"Non solo le
rimostranze più innocenti,
che un calcio nel
costato capovolge,
non soltanto le
grida, che fanno sdraiare sulle piazze,
non soltanto gli
insospettabili entusiasmi.
Più è forte, e più
pesa
il silenzio che
segue,
il silenzio delle
strade ostinate, delle finestre chiuse,
il silenzio dei
ragazzi davanti al primo ucciso,
il silenzio di fronte
all’improvvisa infamia,
il silenzio del
bosco,
il silenzio del
cavallo accanto al fiume,
il silenzio tra due
bocche che non possono baciarsi,
e quella “quiete
istantanea”,
che si prolunga e
s’ingigantisce
nei cuori, nei
secoli,
il silenzio, che
decide
che cosa deve
perdersi o restare."
(Viron Leondaris, Il silenzio
che segue)
Ore 14.48 di giovedì 18
settembre, in Scozia si vota per il referendum pro o contro la secessione dall’Inghilterra,
Angelo Ciocca consigliere regionale
lombardo della Lega Nord twitta
- “Lega Nord sarà ad Amburgo a
sostegno di ideali scozzesi”.
Uno legge e si chiede: “Perché ad
Amburgo?”.
Ore 15.11 di giovedì 18 settembre,
è sempre in corso la consultazione referendaria scozzese, Angelo Ciocca
precisa:
-“Lega Nord sarà a Strasburgo a
sostegno di ideali scozzesi”. Ah, ecco, avevo capito male, non ad Amburgo, ma a
Strasburgo, meno male che non avevo ancora fatto i biglietti.
Ore 15.52 di giovedì 18
settembre, la votazione in Scozia prosegue, Angelo Ciocca ribatte a coppe:
- “Lega Nord sarà ad Edimburgo a
sostegno di ideali scozzesi”.
Mentre nel frattempo la
delegazione che doveva rappresentare la Lega Nord per dare sostegno alla
secessione scozzese, con elmi cornuti, bandiere verdi col “sole delle Alpi” che assomiglia
pericolosamente alle foglie di marjuana e la Croce di Sant’Andrea, che è la
bandiera scozzese e che assomiglia al segnale del passaggio a livello, con lo
scudo e la spada di cartone di Alberto da
Giussano, con luganeghe, funghi e polenta della Val Brembana per merenda e col
fuoristrada chiamato “carroccio”, in parte si trovano sulla piazza di Amburgo
sotto il Rathaus a protestare, in
parte sono a Strasburgo al Palais de
l'Europe, dove incontrano uno scozzese che somiglia tanto (è tale e quale)
a Borghezio ma senza il kilt, e in parte è a Cheeseburgo, perché a pranzo si
erano tenuti leggeri e gli era venuta una certa fame. Per fortuna che nessuno
ha pensato di andare a Pietroburgo, con i moon boot, il colbacco e il cappotto
di pelliccia e la slitta trainata da renne (presa in prestito da Babbo Natale)
chiamata “carroccio”, che allo smontare del treno in stazione dovevano sembrare
Totò e Peppino a Milano.
“I just can't listen to any more Wagner, you
know...I'm starting to get the urge to conquer Poland.” “Io non posso ascoltare
troppo Wagner, lo sai … già sento l’impulso di invadere la Polonia” dice Woody Allen a Diane Keaton in Misterioso
omicidio a Manhatthan del 1993).
Cosa c’è nella musica di Richard Wagner che possa invogliare all’invasione
del Baltico? O meglio, perché ogni dittatore europeo si senta quasi in dovere,
una volta raggiunto il potere assoluto, di invadere la Polonia (con o senza la
musica di Wagner)? Così fecero Napoleone,
Hitler e Stalin, mentre Mussolini
ripiegò sulla più vicina Grecia (ricordate il monito: “Spezzeremo le reni alla
Grecia!”) perché era più vicina e c’era un volo low cost tutto compreso da non perdere assolutamente.
Di recente Vladimir Putin, un ducetto che in quest’ultimo periodo sta facendo
molto clamore, sembra abbia minacciato (secondo la Sueddeustche Zeitung che cita fonti diplomatiche Ue) il leader ucraino
Petro Poroshenko dicendogli: "Se
volessi le truppe russe potrebbero essere in due giorni a Riga, Vilnius,
Tallinn e Varsavia o Bucarest".
In Italia Putin piace molto a Silvio Berlusconi, di cui pare sia
molto amico e che basterebbe una sua parolina in privato per risolvere la
questione fra Ucraina, Russia, Unione Europea e Stati Uniti, anch’egli un
ducetto mica da poco; ma Silvio più che invadere la Polonia preferirebbe
invadere le polacche … solo che prima deve finire tutto l’omogeneizzato Mellin
al pollo e tutta la pera cotta.
Altro simpatizzante di Putin è la
Lega Nord, ma in tal caso la Polonia può stare tranquilla … se ci hanno messo
più di un’ora per capire che la capitale della Scozia era Edinburgo, potrebbero
impiegare degli anni per capire dove
diavolo si trova la Polonia, se sia il caso di dirigere le truppe (il carroccio
con Alberto da Giussano) a Breslavia o a Varsavia.
Ero invitato ad una festa privata
sabato sera, “Non puoi mancare” mi disse un mio caro amico “c’è tutta la gente
che conta!” … peccato che io non so contare … non ci sono andato, ho preferito
vedere in tv il film di Ettore Scola
Una giornata particolare su Rai3 con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, l’avevo visto molti anni fa ma non me lo
ricordavo così bello.
Non se ne fanno più film così,
fatto con poco, un grande caseggiato degli anni del fascismo, qualche comparsa,
qualche attore mediocre, filmati dell’Istituto Luce per introdurre il momento
storico “particolare”, una terrazza, qualche panno steso, un “finto” Sironi appeso
al muro e che poi viene impacchettato con dei fogli di giornale quando due
guardie vengono a prendere il suo proprietario per accompagnarlo al confino
con l’accusa di “degenerazione” e di “delitti contro la razza”.
E poi alcune ombre in movimento
che somigliano alle sagome di aerei e il rombo dei motori evocano i Savoia
Marchetti 79 Sparviero che stavano sfilando
sui cieli di Roma per salutare il Fuhrer e i “fratelli germanici”, ma
soprattutto a fare grande il film è un grande regista e due grandi attori, che
si cimentano in una interpretazione molto distante dai loro ruoli consueti e
dall’immagine creata intorno a loro che è stata il marchio del loro successo.
La Loren, considerata una delle
donne più belle e più sexy del pianeta, che era già una diva di livello
internazionale, si mostra al pubblico per la prima volta come una casalinga,
sciatta, poco curata, con un ampio vestito sudicio che mortifica il suo
splendido fisico, con le calze smagliate e sporche, con le ciabatte bucate
sulla punta dell’alluce, i capelli spettinati, il suo trucco era stato
appositamente studiato da Francesco
Freda perché ci apparisse sullo schermo una donna che un tempo era stata
molto bella e adesso la sua bellezza era appassita, sciupata e mortificata da
una vita familiare altrettanto sciatta e da un regime che considera le donne
soltanto come fattrici e vacche da mungere.
Marcello Mastroianni, che faceva
sciogliere le donne in ogni luogo fosse giunta la sua fama, il suo successo, i
suoi film, che era l’emblema stesso del maschio italico, del latin lover,
motivo unico per cui tante donne americane venivano in vacanza in Italia, solo
per trovare il loro Marcello personale, riveste per la prima volta in vita sua
i panni di un omosessuale, uno che odi solo perché si trova fra le braccia la
Sophia Loren e si dimostra freddo come il marmo, uno che invidi perché … se
fosse capitato a me, uno che si trova ad essere attratto da persone del suo
stesso sesso quando l’ideale di uomo del regime fascista era il toro da monta
che produceva figli da mandare al macello per alimentare le manie di grandezza
di una italietta con un enorme complesso di inferiorità di dimensioni europee
prima e subito dopo mondiali.
Registi, attori, sceneggiatori,
scrittori, poeti, letterati, tornate all’impegno civile, c’è una marea montante
di fanatismo e di imbecillità che schiuma da tutte le parti, c’è addirittura la
fabbrica dell’imbecille italico come ai tempi che precedettero e seguirono il
regime fascista, smettetela di apparire solo quando dovete pubblicizzare un
vostro libro o un vostro film, andate nei talk show a combattere questo ritorno
alla barbarie.
Esistono politici impresentabili,
partiti politici irricevibili, pseudo-letterati che sono soltanto fenomeni
mediatici e che si scioglieranno come bolle di sapone, tuttologi che non sanno
nulla, critici d’arte senza alcuna sensibilità artistica, giornalisti che non
sanno fare informazione, insegnanti che invece di aprire la mente dei loro
allievi la chiudono, artisti che rincorrono soltanto una illusoria originalità
perdendo la sensibilità al bello, blogghers di successo che producono
giornalmente il loro uovo d’oro, che amano circondarsi di oche osannanti e che
disdegnano ogni dialogo e ogni tipo di contraddizione come fosse un attentato
di lesa maiestatis e maniche di imbecilli che si appigliano a qualsiasi idea
che ritengono forte, a qualsiasi cosa che urlando cerca di imporsi, incapaci
anche solo di capire che ciò che urla e ciò che cerca di imporsi con la forza
non è forte, è debole.
Bisogna farsi sentire, senza
urlare, ma in maniera forte e decisa, contro questa nuova ondata di barbarie,
contro questo rigurgito di fascismo, di autoritarismo, di maschilismo, di
paternalismo, contro chi parla di guerre giuste, di bombardamenti sacrosanti,
di esportazioni di democrazia, di combattere i fanatismi altrui con altrettanto
fanatismo, l’arroganza altrui con altrettanta o superiore arroganza, la
violenza altrui con altrettanta o superiore violenza (o pensate che gli
americani o gli israeliani nei loro bombardamenti in Afghanistan, in Iraq, in
Palestina, e altrove abbiano lanciato coriandoli o petali di riso, quando vi
scagliate a testa bassa contro gli omicidi efferati di Al-Kaeda e dell’Isis?).
Hai ragione, pesa di più il silenzio, non solo quello degli intellettuali ma anche il nostro. Un silenzio imposto dalla stanchezza, dalla demoralizzante consapevolezza dell'impotenza del discorso. Vox clamantis in deserto si spegne e se il deserto è affollato di silenzio si spegne prima.
RispondiEliminaDove sono gli intellettuali? In molti se lo sono chiesto, in molti se lo chiedono e io mi chiedo se è più il tempo degli intellettuali. Da decenni è ormai cominciato il tempo fluido del disimpegno. I sistemi sono crollati, molti hanno mostrato il loro inganno, altri la loro fragilità. La fiducia e la credibilità sono sempre meno legate alla figura autorevole perché il principio di auctoritas non ha saputo fare i conti con il tempo del disinganno e con il discorso democratico, lasciando il terreno a paflagoni e salsicciai come del resto è sempre accaduto nella storia, almeno da 2500 anni. Adesso usano il web anziché la piazza ma gli argomenti del confronto non cambiano!
Il cosiddetto intellettuale organico è una sorta di animale mitologico e poi quell'organico è diventato giustamente sospetto perché spesso organico ha significato organico al potere più che a una visione culturale. Di bambini che dicono "il re è nudo" - questa per me è l'icastica immagine dell'intellettuale - ce ne sono ancora ma la risposta non è più di stupore e sdegno ma "sì, lo sappiamo ma cosa ti aspettavi?", il re deve essere vestito altrimenti chi lo ha sostenuto dovrebbe mettere in discussione la propria autostima. La repubblica di Platone retta da filosofi ha mostrato le sue crepe ancora prima di costituirsi.
Un saluto e a presto
Antonio
Quando io penso ad un intellettuale non penso a niente di “organico”, al funzionario di un’idea (o di una ideologia), al partigiano di un interesse (per quanto sacrosanto possa sembrare), al sommo sacerdote di una “verità” o, al più banale e diffuso, individuo che ricerca gratificazioni narcisistiche attraverso una sorta di arrampicamento sul bordo del dire al popolo ciò che vuole sentirsi dire (cioè gratificare anche il loro narcisismo, identificare il tuo narcisismo al loro in un indistinto “noi” in cui però tu sei il vertice di questo noi) e blandirlo con delle “verità” che il popolo non riesce nemmeno a pensare, farlo cibare di qualcosa che il popolo non riuscirebbe mai a produrre da solo ma che, avendone accesso per tuo tramite, si sentirà più forte, più giusto, magari il “popolo eletto” (se suggerisci che è direttamente dio a parlare per tuo tramite e che le verità che trasmetti loro sono divine, e che dio le rivela a loro perché li ritiene i più degni).
RispondiEliminaE’ facilmente osservabile che le verità che sembrano derivare da dio si approssimano al miracoloso, all’incredibile, al dogmatico, al fantastico, perché più è paradossale la verità e più sembra verità; mentre le verità di derivazione umana, per quanto prodotta da esseri umani straordinari ed eccezionali, vira spesso verso il cinismo, perché tutti gli asserti che derivano da un’interpretazione della realtà non soltanto attraverso l’intelligenza e l’intelletto, ma anche attraverso la sensibilità sembrano banali e spesso si situano nella vasta gamma di gradazione di colori, senza prendere nettamente posizione per il bianco o per il nero, che danno l’illusione di avere delle certezze e delle sicurezze, mentre il cinismo sembra una visione della realtà meno ingenua e più accorta, sicuramente più amata da un popolo di furbi.
Un intellettuale, per come lo vedo io, dovrebbe essere libero da ogni interesse parziale, da ogni appartenenza, dallo stesso riconoscimento di sé come intellettuale e come auctoritas (Socrate non aveva titoli, non dipendeva da una istituzione, la mattina si svegliava, si recava al foro o al Pireo e li diceva ciò che voleva dire a chiunque lo volesse ascoltare) ma, soprattutto, dovrebbe essere libero dalle proprie verità, quelle che tendono a cristallizzarsi, a solidificarsi, a oggettivarsi, ad esulare dalla propria esperienza momentanea per diventare delle verità assolute che a loro volta (se si dovessero affermare o se dovessero essere funzionali a qualche potere) anticiperanno, giudicheranno, incanaleranno la vita di molti individui, che vengono così deprivati del diritto a ricercare e ad esprimere la loro verità e saranno costretti all’anonimato e alla massificazione (pensa alla concezione dell’individuo che hanno i grandi poteri assolutistici come quello della chiesa, del fascismo, del nazismo o del comunismo).
Un intellettuale è colui che tiene vivo un dibattito millenario con la propria cultura, il tedoforo che accende e trasporta per il tratto della sua breve vita la fiaccola olimpica del sapere, che è interrogazione sul senso della vita, palestra del fare, che attinge a chiunque prima di lui abbia aggiunto un tassello a questo sapere a partire da Omero ed Esiodo fino ai nostri giorni.
(segue)
Certo, mi rendo conto di quanto sia difficile oggi distinguere un intellettuale vero da uno pseudo intellettuale, perché oggi tutto converge nell’alimentare l’equivoco e perché non esistono più criteri diffusi, come nella Grecia antica, per individuare un filosofo da un sofista, un sapiente da un demagogo; nella nostra cultura potrebbe anche capitare che le due anime convivano nella stessa persona (e sto pensando a Martin Heidegger, fine e intelligente pensatore che attinge alla più autentica vena della grecità e che, nello stesso tempo, si fa funzionario del regime nazista).
RispondiEliminaL’esempio più chiaro ed eclatante abbastanza vicino a noi, ma non abbastanza da impedirci di guardarlo con un certo distacco, è costituito dal trio Marx, Nietzsche e Freud; ciascuno di loro ha portato uno sconvolgimento inaudito nella propria disciplina e ha contribuito in maniera incalcolabile alla cultura dell’Occidente … ciascuno di loro però è stato utilizzato come pensatore autorevole per creare ancora una volta delle “verità” che esulano e che travolgono il soggetto depersonalizzandolo, rendendolo anonimo e massificandolo.
Platone, molto probabilmente, ha tentato di fare la stessa cosa col pensiero di Socrate, è strano che un tizio che “sapeva di non sapere” poi, all’improvviso, caldeggi il raggiungimento del “sommo bene”, o che un tizio che asserisce che quanto di meglio sa sull’amore gli giunge da Diotima (una donna), poi salga in cattedra a spiegare l’amore a uomini e donne.
Un abbraccio