“ … la ferocia dell’uomo nei confronti del suo simile supera
tutto ciò che possono fare gli animali, e che di fronte alla minaccia che essa
scaglia sulla natura intera persino gli animali recedono inorriditi”. (Jacques
Lacan, Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia,
in Scritti, vol. 1, p. 141).
Il bambino abusato è spesso un bambino poco sorvegliato,
solo, in alcuni casi non desiderato e persino superfluo: nato in un determinato
contesto, già strumentale in quell’ambito, funzionale a mantenere il legame, quando
questo contesto muta, il bambino diventa un peso, ed è in quel momento che può
diventare il “fiero pasto” del pedofilo, con la complicità dei genitori o con
la loro incuria.
La famiglia del bambino abusato è, in genere, una famiglia
disorganizzata, talvolta costituita da un solo genitore (quando ci sono
entrambi i genitori il padre è abitualmente assente, inconsistente, il che è
peggio di quando è un pessimo esempio), in genere la madre, che nutre e cura
fisicamente i suoi figli, non riesce ad essere loro vicina emotivamente, non ne
comprende le esigenze affettive e ciò fa in modo che questi bambini, trascurati
per molto del loro tempo e affamati d’affetto, possono essere attratti dalle
attenzioni del pedofilo.
È necessaria una svalutazione di sé molto profonda e una altrettanto
intensa devastazione interiore per non riuscire ad essere presente col proprio
figlio, per non accorgersi del grande disagio (un bambino non riesce a
nascondere un evento così grande, magari non trova le parole o le lacrime, ma
il dolore è li se riesci a vederlo, se lo vuoi vedere), è necessario un naufragio
totale della tua esistenza per giocare la vita e il benessere di tuo figlio sul
tavolo delle contrattazioni dei rapporti umani.
Il pedofilo è un tizio mai cresciuto, convinto di essere un
bambino cerca rapporti con gli altri bambini, ma essendo anche fisicamente
adulto impone i codici della sessualità genitale al mondo del bambino, che ne è
ancora estraneo.
Come se questo non bastasse, il pedofilo non è soltanto uno
che voglia avere un rapporto sessuale con un bambino, ma anche uno dotato di
una ferocia e di un sadismo estremi, il limite fra approfittare sessualmente e
infliggere dolore, umiliazione e sofferenza è molto labile, anche il pedofilo in
apparenza più candido e gentile può arrivare a seviziare e perfino ad uccidere
un bambino qualora si trattasse di scegliere fra salvare la sua immagine, la
sua libertà, il suo “buon nome” e la vita stessa del bambino.
Un pedofilo è spesso un tale che a sua volta è stato abusato,
fisicamente e/o psicologicamente, uno che fa confusione fra sessualità adulta e
sessualità infantile, uno che può confondere il proprio stesso sangue (essere,
dunque, anche incestuoso) e quello altrui, oppure uno che è vissuto in una
famiglia disgregata, esattamente come le sue piccole vittime, per questo
inizialmente si pone come elemento riparatore per la solitudine e la sofferenza
del bambino.
È un disagio talmente grave e profondo che i clinici danno
poche speranze terapeutiche, la pedofilia è totalmente egosintonica, non viene
percepita come un problema interno, etico, non crea sensi di colpa, spesso è
condivisa da altri sodali con cui ci si incontra e ci si rinforza a vicenda,
vengono creati gruppi di scambio di immagini pedopornografiche o di racconto
delle proprie orride imprese.
L’unica cosa che si teme è quella di perdere la “maschera”,
un pedofilo è spesso inserito in ambienti che gli danno una reputazione
inattaccabile e lo mettono in contatto con le sue possibili prede: può essere
un insegnante, un preparatore atletico, un prete … uno di cui non ci si
meraviglia se ha dei rapporti o delle attenzioni per i bambini.
Potrebbe anche mostrarsi, per una donna sola, separata, con
figli piccoli e lontana dalla famiglia d’origine e con poche amicizie vere,
come una specie di principe azzurro innamorato di te e a cui piacciono i tuoi
bambini; lentamente pur di non perderlo una donna scellerata può accettare di
dargli in pasto i propri figli, di chiudere un occhio o addirittura di
costringerli.
Il pedofilo non cambia, non facilmente, alcuni colleghi che
ci hanno a che fare, disperati, dicono di rinchiuderli e di buttare via la
chiave, la stessa disperazione unita all’impotenza porta a pensare a soluzioni
estreme, alla castrazione chimica (qualche sadico anche a quella fisica).
L’unica cosa che li può smuovere a un ravvedimento di
facciata è la paura della punizione, della ritorsione (avete presente qual è la
sorte di un pedofilo quando entra in un carcere?), o di perdere la libertà, ma
non è il caso di fidarsi di questi cambiamenti repentini e, a meno di un
miracolo in stile Lourdes, è bene diffidare anche dei cambiamenti più lenti,
non è necessariamente vero che l’età avanzata e la prolungata carcerazione
(magari corredata dalla “buona condotta”) restituiscano sempre un soggetto
nuovo.
RITRATTO DI UN PEDOFILO
“Lo scongiuro della morte appare allora come il vero
significato dell’operazione seduttiva e dell’incubo fallico della prestazione.
[Da qui in poi è una lunga nota al testo].
Il riferimento al nostro ex premier si impone. Non si può
intendere davvero il rituale divenuto celebre come ‘bunga bunga’ se non lo si
mette in rapporto al sacrario monumentale che Silvio Berlusconi ha edificato
nella sua villa di Arcore per ottenere un posto nell’eternità e che sembra
mostri, con un certo orgoglio, ai suoi ospiti. È quello, in effetti, lo sforzo
supremo per consegnare la sua immagine all’eternità, sottraendo la sua potenza
fallica ai tarli del tempo. Una specie di viagra
di marmo che dovrebbe permettere all’uomo, mortale come tutti, di erigersi
come un fallo gigante al di là della corruzione del tempo. La tragica (e
farsesca) verità del ‘bunga bunga’ è tutta in questo esorcismo affannato dallo
spettro della morte, nel rifiuto del tempo che passa, nell’ostinato
attaccamento a una immagine di sé che non è quella di un uomo anziano, minato
dal passare irreversibile del tempo, ma di un giovanotto in perenne calore. È
la grande lezione della clinica psicoanalitica della perversione: il vero luogo
del ‘bunga bunga’ non è il lettone di Putin, ma il sacrario, il mausoleo
cimiteriale dove viene preparato illusoriamente un posto nell’eternità. Nessun
eroismo, nessuna arte della seduzione, nessuna passione. Nel sesso il nostro ex
premier cerca piuttosto la prova della
sua esistenza. La prestanza fallica del proprio corpo è il suo vero e unico
tarlo. La sua vita è totalmente catturata dallo specchio. Tutto è concentrato
sul proprio Io. Come potrebbe dedicarsi, se non a tempo perso, ad altro … ? Meglio
far ‘girare la patonza’, l’amuleto, il feticcio che lo protegge dalla morte
assicurandogli di essere ancora vivo. Il suo ‘amore per le donne’ nasconde
questo uso solo psicofarmacologico e non
erotico dei corpi femminili. Si tratta di una schiavitù che costituisce un
potente rimedio nei confronti della sua angoscia di morte e che per tale
ragione – come avviene frequentemente in questi casi clinici – gli fa perdere
la testa esponendolo ai comportamenti più autolesivi, rendendolo, per esempio,
vittima di ricattatori senza scrupoli. La moltiplicazione affannosa dei corpi,
la ricerca incestuosa (‘Ho due bambine …’) e vampiresca della loro giovinezza (‘Ventinove
anni è già vecchietta’), la verifica ossessionata della propria resistenza
fallica (‘Me ne sono fatte otto’), l’esibizione continua della propria immagine
di uomo di successo celebrato dai sondaggi, mostrano come il godimento perverso
di Silvio Berlusconi non dia in realtà alcuna soddisfazione, ma esiga, come un
vero e proprio tiranno, unicamente la sua ripetizione compulsiva. Siamo stati
del resto avvertiti da chi lo conosceva bene: il solo interesse del ‘drago’ è
quello di ricercare nelle sue ‘vergini’ la linfa impossibile dell’immortalità
[Parole come “drago” e “vergini” fanno riferimento alla seconda lettera che
Veronica Lario, ex moglie di Berlusconi, inviò a Repubblica per annunciare il
suo divorzio dal marito e di cui vi aggiungo uno stralcio dove affronta il problema
in questione: “Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni. Chiudo
il sipario sulla mia vita coniugale. Io e i miei figli siamo vittime e non
complici di questa situazione. Dobbiamo subirla, e ci fa soffrire…Non posso più
andare a braccetto con questo spettacolo. Qualcuno ha scritto che tutto questo
è a sostegno del divertimento dell’imperatore. Condivido. Quello che emerge dai
giornali è un ciarpame senza pudore. E tutto in nome del potere … Figure di
vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo e la notorietà…e per
una strana alchimia, il paese tutto concede e tutto giustifica al suo
imperatore. Ho cercato di aiutarlo…ho implorato le persone che gli stanno
vicino di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene.
E’ stato tutto inutile. Credevo avessero capito…mi sono sbagliata. Adesso dico
basta”].
Dobbiamo vedere tutta l’angoscia (e la sua negazione) che
trasuda da questo corpo anziano impegnato in un forcing disperato e senza alcuna possibilità di riuscita. In esso
il desiderio di niente come desiderio dell’Altro raggiunge il suo apice
perverso: l’esercizio di una padronanza di godimento che si vorrebbe sottrarre
all’incidenza fatale del tempo, l’affermazione del corpo sessuale che si
vorrebbe realizzare come monumento, come statua in grado di risparmiare il
feticcio fallico della detumescenza impietosa imposta dalla morte.
(Massimo Recalcati, I ritratti del desiderio, Raffaello Cortina,
Milano, 2012, p. 86-88, € 14).