La "Scapigliata" - Leonardo da Vinci - 1508 - Galleria Nazionale di Parma.
Studi di prospettiva prismatica - Leonardo da Vinci.
Mappa di Castiglione aretino - Leonardo da Vinci.
Carro armato - Leonardo da Vinci.
Studi su cavalli in preparazione della statua in bronzo in onore di Francesco Sforza - Leonardo da Vinci.
“«E l’Arte?» domandò lei
«È una malattia».
«L’Amore?»
«Un’illusione».
«La religione?»
«Il surrogato alla moda della fede».
«Sei uno scettico»
«Niente affatto! Lo scetticismo è l’inizio della fede».
«Che cosa sei, allora?»
«Definire significa limitare».
«Dammi un filo da seguire»
«I fili si spezzano. Perderesti la strada nel labirinto»”.
(Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, Garzanti, Milano, 1981, p. 267).
Ritratto di Gian Giacomo Caprotti detto Salaì, allievo di Leonardo.
Il palombaro - Leonardo da Vinci.
Leonardo da Vinci è l’individuo più straordinario, più affascinante in cui mi sia capitato di imbattermi; certo, non prenderete il termine “imbattermi” nel senso letterale della parola, egli è morto 447 anni prima che io nascessi ed io non ho inventato la macchina del tempo, né mi sono imbattuto in un varco temporale che mi ha condotto sul crinale fra il XV° e il XVI° secolo.
Diciamo che come tutti l’ho conosciuto attraverso le sue opere, i dipinti, i disegni, gli appunti scritti da se medesimo nei vari codici conservati nelle maggiori città europee ed oltreoceano, ho potuto ammirare quasi tutte le sue opere dal vivo girando nei posti dove esse sono conservate, quella che ho visto meno bene è stata il suo capolavoro, la “Gioconda”.
L’ho vista parecchi anni fa, dopo una fila estenuante davanti al Louvre, vista si fa per dire, perché la sala era gremita, l’ho scorta appena a distanza fra teste e mani alzate, fra macchine fotografiche e persone che essendo riuscite ad avvicinarsi all’opera tanto vicini, ne guardavano i dettagli coprendola a tutti quelli che stavano dietro.
Prima di fare un bagno di sangue di esteti maleducati, che commentavano con solenni banalità di produzione propria o lette su qualche pessima rivista, mi sono allontanato deluso da quella sala e ho ripiegato nell’acquisto di una litografia così accurata e dettagliata che si vedevano le rughe presenti e persino quelle future, se fosse vissuta più a lungo, di Monna Lisa del Giocondo.
Leonardo rappresenta oggi il genio per eccellenza, quello assoluto, più di ogni altro genio conosciuto, e per distinguerlo dagli altri geni: Einstein, Wittgenstein, Nietzsche, Freud, Galileo, ecc., che erano ferratissimi ciascuno nel loro campo, rappresentando in ciascuno di essi un limite ineguagliabile, ma che poi non sapevano neanche far la spesa, allacciarsi le scarpe, guadagnare una cifra ragionevole o fare un’analisi politica del loro tempo sufficiente a comprendere davvero cosa stava succedendo, viene aggiunto l'aggettivo “universale” al suo genio.
Leonardo da Vinci - Schizzi di fiori (viole) - Galleria dell'Accademia - Venezia.
Annunciazione - Leonardo da Vinci Data 1472-1475 circa Tecnica olio e tempera su tavola Dimensioni 98×217 cm Ubicazione Galleria degli Uffizi, Firenze.
Annunciazione-proporzioni Leonardo da Vinci Data 1472-1475 circa Tecnica olio e tempera su tavola Dimensioni 98×217 cm Ubicazione Galleria degli Uffizi, Firenze.
Ha iniziato a dipingere nella bottega del Verrocchio, ma in quella fucina artistica si scolpivano statue, si producevano ornamenti, bassorilievi, decorazioni, opere in bronzo, si sapeva di meccanica, di carpenteria, di ingegneria, di architettura, di oreficeria, giunsero perfino a costruire e a collocare un’enorme sfera di bronzo dorato sulla sommità della lanterna del duomo di Firenze, un’impresa mai tentata prima, come molte delle invenzioni artistiche inedite presenti in quella chiesa, issandola su in cima con marchingegni innovativi.
Fin da subito mostrò un’eccellente maestria nel disegno, uno straordinario uso della prospettiva, una facilità a far apparire vivi e pulsanti i suoi personaggi dipinti, che esprimevano come mai prima di allora i sentimenti profondi del loro animo, anche quelli contraddittori e inquietanti.
Ma mostrò in parallelo la tendenza a tirare per le lunghe le commissioni, a non finire mai l’opera iniziata, a costo di abbandonarla al suo destino, mostrò un perfezionismo assoluto che lo condusse a trascinare con sé alcune opere nel suo peregrinare in Italia e i Francia, e a modificarle finché visse con qualche pennellata, con qualche tocco di biacca a sfumare impresso direttamente con le dita, quasi volesse creare delle opere infinite, in continuo miglioramento, man mano che acquisisce maestria e tecnica, ci ripensa, cancella, rifà infinite volte, senza esserne mai soddisfatto, perché nessuna opera somigliava mai a quell’universale assoluto che lui aveva in mente.
Oppure, il motivo è un altro, Leonardo nasce pittore per scansare una carriera di mercante a cui suo padre avrebbe voluto avviarlo, nasce pittore perché ha un’attitudine per il disegno e sa osservare bene le cose per poi rappresentarle, ma i pittori all’epoca erano si degli artisti, ma non nel senso in cui intendiamo oggi, erano considerati alla stregua di artigiani, più erano bravi e più venivano celebrati, se erano intraprendenti, come Raffaello potevano pure arricchirsi, ricevere onori e gloria in vita.
Ma la fama scientifica e letteraria era tutt’altra cosa, e Leonardo lo sapeva molto bene, perché si considerava “omo sanza lettere”, intendendo così dire che egli aveva frequentato (piuttosto male e per poco tempo) la scuola d’abaco, vale a dire una scuola professionale, e quasi nulla sapeva del trivio: grammatica, retorica e dialettica, o del quadrivio: aritmetica, geometria, astronomia e musica.
Testa d'angelo, particolare da La vergine delle rocce - Leonardo da Vinci - 1483 - 1487 - National Gallery - London.
La testa di Cristo, da il cenacolo - Leonardo da Vinci - 1495/1498 - Refettorio di Santa Maria delle Grazie - Milano.
Disegno del cadavere di Bernardo Bandini (uno dei partecipanti alla congiura dei Pazzi) -Leonardo da Vinci -1479.
Annibale Carracci.
Disegno di angelo incarnato, l'evidente erezione è uno scherzo dello stesso Leonardo o una goliardata di qualcuno dei suoi garzoni di bottega.
Testa di guerriero con elmo ornamentale - Leonardo da Vinci - 1480.
Da un certo momento in poi cercò, con scarsi risultati, di imparare il latino, a leggerlo e a scriverlo speditamente, ma anche a parlarlo fluentemente, ma nonostante ciò gran parte delle opere che leggeva erano tradotte in volgare; il latino gli serviva per accedere al sapere, ad ogni scibile umano, antico e moderno, direttamente agli autori originari, a imparare a pensare come loro.
Ma, malgrado i suoi limiti, Leonardo suppliva alle sue carenze con i suoi innumerevoli talenti, interessandosi di scienze e avvertendo che solo il rigore matematico dei numeri avrebbero potuto costruire una scienza dai fondamenti saldi, però la matematica era per lui un universo ignoto e le poche e incoerenti letture che ne faceva non lo aiutavano molto, così suppliva a questa carenza con l’innato senso geometrico che gli forniva lo studio approfondito della prospettiva.
Se egli avesse avuto basi aritmetiche più solide molti dei suoi studi non si sarebbero basati su similitudini e analogie, ma su misurazioni rigorose che avrebbero potuto rivelargli se le sue ipotesi erano fondate o meno, dopo averle sottoposte al banco di prova; in un certo senso avrebbe potuto anticipare Galileo do oltre un secolo.
O forse no, perché nonostante avesse espresso più volte la volontà di raccogliere e sistemare i suoi appunti e i suoi disegni sulle svariate discipline di cui si occupava, non lo fece mai e mai pubblico qualcosa, affetto anche qui dall’incapacità di concludere qualcosa, di fissare lo stato dell’arte per divulgarlo, pubblicarlo, ora che con l’invenzione dei caratteri a stampa e del libro era più semplice farlo.
Tutto ciò che pensò, tutto lo straordinario contenuto della sua mente, trascritto velocemente o disegnato su carta, verrà riscoperto molti secoli dopo e i suoi appunti saranno pubblicati così come lui ce li ha lasciati, fra liste della spesa, promemoria, avvenimenti e appuntamenti fissati, rappresentazioni grafiche del suo pensiero e di ideefantastiche e avveniristiche, in gran parte irrealizzabili alla sua epoca, ma che lui credeva alla sua portata se solo avesse trovato le soluzioni tecniche alla loro realizzazione, come erigere il cavallo in onore di Francesco Sforza, un’opera colossale, alta più di sette metri, da realizzare con un’unica colata di bronzo.
Il rinascimento a Sabbioneta.
Allegoria dello specchio solare - XVI secolo - Leonardo da Vinci - British Museum - London.
Testa di giovane donna - Leonardo da Vinci - Musée du Louvre - Paris.
Il salvagente - Leonardo da Vinci.
Non gli riuscì nemmeno di avere degli allievi degni del suo nome e della sua arte, lui che soleva dire: “Tristo è quel discepolo che non avanza il maestro”. (Leonardo da Vinci, Pensieri, 110, Scritti letterari, BUR, 2002, p. 76).
Ed è forse una consolazione questa sua altra frase: “Non necessita tener concione agli allievi e agli aiuti che ti sono appresso. Basta mostrar loro il tuo mestiere, le cose che ti vengono facili e l’altre dove ti scopri affaticato e in difficoltà. Chi di loro ha l’occhio curioso e doti acconce impara, l’altri restano allocchi come pria”. (Leonardo Da Vinci).
Nonostante facesse di tutto, nei suoi scritti e nei suoi discorsi, per nobilitare la figura del pittore, Leonardo non vi si riconosceva e, oltre al suo perfezionismo, la causa occulta del perché iniziava delle commesse in pittura e non le portava mai a termine, era proprio dovuta al fatto che non voleva essere identificato come pittore e artista, ma voleva essere preso sul serio come scienziato e letterato.
Dato che i suoi committenti erano spesso uomini elevati e di alto potere, e dato che spesso aveva bisogno di soldi perché aveva una vita dispendiosa, non poteva rifiutare alcune commesse direttamente, allora lo faceva iniziando i lavori e poi trascinandoli sine die, finché il committente non si stancava.
Emblematico è il ritratto mai dipinto per Isabella D’Este, donna potentissima, appartenente alla famiglia estense, signori di Ferrara per nascita e a quella dei Gonzaga di Mantova per matrimonio, ancora la sorella di lei Beatrice, aveva sposato il duca di Milano Ludovico il Moro, dunque era in grado di muovere una potenza persuasiva enorme su qualunque essere umano di qualsiasi condizione.
Testa di guerriero, studio per la Battaglia di Anghiari - Leonardo da Vinci.
Vincenzo De Stefani (1859 - 1937) Tessitrice Firenze, 1885.
La "Scapigliata" - Leonardo da Vinci- Leonardo da Vinci - 1508 - Galleria Nazionale di Parma.
Stella di Betlemme - Leonardo da Vinci.
Questa donna, che passava per mecenate e cultrice delle arti, pretendeva un ritratto che le rendesse giustizia, giudicando che fino ad allora gli artisti che l’avevano ritratta non avessero reso grazie alla sua bellezza; persino Andrea Mantegna venne ricusato dalla marchesa di Mantova sostenendo che: “el pictore ne ha tanto mal facta che non ha alcuna de le nostre simiglie”.
Mandò persino alcuni suoi ritratti alla sorella e al cognato a Milano, schernendosi anticipatamente dicendo che le tele la rappresentavano più grassa di quel che era; il cognato Ludovico ebbe la sfacciataggine di risponderle che invece trovava quei ritratti molto somiglianti.
I ritratti dipinti da Leonardo fino ad allora avevano stupito tutti coloro che li avevano visti, prima quello a Ginevra de’ Benci a Firenze, poi quello alle amanti di Ludovico Sforza a Milano, Cecilia Gallerani, la dama con l’ermellino, quello conosciuto come la Bella Ferronnière (forse Lucrezia Crivelli) e infine quello noto come Bella principessa (forse Bianca Sforza, figlia del duca Ludovico, nata illegittima e dopo legittimata, data in sposa a tredici anni a Galeazzo Sanseverino, capitano generale dell’esercito sforzesco e uno degli uomini più influenti di Milano).
Isabella, che aveva potuto osservare da vicino il ritratto a Cecilia Gallerani, essendoselo fatto inviare a Mantova da quest’ultima, decise che Leonardo da Vinci era il pittore più adatto per ritrarla, così quando questo fece tappa a Mantova nel 1500, insistette che le promettesse di farlo, e intanto tracciò uno schizzo di Isabella di profilo, oggi al Louvre, che le fu donato.
Leonardo nel frattempo si fermò per qualche periodo a Venezia, per poi tornarsene a Firenze, quì visse l’epopea della repubblica fiorentina, ebbe la ventura di essere chiamato a dipingere un affresco enorme, la Battaglia di Anghiari, in una parete della Sala dei Cinquecento a Palazzo Vecchio, di questo immenso affresco rimase solo il cartone a cui attinsero vari artisti che poterono ammirarlo in visita a Firenze, un’idea di come dovesse essere ce la danno la Tavola Doria e il Pittore Paul Rubens, in entrambe è raffigurata la parte centrale del cartone leonardesco, quella che rappresenta la battaglia intorno al gonfalone.
Studio per l’Angelo della Vergine delle Rocce - Leonardo da Vinci - Biblioteca Reale - Torino.
Disimballaggio della "Gioconda" alla fine della Seconda Guerra Mondiale - Musée du Louvre - Paris.
Autoritratto (all'età di 23 anni) - Leonardo da Vinci è un dipinto a olio e tempera (24,5×32,5 cm), datato 1475.
Studio per la Battaglia di Anghiari - Leonardo da Vinci - senza data.
E, in qualità di ingegnere militare che Leonardo da Vinci segue l’apogeo e il declino dell’impresa di Cesare Borgia, e si incarica di ispezionare piazzaforti, castelli, cinta muraria e progetta mura inespugnabili, torrioni che attenuano l’impatto dei tiri di artiglieria, devia corsi d’acqua per l’approvvigionamento in caso d’assedio, o per rallentare l’artiglieria e la cavalleria.
In questo ambito, come già quando era a Milano, gli capita di discutere con i migliori ingegneri e con i migliori strateghi del suo tempo, esistenti, il Valentino lo reputa un valente scienziato, lo valorizza, gli da un potere enorme riguardo ai sistemi di difesa, e Leonardo è tutto preso dal suo incarico, che svolge con entusiasmo, nonostante riconosca che la guerra è “una pazzia bestialissima”.
È in questo preciso frangente che Isabella D’Este torna alla carica per rammendare a Leonardo il ritratto promessole, e lo fa per tramite di fra Pietro da Novellara; oltre al ritratto suo al naturale, chiede al pirttore tramite il suo intermediario di: “mandare un altro schizo del retracto nostro, parrochè il Ill.mo S. nostro consorto ha donato via quello che ce lassò qua”.
In quello schizzo Leonardo mostra di aver compreso che la marchesa voleva essere abbellita, ingentilita e ritoccata un po’ nella figura, ma non ne altera le forme complessive, piuttosto la dipinge di profilo (gli altri ritratti erano quasi tutti di fronte o in tre quarti) e alla moda spagnoleggiante in voga ad esempio a Milano, sostituisce abiti in voga in Francia, con corpetti e maniche larghi, che nascondevano le forme fin troppo prosperose che sono fin troppo evidenti nei ritratti posteriori che Isabella si farà fare da Rubens e da Tiziano, però Leonardo non nasconde il doppio mento della marchesa.
Pietro da Novellara incontrò Leonardo a Firenze, fra un’ispezione alla fortezza di Piombino e un’escursione sulle roccaforti emiliane, e gli porse l’ambasciata di Beatrice, non sappiamo quale sia stata la risposta di Leonardo, ma sappiamo cosa scrive il frate alla marchesa: “La vita di Leonardo è varia e indeterminata forte, sì che pare vivere a giornata. […] A facro solo, dopoi che è ad Firenci, uno schizo in uno cartone [si tratta del disegno preparatorio a Sant’Anna, la Vergine e il bambino]. Altro non ha facto, se non che dui sui garzoni fano retrati, et lui a le volte in alcuno mette mano. […] Dà opra forte ad la geometria, impacientissimo al pennello”, e più in basso, come se temesse fin qui di non essere stato abbastanza chiaro, dice: “Insumma li suoi esperimenti mathematici l’hanno distracro tanto dal dipingere, che non può patire il pennello”.
Concha Ken van Sickle.
Anna Orłowska / Annphotography Model- Katarzyna Olejnik The Imaginarium™ Unlimited.
Ritratto di Isabella D'Este - Leonardo da Vinci.
Leonardo da Vinci, Ritratto di Isabella d’Este, 1500 c., Musée du Louvre, Parigi.
Dopo alcune lusinghe d’obbligo con una donna così potente e volitiva, il frate scrive ancora che Leonardo è oltretutto impegnato in alcune commesse con il re di Francia e con il segretario di questi Florimond Robertet, di stanza a Milano occupata dai francesi; Isabella sapeva benissimo che il re francese non poteva essere fatto attendere, ma Leonardo la rassicurava tramite il Novellara che dopo aver terminato quella commessa [la Madonna dei fusi]: “farebe subito el retrato e lo manderebbe a vostra excellentia”, e conclude con rassegnazione: “Questo è quanto ho potuto fare cum lui”.
Quasi le stesse parole con cui conclude la sua missiva il nuovo intermediario Manfredo de’ Manfredi, che isabella, la quale non si arrende, manda di nuovo ad insistere con Leonardo: “Questo in soma è quanto io ho potuto retrare da decto Leonardo”.
La marchesa non demorse nemmeno questa volta e, benché fossero passati tre anni dai primi intermediari e più anni ancora dalla promessa e dallo schizzo di Mantova, scrive a Leonardo personalmente, cambiando soggetto, non più un suo ritratto, ma l’immagine di Gesù adolescente, facendo intendere al pittore che avrebbe pagato qualsiasi cifra.
Infine, nel 1506, quando Isabella si trovava a Firenze, va a cercare Leonardo direttamente nella sua bottega, ma non lo trova perché è in campagna a condurre studi sul volo degli uccelli; pur di non tornarsene a casa a mani vuote,incontra Alessandro Amadori, fratello della matrigna di Leonardo, Albiera, il quale le scriverà qualche tempo dopo essere rientrata nella sua Mantova: “Ritrovandomi qui in Firenze sono ogni hora procuratore di Vostra Excellentia con Lionardo da Vinci mio nipote, et non resto con ogni studio d’instare apresso lui si disponga a satisfare al desyderio di Vostra Excellentia circa la figura domandata da voi, et da lui promesso già più mesi sono come così per la sua lettera a me, mostrai la prefata Excellentia Vostra, et lui al tutto mi ha promesso comincerà in breve l’opera per satisfare al desiderio di Vostra Signoria, alla cui gratia assai si raccomanda”.
Inutile dire che Leonardo non dipingerà mai il ritratto della marchesa Isabella D’Este - Gonzaga, né alcun altro soggetto dipinto sia immagine laica o religiosa.