Ha ricevuto un duro colpo al
cuore … al cuore, si, perché il cuore di Parigi non è il Word Trade Center come
a New York, i parigini non hanno il cuore nel portafogli, il cuore di Parigi è
la sua voglia di ridere di tutto e di godersi la vita, e chi meglio di un
settimanale di satira può incarnarlo, chi meglio di una rivista guidata da un
direttore che lascia detto a sua moglie che alla sua morte (allora scherzava,
non immaginava fosse così vicina) avrebbe voluto essere cremato e che gettasse
le sue ceneri nel water, così avrebbe potuto guardarle il sedere tutti i giorni?
Un po’ volgare come battuta,
dite? Ne convengo (anche Cuore, che apprezzavo moltissimo, talvolta lo era), ma
la sua volgarità non dovrebbe distoglierci dall’assoluta libertà con cui viene
espressa, incurante persino del giudizio di “volgare”, e il suo potere
dissacrante e dirompente persino su un argomento solenne come lo è la propria
morte, intimo come la sessualità e che appartiene al pudore personale come le
nostre funzioni scatologiche.
Ed è anche nella sua
multietnicità, nella sua multiculturalità, è la città in Europa che ha accolto
più immigrati in assoluto e, contrariamente a ciò che avviene nelle nostre
città, dove le persone appartenenti ad altri popoli e ad altre culture fanno
gruppo a sé, ed hanno con noi soltanto rapporti subordinati e non di amicizia,
come ho visto spesso a Parigi; per cui
colpire un supermercato kosher o colpire
un correttore di bozze che si chiama Mustapha o un poliziotto che si chiama
Ahmed (figli di immigrati che colpiscono altri immigrati o figli di immigrati)
significa colpire l’essenza stessa della città.
Alcune persone sono state
barbaramente uccise nelle sue strade, nei suoi edifici per motivi assurdi e
inconcepibili (ma esiste un motivo sensato e concepibile per uccidere una
persona?) se non quello del sangue, perché l’unico motivo che spiega il sangue
è il sangue stesso, la voglia di vederlo scorrere, di procurare dolore a
qualcun altro, di sottometterlo, dominarlo, soggiogarlo, di essere padrone della
vita e della morte di un’altra persona, non fatevi ingannare dai motivi (chi
uccide può gridare indifferentemente: "Allah hu akbar" o “Gott mit
uns” o “Deus le volt”), questi sono spesso degli alibi a giustificazione del
delitto, per non assumere in prima persona la responsabilità del sangue, per
nascondere la nostra ferocia a noi stessi.
Si possono sempre trovare dei
buoni motivi per essere aggressivi con qualcuno, o anche per ucciderlo, ottimi
motivi che si propagano in fretta e molto velocemente vengono condivisi da
tutti, basta accendere il primo fuoco … l’avete sentito, no, papa Francesco, se
qualcuno osa insultare la sua mamma lui “gli da un punio” … altro che porgi
l’altra guancia (vorrei qui sottolineare anche l’equazione simbolica fra
“mamma” e “chiesa” che ha fatto). Il motivo del “punio”? Non ci si prende gioco
della mamma altrui, della religione altrui, di ciò che è sacro insomma.
Ma ciò che è sacro, intoccabile,
tabù, diventa inevitabilmente il nostro padrone esterno che ci espropria dalla
nostra libertà, dalla nostra umanità, un orrendo Moloch che ci domina
inesorabilmente e soffoca ogni speranza, ogni gioia, ogni anelito (perché se
non siamo padroni di noi stessi, non siamo niente) e ci schiaccia piallandoci
nella retorica del “tu devi” e ci fa dimenticare che tutto ciò che siamo
vorrebbe invece gridare “Io voglio” … esiste crimine più orrendo che privare un
individuo della sua soggettività, della sua dignità, della sua libertà, fosse
anche in nome di qualcosa di sacro, del partito, dello Stato, di Dio in persona?
Se volete capire qual è il
meccanismo psicologico che porta all’edificazione di totem e alla costruzione
di tabù leggete Totem e tabù di Freud, scritto fra il 1912 e il 1913,
da qui il passo al sacro, al dogma, alla rigidità, all’inflessibilità, alla
preghiera, all’inginocchiarsi davanti ad idoli (e soprattutto al genuflettersi
davanti ai sacerdoti che amministrano il culto di quegli idoli) il passo è
breve, sembra che l’uomo fugga più di ogni altra cosa la sua libertà, ogni
qualvolta ne ha cognizione o soltanto intuizione cerca subito e disperatamente
qualcosa, qualsiasi cosa (pregiudizio, superstizione, religione, scienza,
consuetudine, …) a cui sottomettersi … di questo moto spontaneo dell’animo, di
questa sorta di viltà, di quanto sia potente la volontà di essere soggiogati (o
aggiogati) a qualcosa (potente quanto quella di aggiogare e sottomettere altri
alla stessa ideologia) ne rende testimonianza Nietzsche ne Il risveglio
dello Zarathustra, in cui gli
uccisori del vecchio dio si prostrano a pregare davanti a un asino.
Ogni potere, ogni forma di
sacralità, ha per fortuna un suo punto di fragilità, una sua linea di frana,
qualcosa che sta fra l’orrendo e il ridicolo, che qualche mente sagace,
satirica, coglie prima degli altri e la restituisce a tutti fra scrosci di risa.
Cogliere il punto debole di un
potere, di un sapere, di un amore, per quanto ammantati di sacralità, aiuta a
coglierne il limite, il punto esatto che potrebbe far crollare tutto o il
micro-difetto che potrebbe sgretolare un diamante se solo venisse sfiorato.
Questo potere dissacrante e
questa capacità di assorbire la diversità a Parigi è presente più che altrove
e, se pure non l’hanno inventato i parigini, sono stati loro a farne un’arte e
a divulgarlo ad alti livelli al mondo intero, con l’esempio e con una
rivoluzione che fu sociale e culturale prima che politica … pensate a quanto
dovettero sobbalzare sui loro scranni gli augusti sovrani d’Europa (i vari
Asburgo, i Borbone, i Savoia, i Coburgo-Gotha, gli Orange Nassau, i Braganza,
gli Orléans, gli Hohenzollern, gli Hannover, i Romanov, gli Oldenburg, …),
quando le chiappe plebee di Gioacchino
Murat si posarono sul trono del regno di Napoli nel 1808.
Certo, Murat durò pochissimo, dal
1808 al 1815, quanto durò la meteora del successo napoleonico, ma il gesto era
compiuto, il figlio di un albergatore poteva essere re senza possedere quarti
di nobiltà, senza la benedizione della chiesa, senza l’investitura divina, e i
napoletani (e non soltanto loro) si accorsero che poteva essere persino un
ottimo re, sicuramente migliore dei Borbone che l’avevano preceduto.
Parigi ha ricevuto un duro colpo,
dicevo, ma adesso la risposta migliore, nello spirito di ciò che la città è e
di ciò che rappresenta, non è tanto restituire il colpo, soprattutto se questo
significa colpire indiscriminatamente una popolazione, una cultura, delle
persone che nulla c’entrano con quegli atti terroristici e che, ormai lo
sappiamo, non farebbero altro che alimentare il terrorismo.
Perché è dalle macerie dei bombardamenti
occidentali dal fumo dei corpi umani bruciati dal napalm, dai sabotaggi,
boicottaggi e dai tentativi di rovesciamento dei governi costituiti in Africa,
Asia, Sudamerica, Europa, che i “terroristi” nascono come funghi, è dai
funerali, quando ti tocca seppellire persone care, moglie, figli, genitori,
parenti, amici, vicini di casa che la tua rabbia sale e imbracceresti qualsiasi
arma, colpiresti anche tu indiscriminatamente le loro mogli, i loro figli, …,
chiunque anche a costo che questo gesto omicida sia anche suicida, anche a
costo di farti brillare in aria imbottito di tritolo.
Qui un elenco completo
dell’ingerenza degli USA nella politica e nell’economia di altri Stati dal
secondo dopoguerra ad oggi, che merita una seria riflessione: Cina 1945-46;
Siria 1949; Corea 1950-53; Cina 1950-53; Iran 1953; Guatemala 1954; Tibet
1955-70; Indonesia 1958; Cuba 1959; Repubblica democratica del Congo 1960-65;
Iraq 1960-63; Repubblica Dominicana 1961; Vietnam 1961-73; Brasile 1964; Congo
Belga 1964; Guatemala 1964; Laos 1964-73; Repubblica Dominicana 1965-66; Perù
1965; Grecia 1967; Guatemala 1967-69; Cambogia 1969-70; Cile 1970-73; Argentina
1976; Turchia 1980; Polonia 1980-81; El Salvador 1981-92; Nicaragua 1981-1990; Cambogia
1980-95; Angola 1980; Libano 1982-84; Grenada 1983-84; Filippine 1986; Libia
1986; Iran 1987-88; Libia 1989; Panama 1989-90; Iraq 1991; Kuwait 1991; Somalia
1992-94; Iraq 1992-96; Bosnia 1995; Iran 1998; Sudan 1998; Afghanistan 1998; Yugoslavia-Serbia
1999; Afghanistan 2001; Iraq 2002-03; Somalia 2006-2007; Iran 2005 ai nostri
giorni; Libia 2011; Siria 2015 ai nostri giorni.
Bisogna evitare il panico, le
isterie (a Padova di recente c’è stato un allarme bomba che ha allertato il centro
cittadino solo perché qualcuno ha notato dei giovani che legavano ad
un’inferriata un pacchetto col fil di ferro … si trattava di una sorta di
caccia al tesoro organizzata per le vie cittadine, il pacchetto conteneva il
messaggio con le indicazioni per le mosse successive in direzione della
scoperta di dove era nascosto il tesoro, dalle dimensioni se fosse stato
esplosivo non avrebbe scheggiato nemmeno la vernice dell’inferriata), di farsi
sopraffare dalla paura, di fare emergere il peggio di sé che è sempre in
agguato.
È quanto mai necessario
proteggersi e prevenire ulteriori attacchi, con politiche diverse, più sane,
più sostenibili, più egualitarie, perché non possiamo continuare a sprecare in
questo modo le risorse producendo beni forsennatamente, la maggior parte dei
quali sono inutili, come gli involucri dei prodotti o come le confezioni dei
regali di Natale, e non possiamo pretendere che il 20% circa della popolazione
mondiale che vive in Occidente consumi l’80% delle risorse mondiali.
Soprattutto se nel mondo ci sono
bambini che muoiono per mancanza di risorse e per l’inquinamento che noi paesi
ricchi andiamo a sversare nei loro territori … l’acqua del Niger, che
attraversa il deserto del Sahara e quattro stati africani, che rappresenta la
fonte idrica principale in quella vasta zona, è fortemente infetta da non
essere utilizzabile né per usi alimentari né in agricoltura o in pastorizia.
È necessario colpire chi
alimenta, chi sostiene, chi arma (anche ideologicamente) il terrorismo contro
l’Occidente, ma non dobbiamo arretrare nemmeno di fronte alla scoperta
paradossale che i migliori sponsor del terrorismo mondiale siamo in realtà noi
stessi … spesso il terrorismo che oggi ci colpisce non è altro che qualcosa che
noi abbiamo contribuito a far nascere, abbiamo armato e abbiamo usato senza
scrupolo alcuno contro alcuni nemici di quel momento storico … seguendo la
massima che fu inizialmente attribuita a Filippo
il macedone e che ebbe il periodo di suo massimo splendore e maggiore
applicazione nella Roma imperiale e in tutti gli imperi successivi che ad essa
si sono ispirati: Divide et impera.
Ma, soprattutto, è necessario che
Parigi ritorni ad essere ciò che è, ciò che è sempre stata, la ville lumiére, una grande e superba
città occidentale che ha dato moltissimo al mondo intero; detto questo è però
necessario cercare di capire cos’è Parigi, cosa rappresenta oggi, cosa è stata,
qual è la sua caratteristica più precipua, quella che meglio di altre la definisce.
Già, cos’è esattamente Parigi?
Alcuni pensano che sia una delle città più belle al mondo, e questo è
sicuramente vero, ma non è certo la più bella, Venezia, ad esempio, è molto più
bella di Parigi, non è certo la bellezza la qualità precipua che la può meglio
identificare. Si tratta, anzi, di una bellezza ridondante, tutte quelle
rifiniture in oro su inferriate blu, tutti quegli stucchi, le decorazioni,
tutta quella esuberanza in ogni dettaglio, in ogni particolare, la fanno
assomigliare non tanto ad una bella ragazza, ma ad una vecchia signora in cui
si notano tutti i segni del tempo trascorso, che però è truccata, incipriata,
imparruccata e profumata talmente da apparire più una maschera che una bella
donna … una maschera di sembianze antiche, certamente, ma di abilità moderne,
una di quelle che si sa muovere molto bene nel mondo moderno, che sa usare il
computer, il palmare ed eseguire una transazione, una prenotazione o
un’operazione qualsiasi in rete con perfetta abilità e nonchalance.
Forse allora è la solennità, la
maestosità il suo tratto peculiare, ma Vienna è più imponente di Parigi, più
serafica, più uguale a se stessa nei secoli, meno cambiata dalle mode e dai
tornanti della storia, non solo esteticamente ma anche nella profondità
dell’animo o nel suo stile di vita, non è difficile a Vienna immaginare Herr und Frau che passeggiano
abbracciati lungo il Ring, lui con la
paglietta e lei con l’ombrellino, o comodamente adagiati sul sedile del fiaker, mentre nemmeno a Versailles
riuscirete ad immaginare Madame et
Monsieur in passeggiata sul Trianon,
sul Parterre de Latone o sul Bosquet de Dauphin.
Si è scritto molto sui misteri di
Parigi e sul suo romanticismo, a Parigi si potrebbe ambientare un thriller
pieno di colpi di scienza e di arcani segreti custoditi per secoli nel suo
ventre e le storie più romantiche del mondo, ma basterebbe essere stati a Praga
anche una sola volta nella vita per rendersi conto che questa città non ha
rivali sia per il mistero, sia per il romanticismo, se avete un partner a
fianco vi stringerete in un caldo abbraccio sul Ponte Carlo, quando un brivido
correrà ad entrambi lungo la schiena e vi accorgerete come le vostre mani
tenderanno ad intrecciarsi e le vostre labbra ad incollarsi senza che quasi ve
ne rendiate conto.
Allora è senza dubbio la culla
delle arti, Montmartre, il quartiere Latino, Montparnasse, il Louvre, il Musée
d’Orsay, a Parigi sono nati, hanno vissuto o sono passati artisti come Toulouse-Lautrec, Monet, Matisse, Picasso, Degas, Cézanne, Pissarro, Manet, Fantin-Latour, Van Gogh, Gauguin, Derain, Modigliani, Soutine, Chagall, Dalì, Léger, Braque, Renoir, Rodin, …, ma per quanto famosi, per quanto abbiano cambiato
radicalmente il modo di fare arte, per quanto abbiano fatto conoscere questa
città in molti dei suoi dettagli più caratteristici e pittoreschi, per quanto
sia stata per decenni il crogiolo dell’arte moderna, assumono nella storia
dell’umanità un rilievo indimenticabile e ben maggiore l’antica Atene, la
Firenze del Rinascimento, la Roma antica e quella papale, mentre il ruolo di
città principe dell’arte moderna, dove si producono e si commerciano oggi le
più grandi opere artistiche contemporanee, è da attribuire senza dubbio alcuno
alla città di New York.
Mentre nessuno oggi metterebbe in
discussione che i diritti civili, i fondamenti dello stato moderno, delle
moderne democrazie, della convivenza sociale siano nati in Francia, a Parigi,
che non soltanto la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ma anche le Costituzioni di molti stati moderni (compresa l’Italia)
sono ricalcate dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, quella che può essere riassunta nel più famoso motto rivoluzionario
di tutti i tempi: Liberté, Égalité, Fraternité.
Ma, se fu Jean-Paul Marat, nel suo saggio The
chains of slavery, pubblicato nel 1774, a coniare il motto nazionale
francese che travalicò ben presto i confini della Francia, se la Rivoluzione
del 1789 fu preparata e ne fu la logica conclusione, dal pensiero dei philosophes e dei principi che andavano
articolando, dall’esprit che
imprimevano nei loro taglienti pamphlets
e nell’Encyclopédie, è pur vero che
questo pensiero e questi principi non erano esattamente originali, né originali
furono molti degli atti politici che avvennero durante il periodo della
rivoluzione e quello della successiva Prima Repubblica.
Il primo atto che sancisce lo
statuto di una monarchia costituzionale e il primo documento fondamentale per
il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini è la Magna Charta siglata dal re
d’Inghilterra Giovanni Senzaterra e
dai suoi feudatari, e risale al 1215; il primo stop alla monarchia assoluta e
la prima decapitazione di un re che governa per diritto divino, avvenne ancora
in Inghilterra con Carlo I Stuart,
deposto da Olivier Cromwell e dal
Parlamento e messo a morte per alto tradimento; la maggior parte dei principi
che informarono l’ideologia illuminista francese e la rivoluzione di luglio
erano già presenti nelle opere di Locke,
Hume, Berkeley e di Hobbes,
tutti inglesi di nascita e vissuti prima dei philosophes francesi come D’Alembert,
Diderot, Voltaire, Montesquieu, d’Holbach, Buffon, Condillac, Helvetius o La Mettrie.
Il primo principio che iniziò a
declinare fu quello di fraternité, è
il meno citato, quello che fece la strada meno lunga, giunse fino in America
quando fra il 1775 e il 1783 le colonie americane combatterono per
l’indipendenza dall’Inghilterra, poi se ne persero definitivamente le tracce,
forse perché poteva sembrare o un motto il cui uso ti identifica nettamente
come affiliato alla Massoneria o come
figlio dei fiori o come partecipante ad un gay
pride.
Libertà ed uguaglianza, invece,
resistono, e sono termini considerati positivamente ancora oggi, soprattutto il
primo poi è come il prezzemolo, lo ritrovi dappertutto, uccidono ad esempio 12
persone all’interno di una redazione di una rivista satirica gridando: “Allah hu akbar”? Ecco che subito noi ci
imbastiamo sopra un problema di libertà di espressione: li hanno uccisi perché
non tollerano le loro critiche, la loro libertà di ridere di loro. Condannano Alessandro Sallusti e Fabrizio Corona? È un attentato alla
libera espressione, alla libertà di stampa. E poco importa che probabilmente il
vero motivo dell’attentato a Charlie
Hebdo è economico e concernente l’umiliazione di non sentirsi veramente né
musulmani (essendo nati, cresciuti ed educati a Parigi), né pienamente parigini
(vivendo in quartieri periferici chiamati banlieau),
o che non si può infamare un giudice con false accuse che non si può ricattare la gente con foto
compromettenti.
E che dire poi della vicenda di
Corona? A sentire ciò che dicono e che scrivono alcune persone sembrerebbe che
sia stato condannato in maniera spropositata prima a 14 anni e 9 mesi di
reclusione, scontati poi a 9 anni e 8 mesi solo perché ha scattato qualche foto.
Di recente qualche psichiatra ha avanzato l’ipotesi
che Corona sia malato e non un delinquente dunque, e in quanto tale le sue
condizioni sarebbero incompatibili col carcere, invocando con una certa
confusione diagnostica, non so attribuibile a lui o alla stampa che l’ha
divulgata, la depressione, la psicosi, gli attacchi di panico, gli stati d’ansia,
la patologia borderline … che è come fare un’insalata con tutto ciò che trovi
in frigo.
Avvalendosi della collaborazione
di Ignazio Larussa, avvocato e
parlamentare, Corona ha chiesto a Napolitano
la grazia parziale (un ulteriore sconto di pena, quanto basta per rientrare nei
limiti previsti dalla legge per usufruire delle pene alternative al carcere o
degli arresti domiciliari), ma il testo
della richiesta di grazia viene venduto al settimanale Oggi per 10.000 euro,
come anche i dettagli più scabrosi e personali della storia oggi conclusa con Nina Moric erano finiti sui rotocalchi
… del maiale non si butta via niente.
Hastag, dibattiti televisivi,
colonne di giornali, dedicate a Fabrizio Corona vittima del soffocamento della
libertà di espressione, estorsioni e ricatti presentati come inappuntabili
servizi giornalistici, disinformazione diffusa dove non si capisce più nemmeno
perché stiamo parlando di questa cosa e perché ci stiamo interessando a questo
individuo.
In realtà Fabrizio Corona: “è
stato oggetto di numerosi procedimenti penali: dal 2002 al 2014 è stato
condannato in via definitiva (ovvero passata in giudicato) per aggressione a
pubblico ufficiale, estorsione e tentata estorsione, estorsione aggravata e
trattamento illecito di dati personali, detenzione e spendita di banconote
false e detenzione e ricettazione di una pistola, violazione di domicilio,
appropriazione indebita, falso, corruzione, bancarotta fraudolenta ed evasione
fiscale. Ha peraltro ancora dei procedimenti in corso per diffamazione, truffa,
oltraggio a magistrato e falsa testimonianza, violazione di misure cautelari e
detenzione d'arma”. (Fonte: wikipedia).
Corona, se proprio volessimo
usare un termine tratto da un manuale di psicopatologia, potrebbe essere più
correttamente definito un “disturbo antisociale di personalità",
un tipo che ha una concezione strumentale dei rapporti umani: usare gli altri
ed essere usati, fregare per non essere fregati, che non ha il benché minimo
senso etico, non conosce il senso di colpa, non è capace di provare empatia o
di mettere a fuoco i propri sentimenti, che non si fa alcuno scrupolo e che
rispetta solo la forza, l’autorità e il potere.
È uno che non ha avuto remore ad
intrufolarsi nella casa della signora Concetta
Serrano, (mamma di Sarah Scazzi,
la ragazza uccisa ad Avetrana), perché stava cercando delle foto scottanti o
compromettenti della ragazza morta, da dare in pasto alla stampa scandalistica,
quella che gode nel rimestare nella melma, di cui qualcuno degli “amici” della
ragazza gli aveva ventilato l’esistenza.
È uno che se n’è sempre fregato
di rispettare le precedenti restrizioni a cui era sottoposto, che ha continuato,
finché non l’hanno fermato, a commettere altri reati e ad infrangere la legge
per coprire le precedenti infrazioni, che se lasciato libero o in semilibertà
ricomincerà a fare esattamente ciò che ha fatto finora e ciò che faceva prima,
con in più la soddisfazione di aver fregato ancora una volta tutti quanti.
Uno per cui non basterà la
palestra della comunità di don Mazzi
perché se ne faccia un cittadino modello, come garantisce lo stesso prete (non
ho capito chi garantisce per don Mazzi, però, o lui pensa che gli basta una
tonaca a garantire per lui o la fama di prete impegnato nel sociale?), che ha
già sulle sue spalle l’abilitazione di Lele
Mora con cui l’unico risultato terapeutico finora apprezzabile è quello di
aver perso qualche chilo.