venerdì 10 novembre 2017

SENZA MEMORIA E SENZA DESIDERIO 11










“Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un’impresa. Bisogna avere un’energia, una generosità, un accecamento … C’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa”.  (Jean-Paul Sartre, La nausea, p. 195).










Aveva ucciso Dio, fin da bambina, si, lei lo aveva ucciso, ma non da sola: “Siamo stati noi ad ucciderlo: voi [lei] e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa?” (F. Nietzsche, La gaia scienza, aforisma 125).
Aveva ucciso, solo qualche anno dopo, l’autorità dei suoi genitori, i valori della sua classe sociale, era rimasta delusa dai suoi coetanei, da quelli che lei riteneva i più ribelli, i più anticonformisti, l’amica Zazà, il cugino Jacques e perfino Maurice Merleau-Ponty, che frequentò fin da ragazza, era bello, affascinante, intelligente, disinvolto e aveva un sorriso disarmante, ma era credente, si crogiolava nei valori borghesi e si accontentava delle verità rivelate e di quelle che la scienza aveva rese disponibili, non era un esploratore, non un avventuriero, per cercare devi avere fame e sete e Maurice queste cose non le avvertiva … quando Simone capì che fra lui e Zazà c’era una simpatia reciproca ne fu davvero felice, loro due erano simili, più simili di quanto ciascuno di loro lo fosse con lei.
A diciannove anni si iscrisse presso l’École Normale Supérieure di Parigi, era un grande traguardo per lei, aveva dovuto convincere i suoi genitori, non era facile allora per una ragazza frequentare una scuola che fino a qualche anno prima era esclusiva per maschi e tuttora era governata da maschi, avrebbe dovuto impegnarsi davvero per essere presa sul serio dai colleghi e dai professori maschi; a diciannove anni si era iscritta in filosofia e non aveva più il cielo stellato sopra di lei, né la legge morale dentro di lei, scrutava l’orizzonte in cerca di compagni di viaggio, ma non ne trovava … esisteva un compagno di viaggio per il viaggio che intendeva fare?
Distingueva i suoi compagni in talas (vale a dire credenti, cattolici praticanti, che era anche sinonimo di borghesi e di pedanti), che lei odiava, e in anti-talas, cioè i non credenti, gli anticonformisti, i ribelli; questi ultimi erano in numero inferiore, ed anche fra di essi l’atteggiamento ribelle era soltanto un vezzo estetizzante, nessuna convinzione profonda alla base, e lei stessa non aveva condotto alle estreme conseguenze la sua rottura col suo ambiente culturale, ma questo ancora non lo capiva.
C’erano quei tre, è vero, Paul Nizan, André Herbaud e Jean-Paul Sartre, che sembravano interessanti, erano arroganti, superbi, ironici, intelligenti e non si fermavano di fronte a niente e a nessuno, se ritenevano corretta una cosa lottavano anche contro tutti i compagni, i professori e l’opinione pubblica; erano preparati ad un livello molto più elevato della media della scuola, che già era alta, perché non era una scuola facile e vi giungeva solo gente molto determinata, e taglienti nei giudizi, dotati di una dialettica notevole, potevano zittire i migliori normalisti, i migliori sorbonisti e non di rado anche qualche professore.










Ma loro  non la badavano nemmeno, non si accorgevano affatto che lei esistesse, se ne stavano per conto loro ed erano molto selettivi nelle amicizie, non frequentavano chiunque volentieri; nelle sue Memorie Simone non è molto chiara, non si capisce se punta su Herbaud perché le piace (“Il mio sguardo, scoraggiato dai grigi candidati al concorso si riposava con piacere sul suo volto roseo, illuminato da due occhi di un azzurro infantile; i suoi capelli biondi erano fitti e vigorosi come erba … nonostante l’eleganza del suo abito blu, della sua sciarpa chiara, del suo completo ben tagliato, gli avevo riscontrato qualcosa di campagnolo” (p. 319), oppure perché egli: “…era l’unico che mi sembrasse accessibile” (p. 318).
Leggendo ciò che scrive sembra che Simone ed André si incontrassero sempre per caso, per caso lei era presente in gennaio al corso di Brunschvicg, mentre lui leggeva la sua relazione, per caso entrambi frequentavano le lezioni di  Brunschvicg e si trovavano seduti fianco a fianco, per caso lei che non lo faceva mai decide di far colazione al ristorante interno alla Biblioteca Nazionale, proprio quando lui era seduto ad un tavolo e la fa accomodare come se avessero avuto un appuntamento per parlare insieme di Hume e di Kant, sempre per caso lo incontra in rue Soufflot, accompagnato da Sartre e da Nizan, con sottobraccio una donna in grigio …
Io di donne non ho mai capito niente, ma una piccola perla di saggezza si è impigliata sulla mia rete: quando hai a che fare con una donna niente avviene per caso, una donna è il determinismo, il meccanicismo, l’inesorabilità, l’ineluttabilità e l’implacabilità fatte persona, la Legge di Murphy calzata e vestita, ma senza l’ombra del pessimismo che la parola “male” le aggiunge, limitandosi cioè a formularla come: “Se qualcosa deve andare, andrà!”.
Non accade MAI che una donna inizi a frequentare la tua compagnia, che si trovi spesso nei posti in cui ci sei anche tu, che ti inviti da qualche parte, che ti chieda di accompagnarla in qualche posto, che si trovi con una certa frequenza presente su MSN qualche minuto dopo che sei entrato tu, non troppi altrimenti crescono le probabilità che tu sia impegnato con qualcun’altra entrata nel frattempo, e che lei non vede, e nemmeno troppo pochi da suscitare il sospetto che fosse li in agguato ad attendere te.
Non succede per caso che iniziate ad uscire insieme, che tu ti innamori di lei, che correte insieme mano nella mano a perdifiato contro la pioggia e poi ancora col fiatone vi baciate in un cortile col cuore di lei che bussa sul tuo petto e col tuo che bussa sul suo; non succede per caso che vi fidanziate, andiate a convivere, vi sposiate, vi ritrovate a spingere una carrozzella con due gemelli monozigoti a cui date il latte e cambiate i pannolini sperando di non invertire le due cose, non succede per caso che vi ritroviate in cinema, teatri, balletti, a vedere film in tv o ad ascoltare musica che non avreste mai ascoltato, e quel bel ristorantino dove si mangia così bene scordatelo, da oggi solo cibi sani, magri e biologici, se lei non vi avesse costr… suggerito di farlo.









Per una donna non è importante l’amore in sé, che per essere amore deve poter essere libero, spontaneo e potersi costruire e creare mentre accade, è più importante che tutto avvenga come lo vuole lei, come lei l’ha sognato, come Vincent van Gogh che diceva: “"Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni", una donna sogna in ogni dettaglio il suo principe azzurro, il matrimonio, la cerimonia, gli invitati, i piatti di portata, i regali, quanti figli vorrebbe, la casa, l’automobile, il mutuo in banca, dove fare le vacanze, la scuola e le carriere per i bambini, fino alla stele tombale e ai pomelli di ottone che orneranno il feretro.
Nessun tipo di amore potrebbe sopravvivere a questo furor organizzandi.
È stato tutto accuratamente preparato in ogni minimo dettaglio, ogni tassello aveva il suo punto d’incastro, ogni bottone la sua asola, ogni porta il suo pomello, ogni  cosa il suo perché, ogni dama il suo lacché, ogni lingua il suo parler, ogni bagno il suo bidet, ogni pancia il suo gilet e ogni bar il suo caffè; la Cia, la Fed-ex, la NATO, l’Unesco, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, le Nazioni Unite e la Lega Interstellare Galattica, guardano con ammirazione queste doti e le studiano per uniformarvi i loro sistemi organizzativi.
Quindi, dicevamo, per caso accadde che Simone de Beauvoir incontrasse con una certa frequenza André Herbaud, ora qui ora li, sempre per caso iniziarono a parlare fra di loro spontaneamente, sempre per caso egli, col suo fare ironico e scanzonato che lo rendeva simpatico e divertente a tutti, iniziò a parlarle dei suoi due amici: Sarte e Nizan, ancora per caso la introdusse alla loro teoria degli Eugène (ispirati in realtà agli omonimi Eugeni di Cocteau in Le Potomak) e fu ancora per caso che le dedicò il suo Ritratto di un normalista qualunque.
Strana amicizia quella che intercorreva fra il signor Herbaud e la signorina De Beauvoir, se non altro perché lui era sposato, non ve lo avevo detto? Ve lo dico ora, Andrè Herbaud era un uomo sposato, per i genitori di Simone, che lo conoscevano ormai perché frequentava la loro casa, lo ritenevano simpatico, colto, divertente, intelligente, ironico e persino un bell’uomo, egli rimaneva pur sempre un simpatico, divertente, intelligente, ironico, bell’uomo sposato.










E non stava affatto bene che un uomo sposato frequentasse una ragazza nubile, di buona famiglia in età da marito, non ne poteva venire nulla di buono: se lei si fosse innamorata di lui sarebbe stato un disastro e anche se il loro rapporto si fosse mantenuto nei limiti del decoro e fosse rimasto solo una buona amicizia [ma non era stato Nietzsche a dire che: “Le donne possono stringere benissimo amicizia con un uomo; ma per poterla conservare – a tal fine deve ben aiutare una piccola antipatia fisica”. (Umano, troppo umano, I, 390; 2011), e non sembrava questo il caso], rimaneva il fatto che non era decoroso frequentare un così bell’uomo e per di più sposato, cosa avrebbero pensato i possibili pretendenti, e la gente? Gli unici amici maschi che una ragazza borghese di buona famiglia può e deve frequentare sono quelli che ti presenteranno il tuo futuro marito.
E a dirla tutta, non si comportavano esattamente come due amici, contribuivano a dirsi tali e fra di loro non era accaduto nulla di meno che corretto, però … ecco … come dire … l’attrazione fra di loro si sarebbe tagliata col coltello e poi lui era anche un po’ geloso e possessivo; giunse il momento per Herbaud di presentare Simone ai suoi due amici, lo fece con molta titubanza, assalito dai dubbi, e non come credette Simone perché temeva che lei non fosse all’altezza della compagnia e si sforzava di dire o di pensare qualcosa di intelligente, egli temeva la loro rivalità.
Non tanto di Paul Nizan, anch’egli sposato e che già spingeva la carrozzina, e che fra l’altro Herbaud non considerava particolarmente temibile in quanto a fascino, Andrè temeva proprio Sartre, che era l’unico scapolo, l’unico che avrebbe potuto davvero spingersi con pieno diritto oltre la semplice amicizia e giocarsi le carte del sentimento, ed era il più bravo di loro tre ad incantare una donna con le parole: se lui e Paul erano intelligenti ed ironici Jean-Paul era un genio, e gli bastava aprire bocca perché qualunque donna se ne accorgesse.
E ciò che più André temeva avvenne, Sartre, estremamente intraprendente, non perse tempo ad invitare Simone a passare una serata sola con lui, ed ella accettò di buon grado; Herbaud, saputolo, dovette esercitare tutto il suo ascendente per far cambiare idea a Simone, Sartre a suo dire era un tipo molto pericoloso, avrebbe certamente tentato di accaparrarsela tutta per se e, gli Eugeni non vogliano, forse ci sarebbe persino riuscito … poteva fallire Rodolfo Valentino, Yves Montand, Jean-Paul Belmondò, Alain Delon, Marlon Brando, Giacomo Casanova … ma non poteva fallire Jean-Paul Sartre.
Gelosia? Si rispose Herbaud, era molto geloso dei suoi amici, disse senza rispondere. Era forse per gelosia che quella volta che egli passeggiava insieme a Sartre vicino alla vasca del Lussemburgo, l’aveva ignorata senza salutarla, eppure era certa che lui l’aveva vista, oppure aveva rinnegato la loro amicizia perché se ne vergognava? Si infastidiva ogni volta che vedeva qualche amico o qualche studente che si rivolgeva a lei, la rimproverava di essere molto indulgente e di sprecare il suo tempo con persone che valevano ben poco. Fatto sta che Simone si convinse e declinò l’invito, ma come fare perché Jean-Paul non se ne adontasse? E qui la coppia Simone André ebbe il colpo di genio: mandarono la sorella di lei, Hélène.








Non sapete cosa avrei dato pur di vedere la faccia di Sartre quando si vede arrivare Poupette che gli disse che Simone era dovuta andare improvvisamente fuori città, ma c’era li lei disponibile a sostituirla per la serata. Pensate che se la sia bevuta? Ma non abbiamo appena finito di dire che era un genio ...
Egli era un giovanotto di 22 anni allora, io alla sua età, pur cercando di non ferire la ragazza, le avrei detto ben chiaro che sono io a decidere con chi uscire, e quando lo decido sono io ad invitarla, non mi piacciono i rimpiazzi, le sostituzioni, se sua sorella non poteva o aveva cambiato idea bastava che mi avvertisse, dopo di che l’avrei salutata amabilmente, magari con inchino e baciamani, e sarei andato via.
Sartre invece fa buon viso a cattivo gioco ed accetta questo “risarcimento”, quello che è inequivocabilmente frutto di una concezione borghese e bottegaia dell’amore, ti avevo promesso una serata con me, ti risarcisco con quello che posso, con qualcosa di pari valore, e porta Hélène al cinema e in qualche locale.
Si direbbe che Sartre allora possedesse già la saggezza che ho acquisito io solo ora, perché adesso se mi succedesse una cosa del genere la prenderei con molta più filosofia di quand’ero giovane, mi divertirebbe lo scambio e probabilmente sarei ancora più galante, cercando di regalare alla mia nuova dama una serata indimenticabile, ma non è proprio così, Poupette al suo rientro si lamentò per quella serata, sapeva già prima di accettare l’appuntamento quanto Jean-Paul fosse brutto, ma tutti ne magnificavano il dialogo, la simpatia, l’ironia, la genialità, quella sera con lei era stato piuttosto spento.
Oggi una cosa del genere non potrebbe più succedere, perché non ci sono più le sorelle di una volta, se tu osassi proporre a tua sorella di andare a qualche appuntamento con un uomo al posto suo, ti manderebbe allegramente a quel paese ... a meno che il tizio non sia Brad Pitt.
Oggi se una donna cambia idea sul suo appuntamento con un uomo o ha nel frattempo trovato di meglio, non lo avvisa neppure, gli da buca semplicemente e lo blocca su wathsapp per evitare di sentire le sue sacrosante proteste, poi, se ancora il tizio le interessa, se nel frattempo non ha concluso o se l'asse del suo interesse non ha ancora deciso da che parte pendere, dopo qualche giorno lo richiama in un'ora di punta, così lo sventurato ha poco da riflettere e poco da replicare, e gli dice: "Non ti ho dato buca. Dico sul serio. Ero ... rimasta senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tailleur. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto!Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!" ... senza scusarsi. 
Questo appuntamento mancato fu l’acme del potere di Herbaud su Simone de Beauvoir, il capolavoro del suo fascino, tutto ciò che gli riuscì di esercitare su di lei, il trionfo della sua potenza, da qui il declino; Simone era sempre più perplessa e persino infastidita riguardo al senso di possessività che lui dimostrava nei suoi confronti, ma alla fine egli aveva presentato la ragazza ai suoi petit camerades e si incontravano tutti e tre per studiare insieme e preparare l’esame di agrégation (un corrispettivo della nostra abilitazione all’insegnamento).
E spesso uscivano insieme anche a far baldoria, tuttavia non permetteva che ella uscisse da sola con Sartre (o con chiunque altro), una volta che quest’ultimo la invitò di nuovo, André si affrettò a dire che quella sera Simone sarebbe uscita con lui, naturalmente non era vero, naturalmente loro due quella sera uscirono davvero insieme, però Simone non lo contraddisse, nonostante ne fosse sconcertata (decideva lei con chi uscire, o no?), e nemmeno Jean-Paul, che aveva capito, fece storie, forse per non contrariare l’amico, forse perché sembrava cha a Simone stesse bene così.








 A Simone urtava anche molto che lui si mostrasse infastidito quando qualcuno l’avvicinava, come quella volta che lui l’aveva salutata freddamente e seccamente in pubblico perché l’aveva trovata in compagnia di un amico, poi più tardi l’aveva buttata sullo scherzo con una risata, intanto però lei c’era rimasta male per tutto il giorno.
E che dire poi delle sue idee sulle donne, quando le aveva confessato la cotta per suo cugino Jacques, lui le aveva suggerito di sposarlo, motivando ciò col fatto che se una donna vuole essere rispettata deve sposarsi, inoltre, mentre un ragazzo che fosse ancora vergine dopo i 18 anni era un nevrotico, una donna non avrebbe dovuto darsi ad un uomo se non in legittime nozze, lui non avrebbe potuto certo rispettare una donna che gli si fosse concessa altrimenti.
Quanto era lontano dal sentire di Simone questo suo sproloquio sessista, non si ha una donna come Simone de Beauvoir, non era donna che potesse appartenere a qualcuno come se fosse una proprietà, in quanto a farsi rispettare, è proprio la donna che si sposa per essere rispettata che non ha rispetto di sé, Herbaud avrebbe sentito dire molto presto quanto Simone si facesse rispettare anche senza sposarsi, il suo nome sarebbe corso con un filo di rispetto, mentre il suo sarebbe stato dimenticato se la donna non lo avesse citato come amico.
Ma ciò che la distaccava maggiormente da lui era sentirgli dire che avrebbe scritto libri, voleva essere celebre, famoso, nominato, rispettato, ma considerava lo scrivere come un mezzo per ottenere il successo, quanto era diverso da Sartre, che in ogni cosa era generosissimo, soprattutto di sé, si era prodigato intere giornate a spiegare loro i passaggi più difficili di autori come Kant, Descartes, Leibniz, Spinoza, attività che a lui personalmente non serviva a niente, tutto ciò che possedeva lo condivideva con gli amici ed era animato da una curiosità infinita anche per le cose più banali, sulle quali faceva considerazioni di straordinario acume, e quando aveva tratto da quella conoscenza qualcosa che riteneva interessante, lo condivideva con gli altri disinteressatamente, senza cioè pretendere nulla in cambio.
All’età di cinquant’anni, nel pieno della sua maturità di donna e quando il loro rapporto era ormai pienamente consolidato, Simone de Beauvoir scrive di Sartre: “- Non smette mai di pensare, - m’aveva detto Herbaud. Ciò non significava che secernesse formule e teorie a ogni piè sospinto: aborriva la pedanteria. Ma il suo spirito era sempre all’erta. Ignorava i torpori, le sonnolenze, le evasioni, le tregue, la prudenza, il rispetto. S’interessava di tutto e non prendeva mai niente per ammesso. Di fronte ad un oggetto, invece di farlo sparire a beneficio di un mito, d’una parola, d’un’impressione, d’un’idea preconcetta, lo osservava, e non lo lasciava prima di averne compreso le attinenze e le risultanze, i sensi molteplici. Non si domandava ciò che bisognava pensare, ciò che sarebbe stato originale o intelligente pensare, ma soltanto ciò che lui ne pensava. In tal modo deludeva gli esteti, avidi di un’eleganza inattaccabile. […]. Eli interessava sempre la gente che non si spaventava alla novità, poiché, non mirando all’originalità, sfuggiva ad ogni conformismo. La sua attenzione ostinata, ingenua, coglieva le cose nella loro profusione, con grande vivezza”. (Memorie, p. 347-348).  












Si sentiva sempre più lontana da Herbaud, che in quel periodo era molto assorbito da sue preoccupazioni e dal timore di non aver passato lo scritto dell’esame, e sempre più affine a Sartre, a cui la accomunava un comune sentire, come se ciascuno per la sua via giungessero a conclusioni comuni, anzi, Sartre sembrava sempre essere almeno di un passo davanti a lei, giungeva felinamente come la folgore sempre per primo dove lei sarebbe arrivata con i suoi tempi, la sua metodicità, il suo assiduo lavoro e la sua lentezza, non per niente Herbaud, che aveva notato per primo questo aspetto del suo carattere, l’aveva soprannominata il Castoro (facendo un jeux de mots o calembour fra Beauvoir, che era il suo cognome e Beaver, che vuol dire castoro).
Così come il cugino Jacques era uscito di scena da sé, anche Herbaud uscì di scena per le circostanze della vita, ma forse era solo una comparsa che aveva temporaneamente rubato la scena a qualcun altro, solo perché come Giovanni Battista lo preannunciava; André Herbaud non superò l’esame dell’agrégation, come presagiva da tempo, e si ritirò a Bagnoles-de-l’Orne, il paese natale della moglie, senza salutare nessuno, una settimana dopo, venuto a Parigi a ritirare le sue cose, salutò tutti e ci tenne in particolar modo a salutare Simone.
La portò al Balzar – Cosa prendete? – le chiese – Ai tempi miei prendevate una limonata. – Sono sempre i tempi vostri – disse lei, con poca convinzione. Lui sorrise – È quello che volevo sentirvi dire! – Entrambi sapevano di aver mentito.
Sartre … dunque! Si sentiva sempre più attratta da lui, quando stavano insieme avrebbe voluto trattenere il tempo con le sue mani, per ritardare il momento del distacco, e quando era lontana non vedeva l’ora di incontrarlo; ma fin qui siamo ancora in fase di infatuazione, aveva provato già la stessa cosa con Herbaud, solo che stavolta era più intensa, più forte, più coinvolgente, un artiglio che l’afferrava per le viscere e lei se ne sentiva catturata.
Non era solo un uomo dall’intelligenza geniale, era anche divertente, molto più di tanti che aveva conosciuti, aveva una bella voce, sapeva cantare e recitare (proprio come suo padre Georges), memorabile fu la sua interpretazione di Charlie Chaplin che canta Je cherche après Titine nel film Tempi moderni, quel suo buffo medley di linguaggio pseudo-francese e italiano, che Simone ricorda ad orecchio, ma il cui testo originale e completo è questo:

Se bella giu satore
Je notre so cafore
Je notre si cavore
Je la tu la ti la twah.

La spinash o la bouchon
Cigaretto portobello
Si rakish spaghaletto
Ti la tu la ti la twah.

Senora pilasina
Voulez vous le taximeter?
Le zionta su la seata
Tu la tu la tu la wa.

Sa montia si n'amora
La sontia sogravora
La zontcha con sora
Je la possa ti la twah.

Je notre so lamina
Je notre so cosina
Je le se tro savita
Je la tossa vi la twah.

Se motra so la sonta
Chi vossa l'otra volta
Li Zoscha si catota
Tra la la la la la la.








Non si trattava solo di Sartre, un’intera generazione di artisti, di letterati, di filosofi, di poeti francesi erano folli, e contagiavano chiunque toccassero, chiunque venisse a stabilirsi a Parigi, come spiegare altrimenti fenomeni come il surrealismo, il dadaismo e l’esistenzialismo francese, come spiegare che l’arte, la pittura, la letteratura, la poesia e la filosofia permeavano le coscienze comuni, si riversavano nella vita di ciascuno, erano accessibili a tutti, magari non nei concetti, ma nei criteri a cui si ispiravano, come sguardo sul mondo e senso da dare alla propria vita.
Come spiegare altrimenti, se non attraverso la follia che un gruppo ben nutrito di persone, alcune legate fra loro da saldi sentimenti di amore e di amicizia, altre che si conoscevano appena e altre ancora che si conoscevano di nome ma si incontravano li per la prima volta, il 19 marzo del 1944, nel giorno che precedette l’equinozio di primavera, nel pieno della guerra con Parigi occupata dai nazisti, senza luce elettrica, e con una difficoltà estrema a procurarsi i beni di consumo di prima necessità, si incontrarono a casa di Leiris, alla luce delle candele, condividendo qualche bottiglia di vino e di cognac, per interpretare Le Désir attrapé par la queur (Il desiderio afferrato per la coda), una commedia scritta da Picasso nel 1941.
Picasso in questa sua prima e ultima opera letteraria si faceva beffe ironicamente delle privazioni a cui la guerra e l’occupazione tedesca li obbligava, Camus condusse il gioco, battendo sul pavimento con un bastone per annunciare i cambiamenti di scena, Leiris interpretò il ruolo di Gros Pied (Piedone) e Sartre quello di Bout Rond (Punta Rotonda),la De Beauvoir interpretò la Cousine (Sua Cugina). Dora Maar, la compagna di Picasso, era l’Angoisse Grasse (l’Angoscia Grassa) e la moglie del poeta Hugnet l’Angoisse Maigre (l’Angoscia Magra). Zanie Campan, giovane attrice sposata con l’editore Jean Aubier, incarnava La Tarte (La Torta). Tra quelli che guardavano e applaudivano c’erano Georges Bataille, Lucien ed Armand Salacrou, Georges Limbour, Sylvia Bataille, Jacques Lacan, Jean-Louis Barrault, Braque e tutta la famiglia sartriana. Due giorni dopo questa rappresentazione, Brassaï fece tornare da Leiris i principali testimoni e attori della festa per immortalarli con la sua macchina fotografica. Gli amici più stretti banchettarono sino all’alba. Mouloudji cantò “Les Petits Pavés” e Sartre “Les papillons de nuit” e “J’ai vendu mon âme au diable”.
In seguito a questa notte le frequentazioni fra i partecipanti si infittiscono, si ritrovano nei caffè con le vetrate ancora oscurate da pesanti tendaggi blu, per sfuggire ai bombardamenti tedeschi prima dell’invasione, pranzano e cenano insieme, a gruppi più o meno numerosi, ma hanno anche tanta voglia di replicare quella notte clandestina, ed iniziano ad organizzare ora a casa dell’uno, ora dell’altro, quelle che Leiris chiamerà fiestas.
La De Beauvoir scrive: “…Parigi era un vasto Stalag [campo di concentramento nazista]. Noi avevamo scongiurato questa dispersione, e se non avevamo infranto la regola, per lo meno l’avevamo elusa; bere e parlare insieme, nel cuore delle tenebre, era un piacere così furtivo che ci sembrava illecito; aveva il fascino delle felicità clandestine”. (L’età forte, p. 497).  










Ve lo immaginate il più grande filosofo del ‘900 che fa il pagliaccio, canta in farsetto e spinge il piedino all’indietro spostando così tutto il corpo, come un ballerino di break dance? Ve lo immaginate cantare, danzare e recitare? Riuscite ad immaginare i più grandi artisti, letterati e filosofi del tempo, quelli che stanno ritessendo la trama della cultura, interrotta dalla guerra, spezzata da Auschwitz e da Dachau, frammentata e dispersa a Hiroshima e Nagasaki, quelli che ci restituiranno la dignità di essere uomini e di guardarci ancora in faccia con un po’ di rispetto e con qualche speranza, folleggiare fra loro in piena guerra e in piena occupazione, quando gli esiti sono incerti e i destini di ciascuno imperscrutabili? “I beni più grandi ci vengono dalla follia …” (Platone, Fedro, 244d), e come folli tutti costoro banchettavano: “tra saggezza e ignoranza…tra il mortale e l’immortale … tra uomini e dèi …” (Platone, Simposio, 202°, 202d). Dov’è finita adesso tutta quella loro divina follia?
Heidegger non l’avrebbe mai fatto, ogni volta che guardo una foto di Heidegger non posso fare a meno di pensare che sua moglie o la sua governante esagerassero con l’amido sui colletti delle camicie, anche Freud era un uomo serio, non che non ridesse ma rideva come secondo Umberto Eco ridono i tedeschi: uno fa una battuta, e tutti ridono fragorosamente, era un uomo che non amava affatto la musica, nemmeno quella roboante e impetuosa di Wagner … ma che è musica quella? Ogni volta che la ascolto mi viene voglia di invadere la Polonia. Conoscono la dolcezza, la malinconia, gli stati crepuscolari, la maestosità dell’essere e li esprimono nella musica e nelle arti: Beethoven, Bach, Brahms, Strauss, Schuman, Mendellsohn, Pachelbel, …, ma la lievità, la leggerezza, che ne sanno i germanici di leggerezza? Persino Mozart, che compose sinfonie, opere, concerti per strumento solista, musica da camera (fra cui quartetti e quintetti d'archi) e sonate per pianoforte, marce, danze, divertissement, serenate e cassazioni, struttura le sue opere secondo la tradizione classica, in cui nessuna nota è fuori posto e il ritmo della composizione può essere scandito da un metronomo.
Solo gli italiani e i francesi in Europa e nel mondo occidentale conoscono davvero la légèreté, che non è una dieta o una marca di maionese, ma la grazia, la soavità, la lievità di vivere sulla sofficità di una nuvola, di prendersi cura di sé, di viziarsi, di trattarsi bene, di cercare il meglio per noi e per le persone che ci stanno vicine, la conosciamo perché l’abbiamo inventata noi, gli altri ce la invidiano, tentano di imitarci, ma con pessimi risultati.
Se il mondo fosse governato dai tedeschi ... e ci siamo andati molto vicini...bastava che all’atomica ci arrivassero loro per primi ... e ci sono andati vicini ... perché la prima fissione nucleare fu operata nel dicembre 1938, da Otto Hahn e dal suo assistente Fritz Strassmann che bombardarono un campione di uranio con una pioggia di neutroni, ottenendo atomi di bario e di kripton come risultato di questo bombardamento; perché molti degli scienziati che costituirono il Progetto Manhattan erano tedeschi e italiani, i tedeschi capitanati da Werner Karl Heisenberg non fecero in tempo a realizzare la bomba.
Se comandassero i tedeschi i treni arriverebbero in orario, le macchine sarebbero affidabili e potenti, l’economia mondiale sarebbe una meraviglia, ovunque regnerebbe l’ordine e l’organizzazione, ma senza quella spensieratezza tipica di noi latini, senza troppo gusto estetico, senza senso del bello, senza quella viglia di godersi la vita.
I tedeschi sono sistematici anche nella follia, i loro deliri sono organizzati come quelli di un paranoico, e infatti il tedesco tende alla paranoia, Hitler era paranoico, Heidegger aveva un carattere paranoico, due guerre mondiali sono state fatte per la paranoia che affligge i tedeschi; mentre i francesi tendono di più al narcisismo e noi italiani all’esibizionismo e all’isteria.









Noi siamo completamente senza metodo, solo un tedesco potrebbe scrivere le tre Critiche di Kant, un Kant che fra l’altro era assai abitudinario, era inflessibile nell’orario dei pasti, in quello della sveglia e del sonno, con qualsiasi tempo alla stessa ora (pure in caso di guerra) faceva la stessa passeggiata per le vie di  Königsberg; mettetevi in mano la Fenomenologia dello spirito di Hegel e capirete di cosa sto parlando, ma anche Il capitale di Marx potrebbe darvene un’eccellente idea, e se mettessimo a confronto le due più grandi opere di filosofia del ‘900, Essere e tempo di Heidegger e L’essere e il nulla di Sartre, capireste all’istante la differenza, da un lato la tela di un ragno, geometrica e razionale, sembra scritta col bisturi o con una goccia di cristallo, dall’altro un’opera impressionista, un acquerello multicolore, un Matisse o un Van Gogh.
Capita spesso in alcuni incontri di lavoro internazionali di fare qualche confronto fra le varie culture, una volta chiesi una pausa di quindici minuti mentre stavo parlando perché avevo voglia di un caffè, con noi c’erano colleghi spagnoli, portoghesi, francesi, svizzeri, austriaci, ungheresi, svedesi, danesi, finlandesi, statunitensi, sudamericani e, naturalmente, tedeschi, visto che i padroni di casa erano di Monaco di Baviera, il mio collega patron della kermesse mi domandò con ironia: “Quindici minuti italiani o quindici minuti tedeschi?”, e rise fragorosamente insieme a tutti i tedeschi presenti … ovviamente sto scherzando, non avrete mica preso sul serio tutta questa accozzaglia di luoghi comuni, di sordidi cliché, di ammuffiti pregiudizi?






30 commenti:

  1. Beh! Leggendo le varie parti ti stavo per prendere sul serio! Tuttavia anch'io, tempo fa, andavo in Germania e ci sono stato prima e dopo la caduta del muro di Berlino (e la differenza era veramente abissale) sino alla metà anni '90 con tutte le grandi speranze di quel periodo. Anche a me è capitato di ridere con un amico tedesco che interpretava le pause in modo tedesco o italiano e quell'amico tedesco a volte preferiva starsene con me a parlare di tante cose (fra cui filosofia perché si trattava di eventi culturali collegati all'amicizia e poi al dissidio fra Wagner e Nietzsche).

    Per il resto...che bel post! Quando leggo i tuoi post ci passo il tempo (devo anche stare all'occhio ai consumi internet ma va beh, fa lo stesso) perché anche la Francia è presente nel mio passato lavorativo. Anche in quel caso lavoravo sempre nella cultura e spesso ho avuto a che fare (con grande piacere) con Sartre, la Beauvoir, Camus e altri. A Parigi sono stato in uno dei caffè famosi per quel periodo (e di cui hai postato una foto). Il piatto di ostriche del tuo post è da gran gourmet. In Francia ho conosciuto persone un po' in là con gli anni che mi hanno spiegato cosa era Parigi fra le due guerre mondiali: un vero crogiolo di arte e cultura a dir poco ineguagliabile, un vero patrimonio disperso a causa dei regimi del periodo della seconda guerra mondiale.

    La citazione che fai su "La Nausea" è una realtà dell'amore e delle relazioni amorose con cui ci si confronta e si cerca sempre di fare e dare il meglio di sé stessi. Infatti penso che l'amore può anche aiutarti a superare te stesso, o almeno sento che a volte è così. Concordo su varie cose, anche sul fatto che noi (credo che parli degli italiani) siamo senza metodo. Hai arricchito il post con una foto del film "L'Angelo Azzurro" di Joseph von Strenberg e della bella Marlene Dietrich (un film che segnato l'epoca in cui è stato prodotto).

    Bella la musica e la "Titina" di Chaplin ci sta bene, fa sempre ridere e commuove anche un po'...un salutone e alla prossima.

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  2. Io credo che ogni stereotipo sia essenziale per fissare un pensiero, per riconoscere di aver raggiunto un traguardo; subito dopo però dobbiamo sentirne la limitatezza e la voglia imperiosa di oltrepassarlo, perché se no arriviamo a limitare l'altro, rimpicciolendolo, e noi stessi limitando i nostri orizzonti. In questo post mi sono divertito a giocare con stereotipi sessisti xenofobi ... giocarci per superarli, per vederne insieme l'assurdità.
    Più mi immergo in questo argomento più mi rendo conto che il periodo che precedette le due guerre mondiali deve essere stato un periodo straordinario, eccezionale, l'ultimo in cui noi europei siamo stati portatori di una cultura universale. Dopo è morto tutto, gradatamente, oggi non rimane più niente; anche noi italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, greci, ... che la cultura l'abbiamo iniziata e costruita, oggi preferiamo rivolgerci all'America o all'oriente, come se fossimo orfani di cultura, come se stessimo sorgendo adesso, come se un sasso si fosse spaccato e fossimo sorti noi...dal nulla. Titina e Chaplin sono la ciliegina, l'unione fra cultura e divertimento, fra cultura e godimento, il risultato a cui solo il mondo occidentale è giunto, prima di suicidarsi; tutte le altre culture tendono a portare avanti la cultura sopprimendo il godimento, o inseguono un godimento senza alcuna cultura.
    Ciao, e grazie

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  3. Condivido ciò che hai scritto su ogni stereotipo e fai bene ad approfondire il periodo francese (ed anche europeo) fra le due guerre mondiali. Come dicevo sopra, avendo avuto la possibilità di passare dei periodi di lavoro in Francia e in Germania anch'io mi sono reso conto della grandezza culturale e sociale che la cultura ha avuto in quegli anni fra le due guerre mondiali coinvolgendo tante persone in vari settori della vita.

    Spesso quei periodi sono stati utili anche nel mio lavoro e sento che oggi c'è un vuoto enorme: che cosa è stato creato nella vita del nostro continente che potremmo definire veramente bello? O anche solo utile o importante da ricordare? Qualcosa che abbia veramente cambiato la situazione contingente?

    Sempre dalla mia esperienza, quando ho visto la caduta del muro di Berlino (e non ero solo, ma quello specifico momento l'ho vissuto con colleghi e amici di varie nazionalità Europea proprio in Germania) eravamo contenti, felici che quel muro (che divideva due nazioni che parlano la stessa lingua e provengono dalla stessa cultura) fosse crollato una volta per tutte...ecco, se penso ad un momento di grande cambiamento del nostro continente penso a quel periodo che ho vissuto con tante iniziative e tante speranze che (ahimè) sono in gran parte sfumate o ha prevalso "altro", tipo interessi di singoli stati a scapito di altri...mah!

    In tutti i casi vado avanti senza "piangere" il passato, cerco di cogliere le cose della vita al meglio e quando posso metto in atto parole che una volta ho scritto come pensierino della settimana: "La mente è come un paracadute: funziona meglio quando è aperta" (parole del Dalai Lama)

    Grazie per lo spazio di cui ho approfittato anche oggi.
    Un salutone e alla prossima

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  4. Scusa, sono ancora io. Per un periodo (di prova) ho abilitato i commenti.
    Un salutone e alla prossima

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  5. Beh, che è successo? Sei in pausa di riflessione? ^__^
    Vabbè, passavo da queste parti. Buonanotte Garbito.

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    1. Riflessine? Magari! Troppe gatte da pelare ... ma che dico gatte, tigri :-) I tuoi passaggi e i tuoi saluti sono sempre molto graditi e, naturalmente, sono ricambiati.

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  6. Sembra quasi un romanzo, come quelli che una volta apparivano sui giornali a puntate.
    Mi piace come parli delle donne..
    Ciao

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    1. Non ho alcuna pretesa letteraria, si tratta soltanto di una serie di riflessioni intorno ai temi della memoria e del desiderio, che ruotano intorno ad un determinato periodo storico, ad una determinata città e ad una serie di personaggi (ai rapporti fra di loro), che mi sono parsi emblematici. A tutto ciò aggiungo, quando lo ritengo opportuno, intarsi di esperienze private.
      Pur cercando di spingere in profondità questa mia lunga riflessione, spero di essere leggero e delicato quanto basta trattando di fatti molto intimi, non solo nel maneggiare i sentimenti femminili; pur avendo molte amicizie maschili, mi trovo più a mio agio a parlare con una donna e forse non è un caso che io abbia scelto una professione che vede una netta preponderanza femminile fin dalla frequentazione universitaria :-).
      Ciao

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  7. Mentre ti scrivo, la tv è spenta -grazie a Dio!- do le spalle alla stufa che arde con un bel soffio di fiamma e al tegame di lenticchie che borbotta allegramente.

    Ciao Garbo!

    Di Sartre, de Beauvoir, Nietzsche ne ho sentito parlare non prima del 1969/70 durante l'anno di svolta, anno d'oro della mia vita che mi ha portato a Bruxelles. dove trovai la forza per quell'avventura mi stupisce ancor oggi. Credo di essere fuggita da un disagio familiare. Avevo compiuto 23 anni e la famiglia patriarcale voleva "sistemarmi", cioè espellere: non mio padre, che era la chioccia della famiglia e mi ha sempre fatta sentire desiderata, gli altri!
    A Bruxelles ero rispettata e stimata, per qualità che loro vedevano in me , ancor prima di me. Allora, più di oggi, ero acerba culturalmente. Il mio sapere più spiccato proveniva dall'amore per la lettura, pur non sapendo con chiarezza cosa scegliere per la mia crescita formativa. Leggevo tutto il possibile mi fosse capitato sotto mano.
    A Bruxelles ho avuto incontri fortunati, persone colte che mi hanno accolta e sono stati veri maestri. Io ho ricambiato con la mia italianità "antica" e con una grata amicizia che dura a tutt'oggi. Erano edotti dei movimenti ed eventi letterari e artistici. Avevano fatto studi classici e musicali, un ambiente lontano da quello che avevo frequentato in precedenza. L'anno coincise con il Festival della cultura italiana -Europalia- e così potei assistere a una conferenza, all'istituto di cultura italiana, tenuta da Bassani, Cassola e altri. Non credevo ai miei occhi: opere liriche, commedie, esposizione degli affreschi fiorentini salvati dall'alluvione di 3 anni prima. Balli folkloristici dei gruppi regionali sardi e siciliani. Un anno pieno di bellezza. E il parlare di esistenzialismo con l'amico Bert che aveva un debole per l'Italia e in mia compagnia si sentiva in vacanza: io, sull'esistenzialismo, per lo più ascoltavo. Si parlava oltre a Sartre e de Beauvoir, anche di Fellini, di Pasolini, andammo a vedere il Decamerone, il film appena uscito e di Galuppi e la musica barocca che gli piaceva tanto! Ricordava tutto e desiderava l'Italia tutta. Faceva due viaggi all'anno e ricordava le mappe delle città oltre alla loro arte.
    La mia memoria lascia e a sempre lasciato a desiderare, in quando si focalizza su qualche squarcio, passo, brano...barlumi di storia. Delle mie letture ricordo soprattutto tante pagine e le parole su di esse. Parole concatenate in forme e contenuti affascinanti, come sai fare tu, ed è stimolante leggere i tuoi "Senza memoria e senza desiderio" come tutti gli altri tuoi post. Vi si può trovare il senso di un tempo trascorso e che ci ha sicuramente plasmati culturalmente.
    Leggo anche tutti i commenti, e le tue risposte naturalmente, custodisco gelosamente alcuni che tu hai lasciato da me.


    Un abbraccio, Nou

    P.S. La pacchia è finita, mio marito ha acceso la Tivù ;-))

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    1. Ah, le lenticchie, che delizia, venderei volentieri la mia ultimogenitura per un piatto di lenticchie, purtroppo chi me le cucinava così bene non c’è più e io non sono altrettanto bravo.
      Mi fa piacere condividere con te questo tuo brano autobiografico, quando ti leggo ho sempre l’impressione di trovarmi di fronte ad una donna autentica, profonda e sensibile, una che ha sofferto, certamente, ma che vive e ha vissuto ogni istante.
      Dopo aver letto Nietzsche, durante l’ultimo anno di liceo, pensavo che in filosofia non ci fosse più altro da dire, che nessuno poteva avere altro da aggiungere; mi sbagliavo, la lettura di Heidegger qualche mese dopo mi face cambiare idea, e ancora di più leggere Sartre e Merleau-Ponty.
      A 19 anni sono giunto a Padova da un paese della Sicilia notevolmente arricchitosi grazie alla laboriosità e all’ingegno dei suoi abitanti, ma culturalmente limitato, ti basti sapere che esisteva un’unica vera libreria, tutte le altre erano carto-librerie che vendevano i testi scolastici e qualche best seller, libreria che era anche l’unico polo culturale del paese … non siamo a livelli di Cristo si è fermato ad Eboli, ma ci mancava poco.
      Sentivo tutto molto stretto, il paese, la città, l’intera regione, il sud dell’Italia, volevo respirare, imparare, volevo poter parlare con qualcuno che parlasse la mia “lingua”, che avesse voglia di conoscere e di capire, e dalle mie parti trovavo il dialogo solo con mio padre e con qualche amico.
      A Padova ho incontrato subito la psicoanalisi, quella ortodossa e quella lacaniana, molto più interessante della prima; ho conosciuto persone straordinarie in molti ambienti, insieme a loro ho recuperato in fretta il mio handicap culturale, più che in cerca di nozioni ero in cerca di esperienze e di emozioni, sarà per questo che ero e sono attratto dalle cose e dalle persone più strane, da quelle che soffrono, a quelle che sanno cosa vuol dire essere straniero a quelle che hanno vissuto esperienze mistiche e di alterazione della coscienza, come i fratini di San Francesco che prestavano servizio presso la basilica del santo a Padova e che mi sono rimasti amici per tanti anni fino ad oggi.
      Considero preziose tutte le mie esperienze di vita, sia quelle positive sia quelle negative, era inevitabile che ci fossero fra queste esperienze assurde, che non mi hanno dato niente e che se tornassi indietro forse non rifarei (ma per sapere che non le rifarei era necessario farle), però la vita è anche un po’ assurda e senza senso, e non sempre noi siamo in grado di dare un senso a tutto ciò che ci succede.
      La mia memoria è variabile, sono totalmente negato per i nomi e per le cifre, ma non dimentico un volto, un’espressione, un atteggiamento, un gesto; la mia esperienza analitica poi ha accresciuto enormemente la mia capacità di memorizzare dialoghi interi, che potrei citare a memoria e di ricordare eventi del passato che sbalordiscono coloro che erano presenti allora, perché loro non li ricordavano affatto e per la ricchezza dei dettagli…forse è per questo che auspico di essere “senza memoria e senza desiderio”.
      Grazie per il tuo commento, ciao.

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  8. Dopo aver beccato il virus che gironzola per l'Italia in questi giorni (con febbre a 38 e varie magagne fisiche conseguenti) oggi è il primo giorno in cui sto un po' meglio. Ma domani per natale mangerò poco e lo stretto necessario vista la febbre che ho avuto.

    Ma la di là di questo passo per farti gli auguri di Buon Natale. Passalo bene e ti auguro il meglio (in attesa di un tuo nuovo post, magari per il nuovo anno). Un salutone e alla prossima

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  9. Un augurio di giorni sereni
    Buon tutto
    Ciao

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  10. Passo anch'io per un saluto e gli auguri per il Nuovo Anno 2018 in dirittura d'arrivo; Il natale mi dice poco, da agnostico tendente all'ateo, se non la "dolcezza" dei ricordi della "mia" terra d'origine.

    Ciao da luigi

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  11. Buon Nataleeeeeeeeeeeeeeeeeee!
    Un abbraccio forte.

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  12. Eccomi ancora qui...buon anno! E che sia migliore di quest'anno che fra qualche ora se ne andrà via. Un salutone e alla prossima

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  13. Quelli che predicano e simulano "amore per il prossimo" e/o "fratellanza", inesistentI in Natura, e poi dicono di volersi occupare degli altri, senza manco chiedere agli altri cosa vogliono, hanno un solo scopo: controllare, sfruttare ed usare gli altri.

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  14. "Giambino e la Befana" ovverossia "Favole, miti, leggende, illusioni, religioni, menzogne ed altre cialtronate ed imbrogli servono solo soltanto a tenere gli individui lontani dalla consapevolezza della realtà per controllarli ed usarli meglio"

    Era la mattina dell' Epifania del 1963 ed avevo quattro anni e mezzo.

    Ero a letto a dormire perchè le vacanze di Natale allora come oggi arrivavano fino al 6 gennaio compreso, quando arrivò mia madre, ostentando sorpresa, ammore e dolcezza ed esclamò: "Vieni vieni di là c'è la Befana".

    Mi prese per mano e mi portò in soggiorno dove c'era "la Befana".

    Io diedi una rapida e sommaria occhiata a 'sta Befana e poi dissi tranquillamente: "Ma quale Befana ? Quella è Isabella (N.D.R mia cugina) travestita da Befana".

    A 'sto punto mia madre stizzita mi disse: "Ma quale Isabella ? Quella è la Befana" e se ne andò via.

    Un' oretta più tardi arrivò mia cugina Isabella, anche lei ostentando sorpresa, ammore e dolcezza ed esclamò: "Vieni vieni di là c'è la Befana".

    Mi prese per mano e mi portò in soggiorno dove c'era "la Befana" e poi disse "Hai visto che non ero io ?"

    Io diedi una rapida e sommaria occhiata a 'st' altra Befana e poi dissi tranquillamente: "E certo che non sei tu ! E' zia Maria !"

    Du' re dopo arrivò pure zia Maria, anche lei ostentando sorpresa, ammore e dolcezza ed esclamò: "Vieni vieni di là c'è la Befana".

    Mi prese per mano e mi portò in soggiorno dove c'era "la Befana" e poi disse "Hai visto che non ero io ?"

    Io che a 'sto punto avevo naturalmente ed ovviamente capito tutto diedi una rapida e sommaria occhiata a 'st' altra Befana e poi dissi tranquillamente: "E certo che non sei tu ! E' zia Piera !"

    La cosa finì lì ed io, non avendo ancora a disposizione una maturità intelletuale ed una cultura che mi permettessero di capire perchè 'sta gente facesse tutte 'ste scene con una tale ostinazione, pensai semplicemente: "Ammazza quanto so' strani questi !"

    Ma qualche anno dopo, mica tanti eh, avrà avuto sette o otto anni, ripensai a 'sta cosa per cercare di capire perchè 'sta gente ci tenesse così tanto a famem crede che esistesse 'sta Befana, e la risposta sgorgò naturalmente dal mio cervello:

    "Se uno crede a favole, miti, leggende, illusioni, religioni, menzogne ed altre cialtronate ed imbrogli, si accontenta di quella spiegazione fantastica e manco prova a capire i motivi reali per cui accadono le cose reali, quindi non avrà mai consapevolezza della realtà

    ergo

    quei pochissimi che quella consapevolezza della realtà ce l'hanno, che naturalmente ed ovviamente sono gli stessi che cercano di tenerlo lontano dalla consapevoleza della realtà per impedirgli di capire i motivi reali per cui accadono le cose reali,

    impediranno a tutti gli altri di avere consapevolezza della realtà e di poter agire intelligentemente nella realtà, con consapevolezza della realtà,

    saranno solo loro ad avare consapevolezza della realtà, a capire e conoscere i motivi reali per cui accadono le cose reali

    e saranno i soli a poter agire intelligentemente nella realtà, per raggiungere i propri scopi e realizzare i loro interessi,

    senza avere la naturale contrapposizone di tutti gli altri,

    i quali non avendo consapevolezza della realtà, essendo incapaci di capire e conoscere i motivi reali per cui accadono le cose reali,

    non saranno in grado di agire intelligentemente nella realtà, per raggiungere i propri scopi e realizzare i loro interessi.

    CONTINUA SUL MIO BLOG

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  15. Simone de Beauvoir era una femmina gravemente malata.

    Supporto questa mia affermazione con una frase di un suo libro, in cui descrive in tal guisa il rapporto sessuale con un maschio: "Una sensazione di freddo alla pancia quando il maschio nel momento dell' orgasmo eiacula"

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  16. Simone de Beauvoir era una femmina gravemente malata.

    A supporto di questa mia affermazione porto questa sua frase: "Finchè e il mito della maternità e l'istinto materno non saranno soppressi, le donne saranno oppresse",

    in cui si parla in modo delirante e contro natura dell' istinto materno e della maternità, che non solo sono caratteristiche naturali imprescindibili della femmina ma il solo modo naturale della femmina per giungere ad una effettiva gratificazione della sua esistenza.

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  17. Toc toc, c'è qualcuno in casa? Beh? Come mai un'assenza così lunga? Che è successo? Almeno una breve apparizione la potresti fare però! Ti sei rotto i cabasisi del blog? Hai cose più importanti da fare? Stai male? Se hai un minutino facci sapere qualcosa,eh! Lo so che siamo virtuali, però le mani che digitano nelle testiere hanno anche dei cuori, purtroppo. Insomma, facce sapé che fine hai fatto. Ciao. Buona giornata e buon tutto, Garbo.

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  18. Sono un po' in pensiero per la tua lunga pausa. Spero che tutto vada bene per te e i tuoi cari. Un abbraccio. Ciao :-)

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  19. Anch'io torno per una visita...come butta? Forse sei in un periodo un po' preso da varie cose e in tutti i casi ti auguro il meglio. Torna quando puoi.
    Un salutone e un abbraccio

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  20. Carissimi Amici,
    volevo rassicurarvi, sto bene, mai stato meglio anzi, è solo che sto prendendo un lungo respiro, una lunga boccata di realtà, mi capita a tratti di non avere molto da dire in questo contesto e di avere bisogno di cose concrete, persone che posso guardare negli occhi, a cui stringere una mano, abbracciare davvero e non stringere il vento, mi ci sono buttato e spero di non perdere quest’onda … come direbbe un surfista. All’inizio sono stati gli impegni di fine anno a tenermi lontano dal blog, poi il fatto che non trovavo nulla di interessante da dire, infine una lunga vacanza quando ho potuto permettermelo.
    Mi dispiace di avervi trascurati, mi dispiace di non aver trovato il tempo per augurarvi il buon inizio per il nuovo anno, mi dispiace di non essere riuscito nemmeno a ricambiare i vostri auguri, spero possiate perdonarmi.
    Cri, lo so che dietro lo schermo siamo persone e proviamo dei sentimenti, credimi, ma è che a volte mi sembra tutto così irreale, tutto così assurdo, non riesco ad abituarmi a questo mondo fatto solo di parole scritte o dette, io quando sento l’esigenza di sentire qualche mio amico lo chiamo, oppure con tutte le difficoltà del caso (perché ho amici che stanno a migliaia di chilometri di distanza), prendo un aereo, la macchina, il monopattino e li vado a trovare. Niente ti ripaga di più di uno sguardo o di un abbraccio.
    In ogni caso, conto di finire almeno Senza memoria e senza desiderio, almeno ci proverò se mi vengono le parole e se mi assistono le muse, poi si vedrà…
    Siete comunque tutti nei miei pensieri e ricordo a memoria quasi fedelmente alcuni dei commenti che mi avete lasciato e che mi sono rimasti nel cuore: spero di rifarmi vivo al più presto.
    Il più caloroso dei miei abbracci.

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  21. Goditi questo momento. Sono felice per te.
    Un abbraccio, Nou.

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    1. Grazie Nou,
      ricambio il tuo abbraccio e non ho parole per dirti quanto mi sia gradito questo tuo commento.

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  22. Se fossi una maestrina che sta correggendo i compiti, segnerei con la penna rossa tutti quei mi dispiace.
    Ciò che si fa, non deve essere fatto per forza o per dovere. Se non hai portato i tuoi auguri, vuol dire che non ti interessava, e va bene così, non muore nessuno.
    E per il resto, sono davvero felice per te. Si. Davvero.
    Allora, ciao Garbito. Un'assurda amica ti saluta, ti ringrazia per un lungo elenco di cose che non ha neanche senso elencare, ti abbraccia forte, e ti augura con un sorriso l'ultima buonanotte. Accidenti... è tardissimo.

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  23. GRAZIE AL GRANDE DR DR PER RISOLVERE I MIEI PROBLEMI LA SUA E-MAIL È (drsunnydsolution1@gmail.com)

    Mi chiamo Miss Fatima, sono stata sposata con mio marito per 5 anni, vivevamo felici e contenti per questi anni e non fino a quando non si è recato in Australia per un viaggio di lavoro dove ha incontrato questa ragazza e da allora lui odia me e i bambini e l'amore solo lei. così quando mio marito tornò dal viaggio disse che non voleva più rivedere me e i miei figli, così ci portò fuori di casa e ora stava andando in Australia per vedere quell'altra donna. così io ei miei figli ora eravamo così frustrati e stavo solo con mia madre e non stavo trattando bene perché mia madre si era sposata con un altro uomo dopo la morte di mio padre, quindi l'uomo con cui si era sposato non la trattava bene, io ei miei figli erano così confusi e stavo cercando un modo per riportare mio marito a casa perché lo amo e lo adoro così tanto, così un giorno mentre stavo navigando sul mio computer ho visto una testimonianza di questo incantatore DR Sunny, testimonianze condiviso su internet da una signora e mi impressiona così tanto che penso di provarlo. All'inizio ero spaventato ma quando penso a cosa passano io e i miei figli, così l'ho contattato e lui mi ha detto di stare calmo per solo 24 ore che mio marito tornerà da me e con mia grande sorpresa ho ricevuto una chiamata da mio marito, il secondo giorno, dopo aver chiesto ai ragazzi, ho chiamato DR Sunny e ha detto che i tuoi problemi sono risolti, mio ​​figlio. quindi è stato così che ho riavuto la mia famiglia dopo un lungo stress frenato da una donna malvagia, quindi con tutto questo aiuto di DR Sunny, voglio che tutti voi su questo forum vi uniate a me per ringraziare di cuore Sunny e io anche consigli per chi ha problemi di questo tipo o simili o qualsiasi tipo di problema dovrebbe anche contattare il suo indirizzo email) (drsunnydsolution1@gmail.com) lui è la soluzione a tutti i tuoi problemi e difficoltà nella vita. ancora una volta il suo indirizzo email è (drsunnydsolution1@gmail.com)

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