«E come potevamo noi
cantare
con il piede
straniero sopra il cuore,
fra i morti
abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di
ghiaccio, al lamento
d'agnello dei
fanciulli, all'urlo nero
della madre che
andava incontro al figlio
crocifisso sul palo
del telegrafo?
Alle fronde dei
salici, per voto,
anche le nostre cetre
erano appese,
oscillavano lievi al
triste vento».
(Salvatore Quasimodo,
Alle fronde dei salici, in Giorno dopo giorno, 1945).
Ogni fenomeno, ogni cosa che accade, nell’era del virtualismo e del
sovranismo, o nell’era del virtualismo sovrano, deve avere un tempo e un luogo (d'altronde lo dice anche Kant sono intuizioni pure a priori, creazioni pure della sensibilità, che fonda spazialmente e temporalmente l'esperienza, presupposti senza i quali non riusciremmo neanche a pensare),
e questo serve ad ancorare qualunque evento alla realtà, visto che noi stessi
non lo siamo e che guardiamo il mondo fondamentalmente attraverso uno schermo e
ci entriamo in contatto sempre più raramente.
Un luogo allora è necessario,
anzi è imprescindibile, qualora non ce ne fosse uno ben individuabile,
semplicemente lo creiamo, come ad esempio nel caso attuale del corona virus, un
virus non ha un luogo, può essere in ogni luogo, entra indisturbato ovunque, è
difficile arginarlo e non ha confini, ma per poterlo pensare, per credere che
sia qualcosa di reale, dobbiamo poterlo collocare da qualche parte, a questo
pensano i media: reiterando un nome più volte si crea un luogo, inviando
immagini si mettono contenuti visivi in questo luogo, ecco che in pochi
passaggi abbiamo la cornice per il nostro evento: Wuhan per la Cina e Codogno
per l’Italia (che ha dovuto competere con Vo Euganeo per qualche giorno, ma
alla fine l’ha spuntata lui ... a proposito, per chi non lo sapesse vo in veneto è il presente indicativo del verbo andare: mi vo, ti ve, i va, ok se te ga capì, mi vo vanti!) … paesi di cui in precedenza sapevamo a malapena
che esistessero ora sono diventai più importanti di Roma e di Milano, più
centrali di New York, più discussi di Mosca, individui sciapi, incolori, senza
alcuna qualità, diventano improvvisamente delle celebrità solo perché ci
abitano, solo perché stanno vivendo quell’avventura “straordinaria” del corona
virus, come se fossero gli unici al mondo.
Improvvisamente tutto ciò che
dicono, ciò che fanno, come vivono, quello che pensano, sono interessanti, la popolarità
delle loro pagine social schizza alle stelle, anche se postano la foto del loro
gattino, la loro opinione sul virus vale più di quella dell’organizzazione
Mondiale della Sanità.
Il tempo poi, pur essendo
altrettanto importante è piuttosto monotono: è sempre l’indicativo presente “io
sono” qui e ora, non esiste altro temo nel mondo del sovranismo virtuale o del
virtualismo sovrano, non esiste alcun passato, già ciò che ho detto o fatto
ieri o anche solo stamattina non esiste più, non me ne curo affatto, non me ne
prendo più la responsabilità, non mi appartiene più, non mi imbarazza che qualcuno
me lo ricordi per farmi notare come ciò che dico e che faccio ora sia in
contraddizione anche netta con ciò che ho detto e fatto ieri: solo così
possiamo spiegarci le contraddizioni dei politici sovranisti di oggi riguardo
alle loro dichiarazioni sul corona virus (è tutto sotto controllo – il governo
è incapace di gestire la crisi; abbiamo il miglior sistema sanitario del mondo –
se continua così non ci saranno più posti in rianimazione; l’Italia è una
grande nazione e gli italiano un popolo responsabile – siamo una manica di
cretini, chi festeggia, chi scappa al sud assaltando i treni, chi organizza aperi-virus,
chi brinda alla vittoria elettorale insieme ai suoi supporter, chi vuole andare
allo stadio; l’economia deve continuare, non possiamo fermare il Paese –
chiudiamo fabbriche, scuole, uffici, chiese, negozi; apriamo i porti, gli
aeroporti, le stazioni, benvenuti turisti – chiudiamoci in casa).
Poi, come nei peggiori film, c’è
la divisione netta fra buoni e cattivi, fra intelligenti e deficienti, fra noi
e loro, perché un virus fa sempre paura, un virus non si può combattere, non si
può neanche vedere, ti entra dentro come Diabolik e dopo puoi sperare che il
tuo organismo riesca a sconfiggerlo, soprattutto questo Covid – 19 che ci è
sconosciuto e per cui non possediamo anticorpi, e c’è anche da sperare che non
faccia troppi danni al nostro organismo durante il suo passaggio, e poter
rappresentarci di fronte qualcuno che sia bastardo come il virus che ci
minaccia e contro cui possiamo sfogare la nostra rabbia e la nostra impotenza è
importante: ne sanno qualcosa tutti coloro che furono accusati di essere degli
untori della peste nel non lontano passato, o tutti coloro che sono stati
linciati, impiccati o bruciati vivi solo perché serviva un capro espiatorio su
cui sfogarsi.
Nello stesso tempo e con la stessa energia, si creano gli eroi, si mitizza qualcuno da contrapporre alla schiera dei bastardi, perché altrimenti il mondo sarebbe un inferno, alle torme di scellerati che incuranti di divulgare il virus anche al sud Italia, ai loro stessi parenti, sciamavano per la stazione di Milano in un vero e proprio assalto al treno, con la tuta addosso come se fino a pochi istanti prima erano distesi sul divano a guardare i tg, con una scarpa e una botta, con i calzini spaiati e la valigia fatta velocemente ruzzolandovi dentro qualsiasi cosa senza fermarsi a scegliere, si creano gli angeli della solidarietà e quelli della sanità.
Nello stesso tempo e con la stessa energia, si creano gli eroi, si mitizza qualcuno da contrapporre alla schiera dei bastardi, perché altrimenti il mondo sarebbe un inferno, alle torme di scellerati che incuranti di divulgare il virus anche al sud Italia, ai loro stessi parenti, sciamavano per la stazione di Milano in un vero e proprio assalto al treno, con la tuta addosso come se fino a pochi istanti prima erano distesi sul divano a guardare i tg, con una scarpa e una botta, con i calzini spaiati e la valigia fatta velocemente ruzzolandovi dentro qualsiasi cosa senza fermarsi a scegliere, si creano gli angeli della solidarietà e quelli della sanità.
I primi, perlopiù giovani, alcuni
persino appartenenti ai centri sociali (e nemmeno uno di Casa Pound o della Lega
… aiutiamoli a casa loro, poi anche nel caso di italiani, di veneti e di
lombardi persino, gli impavidi camerati fascio-leghisti si sono dissolti nel
nulla, persino i loro leader sembrano scomparsi, qualcuno si chiede se siano
mai esistiti: Berlusconi (o almeno il suo ectoplasma) è ospite con la sua nuova fidanzata-badante nella
villa a Cannes della figlia Marina, di Salvini dopo essere stato in una baita
in Trentino a mangiare taglieri di prosciutti e di formaggi, ad abbracciare soppresse
e provoloni e a baciare salami ... è facile baciare salamelle emiliane, cioccolata umbra e pecorini sardi ... vieni a baciare fichi d'india in Sicilia ..., unico
caso al mondo di un salame che bacia un altro salame, dopo essere stato a
Londra, si sa, il corona virus rispetta i paesi dove a governare c’è un’altra
testa coronata, sarà rinchiuso nel suo buncker, come il führerbunker di Hitler
a Berlino, lui da tempo si è fatto costruire un capitanobunker a Milano Magnate,
e nemmeno la Meloni è rintracciabile, ma nel suo caso si sa che il tempo dei
Meloni è in estate, in quella stagione danno il meglio di sé) si offrono di far
la spesa, comprare medicine, portare a spasso il cane e di svolgere svariate
incombenze quotidiane per persone anziane, disabili o malati.
Nel secondo caso ci sono medici,
infermieri, personale sanitario, che sono sottoposti a turni massacranti, visto
l’afflusso di malati negli ospedali, contagiati o sospettati di contagio o
soltanto di gente spaventata che chiede informazioni e cerca conforto, che vanno
ad aggravare una situazione già precaria per cui i vari tagli alla sanità,
effettuati da tutti i governi, di qualsiasi colore negli ultimi 25 anni, hanno
ridotto all’osso il personale e reso obsoleti molti macchinari, non a caso i
nostri politici, persino quelli sovranisti, in caso di bisogno vanno a farsi
curare all’estero o si fanno ricoverare in cliniche di eccellenza dove tengono
parecchi amici e che non sono aperte a tutti, pur essendo in gran parte
sovvenzionate con fondi pubblici.
Così abbiamo assistito a
striscioni di incoraggiamento e di
ringraziamento fuori da alcuni ospedali nelle città in prima linea per la lotta
al contagio, abbiamo visionato tutti i video e le immagini apparsi sui social
con medici ed infermieri che soccombono a dormire sulla scrivania dopo turni di
lavoro massacranti, con i segni sul viso di una maschera che ti preme sulla
pelle da diverse ore, abbiamo riempito quelle pagine di like, di cuoricini, di
abbracci, qualcuno si è spinto più in là facendo recapitare in ospedale delle
pizze da asporto perché si rifocillassero.
Sembra di stare al festival dei
buoni sentimenti, eppure aleggia nell’aria qualcosa di artificiale, di più,
aleggia nell’aria non un vero e sentito grazie a persone che stanno affrontando
la crisi non risparmiando energie e correndo anche dei seri rischi, visto che
in molti casi non sono equipaggiati a difendersi dal contagio come lo erano i
medici cinesi, né come lo sono i medici dello Spallanzani o quelli che sono
andati a recuperare i nostri concittadini in Cina per accompagnarli in
quarantena nel suolo italiano; negli ospedali ordinari manca tutto: le
mascherine, i guanti, i tamponi, i posti in rianimazione, già insufficienti per
affrontare la normale routine.
Sembra più un sentimento che
necessita di superfici specchio perché quel caloroso abbraccio, quel sentirsi
più buoni, più efficaci, più bravi, ricada addosso a chi lo emette, come se
ringraziando questi eroi dell’abnegazione mi sentissi un eroe anch’io, come se il
loro coraggio di gente che rischia ogni giorno fosse il mio stesso coraggio che
me ne sto a casa, come se i 25 miliardi per la crisi covid-19 li avesse
stanziati Salvini dalla baita in Trentino e non Conte da Palazzo Chigi (e
infatti Salvini se n’è preso il merito).
Un sentimento buonista che serve
più ad autocelebrarmi, dunque, e non a inviare un sentito grazie alle persone
che lavorano duramente mentre tutto il resto del Paese è in pausa forzata; è
facile prevedere che un sentimento così labile e poco profondo svanisca nel
nulla qualora non ci siano più i presupposti e i motivi che lo hanno generato,
o che addirittura si trasformi nel suo opposto se mutano le circostanze.
Accade questo mentre scrivo, che
nella città immaginaria di … vediamo, Metropolis no perché non è così estesa,
Atlantide neanche perché non è lambita dal mare, Topolinia no perché manca i
commissario Bassettoni e poi qui i topi non li mangiano vivi, Vigata o
Montelusa nemmeno perché son nomi che sanno di terronia, Napule … Paliermo …
Reggio Calabbria no, neanche Gotham City va bene, manca Batman, manca Robin e
mancano anche Joker,
l'Enigmista, Due Facce, il Pinguino, Mister Freeze, e allora la chiameremo
Treville, città piccola che ha un unico municipio e tre baseleghe soltanto.
Nell’ospedale di Treville, in
tempi di corona virus, un medico chirurgo (ma che chirurgo lo è per davvero
perché opera in sala operatoria, mentre tutti i medici risultano anche
chirurghi, anche se non sanno tenere un bisturi in mano e mentre per il
parcheggiatore dei Parioli siamo tutti dottori, infatti qualsiasi livello di
scolarità tu abbia ti dice comunque: “Ja parcheggio subbito a machina, dottò”)
si senta male, talmente male che gli sorge un sospetto, fa il tampone e risulta
positivo.
Lui viene posto immediatamente in
isolamento e forse non si accorge di quello che succede intorno a lui, ma tutti
i suoi colleghi, gli infermieri, il personale sanitario dall’Os fino a quello
che fa la pulizia per le scale e per i corridoi, fino all’usciere, quelli che
sono venuti in contatto con lui, in sala operatoria, in corsia, in corridoio,
al bar, in tutto il perimetro dell’ospedale, vengono percepiti come untori, appestati,
gli angeli sono caduti nel fango.
Niente più striscioni di
ringraziamento fuori dall’ospedale, le pagine dei social prima frequentatissime
e piene di follower, oggi languono desolate, persino il mostro di Foligno o
quello arrestato per aver stuprato e ucciso una bambina in Campania mi hanno
tolto l’amicizia, da quando la notizia è uscita sui giornali (quelli locali di
Treville) amici e conoscenti si sono fatti sentire, i primi preoccupati, i
secondi per sapere dove fossi in modo tale da evitarmi, nel condominio dove
abito ormai mi salutano appena, mentre solo ieri erano larghi di sorrisi e
strette di mano e abbracci virtuali, se mi incontrano cambiano marciapiede,
fanno finta di non vedermi, mi salutano a distanza agitando la manina,
afferrano i loro bambini e anche i loro cani se fanno le mosse di avvicinarsi a
me, mi lasciano volentieri l’ascensore tutto per me e poi chiamano un’azienda
di pulizie per disinfettarlo, mi lasciano persino il parcheggio, spostando le
loro macchine che si trovano vicine alla mia e se voglio una pizza me la devo
pagare … anzi devo farmela io, visto che le pizzerie sono chiuse.
Tutti i diretti interessati in
ospedale pensavano che la Asl sarebbe intervenuta prontamente, invece è intervenuto sui giornali solo il
direttore sanitario assicurando che era tutto sotto controllo, il personale
lavora protetto dalle migliori misure di protezione, mentre tutti i locali
frequentati dal medico infetto sono stati accuratamente sanificati e vengono
regolarmente sanificati più volte al giorno (si, come prima del virus, dalla
signora col secchio, il mocio e Mastrolindo), e i tamponi all’equipe della sala
operatoria e al personale del reparto dove lavorava?
Sponte sua non s’è visto nessuno,
sollecitato da una delegazione medica con a capo alcuni primari che hanno
chiesto spiegazioni, alla Asl hanno risposto prima che i tamponi si fanno solo
in presenza di sintomi conclamati, alla replica che in presenza di sintomi
conclamati il personale ospedaliero avrebbe già potuto infettare mezza città,
visto che ciascuno ha una famiglia, dei parenti, deve fare almeno quelle
commissioni improcrastinabili come far la spesa e altre cose prosaiche, e poi
vedono, visitano, entrano in contatto giornalmente con altri colleghi e con i
pazienti, ammettono che non ci sono tamponi per tutti.
Dopo quattro giorni, QUATTRO, si
risolvono a fare il tampone solo al personale di sala, chi insomma è entrato in
stretto contatto col medico contagiato, gli altri pedalare anzi, se volete la
mascherina fatevela da soli con la carte forno gli elastici e le graffette,
come hanno mostrato da Barbara D’Urso, come guanti usate i sacchetti
riciclabili del supermercato, come cuffia quelle della piscina o quelle del
courtesy kit degli hotel (tanto in hotel non ci va più nessuno e soprattutto
non mangiate più i topi vivi, che è per quello che abbiamo il corona-virus.
Da Emme