venerdì 12 agosto 2016

AH, CHE SARÀ CHE SARÀ ….



William Adolphe Bouguereau, Le jeunesse de Bacchus, 1884.


“Sogliono i mortali quelle cose, che generalmente e spesso fanno, dopo lungo uso farle bene: e quanto più le frequentano farle meglio. Questa regola per la nostra stoltizia, e a nostra miseria, falla nello Amore. Tutti continovamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo male: e quanto più amiamo, tanto peggio amiamo. E se uno in centomila ama rettamente, perché questa non è comune usanza, non si crede. Questo mostruoso errore (guai a noi!) ci avviene, perché temerariamente entriamo prima in questo faticoso viaggio di Amore, che impariamo il termine suo, e il modo di camminare i pericolosi passi del cammino. E però quanto più andiamo, tanto più (ohimè miseri!) a nostro gran danno erriamo. E tanto più importa lo sviarsi per questa selva oscura, che per gli altri viaggi, quanto più numero e più spesso ei si cammina”.
(Marsilio Ficino, Sopra lo amore. Ovvero Convito di Platone, 1469, Ed SE, 2003, p. 15).


Fëdor Bronnikov, Pitagorici festeggiano l'alba.


Avete memoria, per caso, di un gruppo di amici che incontrandosi una sera a cena, complici la musica e il vino, inizino a discutere d’amore? No, non sto parlando del tizio che agli amici al bar racconta tutti i dettagli della sua ultima conquista o della tizia che racconta alle amiche delle follie che fa per lei l’ultimo innamorato, questo è amore con la a minuscola, infatuazioni che creano più angoscia e struggimento che altro … avete idea di quanto dev’essere triste trasformare un altro essere umano nella nuova preda del vostro carnet, nel vederlo solo in funzione del vostro narcisismo, di quanta disperazione ci sia nella vita di queste persone che quantificano sistematicamente l’affetto e usano gli altri per riempire i loro vuoti esistenziali?
Non parlo nemmeno dell’amore come centro benessere, come farmaco, come terapia, come fonte della giovinezza, come cosmetico, come trampolino verso la felicità, come crema antirughe, regolazione dell’intestino pigro, trattamento contro la cellulite, e balsamo per le vie coronarie, che ci veicolano un po’ tutti, cinema, televisione, letteratura, mondo dello spettacolo, arte, medicina, scienze cosiddette umane e anche quelle disumane.  
No, io parlo dell’Amore con la a maiuscola, del donarsi completamente a qualcun altro e dell’accettare di ricevere il dono di sé che ci fa qualcuno, di che cos’è, di come si origina, di come possiamo farcene una ragione, di come poter maneggiare eventualmente un simile cataclisma senza lasciarci le penne.



Feuerbach, il Simposio di Platone

Primaticcio, Ulisse e Penelope, 1560.


Se mi guardo intorno trovo solo il vuoto, ormai l’amore non ha più nemmeno bisogno del contatto fisico, della mano nella mano, degli occhi dentro gli occhi, delle labbra sulle labbra, del … meglio chiuderla qui se no andiamo troppo sull’intimo, l’amore (o ciò che ne fa le veci) oggi passa attraverso quei ridicoli messaggini pieni di cuoricini, archi e frecce, angioletti, labbra rosse succulente che accennano ad un bacio, alle musichette cretine, alle paroline mielose, alle immagini stucchevoli, alle foto osè scattate in complicatissimi giochi di specchi dal bagno di casa.
Se provi a parlarne con qualcuno, amici, colleghi, conoscenti, perfetti estranei incontrati per caso su un treno, all’inizio sorridono, pensano che tu voglia parlar d’amore, poi quando capiscono che tu vuoi affrontare l’Amore, cominciano a dar segni di imbarazzo, alcuni sono proprio infastiditi, altri più cinici ti dicono che quello non esiste o che esiste solo nella letteratura romantica, come se fosse una riserva indiana, meglio parlare di macchine: “Hai visto l’ultima Porsche? Una cannonata, non trovi?”, o dell’ultimo tipo di cellulare: “Pensa che si accende se solo gli parlo o se legge la mia impronta digitale …”, o ancora del nuovo rimmel che rende setose le tue ciglia o il nuovo ossetto che rende le tue labbra petalose.
Niente, oggi se voglio parlar d’Amore devo rivolgermi a Platone, si esattamente, quel ragazzone dalle spalle larghe che ha scritto tutti quei libri e che era troppo timido da non comparire mai nei suoi dialoghi, avrete saputo anche voi che è morto, poveretto; andò pressappoco così, era invitato ad un convito nuziale, si stava pure divertendo, lui che non s’era mai sposato, mai aveva avuto figli e mai occhi umani lo videro con una donna, avevano appena portato via le libagioni rimaste, iniziava adesso proprio la parte che a lui piaceva di più, quella dove si parlava, si scherzava, si rideva e ci si divertiva, e all’improvviso cadde riverso sulla tavola … stecchito.











Ok, aveva ottantuno anni secondo Ermippo, ottantaquattro secondo Neante, a quei tempi ci badavano meno all’esattezza di questi dettagli, però erano molto precisi nel determinare la cadenza dei giochi olimpici e pare che il povero Platone si spense in corrispondenza della CVIII olimpiade, quindi nel 347 a. C., dunque 2363 anni fa circa.
Non pensate subito a cose strane, a strani riti a sedute spiritiche e all’evocazione dei morti per parlare con Platone, semplicemente mi compro un buon libro fra i suoi in libreria, magari curato e tradotto da qualche persona capace, col testo greco a fronte, casomai mi sorgesse qualche dubbio.   
Certo, Platone non ne sapeva moltissimo d’amore, non ebbe molta esperienza diretta di questa strana creatura, però ascoltava molto e era orgoglioso di avere per amici tutta gente esperta in questo campo: medici, poeti lirici, poeti comici, poeti tragici, filosofi … pensate che poteva annoverarsi fra i più cari amici del celebre Socrate; certo, era tutto teoria il ragazzo e poca pratica, ma scrisse delle opere eccellenti.










Scrisse ad esempio forse la più celebre opera dell’antichità riguardo all’amore, parlo del suo celebre dialogo Fedro, che più di molte altre opere ci da l’idea di quale fosse il dibattito antico su questo argomento, nessuna altra opera contemporanea o posteriore ha potuto prescindere dal Fedro se voleva parlare d’amore, persino Umberto Galimberti non fa altro che citarlo in tutti i suoi libri.
Ma se non volete improvvisamente andare subito sul pesante, ed iniziare dal Fedro, potreste cominciare a leggere il Simposio, che è sempre una bella lettura, da fare comunque, magari prima di trovarvi anche voi in corrispondenza della prossima olimpiade, all’età di 81 o 84 anni, invitati ad un matrimonio e morire senza aver capito niente dell’amore.
La lettura di questo libro è facile e scorrevole, fila tutto liscio fino alla fine, sembra perfino troppo semplice, come bere un bicchiere d’acqua, ma non lo è affatto, non lasciatevi ingannare dalla piacevolezza con cui vi scorre fra le dita e le parole vengono sgranate ad una ad una dai vostri occhi come grani di un rosario.










Alla fine, se siete stati attenti, almeno quattro domande dovrebbero sorgervi spontaneamente:

1) Com’è che Socrate, che è noto a tutti perché sosteneva instancabilmente di sapere di non sapere, che dichiarava ai quattro venti di non sapere nulla, che in risposta all’oracolo di Apollo in Delfi che lo designava come il più sapiente degli uomini scuoteva la testa stupefatto, allargava le braccia e rispondeva: “Che volete che vi dica, io non so niente, forse è questa consapevolezza che mi fa essere il più sapiente fra tutti voi!”. E che quando ormai  lo paragoni a Matteo Salvini in quanto ad ignoranza, salta fuori fresco come un mazzo di rose in un convivio a dire che lui invece dell’amore sa tutto, ma proprio tutto. Non sai niente di tutto il resto e nell’amore, che è la materia più difficile, sei più ferrato di un cavallo?

2) Com’è possibile in una società misogina e maschilista come quella greca antica che il più grande filosofo dell’antichità dichiari bellamente e limpidamente ai suoi amici che lo stimano che tutto ciò che sa dell’amore gliel’ha insegnato una donna, una certa Diotima di Mantinèa? Che messaggio è questo, che significa, che in amore sono più sagge le donne?

3) Che ruolo ha Alcibiade nel dialogo, che fa un’apparizione da outsider fuori tempo massimo, è completamente ebbro mentre gli altri hanno bevuto solo moderatamente, non parla né teoricamente come fanno tutti, né per sentito dire, secondo lo stratagemma narrativo che usa Socrate, ma per esperienza diretta del suo amore per Socrate, di cui narra dettagli ignoti agli altri amici?


4) Perché Aristofane ha il singhiozzo e salta il turno? Sembrerà banale e forse anche ozioso quest’ultimo quesito, ma il filosofo russo (naturalizzato francese) Alexandre Kojève sosteneva che Platone è un autore sibillino, le sue pagine nascondono e insieme rivelano ciò che pensa e il suo pensiero è sparso a caso un po’ qua e un po’ la in tutti i protagonisti dei suoi dialoghi, non solo in Socrate dunque, che gli fanno da alter-ego, mentre lui non compare mai direttamente. A Jacques Lacan che iniziava ad interessarsi sia ad Hegel sia a Platone un giorno disse in tono enigmatico: “Non riuscirà mai a interpretare il ‘Simposio’ se non sa perché Aristofane aveva il singhiozzo”.  (Élisabeth Roudinesco, Jacques Lacan. Profilo di una vita, storia di un sistema di pensiero, Raffaello Cortina, 1995, p. 105). Lacan risponderà da par suo al suo antico maestro di filosofia nel suo séminaire tenuto a Parigi nell’anno accademico 1960-61, dal titolo Il transfert (Libro VIII), pubblicato in Italia da Einaudi.

Interessante la segnalazione di Julia: La parola di Diotima nel Simposio di Platone, di Patrizia Caporossi



6 commenti:

  1. Ahh, l'amore...e chi riesce a dire qualcosa? Molto bello quello che hai scritto da Marsilio Fucino in poi. Faccio parte di un gruppo di amici che durante l'anno si riunisce una volta alla settimana e si parla e si discute di filosofia (fra cui l'amore). Non so. Aspetto, rileggo e poi ti dico. Tuttavia, caspita, non posso lasciarti da solo che produci un post più bello dell'altro. Complimenti per i posto e per le foto.

    Qui in Liguria è venuta finalmente un po' di acqua e adesso non si soffre più il caldo (era così tanto per dire qualcosa di diverso).

    Un salutone e alla prossima

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  2. Potremmo dire di conoscere totalmente l'Amore, solo quando saremo in grado di offrirlo senza aspettarci nulla in cambio, pertanto la vedo assai dura. Forse ci riesce chi nella vita è stato molto amato e ne ha talmente tanto di scorta che può tranquillamente darne anche senza riceverne.
    Comunque, per tua informazione, sappi che io ho ancora bisogno: della mano nella mano, degli occhi dentro gli occhi, delle labbra sulle labbra, etc etc etc.. :-)))
    Ciao Garbo ^.^
    Buonanotte.

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  3. @ Accade,
    è uno strano animale l'amore, non se ne può dire molto, bisognerebbe praticarlo un po' di più; chi ha provato a parlarne ad un certo livello, come Platone e pochi altri, fissa un discorso ormai datato nei suoi riferimenti sociali e culturali, e incomprensibile ormai ai più nei suoi riferimenti universali. Per il resto è solo vuota chiacchiera, quella che una volta facevano le comari, che non ti aggiunge e non ti toglie nulla, ma che sottolinea il fatto che chi più ne parla meno ne sa, e viceversa. Mi fa piacere che tu e il tuo gruppo di amici affrontiate discorsi non molto semplici e impegnativi. Grazie per i tuoi consueti apprezzamenti. Qui in Veneto è ancora afa, anche se qualche temporale c'è stato; per sottrarmi a questa morsa mi sono concesso qualche giorno in Alta Badia, un vero paradiso, peccato essere dovuto rientrare.
    Ciao

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  4. @ Cri,
    è estremamente difficile concedersi completamente ad un altro essere umano, bisognerebbe possedere una forza e una maturità che pochi hanno, bisognerebbe abbandonarsi ad una fiducia incondizionata in se stessi e nel partner.
    Nel migliore dei casi questa forza interiore la si conquista passando attraverso i mille ostacoli della vita di coppia, attraversando gioia e sofferenza; nel peggiore dei casi, nella stragrande maggioranza, non ci si arriva mai.
    Nella mia esperienza di vita mi è capitato di incontrare solo qualche donna che fosse giunta a questa pienezza di sé e aveva una vita di coppia molto soddisfacente; molte donne poi si pongono il problema dell’abbandono di sé, del donarsi totalmente al partner, senza mai riuscirvi del tutto o prendendo delle scorciatoie, come ad esempio concedere totalmente il proprio corpo e il proprio tempo … uomini pochissimi, quasi nessuno, un uomo non si pone nemmeno il problema.
    Però, devo dire che ho trovato molto più difficile accettare il dono che il partner fa di sé, quando siamo così fortunati da imbatterci in qualcuno che ci ami in maniera così assoluta; direi, anzi, che se è raro incontrare qualcuno che offre il proprio amore senza pretendere nulla in cambio, è quasi impossibile trovare qualcuno che sappia accettare in dono questo tipo di amore assoluto … ci spaventa!
    Non avevo dubbi sul fatto che tu preferissi la mano nella mano ad una wathsappata vocale o all’immaginetta gif di un bacio virtuale … siamo rimasti in pochi, io sono già prenotato per il museo degli egizi a Torino … intere scolaresche di bambini verranno a visitarmi chiuso in una teca e la maestra spiegherà loro che io ero un ominide appartenente alla specie Homo Disabilis Atecnologiensis.
    Ciao

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  5. Quando Socrate dice :"Amore non è bello, né delicato, come molti pensano, al contrario, a somiglianza della madre, è duro, scalzo, vagabondo, uso a dormir nudo e sulla nuda terra, sul pianerottolo delle strade, abituato a trascorrere le notti all’addiaccio e sempre in compagnia della miseria.
    Inoltre, come suo padre, è anche insidiatore dei belli e dei nobili, sempre pronto ad escogitare trucchi di ogni tipo, curiosissimo di apprendere, inventare trappole, dedito a filosofare, terribile ciurmatore, stregone, sofista.
    ... In uno stesso giorno sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi torna a vivere grazie e mille espedienti.." ricorda Marquez in "Amore e altri demoni" quando scrive :"L’amore era un sentimento contro natura, che dannava due sconosciuti a una dipendenza meschina e insalubre, tanto più effimera quanto più intensa."
    Personalmente potrei descrivere l'amore ma non saprei cogliere il significato di quello che la parola amore racchiude in sè, è qualcosa di troppo complesso.
    Non so rispondere alle tue domande ma ho cercato qualcosa e ti lascio quello che ho trovato:
    http://www.senecio.it/sag/diotima.pdf

    Ciao e buon agosto

    Prenoto anch'io una teca al museo egizio
    Spero il cannocchiale mi permetta presto di rispondere al tuo commento

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  6. @ Julia,
    l’amore è originato da una mancanza, come suggeriscono Diotima-Socrate-Platone (e anche Jacques Lacan, che però aggiunge “mancanza ad essere” non mancanza di qualcosa, è la mancanza ad essere “uno”, molto più radicale di qualsiasi completamento attraverso l’altro), oppure sorge da un traboccare di energia e di affetto, che monta e cerca qualcuno su cui riversarsi? oppure è ancora altra cosa?
    Di certo gli antichi greci (e Lacan) avevano ben chiaro che l’amore dovesse essere la metamorfosi dell’amato (eròmenos) in amante (erastès), questo era lo scopo della loro paideia, questo trasformava i ragazzi in uomini liberi e attivi.
    La funzione di Diotima resta ancora tutta da chiarire, e credo abbia a che fare più con la trasformazione dell’amore da dio in demone che sostiene, mentre mi convince poco la tesi sostenuta da Patrizia Caporossi riguardo al passaggio da un amore sterile (quello omosessuale) ad un amore generativo (quello eterosessuale), attraverso l’erotismo femminile.
    I greci non erano omosessuali puri, come li intendiamo oggi, erano bisessuali, e il fatto che preferissero i rapporti fra maschi non vuol dire che non generassero figli (dopo le guerre persiane i cittadini ateniesi erano stati stimolati ad avere più mogli per la carenza di uomini che le guerre avevano creato e per accrescere la possibilità di avere più figli … sembra che anche Socrate avesse finito per prendere una seconda moglie).
    Certo, preferivano la compagnia maschile a quella femminile, perché le donne quasi ovunque in Grecia non erano educate per conversare con gli uomini e la loro compagnia era per i greci molto meno stimolante di quella degli uomini; non di tutti, è ovvio, si preferiva la compagnia di uomini liberi, colti, intelligenti, stimolanti e, certamente, anche avvenenti, perché no.
    Le etere facevano eccezione, perché pur essendo donne, erano talvolta più interessanti di molti uomini, e l’elenco di etere di successo che sedussero uomini di primissimo piano è lungo.
    Garcia Marquez è uno dei miei romanzieri preferiti, nessuno meglio di lui è riuscito ad esprimere che: “L’amore era un sentimento contro natura, che dannava due sconosciuti a una dipendenza meschina e insalubre, tanto più effimera quanto più intensa”, e il suo contrario. :-)
    Ciao
    P.S. Prenota per due allora al Museo Egizio :-).

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