“Infatti da ciò che mai è
esistito è inattuabile il generarsi, e vano e impensabile è che perisca quello
che esiste; in eterno infatti sarà dove ogni volta qualcuno lo avrà collocato”.
(Empedocle DK 31 B 12).
“Ma ti dirò un’altra cosa; non
esiste generazione di nessuno fra tutti i mortali, né termine alcuno di morte
funesta, ma solo esiste mistione, e separazione di quanto si è mescolato; ma
queste cose dagli uomini sono chiamate generazione” (Empedocle, DK 31 B 8).
“Lì non si distinguono le agili
membra del sole, né la stirpe della terra coperta di selve, né mare. Così,
nelle dense latebre dell’armonia, saldamente è infisso lo sfero ricurvo,
raggiante nella sua rotonda unicità” (Empedocle, DK 31 B 27).
“Ed ora anch’io sono fra costoro,
bandito da dio e vagabondo, fedele all’odio impazzito”. (Empedocle, DK 31 B
115, 13-14).
“Con la terra vediamo infatti la
terra, l’acqua con l’acqua, con l’aria l’aria celeste e con il fuoco il fuoco
funesto, con l’amore l’amore, e con l’odio l’odio luttuoso”. (Empedocle, DK 31
B 109).
“ … sangue che circola intorno al
cuore, questo è per gli uomini infatti il pensiero”. (Empedocle, DK 31 B 105,
3).
“”… conosci allorché la ragione
nelle viscere ti si è divisa”. (Empedocle, DK 31 B 4, 3).
“ … tutte le cose possiedono
intelligenza, e prendono parte al pensiero”. (Empedocle, DK 31 B 110, 10).
“Ippoboto riferisce che egli,
levatosi, si diresse all’Etna e, giunto ai crateri di fuoco, vi si lanciò e
scomparve, volendo confermare la fama che correva intorno a lui, che era
diventato dio. Successivamente fu riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi
calzari fu rilanciato in alto; infatti egli era solito usare calzari di bronzo”.
(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Libro ottavo).
“ - Pausania: Il tuo sguardo, al
cospetto degli dei è limpido ed il tuo genio magnifico risplende sulla terra.
Tutto ciò dovrebbe ora perire?
- Empedocle: (affettuosomante) Ma
figlio stolto! Dorme forse, si arresta il sacro
puro spirito della vita? Sempre gioioso, mai lo vedrai languire entro
prigioni, né indugiare in luoghi senza speranza. (alza le mani al cielo) Giove
liberatore!… Prepara per me la mensa, affinché possa ancora una volta
assaporare il frutto della vite, e che lieto e grato sia il mio commiato. (Fa
un cenno a Pausania perché vada) E'
maturato il tempo. Mi stupisco come se la mia vita cominciasse ora. Solo adesso
io sono . Eccomi, Padre del cielo. Occhi miei, il vostro solerte servizio è
finito. Sì, ecco! Un brivido di desiderio: la morte infine infiamma la mia
vita? E tu Natura mi porgi il calice tremendo e spumeggiante di questo cratere,
affinché il tuo cantore possa bere l'entusiasmo supremo! (gridando di gioia) Sono felice! La mia gioia
è compiuta. (Empedocle è appena scomparso dentro un rosso mantello simbolico,
porto dalle quinte. Entrano di corsa Pantea e Delia).
[…]
- Hölderlin: Oh amata Natura. Il
tuo abbraccio mortale ha reso quest'aria zuppa d'amore. L'amico del claudicante
Vulcano, il principe degli elementi, ha avuto il suo pasto. Empedocle si è tuffato nel fuoco dell'Etna,
mentre io mi sono immerso nel fuoco della follia. (Dalle quinte vengono gettati
in scena due sandali. Hölderlin li raccoglie). Di lui è rimasto un paio di
sandali, di me (indica se stesso), quello che vedi: questo corpo è il mio
sandalo, ed esso porta a spasso per le tue pianure soltanto inchini e
sberleffi. (Si inchina al pubblico, ma il falegname lo porta via amorevolmente)”.
(Friedrich Hölderlin, La morte di Empedocle, prima stesura, 1797).