lunedì 16 febbraio 2015

UN GRAFFIO IN TESTA 4



Foto di: Alberto Ghizzi Panizza

Frederick-Howard-Michael - Titania -1897




“Sic visum Veneri; cui placet impares
Formas atque animos sub juga aënea
saevo mittere cum joco”
“”Così ha voluto Venere, a cui piace
gettare sotto i gioghi di bronzo corpi e animi disuguali
con gioco crudele”
(Quinto Orazio Flacco, Libro I, Ode XXXIII, ad Albio Tibullo).

Herbert James Draper - The Vintag Morn





“Anche se spigoloso ami il mio essere talvolta scoglio perché è lì che il tuo tumulto d’onda ama infrangersi”.
(Cesare Pavese, Dialoghi di Leucò).




Herbert James Draper  – Spirit of the Fountain - 1863


Poi fece una pausa, mi guardò fisso negli occhi, si contorse un po’ sulla poltrona di fronte a me, cambiò la gamba che aveva accavallato sull’altra e tutto d’un fiato con una vocina quasi da bambina che pian piano si distese e riprese il suo solito timbro da adulta mi confessò che un altro uomo le si era profilato all'orizzonte, solo qualche tempo dopo che nella sua vita accadeva tutto questo.
Un collega di una città vicina, che lei conosce e con cui c’è una stima reciproca, l’aveva consultata per una perizia tecnica, in quell’occasione aveva conosciuto Adelchi, impresario straniero che aveva richiesto la sua perizia, giovane, bello, affascinante, con modi gioviali e cortesi, perfetto padrone di casa tanto da farti dimenticare che in quel momento tu sei una sua dipendente e, a giudicare dalle carte che stava consultando e dalla mole di lavoro a cui si riferivano, anche immensamente ricco e potente.
Adelchi non è come Desiderio, lo sovrasta in ricchezza, in potere, è molto più versatile e disinibito, meno impacciato con le donne e, soprattutto, meno a disagio con le belle donne, più sicuro di sé, quella sera stessa sembra inizialmente che la sua curiosità sul lavoro svolto non abbia limiti, sembra interessato da tutto, le chiede ogni cosa, la loda per come ha svolto l’incarico, se ne ritiene molto soddisfatto poi, visto che con tutte quelle domande si è fatto tardi, congeda gli altri suoi collaboratori e la invita a cena e non sembra prendere nemmeno in considerazione un suo rifiuto.
Ermengarda si ferma volentieri, come Adelchi era incuriosito dalle minuzie della sua perizia, lei sembra molto incuriosita da quest’uomo, attratta e affascinata, nemmeno lei viene sfiorata dalla possibilità di rifiutare quell’invito ed è stato con estrema naturalezza e spontaneità che il rapporto è scivolato sempre di più dal registro del lavoro alla relazione fra un uomo e una donna.
Il giorno dopo lei non era sorpresa perché non si sentiva in colpa per aver tradito il suo uomo, era sconvolta per la facilità con cui questo era successo, non le era mai accaduto di cedere così di schianto alle avances di qualcuno, come se non avesse remora alcuna, come se non avesse pudore, come se non fosse estremamente importante per lei darsi il tempo per selezionare l’uomo giusto, perché di quelli sbagliati è piena la terra.
Per fortuna, pensava, quello che è accaduto non era poi così importante, né per lui perché un uomo così non si lega a nessuna donna, prende solo quella che le piace e quando l’ha avuta perde ogni interesse per quella donna, soprattutto se l’ha avuta con la facilità con cui lei gli si era concessa quella notte.


Musée des lettres et manuscrits -Bruxelles







Né per lei, innamorata di un altro uomo tanto che fino ad allora non l’aveva nemmeno sfiorata l’idea che potesse tradirlo, tanto gli era legata, tanto per la prima volta era legata ad un uomo, e che quella notte poteva spiegarsi con un’inquietudine arcana dovuta forse alla paura di legarsi troppo ad un solo uomo, di appartenergli per sempre, tanto da sposarlo, di darsi a lui in esclusiva … proprio lei che fino al momento in cui l’aveva conosciuto era stata gelosa della sua autonomia affettiva, della sua libertà … ma si, forse quella notte era stata semplicemente una scivolata, un salto, una sorta di addio al celibato.
I giorni erano passati, ma quell’inquietudine sottile non era svanita, anzi il tempo la amplificava, gli impegni la smorzavano un po’, ma la notte le accendeva un fuoco addosso, le bastava chiudere gli occhi per vederselo di nuovo davanti, con lo stesso sguardo appassionato ed arrogante del primo bacio, per sentirsi bruciare la pelle alle sue carezze e lacerare le viscere dal suo impeto virile.
Si diceva che doveva solo dimenticare, il tempo affievolisce tutto, come la cenere spegne il fuoco, che era stupida a pensarci ancora, ad attendere invano, a guardare il suo telefono con una certa insistenza in attesa di una sua chiamata … uomini così non richiamano mai, uomini così come Paganini non si ripetono.
Eppure, dopo un tempo che a lei era sembrato infinito, ma che sul calendario erano soltanto 6 settimane, lui si era rifatto vivo con una chiamata, come se niente fosse successo, senza preambolo alcuno, come se non si vedessero soltanto da alcune ore, le aveva semplicemente detto che era tornato in Italia, che aveva voglia di rivederla e, senza attendere la sua replica, le aveva detto che le mandava il suo autista a prenderla.
Se avesse avuto più tempo per pensarci l’avrebbe certamente mandato a quel paese, quello stupido arrogante imbecille, ma chi si credeva di essere, ha pensato solo alla sua voglia, l’autista l’aveva già mandato, nemmeno lo sfiorava l’idea di cosa provava lei, di chiederle se lei avesse altrettanta voglia di vederlo, dava tutto per scontato e questo la irritava moltissimo, soprattutto perché era vero che anche lei non vedeva l’ora di incontrarlo di nuovo, la irritava che lui lo sapesse senza nemmeno chiederglielo, che non provasse nemmeno a conquistarla, a far finta di essere nel dubbio, era furiosa con quel pallone gonfiato, ma era ancora più furiosa con se stessa perché era riuscita a dire soltanto un si che nella sua mente assomigliava in maniera imbarazzante ad un belato di assenso.   
Il loro rapporto si era incardinato su questi cingoli, quando lui si trovava in Italia la contattava per rivederla, talvolta era ancorato sul suo yacht a Napoli, a Genova, a Trieste, ad Ancona o a Palermo, altre volte giungeva in aereo a Roma, a Milano o in qualche capitale europea e si fermava in hotel; in ogni caso le inviava il biglietto aereo per raggiungerla e la mandava a prendere dal suo autista, tutto così ben organizzato, tutto così efficiente da ridurre al minimo il disagio del tragitto che li separava, raramente era lui a raggiungerla nella sua città.
Sia che Ermengarda fosse sua ospite nel suo yacht, sia che alloggiassero in hotel non trovava mai lui ad attenderla, sempre occupato nei suoi affari, transazioni in cui ballavano molti soldi a giudicare dalle cifre che lei poteva leggere nelle carte che visionava perché lei lo accompagnava sempre in veste di persona di fiducia e consulente, insieme ad altri esperti, ma le prime persone che lei vedeva erano la sarta che doveva adattarle addosso i vestiti che lui aveva già scelto per lei, l’estetista che l’avrebbe truccata con i colori che piacevano a lui e una parrucchiera che sapeva già come renderle i capelli vaporosi come una nuvola in modo che lui potesse deliziarsi i polpastrelli nell’accarezzarli.
Niente di ciò che avrebbero fatto, di dove sarebbero andati, di come avrebbero trascorso giornate e serate le veniva chiesto, niente veniva discusso con lei, Adelchi non riteneva opportuno chiederle un assenso preventivo su qualsiasi cosa ed Ermengarda non aveva mai protestato, non gli aveva mai fatto notare come tutto questo modo di fare la contrariasse, la facesse sentire tagliata fuori, una sorta di bambola che deve adeguarsi sempre ai desideri dell’uomo ed essergli grata per ciò che lui munificamente divideva con lei.
Una volta in hotel mentre parlavano seduti al bar lui aveva ordinato due caffè, quando sono stati serviti lei per la prima volta gli aveva chiesto spiegazioni, perché non aveva chiesto a lei se aveva voglia di un caffè o di cosa avesse voglia prima di ordinare? Adelchi non si era scomposto, molto seraficamente e con una fermezza incredibile le aveva replicato: “Qui c’è un caffè, tu puoi prenderlo o lasciarlo li!”.
Questo suo modo di fare molto sicuro di sé, autoritario, da padrone assoluto che da per scontato che è lui a decidere per tutti, che è lui al centro e tutti gli altri gli ruotano intorno, la infastidiva, la irritava, la faceva incazzare, ma nello stesso tempo la attraeva molto più di quanto era disposta a confessarsi.
La affascinava vedere come lui riusciva a creare intorno a sé rispetto, soggezione, le girava la testa quando lui sprigionava il suo carisma, e non si trattava soltanto del rispetto interessato verso l’uomo ricco e potente da cui si può sperare di riceverne un beneficio, ciò accadeva anche con persone che non lo conoscevano affatto, senza che lui mostrasse i segni del suo potere e della sua ricchezza, ciò accadeva soprattutto dentro di lei, che non stava li per interesse alcuno, ma si sentiva sedotta, soggiogata, dominata da quell’uomo anche se tutto ciò le faceva paura.


Herbert James Draper







Si era spaventata in alcune occasioni, quando questo suo modo di fare aveva creato attrito con altri uomini di affari; una volta in provincia di Napoli lei aveva assistito ad una scena molto carica di tensione, era in gioco un grosso affare e si stava trattando il consenso della camorra.
Quattro persone contavano a mano le banconote prese da delle valigette, che erano la percentuale che la camorra incassava per quell’affare; solo alla fine del conteggio poteva avvenire la firma del contratto legale per iniziare i lavori con l’assenso dei politici e degli imprenditori locali che avrebbero subappaltato l’impresa fornendo materiali e mano d’opera.
Ma fu a quel punto che successe qualcosa di imprevedibile, Adelchi non trovava la sua mont blanc, quella con cui era solito firmare tutti i suoi contratti e voleva mandare un suo uomo a prenderla in hotel, quello che sembrava essere il capo dei camorristi presenti a quell’accordo, senza dire nulla e guardandolo negli occhi gli porge la biro di un suo contabile, lui la rifiuta, dice che non firmerà senza la sua penna e non smette di guardare l’interlocutore negli occhi.
Si crea una situazione carica di tensione, il camorrista non è abituato ad essere contraddetto, non vuole perdere altro tempo, è convinto di essere la parte più forte in quell’affare ed è abituato a risolvere questi contrasti con la violenza: si è sentito sfidato e non può e non vuole cedere.  
Qualcuno dei presenti prende Adelchi in disparte e gli fa capire di non irritare oltre il camorrista, che sta rischiando la vita, quella è gente feroce, che ragiona poco e che preferisce agire, ma lui non molla, ritorna in quella sala, incrocia di nuovo lo sguardo del camorrista, gli sorride e dice soltanto: “Aspettiamo!”.
Anche quell’altro gli sorride, divertito da quel modo di fare, sorride ai suoi uomini che dovevano essere già pronti ad intervenire e replica: “Aspettiamo!”, ma nel suo sguardo forse c’è anche un’ombra di rispetto verso un uomo che ha mostrato del coraggio, che ha fatto capire che non teme nessuno e che non voleva cedere niente in autorità … voleva un affare alla pari e l’ha ottenuto, voleva ribadire che lui non è secondo a nessuno, che non si piega davanti a nessuno né di fronte alle lusinghe dei soldi e del potere, né di fronte alle armi.


Herbert James Draper--The Sea Maiden.- 1894


Herbert James Draper



Questo post è iniziato così:




… e non è finito … e questa è una minaccia!




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