vero amico che ti metta la mano su una spalla e ti dice: “Io ti consiglierei di scrivere un discorso più semplice e comprensibile”, il neo - ministro sta lanciando messaggi in codice, e chi vuole capire capisca, dove l’idioma usato è il pensiero di Julius Evola.

Ora, Evola è un tizio che al solo pensiero ti metti le mani nei capelli, era così strampalato che non mi stupisce che i fascisti e i post - fascisti ci siano andati in comunella (non sempre, però, Evola è andato in comunella con loro), e l’hanno tirato per la giacchetta quasi tutti, da Junio Valerio Borghese a Pino Rauti.






“Se scrivere, però, non gli riusciva subito alla perfezione, era colpa dei nostri parenti che per iscritto non venivano bene, come quelli che non vengono bene in fotografia perché non sono fotogenici”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, p. 93).





Era uno capacissimo di scrivere cose così, che mi stupisce che intere generazioni di missini e di Ordine Nuovo, i abbiano tratto fuori qualcosa: “Chi prende l'estinzione come estinzione e, presa l'estinzione come estinzione, pensa all'estinzione, pensa sull'estinzione, pensa "Mia è l'estinzione" e si rallegra dell'estinzione, costui, io dico, non conosce l’estinzione”. (Julius Evola, Il cammino del cinabro, p. 7).

Però ha scritto anche cose come o comacose: “Oserà dunque il fascismo assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale […] oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterranea?”.

(Julius Evola, Imperialismo pagano, Padova, Edizioni di Ar, 1996, p. 24).

E torniamo qui al “pensiero solare” di Alessandro Giuli, ancora non tremate? E allora vi aggiungo che mancano solo otto giorni all’approssimarsi dell’ora solare, una coincidenza? Io non credo. Qualunque cosa sia questo pensiero solare, non sarà certamente una cosa buona per noi, sarà più simile ad una catastrofe, ad un cataclisma, roba che persino il giornalista che l’annuncia in tv sarà in lacrime (come è successo al meteorologo John Morales in USA mentre annunciava l’uragano Milton che si approssimava alla Florida).

Basta osservare, per capirlo, la cravatta che Giuli indossava mentre leggeva questo discorso, rossa fiammeggiante come il drago con sette teste e dieci corna o come la comparsa dei cavalieri dell’apocalisse, nel libro di Giovanni, o ancora come l’apparizione di Gesù e dei suoi angeli che squarciano le nubi per far vendetta di quelli che non riconoscono Dio e di quelli che non obbediscono al Vangelo, che Paolo scrive ai Tessalonicesi (2 - 1, 7).


P.S. Però potrebbe anche darsi che "solare" non abbia niente a che vedere col sole, ma con la "sola"!


Cambio dell'ora solare a Stonehenge


Julius Evola

Domenico Starnone


“A partire dal 1970 ci siamo dispersi e persi per la penisola. Io sono finito insegnante al sud a insegnare - come diceva il prete del paese - l’odio di classe ai giovani.

È una cosa che faccio tuttora: ho smesso solo di andare nottetempo con qualche ragazzo fidato a segnare sui muri scritte sovversive sulle quali poi indagava la tenenza dei carabinieri. Ho smesso, ma non sono contento. Quell’esercizio di scrittura mi pareva che rimpolpasse la didattica con un concetto difficile da trasmettere nelle aule: che scrivere non è un’operazione indolore.

‘La scrittura è pericolosa. La scrittura è rischio per chi scrive e per chi legge. La scrittura non è mai un atto d’amore’ polemizzavo a distanza col prete che sosteneva: io insegno ad amare e tu ad odiare. ‘ La scrittura è sempre braccata dagli sbirri’ infine dimostravo, quando nottetempo scivolavamo nell’ombra, fieri di cospirare”.

(Domenico Starnone, Il salto con le aste, Feltrinelli, Milano, pp. 142 - 143).



venerdì 11 ottobre 2024

QUEM IUPPITER VULT PERDERE DEMENTAT PRIUS

Anna Foa, storica e scrittrice.





A quanto pare i bravi israeliti, già popolo eletto dal Signore, dopo aver massacrato donne, bambini e civili, perché colpevoli di nascondere dietro di loro i brutti e cattivi terroristi di Hamas, ora bombardano aereamente pure le postazioni Unifil dell’ONU.

Bombardano cioè truppe internazionali che rappresentano le Nazioni Unite, la Terra intera insomma o, se volete, il Mondo; e ciò avviene nell’indifferenza quasi totale e con reazioni molto tiepide da parte degli stessi bombardati.

Hanno minacciato i militi dell’ONU che se non si spostavano dalla traiettoria delle loro bombe, avrebbero potuto essere colpiti, e poiché loro non si sono spostati (figuriamoci se l’ONU può prendere ordini da Israele, contro cui ha lanciato molte risoluzioni, rimaste però lettera morta, per crimini contro l’umanità), gli hanno sparato contro.

La stessa cosa avviene da decenni a Gaza, intimano ai civili palestinesi di spostarsi, quelli non lo fanno (dove andrebbero?) e li bombardano, oppure intimano loro di spostarsi, quelli lo fanno, e li bombardano lo stesso, anzi meglio, perché sono raggruppati.

Non hanno esitato ad uccidere civili, donne e bambini, pur di ottenere i loro scopi, per poi giustificarsi che dietro le donne e i bambini c’erano nascosti i terroristi di Hamas, e poi, insomma, questi bambini una volta cresciuti saranno terroristi anche loro e le madri poi, sono madri di potenziali terroristi. 

Siamo alla parafrasi del detto yankee per cui l’unico indiano buono è quello morto, e si stima che ne abbiano uccisi da 55 a 100 milioni in cinque secoli circa.

Hanno ucciso deliberatamente giornalisti e medici, bombardando ospedali, perché sia gli uni che gli altri erano potenziali testimoni dei crimini contro l’umanità che stanno commettendo.

Hanno persino continuato a bombardare Gaza, pur sapendo con certezza che gli ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre, erano nascosti nei cunicoli sotterranei del territorio palestinese e che il rischio di colpirli era molto elevato, e infatti è successo che alcuni di loro siano morti per “fuoco amico”.

Di fronte a questa follia in cui hanno aperto sette fronti di guerra con tutti i paesi vicini, e minacciano l’Iran, assumono un aspetto inquietante e luciferino le parole che la storica Anna Foa ha pronunciato l’altra sera dalla Gruber.

Ha detto pressappoco che Israele si sta suicidando, ed è profondamente vero, dopo le bombe sui militari ONU non si possono avere altri dubbi; e direi che è vera anche quel detto: “Quem Iuppiter vult perdere dementat prius”, cioè Giove confonde la mente di chi vuole perdere.

Queste parole della Foa sono passate quasi inosservate, fanno più audience le minchiate pseudo-storiche di Italo Bocchino, che l’analisi che una storica seria fa del suo stesso popolo.

Diciamo che il sentirsi il “popolo eletto” non ha mai suscitato verso gli ebrei molta simpatia, i più credenti fra loro credono di essere i prescelti da Dio, gli unici a cui Dio stesso ha affidato i suoi disegni e l’unico vero baluardo contro un altro diluvio universale (Dio, cioè, non ci annega tutti di nuovo solo perché esistono gli ebrei, ve lo ricordate in mercanteggiamento di Abramo con Dio per salvare Sodoma? Se esistono dieci giusti a Sodoma, Dio non la distruggerà con fuoco e fiamme. Ora, questi dieci, potete giurarci, appartengono tutti alla stirpe che discende da Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ... fino a Netanyhau).

Il primo della classe non ha mai suscitato fervide simpatie in nessuno, è sempre stato sulle scatole a tutti il cocco della maestra e il saputello, figuriamoci dunque chi reclama una terra da cui è assente da due millenni come sua per diritto divino e, se non bastasse, per l’ordalia delle armi.

Il solito meccanismo del provocare le teste calde di Hamas perché reagiscano e diano ad Israele il preteso per scatenare l’inferno non tanto contro i terroristi stessi, ma contro la popolazione a cui essi appartengono, chiamando questo sterminio “difesa” e “diritto di esistere”, sta venendo meno, persino i più tenaci e accaniti difensori dello stato di Israele e del suo operato, sono ormai in imbarazzo visto la sproporzione enorme fra “difesa” e l’attacco subito.

Ormai è chiaro a tutti che non si tratta di semplice difesa o, al limite, si tratta ormai della difesa del paranoico, per cui tutto ciò che è al di fuori di lui è cattivo, il bene sta solo dentro di sé, ed è estremamente sospettoso di qualsiasi cosa si muova attorno a lui, spesso attaccando preventivamente anche chi non aveva alcuna intenzione di arrecargli del male.

Il paranoico per eccellenza è stato Adolf Hitler, che attaccò la Cecoslovacchia, la Polonia, la Francia (e per arrivare a questa passò per il Belgio e i Paesi Bassi), l’Inghilterra, poi per dare una mano all’Italia in affanno, pure la Grecia e, infine, per non farsi mancare proprio nulla attaccò la Russia e non disdegnò di entrare in guerra anche con gli Stati Uniti … più i suoi blitzkrieg avevano successo, più perdeva il lume della ragione e aggrediva chiunque colto da un mistico delirio di onnipotenza e mirava ad impadronirsi del mondo intero.

Israele a trazione Netanyhau si sta alienando quelle poche simpatie che riscuoteva, già da tempo si è capito che ha smesso di essere la vittima della storia per diventarne, secondo il meccanismo psicologico freudiano dell’identificazione con l’aggressore, il carnefice; oggi i ruoli si sono ribaltati, lo stato di Israele adotta metodi nazisti contro gli israeliani: ghettizzazione e sterminio.

Non sono più capaci di comprendere l’orrore che suscitano, qualche mese fa ci fu un appello di un nutrito numero di intellettuali israeliani che si chiedeva perché le atrocità di Hamas non suscitano aspre reazioni nei popoli occidentali, se nemmeno gli intellettuali hanno capito che hanno smesso da un pezzo di essere vittime per diventare essi stessi i carnefici, non c’è speranza che lo comprendano le frange più estremiste ed integraliste che credono che la Palestina appartenga loro per diritto divino.

C’è, alla fine, in ogni folle paranoico, l’anelito al martirio, una potente volontà di autodistruzione, e il popolo di Israele questo abisso l’ha sfiorato molte volte, uscendone ferita, lacerata, ma salva; ora sta sfidando il mondo intero, a garantire la sua sopravvivenza in Medio Oriente, rimane soltanto l’interesse americano ad avere un alleato fedelissimo nella zona più ricca della terra, almeno finché perdura l’era dei combustibili fossili.

Oltre alla garanzia di essere il popolo prediletto da Dio, il Dio del cielo, sono garantiti anche dagli USA (il Dio in Terra); ma se questa garanzia venisse meno, perché stanno dimostrando di essere imbarazzanti (la Harris rischia di non vincere le prossime elezioni se appoggia apertamente o non frena adeguatamente i crimini in Palestina), di essere costosi (con l’economia ferma a causa della guerra, le armi vengono fornite a credito da Stati uniti ed Europa), e soprattutto è fuori controllo (una guerra contro l’Iran non la vuole nessuno e gli USA non vorrebbero esservi costretti, tanto più che l’Iran è ad un passo dall’atomica e le basterebbero poche bombe sincrone mirate verso i centri con maggiore densità di popolazione, per es. Tel Aviv e Gerusalemme, per fare danni enormi).

E in questo abisso verrebbero risucchiati pure tutti gli alleati di Israele, Stati Uniti ed Europa, se le guerra diventasse totale, anche perché oltre agli stati arabi, avremmo probabilmente contro pure la Russia, la Cina, il Sudamerica e gran parte dell’Africa, tutti i popoli attualmente sfruttati e sottomessi alla supremazia bellica e tecnologica dell’Occidente. 


Anna Foa, Il suicidio di Israele, Editori Laterza, Roma-Bari, 2024, 15€).



giovedì 10 ottobre 2024

COME PIETRE

Charles Louis Müller - Pinel fa togliere le catene ai malati mentali a Bicȇtre nel 1793.


Tony Robert Fleury - Pinel libera i malati mentali nell'ospedale della Salpȇtrière nel 1795.




Franco Basaglia, neurologo e psichiatra.

Nel 1793 Philippe Pinel toglie le catene ai malati mentali a Bicêtre, nel 1795 libera i malati mentali  dell’ospedale della Salpêtrière, inaugurando una rivoluzione in ambito psichiatrico: questi malati andavano curati e non custoditi.

Nasce la “terapia morale”, che condurrà più tardi alla psicoterapia.

Dall’esperienza presso il manicomio di Gorizia e, soprattutto di Trieste, lo psichiatra e neurologo Franco Basaglia giunge a maturare l’idea che molti dei sintomi attivi dei pazienti psichiatrici non derivino direttamente dalla loro malattia, ma sono epifenomeni della vita alienante che vivono in manicomio.

Insieme ad altre persone illuminate si batte per abolire i manicomi e per attuare una forma di terapia in cui il paziente sia quanto più possibile inserito nel suo tessuto familiare e culturale; l’idea geniale è quella di portare la cura a domicilio.

Il 13 maggio 1978 vide la luce in Italia la legge 180, che aboliva i manicomi (eccetto quelli criminali) e prevedeva il sorgere di centri di salute mentale e di diagnosi e cura in ogni quartiere cittadino, con gli operatori sanitari che si rechino nel domicilio del paziente.

Questa legge è stata considerata la più illuminata, la più all’avanguardia fra quelle che nel mondo regolamentano questa materia, da ogni parte del mondo venivano in Italia operatori sanitari dell’ambito psichiatrico e psicoterapeutico per capire come venisse attuata.

Purtroppo questa legge ebbe fin da subito un problema esiziale, voluta dalla sinistra, dalla “psichiatria democratica”, e dai movimenti riformatori più all’avanguardia del nostro paese, fu poi di fatto gestita e attuata dai conservatori, dai democristiani e dalle forze più retrive, che non l’avevano mai voluta.

Oggi c’è ancora chi vorrebbe ritornare ai manicomi, dimostrando così di essere i primi ad avere la necessità di esservi internati; io dico che non soltanto la Legge Basaglia andrebbe applicata nella sua totalità, con tutte le professionalità e tutte le strutture che prevede, ma che dovremmo anche “liberare” le persone con disagio mentale dalle catene degli psicofarmaci, che li fanno vivere in uno stato di perenne inebetimento. 

Perdonate la semplicità con cui scrivo di questo argomento, col rischio di banalizzarlo, il fatto è che ho ascoltato il discorso del ministro della Cultura Giuli e mi sono spaventato e non volevo proporvi un’ “ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale”.