sabato 21 gennaio 2017

SENZA MEMORIA E SENZA DESIDERIO 5



Gala Dalì

Salvador Dali, Study for The Image Disappears, 1938

Salvador Dalì, Gradiva

Brassaï, La toilette


" Qui alla frontiera cadono le foglie,
e benché i vicini siano tutti barbari e
tu, tu sia a mille miglia di distanza,
sul tavolo ci sono sempre due tazze."
(Anonimo, Dinastia Tang  618-906).




Salvador Dalì, Il picnic, 1921


Brassaï, Salvador e Gale Dalì
Gala Dalì


Kiki de Mountparnasse non era, comunque, l’unica donna che poteva vantare di possedere un bel culo, non c’era una sola delle donne famose, delle regine dello spettacolo, che non possedesse un fondoschiena superbo, erano tempi quelli che se non eri formosa non potevi aspirare a diventare famosa, sembrava che a Parigi dall’inizio degli anni 30 fino all’immediato dopoguerra si fossero date convegno tutte le più belle donne del mondo … e tutte con un culo delizioso.
Attrici, cantanti, ballerine, femmes fatales, arrampicatrici sociali, spie, avventuriere, nobili decadute, intriganti, tutte quelle donne che aspiravano a riscuotere successo e riconoscimento inevitabilmente finivano per passare da Parigi; solo questa città, infatti, poteva consacrare la loro carriera, dar carne, fuoco, aria e sostanza alle loro aspirazioni.
A volte Parigi concedeva anche un successo effimero, seguito dal benessere economico, raramente decretava la tua fama imperitura e l’autentica ricchezza, mai però succedeva che ti regalasse la felicità, che forse era l’aspirazione più autentica di tutte queste donne che, smarrite, credevano che alla felicità si dovesse accedere per le porte della fama e della ricchezza o che bastasse essere ricche e famose per essere anche felici.
Parigi stritolava le tue aspirazioni e le tue ambizioni nel giro di pochissimi anni oppure, sadicamente, ti lasciava rosolare per l’intero arco della tua vita nel loro anelito, senza mai farti raggiungere l’oggetto dei tuoi desideri o, peggio, ti lasciava arrivare sull’orlo del tuo desiderio per scoprirti ben presto vuota e disperata.
Ma furono molte di più le donne dalle belle forme che non ebbero alcuna fama, non godettero di alcuna notorietà e la cui esistenza non è mai stata trasmessa ai posteri al punto che noi di loro non sappiamo nulla, ma ne intuiamo il passaggio su questa terra e la dimora alla  ville lumière seguendo una semplice logica deduttiva oppure guardando le innumerevoli immagini di gente e di vita quotidiana che fotografi come Brassai, Man RayLartigue, Doisneau, Cartier-Bresson ed altri ci hanno consegnato.
Stranamente di tutte queste donne, delle loro vite, dei loro desideri non conosciamo quasi nulla, nella stragrande maggioranza e dove si sono conservate possiamo al massimo accedere ad alcuni dati anagrafici, alla burocrazia di ciò che fu la loro esistenza (nata a … da … e da … residente a … nubile o coniugata con … madre di … morta a … sepolta in …), quasi mai solleviamo il velo su come vissero, su ciò che pensavano, su quali sogni avessero.
Mentre sulle vamp periodicamente assistiamo a riscoperte, rivelazioni, dispute fra storici dei costumi, pubblicazione di nuovi articoli e di nuovi saggi, mostre delle loro produzioni, dei loro costumi quotidiani e di scena, interpretazioni del loro diario segreto recentemente ritrovato, mostre fotografiche … un modo diverso per dimenticare anche loro, trasfigurandole e consegnandole alla moda e ai gusti del momento.









Ma sebbene obliate tutte queste donne, qualcosa di loro sopravvive nella loro discendenza, perché se una donna possedeva un bel culo, è molto probabile che abbia trasmesso questa sua caratteristica a qualcuna delle sue figlie e, in tal caso, guardando le parigine di oggi possiamo risalire, e ringraziare, le loro madri e le loro progenitrici.
Pensateci, curve, sporgenze, onde, clivi e declivi che raggrinziscono e incartapecoriscono nella madre che invecchia e si ripropongono, sorgono e sbocciano nella figlia al suo fiorire; idee platoniche, modelli, codici, archetipi, morfologie, euristiche e algoritmi che si ripropongono forse dall’origine dei tempi, dagli atomi del carbonio alle proteine, dai cristalli di sale o di neve alle molecole poliatomiche degli idrocarburi, dagli organismi unicellulari a quelli multicellulari, dalla materia inerte alla vita pulsante, rutilante e respirante.
Certo, non è così semplice, la vita sedentaria e una dieta ricca di grassi della donna moderna stanno facendo completamente sparire questo prezioso ornamento femminile, osserviamo sempre più spesso culi atrofici perché i glutei non vengono correttamente sollecitati da lunghe passeggiate, dall’uso di una bicicletta e da attività fisiche che la donna oggi ha praticamente dimenticato, mentre sempre più in giovane età le donne sono aggredite da cuscinetti di cellulite.
Un’altra sciagura, forse persino peggiore del gluteo atrofizzato e da masse di cellulite, è il culo “palestrato”, un culo scolpito da esercizi sbagliati, da sforzi eccessivi e improvvisi che danno una tonicità e un turgore innaturali ai muscoli, che ha ormai perso ogni grazia, ogni poesia e ogni attrattiva.
Ma, nonostante questo, la trasmissione genetica dei caratteri estetici resiste strenuamente alle pessime diete e alle poltrone impiegatizie, del resto la genetica non è acqua, un carattere appare e si consolida nell’arco di milioni di anni, non possiamo pensare che evapori nel giro di poche generazioni per colpa del progresso.
Il culo appare nel genere uomo circa due milioni di anni fa, le scimmie, che hanno con noi progenitori comuni, non lo possiedono, nel senso che non possiedono nulla che possa essere paragonato ad una sporgenza posteriore all’altezza del bacino costituita da due poderosi muscoli gemelli, i glutei, e da una massa adiposa più o meno pronunciata in base al fatto che l’individuo sia maschio o femmina.
È in concomitanza con la stazione eretta che si manifesta, l’ominide che adesso vive nella savana e non si arrampica più fra gli alberi della foresta, ha perso i piedi prensili, le gambe gli si sono allungate e necessita di una muscolatura più imponente per permettergli una rapida fuga o un rapido attacco; l’esplorazione del mondo che lo circonda non è più affidata prevalentemente agli odori, ma alla vista e alla vista è pure affidata l’attrazione fra i sessi.










Mentre il maschio colpisce la femmina per l’imponenza della sua figura, per l’ampio torace, per le poderose braccia e per le sue manifestazioni di forza che promettono sia il miglior candidato per nutrire e difendere la femmina e i piccoli, la femmina colpisce per le sue curve: il culo per la mera attrattiva sessuale, visto che l’accoppiamento avveniva ancora prevalentemente da dietro, more ferarum, il seno e la pancia che erano indici, invece, di fertilità e di benessere della femmina.
A volte è utile fermarsi a riflettere e lasciarsi stupire dall’opera della natura, quasi in contemporanea, circa due milioni di anni fa, avviene lo sviluppo parallelo di due organi che saranno importantissimi persino nell’odierno homo sapiens sapiens dei nostri giorni; da un lato la stazione eretta, iniziata già nell’australopiteco e consolidata stabilmente dall’homo erectus, sviluppa un vistoso fondoschiena nella specie umana, dall’altro, in contemporanea, comincia ad ingrandirsi la scatola cranica e con essa i centimetri cubici di materia grigia.
Il culo diviso in due natiche gemelle e parallele suddivise da una scissura interna e l’encefalo costituito da due emisferi simmetrici suddivisi da un solco mediano, entrambi questi organi appaiono timidamente all’inizio, ma cresceranno a dismisura nel dispiegarsi dell’evoluzione umana, fino a triplicare il loro volume.
Lucy, scoperto in Etiopia, era un esemplare di australopiteco femmina adulto risalente presumibilmente a tre milioni o tre milioni e mezzo di anni fa, alta circa un metro e dieci, col sedere che presumibilmente doveva assomigliare ad una noce di cocco aperta in due e una capacità cranica che non superava i 500 cm³, mentre l’homo erectus, risalente a circa due milioni di anni fa, era alto fra un metro e sessanta e un metro e settanta, il culo doveva avere circa le stesse dimensioni del nostro, solo molto più tonico visto che l’homo erectus non era stanziale ma viveva di caccia, pesca e raccolta, e la capacità cranica che andava dagli 800 ai 1000 cm³, cioè circa il 75% della capacità complessiva dell’uomo attuale.
Lo sviluppo parallelo di questi due organi nel genere umano dovrebbe farci riflettere di più e meglio su questa concomitanza, ma purtroppo è accaduto che la stragrande maggioranza degli scienziati darwiniani abbia posto l’accento quasi esclusivamente sullo sviluppo dell’encefalo, glissando sullo sviluppo del culo, che pure è fondamentale, trattando questo evento con un certo imbarazzo o liquidandolo sbrigativamente come fonte su cui si addensa ( o si addensava) principalmente l’eccitamento sessuale del maschio.
Invece Darwin era stato molto più esplicito in proposito quando, pur rimanendo nella sua Inghilterra e senza bisogno di andare alle isole Galapagos, descrive come una specie di farfalla, la biston betularia, che viveva fra la corteccia delle betulle e i licheni, in pochi decenni aveva cambiato il colore delle sue ali da molto chiaro allo scuro quasi nero.










Era accaduto che in pochi decenni lo smog della città di Londra aveva annerito le cortecce delle betulle dove queste farfalle proliferavano, rendendo le farfalle chiare più visibili ai loro predatori naturali, e per questo erano state decimate, mentre alcune rarissime farfalle della stessa specie che, per una anomalia genetica nascevano grigio scure o nere, potevano adesso mimetizzarsi meglio e in poco tempo erano loro che si erano moltiplicate, trasmettendo il loro carattere ai loro discendenti.
Qualcuno ha decretato che il motore della selezione naturale in questo caso sia stato l’inquinamento industriale, ma è fuori strada, perché il mutamento dell’ambiente è soltanto uno dei poli che determinano l’evoluzione della vita sulla terra, l’altro è senza dubbio la capacità della natura di produrre mutamenti genetici casuali, di produrre diversità pur nell’ambito dell’uniformità di una specie, di spezzare la catena della sublime ricapitolazione dell’identico, perché è nella varietà che si danno più possibilità di riuscita.
Cosa fa si che improvvisamente una farfalla nera, che chiameremo Calimera, che normalmente sarebbe stata immediatamente individuata e predata dagli uccelli che si nutrono di farfalle, sopravviva contro ogni aspettativa, se non il culo di essere nata con una anomalia genetica, che solo qualche anno prima avrebbe decretato invece la sua morte.
E cosa fa si oggi che un individuo senza arte né parte, con un’intelligenza e dei talenti limitati, senza alcuna capacità nota, che non ha mai lavorato in vita sua, che non è neppure un po’ simpatico, o bello, o affascinante, come Matteo Salvini, riscuota il successo che sappiamo, che guadagni cifre che alcuni stimati professionisti più in gamba di lui stentano a raggiungere, che sia oggetto di interesse di alcune belle donne che normalmente non lo avrebbero degnato di uno sguardo, se non la botta di culo di essere nato nell’Italia ignorante e incolta che si affaccia nel terzo millennio, e non ad esempio, a ‘Ndalatando in Angola?
Non crediate, comunque, che Kiki de Mountparnasse fosse l’unica parigina ad avere un bel culo, era notevolmente dotata anche Elena Dmitrievna D’jakonova, più nota come Gala, prima in Éluard, poi in Dalí e a confermarcelo, oltre alle follie che i suoi mariti Paul Éluard e Salvador Dalì fecero per lei, oltre agli innumerevoli illustri artisti che la desiderarono, che la fotografarono, che le dedicarono versi, che la amarono come Max Ernst e tanti altri, rimangono a testimoniarcelo soprattutto i quadri di Dalì.
Provate ad osservare questa retrospettiva di dipinti per farvi un’idea: Retrato de Gala con dos chuletas de cordero en equilibrio sobre su hombro (1933); Sueño causado por el vuelo de una abeja alrededor de una granada un segundo antes de despertar y Galarina (1944); Mi esposa desnuda (1945); Leda atómica (1949); La Madonna de Port Lligat (1950); Galatea de las esferas (1952); Gala de espaldas mirando un espejo invisible (1960); Gala contemplando el Mediterráneo (1976); La mano de Dalí retirando un toisón de oro en forma de nube para mostrar a Gala la aurora completamente desnuda (1977).










Certo, direte voi, l’hombre enamorado dipinge su mujer col pennello del cuore e con gli occhi dell’amore, rendendola più bella di com’è, però Gala aveva davvero un bel fisico e tutte le immagini di lei da giovane ne sono testimonianza.
Per il resto bella non era, di viso intendo, aveva gli occhi troppo piccoli e troppo vicini, la fronte ampia come un edificio a più piani, la bocca sottile, il naso e il mento poi davano al suo viso un cipiglio mascolino che ben si accordava con l’arroganza che molti descrivono e con la tendenza al dominio sul maschio.
Era fatta così la donna, a molti non piaceva, ad André Breton ad esempio che non le risparmia battute al vetriolo e sarcasmo, o a  Luis Buñuel, grande amico di Dalì, che in un accesso d’ira voleva strangolarla; piaceva invece a due tipi di uomini, a quelli che avevano molto sviluppata la verve erotica, perché Gala era molto seducente, le piaceva molto far l’amore e stimolava l’uomo virile con modi accattivanti e piaceva anche all’uomo fragile, a quello che era in cerca della donna-madre, a colui che desiderava essere sottomesso.
Estremamente fragili erano i suoi due mariti, Éluard e Dalì, uomini entrambi poco virili ma desiderosi di essere guidati con mano ferma, desiderosi di dipendere da una virago, la differenza fra i due uomini, che spiega in parte il motivo per cui Gala lasciò il primo per fuggire col secondo, lasciandosi dietro senza rimpianto anche una figlia, Cecile, che non volle più rivedere nemmeno in punto di morte, come se non fosse figlia sua, come se tutta la sua vita prima di incontrare il pittore catalano non fosse stata altro che un immenso errore, sta nel fatto che il povero Éluard essendo un poeta era anche uno spiantato, conosceva tutti nell’ambiente artistico, tutti lo rispettavano, lo stimavano e lo frequentavano, ma non aveva la disponibilità economica che gran parte di loro possedevano, mentre Dalì era già un pittore affermato, ma essendo completamente disorganizzato, genio senza struttura, necessitava di un’amministrazione più oculata dei suoi talenti, di qualcuno che trasformasse la sua arte in impresa … come già faceva Picasso, in modo inimitabile.
È vero che Gala scrive nel suo diario: “la cosa essenziale è per me l’amore. È l’asse della mia vitalità e del mio cervello, la molla che mi slancia in avanti con elasticità e agilità […] in tutti i movimenti dei miei sensi” (La vita segreta. Diario inedito di Gala Dalí, L’ippocampo edizioni, pp. 104, € 15,00), ma a giudicare da ciò che fu la sua vita, da ciò che inseguì e da ciò che realizzò, credo che scambiasse l’amore per la passione sessuale, per rapporti anche occasionali con persone che le piacessero, da possedere e da cui essere posseduta, che la facessero sentire dolorosamente viva.
Del resto, anche quando si concedeva le sue fughe d’amore con i suoi innumerevoli amanti, non dimenticava mai di portare con sé una valigia piena di medicine e una piena di dollari; tutti i suoi desideri sorgevano da questa doppia angoscia della povertà e della malattia, della sofferenza e della morte, la fame di sesso la faceva sentire viva, in ottima salute, in pieno godimento e in possesso dell’ampio potere di attrarre i maschi con le sue grazie finché era giovane e piacente, con i suoi soldi e i regali che faceva ai suoi amanti in età avanzata.










A me Gala non piace molto come donna, posso anche ammettere che aveva un bel fisico, che possedesse un culo niente male, ma nel complesso era una donna che non mi avrebbe mai attratto, pur senza giungere ad odiarla o a disprezzarla, che sono pur sempre manifestazioni del desiderio, quando questo prende vie trasverse e rocciose.
Ma io non faccio testo, perché io pur avendo una spiccata capacità di notare ogni particolare in una donna (credo si tratti di una capacità superiore alla media), decido le mie simpatie-antipatie, amori-disamori, in base ad un’impressione complessiva e mai in base ad uno o più dettagli.
Fin dall’adolescenza mi sono reso conto di essere diverso dagli altri ragazzi, dai miei amici per esempio, ciascuno di loro, come me, puntava a conquistare la ragazza che gli piaceva ma, a differenza di me, se questa non era interessata a loro o non era disponibile al momento, ripiegavano su qualcun’altra anche se questa piaceva loro di meno o, persino, non piacesse affatto … l’imperativo di fondo era meglio questa che niente … io me invece il niente non era mai vuoto, sarà per questo che alla fine magari io riuscivo più spesso di loro a conquistare le ragazze che mi piacevano.
Se talvolta i miei gusti estetici in fatto di ragazze erano condivisi dai miei amici, accadeva però spesso che non lo fossero, ricordo in prima liceo che mi ero innamorato di una ragazza che trovavo molto graziosa, purtroppo tutti i miei tentativi di farmi notare da lei cadevano nel vuoto più assoluto, non sembrava interessata a nessuno e per molto tempo non si è posta il problema di avere un ragazzo.
Io ho insistito con lei per un certo periodo di tempo, dopo ho semplicemente cambiato frequentazioni, non mi sono quasi accorto della morettina sua compagna di classe che invece sembrava molto interessata a me; capelli nerissimi, lunghi, pelle olivastra, quasi nera in concomitanza dell’estate, occhi nerissimi e molto intensi, un fisico già pieno di curve tanto quanto quello della ragazza che mi piaceva era piatto; i miei amici mi sottolineavano quanto fosse carina quest’ultima, mentre per ciò che riguarda quella che piaceva a me mi chiedevano: “Ma che ci trovi?”.
Subito dopo, con altrettanto scarso successo, sono passato a corteggiare una biondina con i capelli a caschetto, gli occhi castani, graziosissima, che piaceva anche ai miei amici; era al di fuori del mio ambiente, frequentava persone che erano molto distanti dalle mie amicizie, dalle mie conoscenze e dalle conoscenze delle conoscenze, ho fatto salti mortali per incontrarla, ho frequentato gente che non avrei mai frequentato spontaneamente in vita mia, mi sono fatto invitare a feste noiosissime pur di entrare in contatto con lei, ma anche in questo caso senza successo … vi ho mai detto che ho avuto un’infanzia travagliatissima?









Il suo, a dire il vero, non fu proprio un no, se lo fosse stato il mio corteggiamento sarebbe durato molto meno, il tempo di capire che non avevo speranze, credo fosse più paura, spavento, aveva solo un anno in meno di me e certe volte mi sembrava una bambina.
Era figlia dell’alta borghesia, vissuta in cattività fra le quattro mura di un appartamento sito in una delle più belle piazze del paese, era di quelli che per fare qualsiasi cosa doveva chiedere il permesso ai genitori, che ti controllano accuratamente tutte le amicizie, le persone che puoi o non puoi frequentare, i suoi fratelli non giocavano in strada (come la maggior parte dei loro coetanei) e se correvano ed erano un po’ accaldati, la mamma imponeva loro di fermarsi, altrimenti si sarebbero ammalati.
Signora, ma lei lo sa cosa vuol dire interrompere così una partita, magari sul più bello, solo perché suo figlio è un po’ sudato? Lo sa che se suo figlio fosse cresciuto nel mio quartiere sarebbe stato preso in giro per settimane, forse per mesi, per una cosa del genere?
Lei era sempre impeccabile, ben vestita, tutti i colori dei suoi vestiti abbinati con grazia, mai un orlo sgualcito, mai una macchia di sporco, mai niente di usurato o di liso addosso a lei, vestiva Fiorucci e Benetton, e la mamma o il papà la accompagnavano e la venivano a prendere dovunque andasse, o dovunque aveva il permesso di andare.
Per lei l’amore era ancora uno sconosciuto, non che non provasse “simpatie”, non che con le sue amiche non chiacchierassero su chi era il più bel ragazzo della classe, della scuola, fra le loro amicizie e conoscenze, della spiaggia o di qualcuno che avevano conosciuto in vacanza … ma erano solo fantasie.
Se qualcuno, come feci io, si fosse avvicinato a qualcuna del gruppo con intenzioni “battagliere” e dirette (come feci io) sarebbero state in imbarazzo; era come invitarla in un territorio a lei sconosciuto, oscuro, che la attraeva e la atterriva nello stesso momento (chissà cosa le avrebbe consigliato di fare la mamma in questo caso se solo lei avesse osato chiederglielo, e le sue amiche ne sapevano anche meno di lei).










Quando c’ero manteneva il nostro rapporto in un limbo e faceva di tutto per non farmi avvicinare troppo, per evitare contatti che non avrebbe saputo gestire, quando non c’ero mi cercava, mi telefonava a casa, chiedeva di me, mi invitava da qualche parte .., ma mai da soli io e lei: alla fine ho mollato per sfinimento, ho deciso da solo che il suo era un no e sono andato avanti per la mia strada.
Ho incontrato la prima delle due qualche anno fa per caso, non essendoci mai frequentati davvero ed essendo passati moltissimi anni non mi aspettavo che si fermasse a dirmi: “Ciao, come stai?”, ma non c’è stato non dico un saluto a distanza ma neppure un cenno di riconoscimento, come sempre sono stato ignorato … così imparo ad apprezzare di più le belle more.
Sembrava che non si fosse neppure accorta di me, sembravo trasparente, un turista di passaggio, però se lei non mi ha neppure notato, io invece l’ho osservata fin troppo bene per quel breve momento che mi è passata vicino; la cosa che mi aveva colpito immediatamente è stata che, eccetto il viso poi sembrava completamente diversa da come me la ricordavo.
Ma dov’era andata a finire la ragazzina graziosa che ricordavo? E chi era quest’essere lungo lungo e secco secco, con una testa enorme, sproporzionata rispetto al resto, e con due mani e due piedi che sembravano pale di fichi d’india? E come se non bastasse aveva anche due bambini maschi, di diversa età, affetti anch’essi della stessa acromegalia da cui sembrava affetta la madre.










La seconda, quella col caschetto biondo, l’ho rivista questa estate, anch’essa di sfuggita, quasi un’apparizione, ci siamo guardati entrambi per qualche istante, naturalmente non ci siamo salutati, nessuno ha fatto cenno ad un saluto, sembrava aver conservato all’incirca l’immagine che avevo trattenuto di lei nella mia memoria, i capelli corti anche se non a caschetto, biondi anche se di un biondo più scuro che toglieva luminosità al suo viso, le stesse sembianze soavi di quand’era fanciulla, solo che adesso sembrava un’anacronistica fanciulla di circa dieci lustri d’età, ma a colpirmi soprattutto sono stati gli occhi, aveva dei cerchi scuri profondi attorno a ciascun occhio e non sembrava fossero dovuti ad una insonnia della notte prima…sembravano orbite oculari appena uscite dal film Suspiria di Dario Argento.
Contrariamente ai metaforici, ai metonimici e ai sineddotici, io seguo i precetti leopardiani quando nei  Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura scrive: “La parte è inferiore al tutto e il nominarla par che debba impiccolire l’idea. Pure avviene il contrario, perché la locuzione diventa non ordinaria e divisa dal volgo. E il buon effetto di tali figure, che mentre impiccoliscono in fatto ingrandiscono nell’idea, può anche derivare dal contrasto ec.”. (15 ottobre 1821, p. 1926).


8 commenti:

  1. Accidenti, certo che voi uomini, siete proprio degli acuti osservatori dell'esteriorità femminile, non vi sfugge nulla, vivisezionate anche il millimetro. E' un peccato che non siate cosi bravi nell'interiorità... Di quella, spesso vi sfugge molto...
    Ciao Garbo. Buonanotte. Invece di Sogni d'oro, mi verrebbe da augurarti " Culi d'Oro":-)))))))))

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  2. Cara Cristina,
    hai perfettamente ragione, noi maschi siamo molto superficiali, estremamente attenti all’esteriorità, esploriamo con gli occhi ogni millimetro di epidermide, ogni curva e ogni avvallamento, ma arretriamo brancolando nel buio quando si tratta di conoscere l’interiorità delle persone.
    In alcuni casi siamo completamente ciechi, roba da cane guida e da bastone di orientamento, anche per ciò che riguarda l’esteriorità; una volta ero al mare con una ragazza che mi piaceva e abbiamo incontrato una mia cara amica, per me quella ragazza era stupenda e molto bella, la mia amica invece le trovò mille difetti fisici che io non avevo neppure sospettato potessero esistere.
    Ma a cosa è dovuta la nostra superficialità? Forse al fatto che temiamo di scoprire che quella donna è migliore di noi, e allora preferiamo non andare oltre e non vedere. Forse non vogliamo, invece, incontrare una delusione o, forse ancora, temiamo di non trovare nulla oltre ciò che appare. Chi lo sa? Ciò che sfugge è bene che sfugga se non è importante, è bene che venga ribadito se invece è importante, e il ribadirlo affina le capacità riceventi di chi se l’è lasciato sfuggire e le capacità espressive di chi non si è fatto capire in precedenza.
    Il tuo augurio è bello ed anche molto gradito, solo che ahimé è dai tempi della naja che non faccio sogni erotici così belli e realistici; non ho ancora un’età per cui già anche solo desiderare è importante e nello stesso tempo sono ancora in grado di far si che i miei desideri non si trasformino in sogni.
    Ciao
    P.S. Dimmi cosa ci sfugge, abbi pietà, che ho già il fiatone a forza di inseguirlo :-)))

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  3. Si vede ciò che si vuol vedere, ed è vero che noi uomini a volte siamo un po' fissati nel senso che ci sono uomini che "fissano" sempre le stesse cose in una donna. Per quanto mi riguarda, sin da ragazzo, per me era importante "il contatto". Intendo dire quelle sensazioni che senti e che vanno dalla stretta di mano allo sguardo. Poi la voce, i capelli e altri aspetti della persona. Cerco di capire come è dentro di se, e questo li so capisce frequentandosi. Poi anni fa un amico analista mi disse che tutto quello che succede fra due persone all'inizio di una relazione diventa "la costante" del rapporto, finché entrambi o uno dei due decide di cambiare (ma sto già divagando). Vale per molti tipi di rapporto (uomo - donna, madre - figlia, padre - figlio, amici). Le foto che hai postato si riferiscono ad un periodo storico in cui c'era tutto da scoprire nell'arte e nella vita sociale, sono significative di un'epoca. Un salutone e alla prossima

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  4. @ Accadebis,
    Anche noi pensiamo ad una sorta di “incastro” funzionale che lega inizialmente due persone, che costituisce una attrazione reciproca molto forte, che è in gran parte inconsapevole e che funziona da modello o matrice relazionale nella coppia, fino a quando qualcuno dei due (o entrambi) non decide di cambiare il livello della relazione, e questa esigenza può diventare così forte fino al punto in cui la richiesta diventa: o cambiamo o ci lasciamo.
    Le foto fanno, in gran parte, riferimento ad un’epoca e a delle persone che hanno introdotto la modernità e una nuova sensibilità sulle cose e sui rapporti fra le persone; pur nella loro fissità, pur essendo tecnicamente datate e non perfettamente nitide, le trovo molto più esplicative di tanti discorsi.
    Ciao

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  5. Mio padre, eccelso studioso della struttura canina, ma anche di quella umana, diceva che il lato B è sintomo di perfetti appiombi, quando fatto bene, secondo canoni estetici e di staticità, non solo motoria.
    Io, cultore delle sue teorie, qualche anno addietro un fatto sì che il nipote ed altro ragazzino, seduti su di una panchina sita su di un Lungomare, d'estate, effettuassimo il Concorso di Miss Culetto, rivolto alle ragazzine che potevano suscitare i loro istinti più "benevoli".
    Mi crederai se Ti dico che, con il solo istinto, i loro voti erano ben assegnati.
    Avessi visto l'espressione della madre del piccolo, nostro ospite, fervente cattolica, quando ha scoperto la motivazione di quanto interesse i due avessero al mio seguito.
    Naturalmente, per quanto prima chiarito, la fidanzata l'ho scelta d'estate; non volevo trucchi o inganni dei vestiti. Ho indovinato!

    Ciao da luigi, fine intenditore.

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  6. I veneti, da buoni bottegai, mi hanno insegnato a non fidarmi neanche della vista in questi casi, meglio controllare con mano la "merce". :-)
    Invidio i ragazzini perché per loro c'è ancora l'euforia della scoperta, il brivido di entrare in una dimensione sconosciuta, l'eccitazione della prima volta; noi ormai ci stupiamo molto poco nel rapporto con l'altro sesso, non lasciamo più molto spazio al sorprendere e al lasciarci sorprendere.
    Il cattolico nasconde dietro la sua morale tutti i suoi desideri, si vieta (e cerca di vietare anche agli altri) tutto che che in realtà gli piacerebbe, ed è tanto più intransigente nel condannare alcune cose tanto più ne è attratto.
    Ma non lasciarti ingannare, di cattolici veri ormai non ce n'è più nessuno, la maggior parte sono paraculi, si fingono scandalizzati perché è la cosa più conveniente alla loro immagine in quella circostanza. Il loro Cristo li avrebbe apostrofati come scribi e farisei ipocriti!
    Ciao

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  7. E' stata, quella da Te richiamata, la fase immediatamente successiva; ma la vista non aveva ingannato la verifica di seguito effettuata.
    Cattolici paraculi, con l'argomento in discussione, mi è piaciuto, calza a pennello; ne sono fermamente convinto.
    Ciao da luigi, attento osservatore delle persone e delle cose.

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  8. Ciao Garbo, di recente ho scoperto un cantautore salentino straordinario, credimi. Davvero straordinario, è un grande e spero che prima o poi sia conosciuto a livello nazionale senza perdere l'unicità della sua lingua. Ti lascio una canzone che apprezzerai e che si sposa a meraviglia con il tuo post. Un abbraccio e buone vacanze https://youtu.be/JrazcqUEkVs?list=PLCv-3G6UeMMWXifkNHwJkNpFtFahLEOTv

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