Man Ray - Kiki |
Kiki de Mountparnasse |
Kiki |
“Mi pare disegnata proprio come
una grande scacchiera, — disse Alice finalmente. — Vi dovrebbero essere qua e là
degli uomini che si muovono… ed eccoli, ci sono! — aggiunse deliziata, e il
cuore le comincio a battere più celere mentre continuava: — Si gioca un gioco
colossale di scacchi… per tutto il mondo… se questo è un mondo. Oh, che
divertimento! Vorrei essere del gioco. Non m’importerebbe d’essere una Pedina,
purché potessi essere là con loro, ma naturalmente mi piacerebbe di più essere
Regina”.
(Lewis Carroll, Attraverso lo specchio, cap. III).
Man Ray - Kiki in posa da prostituta, 1925 |
Andre Kertesz - Kiki de Mountparnasse |
Maurice Mendjizky, Kiki de Montparnasse, 1920
“Questo dev’essere il bosco, —
disse meditabonda, — dove le cose non hanno nomi. Chi sa che sarà del mio,
quando c’entrerò! Non mi piacerebbe di perderlo… perché dovrebbero darmene un
altro, e certo sarebbe brutto. Sarebbe divertente trovare la creatura che
portasse il mio vecchio nome. Proprio come i manifesti quando la gente perde i
cani: "Risponde al nome di Menelik: aveva un collare d’ottone";
figurarsi, chiamare ogni cosa che s’incontra "Alice", finché una
risponde. Ma se fosse savia, non risponderebbe affatto”. (Lewis Carroll,
Attraverso lo specchio, III).
Kiki |
Kiki |
Kiki |
“Alice guarda i gatti
e i gatti guardano nel sole
mentre il mondo sta
girando senza fretta.
[…]
E Lilì Marlène
bella più che mai
sorride e non ti dice
la sua età
ma tutto questo Alice
non lo sa”.
(Francesco De
Gregori, Alice).
Kiki de Montparnasse, nu allongé |
Moïse Kisling |
Già, Alice non sapeva molte cose,
non sapeva che il mondo gira, senza fretta d’accordo, ma gira indipendente da
noi, e lentamente macina la nostra esistenza giorno dopo giorno fino a ridurci
in polvere, non sapeva, come Lilì Marlène … o era Lili Marleen? Boh …, di
essere bella anche lei, bella più che mai e che le sarebbe piaciuto molto che i
“gatti”, tutti i gatti del mondo, avessero guardato lei invece del sole, le
sarebbe piaciuto essere lei il sole.
Alice Ernestine Prin era nata a Châtillon-sur-Seine,
in Borgogna, a sud-est di Parigi, nel 1901, ma non sapeva di essere figlia
illegittima (allora si diceva “una bastarda”), perché il padre subito dopo la
sua nascita si era volatilizzato, come se non fosse mai esistito, come fosse
stata concepita in provetta o ad opera dello Spirito Santo … come vedete la
fecondazione eterologa e l’utero in affitto sono sempre esistiti.
Subito dopo si eclissò anche sua
madre, che fu costretta ad andare a Parigi a cercar fortuna, una fortuna che
non arrivò mai, ma che le permise di sopravvivere e di far sopravvivere seppure
molto miseramente i suoi sei figli nati tutti da padri diversi e tutti estremamente
volatili, che la donna dovette affidare ai nonni.
La bambina crebbe senza conoscere
i suoi genitori, in uno stato di povertà assoluta (più di qualche volta dovettero
fare affidamento sulla carità delle suore), senza alcuna istruzione e con
pochissimi rudimenti di educazione, in sostanza eccetto che per la sua
sopravvivenza fisica e per qualche primitiva forma di affetto da parte di
questi nonni, era abbandonata a se stessa in mezzo al nulla (Châtillon-sur-Seine
conta oggi 6080 abitanti, allora dev’essere stato poco più che un villaggio).
A dodici anni raggiunse la madre
a Parigi, raggiunse cioè una donna che non conosceva affatto, erano due
complete estranee, ma Alice non solo non conosceva questa donna, ma non
conosceva nemmeno la figura della madre, per lei una madre rappresentava ben
poco, non ne accettava l’autorità, perché l’autorità è data dall’amore.
Man Ray - Kiki |
Man Ray - Kiki, 1926 |
Come tutte le figlie illegittime
e come accade anche per le orfane, Alice si portava cucito addosso quel
sentimento abbandonico elaborato in un primo tempo attraverso una più o meno
radicale svalutazione di sé (sono stata abbandonata perché non valevo niente, o
perché ero cattiva è pur sempre meglio che accettare di non avere genitori, nel
primo caso se dimostri cioè di valere qualcosa o se diventi più buona puoi
recuperare l’affetto dei genitori che ti hanno abbandonato o conquistare
l’affetto di nuovi genitori surrogato, nel secondo caso sei senza speranza).
Giunta nella grande città, nella Ville Lumière, detta così non soltanto
perché fu la prima città al mondo ad essere illuminata dai lampioni a gas, ma
perché era un faro per la cultura, per la scienza, per l’arte e per il buon
gusto per tutte le altre, Alice fu impiegata dalla madre a lavorare in una
stamperia a rilegare libri (dirà dopo nella sua autobiografia Souvenirs che il primo libro che dovette
assemblare fu un’edizione clandestina del Kamasutra
… quasi un presagio).
Poi trovò impiego in una caserma
militare, si occupava soprattutto degli scarponi dei soldati, li disinfestava,
li ammorbidiva con l’olio, li rimetteva in forma; il lavoro le fruttava poco,
mangiava nelle mense popolari e aveva riadattato per sé un paio di scarponi da
uomo misura 40 in cui il suo piede ci nuotava dentro.
A quattordici anni fu assunta un
una boulangerie, una panetteria in
cui doveva svegliarsi all’alba ed il lavoro era molto più faticoso; ma ciò che
la infastidiva di più era il fatto che i garzoni appena era loro possibile la
palpeggiavano in tutto il corpo nel retro-bottega, era intollerabile sentirsi
tutte quelle mani che la frugavano addosso, la sentiva come una violazione e
una violenza.
Certo Alice stava crescendo, non
era più la bambina che si stupiva della minima sciocchezza appena giunta a
Parigi, stava diventando donna e le forme del suo fisico si stavano
arrotondando, e questo accendeva il desiderio degli uomini che la circondavano,
un desiderio che diventava predatorio nel caso di Alice, perché nella sua
situazione sembrava la preda perfetta per ogni uomo.
Man Ray - Kiki, 1930 |
George Hoyningen-Huene - Lee Miller |
Non aveva un padre che la potesse
proteggere e difendere e la madre sembrava più occupata a sopravvivere che a
dare a questa povera figlia sua un briciolo d’affetto, forse non sapeva nemmeno
lei cosa fosse l’affetto, fatto sta che interpretava il suo ruolo di madre in
maniera molto rigida, imponendo delle regole e un controllo estremamente severi
(convinta, forse, che in questo modo la figlia avrebbe evitato la sorte che era
toccata a lei … perché una ragazza madre non aveva futuro, era considerata né
più e né meno alla stregua di una puttana ed era difficile togliersi questo
stigma anche in una città come Parigi).
Chissà perché le figlie delle
donne che si sposano precocemente, tendono a loro volta a sposarsi presto,
quelle che fuggono di casa hanno figlie che lasciano molto presto la casa
genitoriale, è più facile per una figlia illegittima avere a sua volta figli
illegittimi, per i figli dei separati separarsi a loro volta e i figli dei
suicidi tendono a suicidarsi con un’incidenza maggiore degli altri.
Perché avvengono queste cose,
identificazione, modellamento, imitazioni, assorbono inconsciamente il codice
del legame genitoriale, la matrice relazionale vigente in quella famiglia? Si
tratta solo di un caso pur avendo questo caso significatività statistica e una
valenza correlazionale se non proprio un fondamento causale? Non lo sappiamo.
Sappiamo però come si può uscire
da questa eredità transgenerazionale, attraverso l’amore reciproco che permette
di affrontare insieme all’altro i propri traumi inelaborati, di capire e far
capire all’altro quali sono i propri vissuti profondi, come ci hanno
modificati, come è stato difficile, se non impossibile, riversarli dal rapporto
con i propri genitori al rapporto col proprio partner e da questi al rapporto
con i propri figli e nell’affrontare la vita in generale.
Alice era la preda perfetta,
dicevo, non soltanto per i garzoni della panetteria, ma per qualunque maschio
le gravitasse intorno perché il predatore capisce quando la propria preda è debole
ed isolata; la madre è già una puttana per tutti, avendo avuto una figlia
illegittima, nessuno si sarebbe stupito se anche la figlia ne avesse seguito le
orme, sarebbe stata una delle tante filles
de joie nate da un momento di piacere e destinate a dare piacere.
Man Ray |
Kees van Dongen. Retrato de una mujer con un cigarrillo (Kiki de Montparnasse). Hacia 1922-24 |
Kiki |
Se i palpeggiamenti con le mani
ruvide e sporche di farina ad Alice non piacevano affatto, tutt'altra cosa però
era il piacere di essere guardata, ammirata, desiderata dagli uomini; non ci
sarebbe da stupirsi in nessun caso se una donna provasse questo desiderio, ma
in lei era molto più potente e precoce proprio perché da quando era nata
nessuno l’aveva mai guardata come se fosse una cosa bella, importante,
desiderabile … il cogliere il proprio valore e la propria amabilità negli occhi
dell’altro fu una circostanza a cui rimase appesa per tutta la vita.
Stava diventando molto bella
Alice, ma lei tutto questo non lo sapeva, perché nessuno riusciva semplicemente
a dirglielo, non sua madre per cui lo sbocciare della figlia diventava un
problema grandissimo, che diventasse bella poi aggravava ancora di più questo
problema, perché ciò significava che era ancor più desiderabile, e questa madre
non sapeva trasmetterle l’orgoglio di avere una bella figlia né l’affetto e la
comprensione per le dinamiche adolescenziali che stava attraversando.
Nel frattempo anche Alice provava
gli scombussolamenti tipici della sua età, tempestosi desideri le
attraversavano il corpo e la mente e li viveva come potenziali pericoli e come
vaghe insidie e non come sensazioni piacevoli sconosciute.
Nei suo diario Souvenirs scrive che per sfuggire a
quelle minacce per la sua integrità iniziò a praticare l’autoerotismo, la sua
prima volta in una giornata d’estate calda e afosa chiuse le persiane e si
adagiò sul letto, all’inizio quelle carezze le sembrarono bellissime e soavi,
ma la strana sensazione che ne seguì, il parossismo che le accompagnò e le
concluse, la fece sentire strana, le diede la sensazione di perdere il
controllo di sé e la spaventò moltissimo.
Le piaceva ammirare i bei ragazzi
intorno ed essere guardata, le piaceva sentire di piacere, per accentuare
ancora di più la sua avvenenza, per sembrare più grande di quello che era,
iniziò ad imitare le donne adulte, e a Parigi di splendidi esemplari di donne
superbe e sicure di sé durante la Belle
Époque ne poteva vedere quante ne
voleva, così con i miseri strumenti che aveva a disposizione iniziò ad
annerirsi le sopracciglia e le ciglia con la punta dei fiammiferi bruciati.
Kiki |
Contant Detré - Kiki de Mountparnasse |
Kiki |
Kiki |
La proprietaria della panetteria
la scoprì mentre si sottoponeva a questa sorta di trucco rudimentale e la
apostrofò col titolo di “Puttana”, Alice che è sempre stata un tipino tutto
pepe e che non accettava l’autorità di nessuno, le sferrò un pugno e ne ricavò
un bel licenziamento.
Trovandosi senza lavoro e non
potendolo confessare alla propria madre, pur di guadagnare qualcosa si risolse
a posare nuda per un anziano scultore, sua madre che era venuta a saperlo
irruppe all’improvviso nello studio dell’artista e la sorprese priva di veli,
la reazione di questa donna fu estrema e paradossale, per scongiurare il timore
che seguisse le sue orme non volle più saperne della figlia, che si veniva a
trovare così senza lavoro e senza una casa.
Come abitazione si adattò a
vivere in una vecchia baracca, che riadattò alla meglio, per il resto cercò di
trovare un accordo con se stessa fra il suo stato di bisogno e il timore di
compromettersi, di perdere quella che all’epoca veniva chiamata “onorabilità”,
corredo prezioso per una giovane donna che volesse condurre una vita serena,
poter aspirare a qualcosa e non essere umiliata dagli uomini e dalle altre
donne.
Adescava qualche cliente, in
particolar modo vecchi, adolescenti o persone disabili, si appartava con loro
nei cortili bui, negli androni dei portoni e li “per un pugno di dollari”
mostrava loro il seno, scopriva le gambe e “per qualche dollaro in più”
mostrava pure le sue parti intime e si faceva accarezzare, che tanto ormai ci
aveva fatto l’abitudine in panetteria, li la toccavano lo stesso, che almeno
pagassero per farlo.
Fatale sulla strada della sua
vita fu l’incontro con Eva, una ragazzina di qualche anno in più di lei,
randagia e raminga come lei, che viveva anch’essa in strada prima che la
accogliesse nella sua stessa baracca, e che, contrariamente ad Alice che era
ancora vergine, si concedeva ad un macellaio che ogni volta le pagava ben due
franchi ed una treccia di salsicce.
Brassai - Kiki e il suo accompagnatore |
Kiki |
Kiki dans une belle robe |
Alice divenne invidiosa
dell’amica (due franchi e una treccia di salsicce erano pur sempre due franchi e una treccia di salsicce), in fondo cos’erano per lei che viveva da sola, in una baracca,
abbandonata da tutti questo onore che sembrava molto prezioso a sua madre, la
rispettabilità di cui tutti si riempivano la bocca, la moralità, il buon nome,
il buon gusto, la rispettabilità, la virtù, la propria reputazione se non puoi
nemmeno permetterti una minestra calda, se non puoi mangiare tutti i giorni, se
sei sporca e lacera da suscitare solo pietà e ribrezzo, se non puoi nemmeno
lavarti per darti un aspetto decente e non puoi nemmeno proteggerti dal freddo
dell’inverno?
Alice cominciò a pensare che la
sua bellezza fosse la sua unica fonte di guadagno e che se voleva migliorare la
sa condizione non poteva limitarsi a farsi guardare da qualche sciagurato,
doveva proprio decidersi a perdere la sua preziosa verginità, che ormai vedeva
più come un peso che come il tesoro che le avevano fatto credere che fosse.
Eva, che ai suoi occhi era ormai
un’esperta, le suggerì di farsi deflorare da un vecchio: “I vecchi fanno meno
male!”, trasmettendole così l’idea che ciò che stava per fare fosse non soltanto
una cosa necessaria nella sua situazione, ma che fosse solo dolore, nessuna
traccia di piacere e men che meno di amore; fu così che Eva le presentò un
signore cinquantenne (il vecchio che ci voleva), che di mestiere faceva il
clown.
Il tizio in questione però fu
molto più paterno con lei che altro, la ospitava in casa sua, le dava da
mangiare, la metteva a letto rimboccandole le coperte, le suonava la
ninna-nanna con la chitarra, ogni tanto gli piacere fare con lei qualche
giochino erotico, ma di deflorazione nemmeno l’ombra, Alice attendeva, ma non
succedeva niente, tanto che l’atteggiamento di quest’uomo le sembrava patetico.
Stanca di aspettare e
insoddisfatta Alice decise di scappare con un pittore di nome Robert, che la
ospitò in casa sua; la prima notte insieme, guardandolo spogliarsi venne colta
da una risata isterica irrefrenabile, Robert aveva delle calze tagliate sulla
punta, che mostravano le dita, come se si trattasse di mezzi guanti … e il
passo da mezze calze a mezzi guanti, e da mezzi guanti a mezza calzetta
riguardo all’uomo che aveva di fronte fu breve, solo che invece che esplicitare
questo pensiero si mise a ridere forsennatamente.
Kisling Moise - Kiki de Montparnasse in a red jumper and a blue scarf, 1925 |
Kiki |
Kiki |
Lee Krasner - Kiki |
Ma se Robert smontò quella sera,
incapace .di procedere oltre con una ragazza che non smetteva di ridere, le
sere successive ci riprovò, ma stavolta aveva preso le sue precauzioni, aveva
rimorchiato due prostitute con l’intento di insegnarle la tecnica del fare
l’amore, come si fa godere un uomo insomma, ma Alice rifiutò categoricamente di
prestarsi a questa farsa.
Non c’era verso per Alice di
acconciarsi ad andare a letto con quest’uomo, che al colmo della sua ira iniziò
a picchiarla, a tenerla segregata, a ricattarla, ad intimarle che se continuava
così l’avrebbe messa a battere sul marciapiede proprio come le sue amiche che
le aveva presentato in precedenza; era una situazione molto brutta ormai per
entrambi, che forse sarebbe pure finita male, se all’improvviso Robert, per
motivi mai appurati, scomparve per sempre senza dare più notizie di sé.
Ma il fatto che si fosse
sottratta alla violenza di quell’uomo, non significava che Alice avesse risolto
i suoi problemi, tornò a vivere a Mountparnasse, il suo quartiere d’origine,
quello in cui aveva abitato con sua madre, un quartiere curioso, con un nome altrettanto
curioso, ilo Parnaso era il monte consacrato ad Apollo e alle sue muse, la
culla di tutte le arti, sembra che il nome si debba ad alcuni studenti parigini
che si recavano su quella che una volta era una collina, prima che venisse
spianata dal Boulevard de Mountparnasse per far perdere ai parigini la voglia
di fare rivoluzioni ogni volta che gli giravano le palle, a declamare le loro
poesie.
Ma dovette ritornare ad abitare
in un’altra catapecchia, a rubare il pane per nutrirsi e a lavarsi nei bagni dei
bistrot, e il Mountparnasse era pieno di bistrot dove si riunivano artisti di
ogni genere, letterari, poeti, scienziati, pensatori e tutta quella fauna
ambigua e caratteristica che popolava la Parigi dell’inizio del XX° secolo.
A dare la consacrazione al
quartiere di Mountparnasse contribuirono alcuni artisti che, nel pieno del loro
successo professionale, scelsero questo posto come luogo per la propria
abitazione e per mettere su i loro atelier, i loro studi artistici, il centro
nevralgico da cui si irradiava la loro svolta artistica, culturale, filosofica
o scientifica o semplicemente l’arte tutta parigina del saper vivere, del bon
vivant.
Man Ray - Lee Miller, 1931 |
Man ray - Lee Miller, 1939 |
Man Ray - Kiki |
Man Ray |
Primo fra tutti fu Picasso, ma
ben presto lo seguirono anche Soutine, Foujita, Modigliani, Pascin, Léger, Juan
Gris ed Henri Matisse … per il resto, praticamente tutti, ma proprio tutti
quelli che contavano e anche quelli che speravano di contare qualcosa, ormai
frequentavano i locali del Mountparnasse.
In quei locali fumosi, grevi di
odori di cibo, di grassi sfrigolanti, di cipolle e di agli rosolanti, di fette
di pane tostato, di salse aromatiche, di vassoi ripieni di ogni ben di dio,
delle bollicine della Perlier o di qualche champagne, avvenivano discorsi che
Alice non poteva nemmeno comprendere in tutta la loro intensità e nella loro
profondità.
Così, questo scricciolo di donna,
inselvatichita dalla vita che conduceva, frequenta La Rotonde, più per lavarsi
gratuitamente che per consumare qualcosa pagando, qui entra nelle simpatie di Chaïm
Soutine, un pittore russo, che la presenta a sua volta ad alcuni suoi amici
pittori che di tanto in tanto la sottraggono alla vita di stenti offrendole un
letto e un pasto caldo.
Molti di loro la ospitarono per
simpatia, per spirito di carità, perché lei docilmente posava per loro, per
qualche istinto paterno (sempre ammesso che esistano simili istinti) … chissà,
ma qualcuno la vide anche come donna anzi, vide in lei proprio un prelibato
bocconcino che nessuno sembrava ancora aver colto, nonostante le asperità che
aveva attraversato.
A cogliere questo fiore fu il
pittore polacco naturalizzato a Parigi Maurice Mendjizky, fu lui a renderla
donna (sono quelle cavolate che un uomo inizia a credere per sentirsi
importante e che la donna gli lascia credere per amore o per convenienza … una donna
è già donna, diventa donna da bambina che era come se fosse la cosa più
naturale del mondo un tempo diventava anche madre con la stessa nonchalance … diciamo che l’uomo è
soltanto un utile ammennicolo), fu quest’uomo però a cambiarle il nome da Alice
Prin a Kiki de Mountparnasse, fu lui a consacrarla come modella dei più grandi
artisti dell’epoca e a spianarle la strada come la regina di Paris.
Man Ray - Lee Miller o Kiki de Mountparnasse, lui le scambiava spesso e io ho trovato entrambe le indicazioni |
Man-Ray-e-Lee-Miller-©-Lee-Miller-Archives-1939-photo-Theodore-Miller-1931 |
Marlene Dietrich |
Da quel momento diventò la
modella per molti artisti di Parigi: Moïse Kisling (Nu assis), Amedeo Modigliani, Tsuguharu Foujita (Nu couché de Kiki), Chaïm Soutine,
Francis Picabia, Jean Cocteau, Arno Breker, Alexander Calder, Per Krohg,
Hermine David, Pablo Gargallo, Mayo e Tono Salazar, mentre il pittore e regista
Fernand Léger filmò il suo sorriso enigmatico nel film Ballet mécanique.
Molti di essi erano perennemente
squattrinati, le davano pochi spiccioli, quando potevano darglieli, più spesso
vitto e alloggio, ma Alice si spogliava volentieri non tanto per i soldi quanto
perché le piaceva farsi ammirare e sperava che quelle opere avessero un
successo strepitoso perché anche lei diventasse famosa … come la Gioconda.
E invero, fra gli artisti di
quell’epoca, c’era la ricerca spasmodica non solo a produrre una buona arte, ma
a produrre il capolavoro dei capolavori, come lo era la Gioconda di Leonardo … un’opera che chiunque poteva osservare
pagando pochi franchi per il Louvre, un’opera universale, che ha tracciato la
storia dell’arte, di quelle che una volta viste non le dimentichi più, quelle
che hanno il potere di far sparire qualsiasi opera per quanto pregevole vicina
a loro … chi ricorda quali opere ci siano nella sala del Louvre dov’è esposta
la Gioconda e chi saprebbe dirmi quale altra opera di pari dimensione è
conservata nell'ex-refettorio rinascimentale del convento adiacente al
santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano proprio di fronte all’Ultima cena leonardesca?
Alice non era ancora un’opera
d’arte, era intraprendente, ambiziosa, voleva essere ammirata, voleva diventare
la regina di Parigi, ma era incolta e volgare, grezza come una timpa, dura e
pietrosa come gli scogli di Longarini, spesso anche scurrile e volgare e anche
svergognata … per lei le mutande proprio non esistevano, e quando
successivamente le chiederanno in un’intervista il perché non le indossasse
rispose che era per comodità, i caffè a quel tempo non avevano la toilette per
signore e allora bastava sollevarsi le gonne per fare pipì in un angolo della
strada; dell’opera d’arte per il momento aveva solo il nome e le amicizie
giuste: gli artisti de La Rotonde a Mountparnasse.
Ma era anche di un candore e di
una generosità impressionanti, non solo concedeva spesso il suo corpo a persone
disperate, e non soltanto agli artisti, ma una volta nei pressi de La Rotonde
sentì piangere una donna a cui era morto il figlio e lei non aveva nemmeno i
soldi per pagare il funerale, fu l’unica ad intenerirsi, o l’unica intenerita
che fece qualcosa: entrò nel ristorante e girò per tutti i tavoli con la gonna
alzata, poi avvicinava loro un cappello chiedendo soldi “per lo spettacolo”,
alla fine era riuscita a mettere su non soltanto i soldi per il funerale ma
anche di che pagare a quella donna un abito nuovo e più adatto per seppellire
suo figlio.
Josephine Baker |
Dora Maar (1907-1997) - Jeune Femme Nue Assise |
Kiki |
Kiki |
La sua storia d’amore più nota,
quella più importante, fu con Man Ray, iniziata nel 1921 e che durò, fra alti e
bassi, per sei anni, fra migliaia di fotografie scattate, momenti di passione e
di tenerezza, fra reciproci tradimenti, urla, strepiti, litigi, schiaffi,
pugni, calci, tirate per i capelli, spesso tutto ciò avveniva pubblicamente,
quella relazione per molti aspetti non riusciva proprio a rientrare nelle
faccende private, sembrava aperta al pubblico sia nelle effusioni sia nelle
accese discussioni.
Entrambi erano gelosissimi del
partner, bastava un niente per scatenare un putiferio, bastava un gesto,
un’occhiata, una parola di troppo ad un amico o ad un cliente dei locali dove
adesso lei si esibiva come cantante e ballerina, perché a lui salisse il sangue
agli occhi e uscisse il fumo dalle orecchie e si alzasse dal tavolo per
pestarla, lei non si difendeva soltanto, ma contrattaccava con calci e pugni,
con tirate di capelli.
Anche lei non scherzava, in certi
casi diventava una furia, come quando una sera al cafè La Coupole si accorse
che fra il suo uomo e Lee Miller, indossatrice ed aspirante fotografa
catapultatasi dagli Stati Uniti a Parigi per consacrarsi al sacro fuoco
dell’arte, bisessuale e libertina quanto e forse più della stessa Alice, c’era
un’intesa intima scandalosamente manifesta; Alice non seppe trattenersi, gli
sferrò un pugno in faccia e avrebbe continuato a menarlo se lui non si fosse
rifugiato sotto il tavolo, da dove lei cercava di stanarlo lanciandogli
addosso, piatti, bicchieri e ingiurie.
Ad un certo punto di questo ménage sado-maso Alice face un ennesimo
colpo di testa, stanca della tensione continua creatasi fra lei e Man Ray colse
al volo l’occasione per scappare negli Stati Uniti con un giornalista
americano, ma soltanto qualche mese dopo spedì al suo uomo a Parigi un
telegramma da Saint Louis con tre lettere soltanto: “SOS”.
Mar Ray accorse in suo aiuto e la
loro relazione riprese con più impulso di prima, ma la nuova linfa dovuta alla
paura di perdersi e al piacere di ritrovarsi durò molto poco, lei riprese ad
esibirsi al Jockey, un locale notturno non molto raffinato, dove faceva una
versione erotica del can-can, ballando senza mutande, quasi sempre ubriaca o
sotto l’effetto di qualche droga, che quando cantava dimenticava le parole e
ravvivava l’atmosfera alzandosi la sottana e mandando tutti i presenti in
visibilio.
Kiki |
Pablo Gargallo, - Kiki de Montparnasse - bronze doré, 1928 © Archives P. Gargallo |
Non è che i due non si amassero, a
modo loro si amavano pure, è che proprio nessuno dei due riusciva ad essere
fedele: lui se trovava sulla sua strada qualche donna bella e interessante, lei
se qualcuno le piaceva o soltanto se le faceva pena, sarebbe bastato allora che
non fossero gelosi l’uno dell’altro, ma sfortunatamente lo erano fino alla
follia, fu una fortuna allora quando si separarono, altrimenti si sarebbero
massacrati.
Quando lascia Man Ray Alice è
definitivamente per tutti Kiki de Mountparnasse, oltre ad essere cantante e
ballerina per i locali di Parigi (si esibì anche all’Oasis), calcò anche le
scene del teatro con un’opera di Francis
Picabia (sfortunatamente con scarso successo) e provò anche a tenere un
pennello in mano combinando un completo disastro.
Al suo vernissage, organizzato in
grande stile dal suo amante di turno, il disegnatore Henri Broca, erano
presenti gli artisti più famosi, molti intellettuali, giornalisti e persino il
ministro dell’interno Albert Serrault; in uno scatto d’ira Kiki contestò i
rappresentanti del governo e li riempì di insulti e parolacce, il giorno dopo
lo scandalo era enorme e lei era su tutti i giornali.
Fu anche attrice cinematografica,
interpretando otto film nel ruolo a lei congeniale di donna perduta, ma non
divenne famosa per le sue, peraltro discutibili, qualità artistiche, quanto
perché divenne un’icona, un modo di
essere, un profilo ben noto perché artisti ormai famosi la resero immortale, tanto
da non sembrare affatto fuori luogo che questa donna nel 1929, all’età di 28
anni decidesse di scrivere le sue memorie.
E che a scriverle la prefazione dell’edizione
americana fosse il grande Ernest Hemingway, che disse di lei con un tono che la
diceva lunga sul loro rapporto e che non sembrava per niente affettato o
esagerato: “Del suo corpo splendidamente bello, della sua voce gradevole,
adatta a parlare più che a cantare. Kiki ha certamente dominato l’era di
Montparnasse più di quanto la regina Vittoria abbia dominato quella che si
chiama era vittoriana”.
Paul Almásy |
Kiki |
Kiki |
E, rincarando la dose: “Se siete
stanchi dei libri scritti dalle signore della letteratura per entrambi i sessi,
questo è un libro scritto da una donna che non è mai stata una signora. Per
quasi dieci anni è stata a un passo dal diventare quella che oggi sarebbe
considerata una Regina, il che, naturalmente, è molto diverso dall'essere una
signora”.
In molti, uomini e donne, a
Parigi, desideravano Kiki de Mountparnasse, chi desiderava essere simile a lei,
avere la sua sfrontatezza, essere desiderata e amata da tutti come lei era, e
chi desiderava invece la sua compagnia, le sue attenzioni, il suo affetto, il
suo corpo morbido, i suoi baci infuocati, il suo culo strepitoso impressionato
in molte pellicole e pennellato su molte tele, quel culo che mostrava con
sfrontatezza alle famigliole o alle coppiette borghesi dopo averle avvicinate
con un sorriso e aver chiesto loro: “Posso fare qualcosa per questi bravi
signori?” che venivano a passeggiare nel suo quartiere, ormai diventato di moda.
Ma Kiki, o meglio Alice, aveva
due soli desideri, del primo è lei stessa a parlarcene quando confessa che: “Ho
solo bisogno di una cipolla, un tozzo di pane e una bottiglia di vino rosso, e
troverò sempre qualcuno che me li offre”.
A me non colpisce la povertà
delle sue richieste, una persona avvezza a poco e a saltare i pasti può anche
accontentarsi di poco anche quando economicamente sta bene, oppure esagerare
adesso che può e pretendere solo ostriche, caviale e champagne, come una sorta
di risarcimento per ciò che non ha avuto, così come andava a letto con molti
uomini alla ricerca di quell’affetto che non aveva mai provato, e come le piacesse
essere guardata e desiderata come compenso per non essere mai stata badata e
accudita.
Mi colpisce piuttosto il suo
candido: “ … troverò sempre qualcuno che me li offre”, la vita era stata dura
con lei, molto precocemente aveva dovuto ricorrere all’arte di arrangiarsi,
altrimenti sarebbe morta di fame, di freddo, di stenti, di fatica o di
malattia, aveva dovuto contare solo su se stessa, proprio per questo era per
lei importante poter pensare che qualcuno sempre e dovunque avrebbe provveduto
a lei, non le avrebbe fatto mai mancare quel poco che poteva darle e che
sarebbe stato sufficiente a tenerla in vita.
Man Ray and Lee Miller at the Fairgrounds, 1930 |
Man ray - Kiki de Mountparnasse 1926 |
Kiki |
L’altro desiderio, molto più
esplicito ed evidente, che abbiamo rincorso per tutta la narrazione di questa
vicenda di vita, era quello di diventare la regina di Parigi, la più famosa, la
più ammirata, la più desiderata, quella che manda in visibilio tutti.
Ma a Parigi in quel tempo c’erano
molte prime donne, anche più belle e seducenti di lei, più melodiose, più conturbanti,
più ambiziose, più intraprendenti, più intelligenti, più talentuose, più
geniali, più fredde e calcolatrici, più manipolatrici, più diaboliche … ma
nessuna di loro riuscì a spuntarla, Parigi è una donna gelosa, dispettosa e capricciosa,
solo lei è la regina e le varie vamp, starlettes, femmes fatales, chanteuses,
danseuses, … duravano un periodo più o meno breve, una moda, il passaggio di una
meteora, Parigi le illuminava, e Parigi le spegneva, senza ragione alcuna le
elevava e senza ragione alcuna le faceva precipitare.
Ed è proprio nel periodo del suo
massimo splendore, nel 1929, quando scrive le sue memorie, quando è ormai
conosciuta da tutti e vive agiatamente, quando possiede un locale tutto suo, il
“Chez Kiki” (l’ex Oasis), in rue Vavin, che la sua carriera artistica e il suo
successo iniziano a declinare; Kiki deve la sua esistenza e il suo successo a
quel miracolo di equilibrio fra genio, arte, follia, sregolatezza e tolleranza
(le amministrazioni parigine tolleravano, saggiamente, in quel quartiere e a
Mountmartre cose che non erano tollerate altrove, ad esempio a Pigalle, dove la
“mondaine”, la buoncostume, interveniva spesso … nessun uomo che non fosse
Utrillo o Modigliani poteva aggirarsi per i vicoli di Parigi completamente
ubriaco ad ululare alla luna senza passare la notte alla sûreté) che era
Mountparnasse.
Alice si approssima ai trentanni,
l’abuso di droghe e alcol aveva accelerato il naturale decadimento del suo
fisico, era molto ingrassata, il volto tumefatto, nessun pittore avrebbe più
pensato a lei come modella per un nudo femminile, e di culi sodi e desiderabili
Parigi era piena, iniziò ad isolarsi, a non voler vedere più nessuno, se non
poteva più essere Kiki de Mountparnasse, voleva almeno essere ricordata per ciò
che era stata e non per ciò che era diventata.
Il suo carattere focoso e
impulsivo completò il suo precipizio, venne arrestata per aver picchiato un
commissario di polizia e rimase in sicurezza per dieci giorni, durante l’invasione
tedesca intreccia legami con la resistenza ed è costretta a rifugiarsi in
Borgogna per sfuggire alla Gestapo, nel dopoguerra viene di nuovo arrestata per
traffico di stupefacenti, dei soldi fatti durante il periodo di massimo
successo non le rimane più niente, ha perso di vista molti amici di allora che: o hanno fatto una brutta fine o hanno raggiunto il successo.
Moise Kisling (Poland 1891-1953 France) Kiki de Montparnasse (1924) oil |
Kiki |
A cinquant’anni per sopravvivere
legge la mano ai clienti nei bistrot, è diventata obesa, il ventre gonfio per l’idropisia,
viene ricoverata all’ospedale di Laënnec, dove morirà il 23 marzo del 1953 dopo
una breve agonia, al suo funerale dei suoi vecchi amici sono presenti solo
Dominguez e Foujita e nessun altro, in
compenso nessuno dei vecchi locali che Kiki aveva frequentato e dove si era
esibita (La Coupole, Le Dôme, Le Jockey, La Jungle ….) mancò di inviare una
corona di cordoglio.
Povera Alice, piccolo grumo di
carne, sangue, muscoli e ossa, scagliato sulla terra, oggetto di mille
desideri, generosa di te e del tuo corpo fino al masochismo se solo qualcuno ti
piaceva, se sapeva farti ridere, se ti era simpatico, se lo trovavi patetico, se
vedevi in lui lo sconfitto, l’umiliato, il bisognoso, nessuno ti ha guardata come
avresti voluto, nessuno ha ascoltato i tuoi sospiri più profondi, nessuno ha
mai preso sul serio i tuoi desideri.