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venerdì 22 settembre 2023
EHILA' BEPPE
“Era la sera del venerdì santo, i briganti calabresi stavano riuniti intorno al fuoco; ed ecco uno di essi disse: ‘ Tu Beppe, che ne sai tante, dicci una bella storia’ e Beppe con voce cavernosa cominciò: ‘Era la sera del venerdì santo, i briganti calabresi stavano riuniti intorno al fuoco; ed ecco che uno di essi disse: ‘ Tu Beppe, che ne sai tante, dicci una bella storia’ e Beppe cominciò: ‘Era la sera del venerdì santo …”.
mercoledì 19 luglio 2023
ALWAYS IN MY THOUGHTS YOU ARE ALWAYS IN MY DREAMS YOU ARE
Quando ero ragazzo, sto parlando di più di 35 anni fa, il più grande desiderio di noi maschi era trovare una ragazza con cui fare sesso, non esisteva niente di più allettante, di più eccitante del sesso e, seppure ci atteggiassimo a duri e ostentassimo virilità e ormoni, nel privato con la ragazza non disdegnavamo le effusioni tenere, dolci, mielate, sentimentali, che evitavamo accuratamente di raccontare agli amici.
Fare sesso con una ragazza non era per niente facile, pure le ragazze considerate facili erano piuttosto difficili, specie in Sicilia, la terra in cui sono nato e cresciuto; perché una ragazza ti aprisse le porte della sua intimità, dovevi apparirle davvero come ragazzo straordinario, il migliore che avesse mai incontrato finora, e la concorrenza era serrata e spietata, gli altri ragazzi che mi circondavano avevano bevuto fascino e carismaticità, tatticismo e seduzione col latte materno, alcuni erano capaci di sfilarti fra le braccia una ragazza con cui credevi a buon titolo di “essere a buon punto”.
Pur ritenendo che non esistessero le ragazze impossibili da conquistare (quasi tutte lo sembravano all’inizio, per scoraggiare quelli poco motivati), dovevi davvero dar fondo a tutti i tuoi espedienti, trovate, imbastire vere e proprie “tragedie” pur di giocartela con lei da solo a sola, sgombrando il campo da tutti gli altri rivali … in pochi arrivavano vivi a questo punto.
I superstiti, i sopravvissuti, non avevano ancora finito di penare, non avevano ancora conquistato nulla, il diritto a nulla, se non l’opportunità di giocarti la partita; la vera selezione iniziava adesso, la ragazza ti sottoponeva a delle prove sempre più ardue, talvolta assurde, quasi impossibili da superare, prove che ti facevano esclamare: “Ma chi me lo fa fare!”, superate le quali scoprivi che eri giunto non già a qualcosa, ma al nulla più un trattino, infinitesimale s’intende.
Già il mio esordio padovano durante i miei studi universitari mutò quasi completamente la mia opinione sulle ragazze che conoscevo man mano, le difficoltà di approccio diminuirono drasticamente, i risultati diventarono da subito molto più tangibili quasi senza sforzo, il problema adesso diventava più andare d’accordo e durare, problema che con le ragazze siciliane quasi non esisteva, perché superato l’arduo esame iniziale niente più nella loro mente si opponeva ad un’unione che si intendeva dovesse sfociare naturalmente verso il matrimonio.
Sarà stata la parentesi “universitaria”, in cui studi, fai esperienze polimorficamente perverse, poi ritorni al paesello tuo e cerchi di diventare il professionista per cui ti sei formato durante il corso di studi; saranno stati gli incontri frenetici e diffusi con tutte quelle persone, la possibilità improvvisa di uscire dal tuo involucro materno e di proiettarti su un mondo fattosi improvvisamente frenetico e in cui le cose accadono all’istante (e finiscono anche all’istante, talvolta) e le possibilità di incontri sembrano infinite.
Sarà stata l’improvvisa ventata di libertà, di non controllo e non tutela, la sensazione di essere nelle mani di te stesso, di reggerti da te, che nulla ti può essere impedito, di sentirti quasi un altro, non dovendo rispondere più a persone che sanno chi sei o credono di saperlo e si attendono rigidamente da te conferme a tal proposito.
Fatto sta che le mie esperienze universitarie e dell’immediato periodo post universitario furono molteplici e molto intense, robe che ti ricordi per tutta la vita come periodo di estrema beatitudine, screziata appena da qualche errore e da qualche incomprensione.
Fatte le mie sacrosante esperienze, io poi mi sono avviato verso una vita tendenzialmente monogamica, anche perché ho una concezione globale dell’amore e la donna che sta con me diventa per me quasi tutto: bersaglio d’amore, donna, femmina, compagna, complice, amica, confidente, …, ogni mio desiderio o progetto nasce per lei e muore in lei, e le altre donne in quanto tali sostanzialmente non esistono.
Ma la mia curiosità, il mio lavoro e la tendenza ad impicciarmi dei fatti altrui, oltre al fatto che molte persone trovano naturale confidarsi con me, mi ha dato un punto di vista particolare su cosa stava avvenendo nel mondo per ciò che riguarda i rapporti affettivi e le infinite declinazioni della sessualità.
Noi, la mia generazione intendo, avevamo idee molto aperte in proposito e molto originali, era invece la pratica e l’esperienza che ci mancava; aspiravamo a qualcosa che molti non hanno mai raggiunto e qualcuno l’ha solo sfiorata, non così brevemente da non accorgersene e abbastanza da averne nostalgia per tutta la vita.
Le generazioni successive hanno amplificato la pratica e l’esperienza senza avere non dico le nostre idee, ma delle idee qualsiasi: si è fatto sesso tanto per fare sesso, come sport, come passatempo, come talismano contro la solitudine, come piacere fine a se stesso, come pratica che fa bene alla salute, come tecnica ayurvedica, come shivaismo tantrico applicato, come figure dello yoga, come esercizio di potere e strumento di possesso del corpo altrui, come perversione sdoganata.
Il sesso, che necessita di una sua dimensione sacrale e misterica, è diventato oggetto di puro consumo istantaneo, come un panino di McDonalds e da le stesse sensazioni di benessere del suddetto panino: un misto di sapori insulsi conditi con salse troppo forti, un misto di troppo cotto quasi bruciato e di crudo, un abisso insondabile fra l’immagine invitante e brillante depositata nella nostra mente dalla pubblicità e la triste realtà desolante del panino che tieni fra le mani, condita con un notevole senso di colpa per esserti ridotto a mangiare cibo spazzatura che ti spianerà la strada verso il diabete, l’obesità, ipovitaminosi e tutti i tipi di crisi cardio-vascolari.
Oggi non è difficile trovare partner per fare sesso in ogni angolo della strada, e non dovete pensare per forza alle vacanze studiate apposta per i single, ai locali del rimorchio, alle feste organizzate pubbliche o private fatte apposta spesso per questo scopo, o agli amici impiccioni che vi presentano tutte le donne disponibili sul mercato.
Oggi ci si incontra di più nei luoghi più impensati, ai giardinetti, specie se hai un cane da portare a spasso, non avete idea di quanto l’avere un animale con voi aumenti negli altri la stima e la desiderabilità nei vostri confronti, lo stesso vale se avete con voi un bambino, che dovrebbe essere un deterrente, visto che quasi sicuramente fa di voi un neo-padre di famiglia, ma che attrae moltissimo le donne che si trovano nei vostri dintorni, accrescendo smisuratamente la simpatia che provano per voi.
Un altra situazione dove l’approccio è infallibile è il momento in cui andate a far la spesa in un supermercato, specie se in presenza di una donna piacente assumete l’atteggiamento dello sprovveduto, di quello che non sa che pesci prendere, che stimola nella donna l’istinto protettivo, per cui si sentono quasi in dovere di tutelarvi, di aiutarvi, di consigliarvi, spesso senza alcuna richiesta né esplicita né implicita da parte vostra, e vi guidano su cosa comprare, cosa mangiare, sul miglior detersivo sul mercato, ed estendono questa tutela fin quando sarete nell’ambito del loro orizzonte visivo, come se senza di loro voi non sapeste più nemmeno camminare e potreste farvi male ad andare in giro da soli, talvolta si spingono pure a darti il loro numero casomai ti servisse qualcosa, oppure lasceranno decidere al caso per un nuovo e provvidenziale incontro..
Dal mio osservatorio privilegiato di curioso cronico, di interessato alle vicende umane, di “psico” che si occupa anche di coppie, succede che le poche decine di pazienti che vedo di volta in volta mi raccontano non solo i fatti loro, ma anche quelli dei loro familiari, degli amici, dei conoscenti, dei vicini di casa e spesso anche quelli di incontri casuali e occasionali, e mi sono fatto l’idea che oggi fare sesso è molto più semplice che fare una chiacchierata.
Esistono legioni di uomini e di donne separati, divorziati, mal maritati, annoiati, in cerca di stimoli e novità dai 25 ai 65 anni che non disdegnano gli approcci intimi con l’altro o con il proprio sesso, in cui viga in maniera imperativa la frenesia del vivere, che pensano che sia meglio fare e sbagliare che non fare, avere rimorsi invece di rimpianti, che tempus fugit ergo carpe diem, che ogni lasciata è persa e che basta loro trovare qualcuno di appena passabile per ingaggiarvi singolar tenzone.
Ovunque e al di la delle mode musicali del momento si balla, o si vorrebbe ballare, la famosa “danza trivigiana” (Boccaccio, Decameron, VIII, 8), che non è più soltanto trivigiana, ma che raccoglie entusiastici adepti ovunque nel mondo, “da Trieste in giù”.
Questa frenesia di vivere e di godere purtroppo mal si adatta all’amore e al sesso, che necessitano del tempo adeguato per essere goduti ed assaporati, anche perché il corpo e la mente vanno preparati adeguatamente alla jouissance, la fretta brucia il piacere e insegue solo la scarica orgasmica, il piacere di una manciata di secondi invece del godimento che inizia con lo sguardo, con le carezze, con l’abbraccio, con i baci e con movimenti molto lenti all’esordio prima di essere potenti, furiosi, tempestosi, cataclismatici al loro epilogo.
Le conseguenze di questo amore mordi e fuggi, con partner precari e occasionali, che non ha proiezione nel futuro fin dall’inizio, che non ha progetto o scopo al di la dell’incontro immediato nel qui e ora, sfociano in una sorta di insoddisfazione di fondo che tanto più si acuisce tanto più tentativi si facciano per tentare di godere, al punto che, sfiniti, precipitiamo nel calo o nell’assenza di desiderio sessuale (e ciò avviene sempre più precocemente in entrambi i sessi) o nella ricerca del godimento altrove.
Se la sessualità nella nostra epoca è sempre di più sdoganata, se esiste fin da subito quasi un’ossessione che la circonda, tanto che se il nostro frugoletto non ha già la fidanzatina all’asilo, pensiamo che ci sia qualcosa che non va e lo portiamo dallo psicologo, se il sesso non ha più ostacoli, né sacralità, né mistero, come ancora oggi non solo io ma molti dei miei amici coetanei ci ostiniamo a pensare.
Pensiamo cioè che penetrare una donna non sia soltanto un gesto meccanico, automatico, dettato da istinti o dalla noia che ci circonda e il cui velo vogliamo lacerare, ma qualcosa di sacro in cui un essere umano diverso da te, pulsante, respirante, pensante, capace di vedersi vedente, ti lascia entrare nella propria intimità, nel sancta sanctorum della sua individualità, nella sua essenza, e condivide con te il proprio corpo, quelle parti del suo corpo che pochi hanno visto e ancor meno hanno violato, condivide sentimenti e pensieri, non solo quelli che non direbbe a nessuno, ma quelli che non direbbe neppure a se stessa.
Che accetta di buon grado che tu come un torrente ti riversi in lei e di riversarsi a sua volta in te, lasciandosi fecondare e fecondandoti con tutta se stessa e che, dopo debita incubazione, partorisce qualcosa che assomiglia tutta a lei, ma che possiede anche una chiara e innegabile impronta paterna.
Ciò che oggi attira di più tutti noi che viviamo immersi in questi tempi di bonaccia sessuale e di cimitero dei sentimenti, ciò che ci fa ancora vibrare, non è più né l’amore, né il sesso (in ogni sua declinazione), ma l’aggressività e la violenza.
Sono innumerevoli le volte in cui Sigmund Freud ci avvisa che c’è un godimento nella violenza, sia in quella inflitta a qualcuno, sia in quella che subiamo o che ricerchiamo consapevolmente o meno; il dolore dato o ricevuto provoca eccitazione e godimento, un certo quantitativo di dolore è ineliminabile in qualsiasi tipo di rapporto, anche in quello in cui i partner sono Buddisti ortodossi o appartengano entrambi ad Azione Cattolica.
Visto che il godimento del dolore è molto più diffuso di ciò che crediamo ed è del tutto evidente che in qualsiasi coppia di qualsiasi genere essa sia, un certo grado di pratiche sado-maso è molto presente al punto che è più difficile trovarne una in cui tutto ciò non trovi alloggio, il problema della clinica psicoanalitica di doversi occupare di disturbi che sfociano abbondantemente nell’infrangere la moralità comune, viene superato stabilendo che siamo in presenza di una perversione franca solo in presenza di pratiche perverse esclusive e pervasive, che non culminano nel sesso genitale e che compromettono la salute dei membri della coppia e talvolta anche la loro stessa vita.
La perversione, di qualsiasi genere sia (voyerismo, sado-masochismo, feticismo, pedofilia, gerontofilia, ecc.), possiede due caratteristiche comuni: essa è totalmente ego-sintonica, il pedofilo non si vede cioè come un mostro o un diverso, non pensa di essere sbagliato, non ha sensi di colpa, crede fermamente nella legittimità di ciò che sta facendo e può arrivare all’aberrazione di ritenere consenzienti sia la persona che picchia, che la donna o il bambino che stupra; inoltre, ogni perversione, pur essendo segretata per evitare il giudizio morale della gente e l’intervento della legge, tende a creare sodalizi con persone che possiedono le stesse inclinazioni, all’interno dei quali essa si legittima, si rinforza, si organizza e si espande.
Questa totale autoassoluzione e autolegittimazione, unita all’esperienza pluridecennale di differenti tentativi psicoterapici, farmacologici, chimici e repressivi, tutti falliti più o meno miseramente, dovrebbe farci riflettere molto sulla riabilitazione di queste persone e sull’estensione del garantismo e la tendenza a scontare pene alternative al carcere e riabilitative: il perverso sarà sempre un lupo travestito da agnello (vedi il caso di Angelo Izzo), che se intelligente e scaltro è più capace di chiunque altro di assumere in maniera credibile l’atteggiamento serafico del riabilitato e di farti credere che i tuoi sforzi terapeutici hanno avuto pieno successo.
Ma il problema non sono certamente le poche migliaia di perversi che circolano indisturbati, protetti dall’iper-mimetismo per cui sembrano più normali, più morali, più affidabili di altri, e protetti anche dalla nostra superficialità, dalla nostra ignavia e persino da qualche simpatia o complicità inconfessata, perché ci appaiono come trasgressivi e liberi da ogni vincolo morale.
il vero problema è che la società (almeno quella occidentale) nel suo complesso è diventata perversa, mal tolleriamo controlli, limiti e confini, poniamo la libertà sopra ogni cosa, fosse anche solo il rispetto verso l’altro e verso le leggi che regolano la collettività, senza le quali a normare le nostre azioni sarebbe soltanto il nostro piacere ed estro immediato, senza contemplare alcuna conseguenza, e applicando di fatto una doppia morale per cui esigiamo che gli altri seguano le norme, ma noi stessi non ci sentiamo obbligati a farlo, invochiamo il diritto alla libertà quando siamo noi ad infrangere le regole, e auspichiamo pene severissime quando sono gli altri a farlo, soprattutto se ci danneggiano.
Mentre un tempo, non molti decenni fa, la sessualità ancora rappresentava il limite della trasgressione, e frotte di adolescenti non vedevano l’ora di misurarvici, oggi il limite della trasgressione è rappresentato dall’aggressività e dalla violenza, come dimostrano i sassi gettati da un cavalcavia di qualche tempo fa, persone di giovane età e buona istruzione che sparano da una finestra verso il basso, in una zona altamente frequentata come un’università, lasciando al caso tutto ciò che potrebbe succedere, come se si trattasse di un’infausta roulette russa e loro si sentissero delle piccole divinità che possono decidere della vita o della morte di una persona soltanto premendo il grilletto di una pistola.
O, ancora, i casi in cui degli adolescenti hanno gettato della benzina su un povero diavolo senzatetto che dormiva in strada, dandogli fuoco e bruciandolo vivo, o i femminicidi in crescita esponenziale e più in generale il controllo e la violenza sulle donne, o i giochi sado-maso di soffocamento fino all’orgasmo, sperando che il partner sappia slegarvi un attimo prima che il vostro cuore si fermi per mancanza d’ossigeno, i sempre più frequenti stupri con vittima cosciente che si difende e che rende in questo modo più eccitante tutta l’esperienza perché questi omuncoli sentono così il brivido della caccia e della resa finale della vittima, o con quest’ultima non cosciente (per un mix di droga e alcol volontariamente assunti o più spesso perché è stata propinata loro la cosiddetta droga dello stupro, molto facilmente reperibile nel mercato clandestino) che lascia la vittima inerme come se fosse un oggetto su cui esercitare le peggiori ignominie.
Devo aggiungere che il modello educativo attuale ha poco o nulla di coercitivo e di costrittivo, i genitori oggi non si pongono più il problema di educare un bambino ad adeguarsi al suo ambiente e a rispettarlo se vuole essere a sua volta rispettare e se vuole mantenere il rispetto di sé, si pongono il problema che il loro figlio sia felice, che possa godersi la vita, che possa cogliere ogni opportunità gli si presenti, senza troppi scrupoli.
È difficile oggi assistere a persone in preda a sensi di colpa, perché non esiste più nessuna struttura psichica interna simile al Super-Io freudiano, il precipitato dei divieti genitoriali, delle norme morali e delle leggi vigenti, che sorveglia dall’alto e dall’interno (in modo che non vi si possa sfuggire facilmente) il nostro comportamento e che ci macera e ci dilania ogni qualvolta trasgrediamo.
Oggi il Super-io si è trasformato più in un Ideale dell’Io, cioè uno specchio che ci dice come dovremmo essere e non come siamo, altrettanto tirannico del Super-Io, ma che non tiene conto del mondo esterno reale se non che tutto ciò a cui aspiriamo e che pensiamo siano nostri desideri, proviene in realtà dal mondo esterno che costruisce in continuazione divinità da adorare e modelli di vita da seguire per sentirti bene con te stesso; in questo caso è facile assistere di più alla vergogna e non al senso di colpa, la vergogna è preoccuparsi di ciò che penseranno gli altri quando mi scopriranno, il senso di colpa è il timore di ciò che penserò io di me stesso dopo aver fatto ciò che non dovevo.
L’immagine è tutto, l’immagine è sacra, se nessuno ci vede saremmo capaci di qualunque cosa, siamo solo terrorizzati non tanto che qualcuno ci scopra, quanto che ci sputtani in giro, mutando così l’immagine positiva che abbiamo tessuto fino adesso a costo di qualsiasi sacrificio.
Viviamo d’immagine e la difendiamo con le unghie e con i denti tutte le volte che la vediamo attaccata, dirò di più, è sempre più difficile confrontare una persona con la realtà delle sue azioni e dei suoi pensieri, perché proprio non vede che se intervieni è perché quella persona ti sta a cuore, vede solo che tu non lo accetti così com’è e che stai tentando di macchiare la sua immagine, di fargli vedere il lato negativo.
Se non riesci a tollerare la possibilità di errore da parte tua, sarai immodificabile e costruirai intorno alla tua immagine positiva falsamente costruita torri di guardia e profondi fossati che ti renderanno impermeabile alle critiche, ma ti renderanno anche molto solo e disperato.
Non mi stupisce che i nostri figli che vivono in questo vuoto pneumatico, in cui già le loro madri e i loro padri vivono, facciano uso di alcol e di droghe, non mi stupisce che si sentano attratti sempre di più dalla violenza nei rapporti fra di loro e con gli adulti, non mi stupisce che giochino al piccolo dio credendosi padroni della vita e della morte altrui, mi stupisce la reazione dei loro padri piuttosto.
Avrete avuto modo di vederla di recente in almeno due casi eclatanti che hanno avuto la sorte comune di avere un figlio accusato di stupro: Beppe Grillo e Ignazio La Russa; entrambi personaggi pubblici, entrambi molto potenti, entrambi giunti ad essere delle vere e proprie istituzioni per questo Paese, entrambi che negano categoricamente ogni attribuzione di responsabilità al proprio figlio buttandovi sopra l’intera vicenda tutto il peso del loro potere e del loro prestigio, con un’arroganza che non ha precedenti.
Entrambi hanno assolto il proprio figlio, dall’alto della loro manifesta ignoranza su chi è realmente quest’ultimo, troppo preoccupati a coltivare il proprio successo e la propria immagine per conoscerlo davvero, hanno costruito sulla loro prole un’immagine edulcorata e beatificante, in linea con ciò che credono di essere e dei valori che vorrebbero trasmettere, valori in cui spesso loro stessi non credono profondamente, visto che improntano le loro scelte di vita su altro, ma che è comodo e vantaggioso professare (come i molti sostenitori delle famiglia tradizionale).
Entrambi come Pilato non si sono rivolti ai sommi sacerdoti, alle autorità e al popolo dicendo: “Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate” (Luca, 23, 13-16);
Sono tutti padri, tutte madri, ma usano i figli come alibi e come immagini, come protesi di se stessi, non se ne occupano, non li educano, non li conoscono e non vogliono conoscerli, come dimostra il fatto che sia Grillo sia La Russa si sono fatti un’idea di ciò che era successo con un breve dialogo successivo, dove i figli hanno certamente rassicurato genitori che volevano essere rassicurati non tanto sulla loro colpevolezza o meno, quanto sul fatto che la loro immagine sia intatta, che l’acquerello idilliaco che si sono dipinti circa la loro famiglia non si sia tramutato in un orrendo dipinto di Dorian Gray (salvaguardare la loro immagine positiva mentre quella negativa rimanga ben nascosta, come l’orrendo dipinto di Dorian Gray).
Grillo che sbraita con gli occhi fuori dalle orbite che sembra un pazzo non sta solo tentando di convincere gli altri dell’innocenza del proprio figlio, e che lui può garantire per questo come garantisce che veglierà sul Movimento affinché combatta la Casta, vuole in realtà convincere se stesso e lo fa con foga e quasi con violenza tanto più nel suo intimo si risvegliano i dubbi.
La Russa che molto sbrigativamente emette sentenza di assoluzione plenaria per il proprio figlio e sentenza di condanna per la ragazza e per i giudici sediziosi e complottisti che fanno politica esercitando il loro potere per destabilizzare i governi non graditi, si sta arroccando nel vittimismo tipico della destra, da Berlusconi a Bossi, a Salvini, alla Meloni che oscilla fra under e overdog in base alla convenienza passando dal vittimismo di chi si sente discriminato all’arroganza di chi discrimina per non sentirsi più discriminato.
Sta mettendo tutto il suo peso politico e istituzionale a difesa del figlio, forse proprio perché non è poi tanto sicuro della sua innocenza, altrimenti avrebbe messo spontaneamente a disposizione degli inquirenti il telefono del figlio e la rispettiva sim, invece di far acquisire il primo con un decreto e segretare … sim sala bim … la seconda.
In entrambi i casi non è difficile notare l’arroganza di chi colpevoli o innocenti che siano i loro rispettivi figli, vuole evitare loro di essere processati e fare chiarezza sull’intera vicenda, come accadrebbe ad un cittadino qualsiasi, vogliono l’assoluzione per i loro figli senza alcun processo, perché loro non tollerano di essere sottoposti alle leggi e alle regole valide per chiunque altro.
Dove questo meccanismo è allo scoperto è in Daniela Santanchè, che non si degna nemmeno di chiarire, di entrare nel merito, non potendo smentire gli illeciti delle sue aziende, dice che non ne sapeva niente, se ne occupava l’amministratore delegato (la stessa linea difensiva dei Benetton, che si sentono talmente oltre il bene e il male, oltre la responsabilità morale che mentre si svolgevano i funerali delle vittime del crollo del Ponte Morandi, loro partecipavano ad una grigliata a Cortina), e col suo atteggiamento sembra voler dire: “Che gusto c’è ad essere potenti, se poi non se ne approfitta?” e “che senso ha essere potenti se poi mi si vuole costringere a dare spiegazioni dei miei atti, leciti e illeciti, come qualsiasi sfigato mortale?”.
Il suo aspetto fisico completamente ritoccato da sembrare (non avete sorriso quando ha detto in Parlamento: “Io ci metto la faccia!” come se fosse una water and soap girl?), a distanza, un’adolescente, da corpo alla tesi delirante che per lei non valgano le leggi dell’invecchiamento e del decadimento fisico, che se ha sconfitto la vecchiaia, le rughe e mantiene un aspetto giovanile, può altresì sconfiggere la morale comune, la convenienza sociale e l’appartenenza ad una umanità concepita come plebaglia, agglomerato di buzzurri e bestie da soma che fanno da piedistallo al proprio successo e alla propria grandezza.
Gli esempi che ho fatto però, mi rendo conto, possono condurre fuori strada, non si tratta soltanto di persone celebri e potenti, si tratta di ciascuno di noi a cui, se contesti qualcosa non ti risponde nel merito, egli, i suoi parenti, i suoi amici, i suoi sodali sembrano dirti: “L’ha picchiata, embhè? L’ha stuprata, e allora? Discrimino i gay e l’LGBT? Sono loro ad essere troppo appariscenti. Ho bruciato un clochard? Ho tolto un po’ di spazzatura dall’ambiente. Ho gioito sui social al naufragio di un barcone di migranti? Meno gente che ci ruba il lavoro, che contribuisce al degrado e che vive in maniera incivile rubando e spacciando. C’erano anche bambini? Meno soldi in assistenzialismo, meno manovalanza per la malavita. Ho ucciso la mia donna? Lei mi ha tradito e voleva lasciarmi. Ho ucciso delle persone in un incidente stradale perché andavo troppo veloce, stavo gareggiando, con una mano guidavo, con l’altra mi filmavo per postare le mie bravate sui social? Mi spiace per loro, ma mi hanno distrutto la macchina, hai presente quanto mi costerà riparare la carrozzeria della Maserati e pulire le macchie di sangue? Pestiamo a sangue i detenuti, o i vecchietti delle RSA, embhé? A che servono ormai, non sono più produttivi e rompono le balle. E poi, dobbiamo pur far passare gradevolmente il tempo mentre siamo di servizio. Mi gridi cornuto perché ti ho tagliato la strada in autostrada che a momenti ti ammazzavi e causavi uno spaventoso tamponamento? O perché col Tir mi sono buttato improvvisamente in corsia di sorpasso senza freccia, che ti ho fatto vedere i sorci verdi dallo spavento? Sei tu che devi badare a me che sono più grosso, perché sei tu che avresti la peggio in caso di incidente. Sto stolkerando la mia ex sommergendola di messaggi? Non è vero, sono solo e-mail non gradite, i giudici che hanno sollevato il caso stanno colpendo me per colpire la parte politica che mi sostiene. Nessuno resta inchiodato alle conseguenze di ciò che dice o di ciò che fa, tutti ignorano ciò che provocano negli altri, o lo minimizzano, interagiamo solo con le cose, gli oggetti, o con le persone come se fossero oggetti da usare a proprio piacimento o fa forzare a farlo.
Le regole sono soltanto inutili orpelli che tarpano le nostre ali, che limitano la nostra libertà, anche pagare le tasse diventa una profonda ferita narcisistica da evitare, sono “pizzo di Stato” e noi tutti siamo ostaggio dell’Agenzia delle Entrate, meglio votare per governi tolleranti che facilitano la mia libertà di contribuire o meno alla collettività e che, qualora anche così non fossi in regola, faranno appositamente per me uno splendido condono, in cui pagherò le briciole di ciò che devo e sono pronto ad evadere di nuovo giù un secondo dopo che hanno stralciato i miei illeciti contributivi la mia casella esattoriale.
Con una faccia tosta non indifferente, non battono ciglio quando i genitori di Giulio Regeni pretendono giustizia e verità per il proprio figlio barbaramente torturato fino alla morte, e nello stesso tempo si battono come leoni per evitare qualsiasi tipo di processo ai due marò, che hanno ucciso dei pescatori indiani disarmati che si sono avvicinati alla nave italiana per vendere un po’ del pesce che avevano pescato, due assassini posti li, su una nave mercantile comandata da un comandante civile, per fare da scorta alle merci italiane a rischio di pirateria.
Un assurdo giuridico posto in essere da Ignazio La Russa, allora ministro della Difesa, che voleva salvaguardare gli interessi di alcuni nostri imprenditori mettendo a rischio i nostri militari e ponendoli sotto il comando civile, che non esitò a consegnare i due marò alle autorità indiane pur di salvaguardare la merce che trasportava; fu solo il senso di colpa della destra al governo che aveva causato quella situazione a farsi sentire o fu l’arroganza di chi si crede potente e intangibile dalle leggi comuni, come gli Stati Uniti nel caso Ustica o nella tragedia del Cermis dove morirono 19 passeggeri di una funivia i cui cavi furono tranciati di netto dai giochi acrobatici di due piloti statunitensi che non si sono fatti nemmeno un giorno di prigione e che furono sottoposti ad un brevissimo processo farsa in patria che ne decretò la completa assoluzione … perché noi siamo noi, e voi non siete un cazzo.
Questo è l’atteggiamento ormai predominante, non esiste più un chiaro senso dello Stato come collettività, se non come conquista dei centri nevralgici del potere che ti concedano il potere assoluto e la totale immunità, ti sembra di precipitare in un abisso senza fine, e che non abbia alcun senso costruire solidi legami al di fuori di te, siano legami di coppia, di appartenenza ad un luogo, ad una cultura, ad una storia comune, che non siano fittizi, strumentali, solo per andare contro qualcun altro, o di solidarietà verso chi ti chiede aiuto in maniera disperata.
Queste dinamiche contribuiscono a farci sentire sempre più soli e disperati, e più ci sentiamo tali, più rinforziamo queste dinamiche che aumenteranno la nostra solitudine e disperazione, come quando ricostruiamo sulle zone franate, o con gli stessi metodi con cui abbiamo costruito edifici crollati durante il terremoto.
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