giovedì 23 giugno 2016

SENZA MEMORIA E SENZA DESIDERIO 4


Man Ray - Kiki

Kiki de Mountparnasse

Kiki




“Mi pare disegnata proprio come una grande scacchiera, — disse Alice finalmente. — Vi dovrebbero essere qua e là degli uomini che si muovono… ed eccoli, ci sono! — aggiunse deliziata, e il cuore le comincio a battere più celere mentre continuava: — Si gioca un gioco colossale di scacchi… per tutto il mondo… se questo è un mondo. Oh, che divertimento! Vorrei essere del gioco. Non m’importerebbe d’essere una Pedina, purché potessi essere là con loro, ma naturalmente mi piacerebbe di più essere Regina”. 
(Lewis Carroll, Attraverso lo specchio, cap. III).


Man Ray - Kiki in posa da prostituta, 1925

Andre Kertesz - Kiki de Mountparnasse


Maurice Mendjizky, Kiki de Montparnasse, 1920



“Questo dev’essere il bosco, — disse meditabonda, — dove le cose non hanno nomi. Chi sa che sarà del mio, quando c’entrerò! Non mi piacerebbe di perderlo… perché dovrebbero darmene un altro, e certo sarebbe brutto. Sarebbe divertente trovare la creatura che portasse il mio vecchio nome. Proprio come i manifesti quando la gente perde i cani: "Risponde al nome di Menelik: aveva un collare d’ottone"; figurarsi, chiamare ogni cosa che s’incontra "Alice", finché una risponde. Ma se fosse savia, non risponderebbe affatto”. (Lewis Carroll, Attraverso lo specchio, III).


Kiki

Kiki

Kiki





“Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole
mentre il mondo sta girando senza fretta.
[…]
E Lilì Marlène
bella più che mai
sorride e non ti dice la sua età
ma tutto questo Alice non lo sa”.
(Francesco De Gregori, Alice).


Kiki de Montparnasse, nu allongé

Moïse Kisling








Già, Alice non sapeva molte cose, non sapeva che il mondo gira, senza fretta d’accordo, ma gira indipendente da noi, e lentamente macina la nostra esistenza giorno dopo giorno fino a ridurci in polvere, non sapeva, come Lilì Marlène … o era Lili Marleen? Boh …, di essere bella anche lei, bella più che mai e che le sarebbe piaciuto molto che i “gatti”, tutti i gatti del mondo, avessero guardato lei invece del sole, le sarebbe piaciuto essere lei il sole.
Alice Ernestine Prin era nata a Châtillon-sur-Seine, in Borgogna, a sud-est di Parigi, nel 1901, ma non sapeva di essere figlia illegittima (allora si diceva “una bastarda”), perché il padre subito dopo la sua nascita si era volatilizzato, come se non fosse mai esistito, come fosse stata concepita in provetta o ad opera dello Spirito Santo … come vedete la fecondazione eterologa e l’utero in affitto sono sempre esistiti.
Subito dopo si eclissò anche sua madre, che fu costretta ad andare a Parigi a cercar fortuna, una fortuna che non arrivò mai, ma che le permise di sopravvivere e di far sopravvivere seppure molto miseramente i suoi sei figli nati tutti da padri diversi e tutti estremamente volatili, che la donna dovette affidare ai nonni.
La bambina crebbe senza conoscere i suoi genitori, in uno stato di povertà assoluta (più di qualche volta dovettero fare affidamento sulla carità delle suore), senza alcuna istruzione e con pochissimi rudimenti di educazione, in sostanza eccetto che per la sua sopravvivenza fisica e per qualche primitiva forma di affetto da parte di questi nonni, era abbandonata a se stessa in mezzo al nulla (Châtillon-sur-Seine conta oggi 6080 abitanti, allora dev’essere stato poco più che un villaggio).
A dodici anni raggiunse la madre a Parigi, raggiunse cioè una donna che non conosceva affatto, erano due complete estranee, ma Alice non solo non conosceva questa donna, ma non conosceva nemmeno la figura della madre, per lei una madre rappresentava ben poco, non ne accettava l’autorità, perché l’autorità è data dall’amore.

Man Ray - Kiki


Man Ray - Kiki, 1926




Come tutte le figlie illegittime e come accade anche per le orfane, Alice si portava cucito addosso quel sentimento abbandonico elaborato in un primo tempo attraverso una più o meno radicale svalutazione di sé (sono stata abbandonata perché non valevo niente, o perché ero cattiva è pur sempre meglio che accettare di non avere genitori, nel primo caso se dimostri cioè di valere qualcosa o se diventi più buona puoi recuperare l’affetto dei genitori che ti hanno abbandonato o conquistare l’affetto di nuovi genitori surrogato, nel secondo caso sei senza speranza).
Giunta nella grande città, nella Ville Lumière, detta così non soltanto perché fu la prima città al mondo ad essere illuminata dai lampioni a gas, ma perché era un faro per la cultura, per la scienza, per l’arte e per il buon gusto per tutte le altre, Alice fu impiegata dalla madre a lavorare in una stamperia a rilegare libri (dirà dopo nella sua autobiografia Souvenirs che il primo libro che dovette assemblare fu un’edizione clandestina del Kamasutra … quasi un presagio).
Poi trovò impiego in una caserma militare, si occupava soprattutto degli scarponi dei soldati, li disinfestava, li ammorbidiva con l’olio, li rimetteva in forma; il lavoro le fruttava poco, mangiava nelle mense popolari e aveva riadattato per sé un paio di scarponi da uomo misura 40 in cui il suo piede ci nuotava dentro.
A quattordici anni fu assunta un una boulangerie, una panetteria in cui doveva svegliarsi all’alba ed il lavoro era molto più faticoso; ma ciò che la infastidiva di più era il fatto che i garzoni appena era loro possibile la palpeggiavano in tutto il corpo nel retro-bottega, era intollerabile sentirsi tutte quelle mani che la frugavano addosso, la sentiva come una violazione e una violenza.
Certo Alice stava crescendo, non era più la bambina che si stupiva della minima sciocchezza appena giunta a Parigi, stava diventando donna e le forme del suo fisico si stavano arrotondando, e questo accendeva il desiderio degli uomini che la circondavano, un desiderio che diventava predatorio nel caso di Alice, perché nella sua situazione sembrava la preda perfetta per ogni uomo.


Man Ray - Kiki, 1930



George Hoyningen-Huene - Lee Miller





Non aveva un padre che la potesse proteggere e difendere e la madre sembrava più occupata a sopravvivere che a dare a questa povera figlia sua un briciolo d’affetto, forse non sapeva nemmeno lei cosa fosse l’affetto, fatto sta che interpretava il suo ruolo di madre in maniera molto rigida, imponendo delle regole e un controllo estremamente severi (convinta, forse, che in questo modo la figlia avrebbe evitato la sorte che era toccata a lei … perché una ragazza madre non aveva futuro, era considerata né più e né meno alla stregua di una puttana ed era difficile togliersi questo stigma anche in una città come Parigi).
Chissà perché le figlie delle donne che si sposano precocemente, tendono a loro volta a sposarsi presto, quelle che fuggono di casa hanno figlie che lasciano molto presto la casa genitoriale, è più facile per una figlia illegittima avere a sua volta figli illegittimi, per i figli dei separati separarsi a loro volta e i figli dei suicidi tendono a suicidarsi con un’incidenza maggiore degli altri.
Perché avvengono queste cose, identificazione, modellamento, imitazioni, assorbono inconsciamente il codice del legame genitoriale, la matrice relazionale vigente in quella famiglia? Si tratta solo di un caso pur avendo questo caso significatività statistica e una valenza correlazionale se non proprio un fondamento causale? Non lo sappiamo.
Sappiamo però come si può uscire da questa eredità transgenerazionale, attraverso l’amore reciproco che permette di affrontare insieme all’altro i propri traumi inelaborati, di capire e far capire all’altro quali sono i propri vissuti profondi, come ci hanno modificati, come è stato difficile, se non impossibile, riversarli dal rapporto con i propri genitori al rapporto col proprio partner e da questi al rapporto con i propri figli e nell’affrontare la vita in generale.
Alice era la preda perfetta, dicevo, non soltanto per i garzoni della panetteria, ma per qualunque maschio le gravitasse intorno perché il predatore capisce quando la propria preda è debole ed isolata; la madre è già una puttana per tutti, avendo avuto una figlia illegittima, nessuno si sarebbe stupito se anche la figlia ne avesse seguito le orme, sarebbe stata una delle tante filles de joie nate da un momento di piacere e destinate a dare piacere.

Man Ray


Kees van Dongen. Retrato de una mujer con un cigarrillo (Kiki de Montparnasse). Hacia 1922-24

Kiki





Se i palpeggiamenti con le mani ruvide e sporche di farina ad Alice non piacevano affatto, tutt'altra cosa però era il piacere di essere guardata, ammirata, desiderata dagli uomini; non ci sarebbe da stupirsi in nessun caso se una donna provasse questo desiderio, ma in lei era molto più potente e precoce proprio perché da quando era nata nessuno l’aveva mai guardata come se fosse una cosa bella, importante, desiderabile … il cogliere il proprio valore e la propria amabilità negli occhi dell’altro fu una circostanza a cui rimase appesa per tutta la vita.
Stava diventando molto bella Alice, ma lei tutto questo non lo sapeva, perché nessuno riusciva semplicemente a dirglielo, non sua madre per cui lo sbocciare della figlia diventava un problema grandissimo, che diventasse bella poi aggravava ancora di più questo problema, perché ciò significava che era ancor più desiderabile, e questa madre non sapeva trasmetterle l’orgoglio di avere una bella figlia né l’affetto e la comprensione per le dinamiche adolescenziali che stava attraversando.
Nel frattempo anche Alice provava gli scombussolamenti tipici della sua età, tempestosi desideri le attraversavano il corpo e la mente e li viveva come potenziali pericoli e come vaghe insidie e non come sensazioni piacevoli sconosciute.
Nei suo diario Souvenirs scrive che per sfuggire a quelle minacce per la sua integrità iniziò a praticare l’autoerotismo, la sua prima volta in una giornata d’estate calda e afosa chiuse le persiane e si adagiò sul letto, all’inizio quelle carezze le sembrarono bellissime e soavi, ma la strana sensazione che ne seguì, il parossismo che le accompagnò e le concluse, la fece sentire strana, le diede la sensazione di perdere il controllo di sé e la spaventò moltissimo.
Le piaceva ammirare i bei ragazzi intorno ed essere guardata, le piaceva sentire di piacere, per accentuare ancora di più la sua avvenenza, per sembrare più grande di quello che era, iniziò ad imitare le donne adulte, e a Parigi di splendidi esemplari di donne superbe e sicure di sé durante la Belle Époque  ne poteva vedere quante ne voleva, così con i miseri strumenti che aveva a disposizione iniziò ad annerirsi le sopracciglia e le ciglia con la punta dei fiammiferi bruciati.


Kiki

Contant Detré - Kiki de Mountparnasse

Kiki

Kiki





La proprietaria della panetteria la scoprì mentre si sottoponeva a questa sorta di trucco rudimentale e la apostrofò col titolo di “Puttana”, Alice che è sempre stata un tipino tutto pepe e che non accettava l’autorità di nessuno, le sferrò un pugno e ne ricavò un bel licenziamento.
Trovandosi senza lavoro e non potendolo confessare alla propria madre, pur di guadagnare qualcosa si risolse a posare nuda per un anziano scultore, sua madre che era venuta a saperlo irruppe all’improvviso nello studio dell’artista e la sorprese priva di veli, la reazione di questa donna fu estrema e paradossale, per scongiurare il timore che seguisse le sue orme non volle più saperne della figlia, che si veniva a trovare così senza lavoro e senza una casa.
Come abitazione si adattò a vivere in una vecchia baracca, che riadattò alla meglio, per il resto cercò di trovare un accordo con se stessa fra il suo stato di bisogno e il timore di compromettersi, di perdere quella che all’epoca veniva chiamata “onorabilità”, corredo prezioso per una giovane donna che volesse condurre una vita serena, poter aspirare a qualcosa e non essere umiliata dagli uomini e dalle altre donne.
Adescava qualche cliente, in particolar modo vecchi, adolescenti o persone disabili, si appartava con loro nei cortili bui, negli androni dei portoni e li “per un pugno di dollari” mostrava loro il seno, scopriva le gambe e “per qualche dollaro in più” mostrava pure le sue parti intime e si faceva accarezzare, che tanto ormai ci aveva fatto l’abitudine in panetteria, li la toccavano lo stesso, che almeno pagassero per farlo.
Fatale sulla strada della sua vita fu l’incontro con Eva, una ragazzina di qualche anno in più di lei, randagia e raminga come lei, che viveva anch’essa in strada prima che la accogliesse nella sua stessa baracca, e che, contrariamente ad Alice che era ancora vergine, si concedeva ad un macellaio che ogni volta le pagava ben due franchi ed una treccia di salsicce.


Brassai - Kiki e il suo accompagnatore

Kiki

Kiki dans une belle robe






Alice divenne invidiosa dell’amica (due franchi e una treccia di salsicce erano pur sempre due franchi e una treccia di salsicce), in fondo cos’erano per lei che viveva da sola, in una baracca, abbandonata da tutti questo onore che sembrava molto prezioso a sua madre, la rispettabilità di cui tutti si riempivano la bocca, la moralità, il buon nome, il buon gusto, la rispettabilità, la virtù, la propria reputazione se non puoi nemmeno permetterti una minestra calda, se non puoi mangiare tutti i giorni, se sei sporca e lacera da suscitare solo pietà e ribrezzo, se non puoi nemmeno lavarti per darti un aspetto decente e non puoi nemmeno proteggerti dal freddo dell’inverno?
Alice cominciò a pensare che la sua bellezza fosse la sua unica fonte di guadagno e che se voleva migliorare la sa condizione non poteva limitarsi a farsi guardare da qualche sciagurato, doveva proprio decidersi a perdere la sua preziosa verginità, che ormai vedeva più come un peso che come il tesoro che le avevano fatto credere che fosse.
Eva, che ai suoi occhi era ormai un’esperta, le suggerì di farsi deflorare da un vecchio: “I vecchi fanno meno male!”, trasmettendole così l’idea che ciò che stava per fare fosse non soltanto una cosa necessaria nella sua situazione, ma che fosse solo dolore, nessuna traccia di piacere e men che meno di amore; fu così che Eva le presentò un signore cinquantenne (il vecchio che ci voleva), che di mestiere faceva il clown.
Il tizio in questione però fu molto più paterno con lei che altro, la ospitava in casa sua, le dava da mangiare, la metteva a letto rimboccandole le coperte, le suonava la ninna-nanna con la chitarra, ogni tanto gli piacere fare con lei qualche giochino erotico, ma di deflorazione nemmeno l’ombra, Alice attendeva, ma non succedeva niente, tanto che l’atteggiamento di quest’uomo le sembrava patetico.
Stanca di aspettare e insoddisfatta Alice decise di scappare con un pittore di nome Robert, che la ospitò in casa sua; la prima notte insieme, guardandolo spogliarsi venne colta da una risata isterica irrefrenabile, Robert aveva delle calze tagliate sulla punta, che mostravano le dita, come se si trattasse di mezzi guanti … e il passo da mezze calze a mezzi guanti, e da mezzi guanti a mezza calzetta riguardo all’uomo che aveva di fronte fu breve, solo che invece che esplicitare questo pensiero si mise a ridere forsennatamente.


 Kisling Moise - Kiki de Montparnasse in a red jumper and a blue scarf, 1925

Kiki

Kiki

Lee Krasner - Kiki





Ma se Robert smontò quella sera, incapace .di procedere oltre con una ragazza che non smetteva di ridere, le sere successive ci riprovò, ma stavolta aveva preso le sue precauzioni, aveva rimorchiato due prostitute con l’intento di insegnarle la tecnica del fare l’amore, come si fa godere un uomo insomma, ma Alice rifiutò categoricamente di prestarsi a questa farsa.
Non c’era verso per Alice di acconciarsi ad andare a letto con quest’uomo, che al colmo della sua ira iniziò a picchiarla, a tenerla segregata, a ricattarla, ad intimarle che se continuava così l’avrebbe messa a battere sul marciapiede proprio come le sue amiche che le aveva presentato in precedenza; era una situazione molto brutta ormai per entrambi, che forse sarebbe pure finita male, se all’improvviso Robert, per motivi mai appurati, scomparve per sempre senza dare più notizie di sé.  
Ma il fatto che si fosse sottratta alla violenza di quell’uomo, non significava che Alice avesse risolto i suoi problemi, tornò a vivere a Mountparnasse, il suo quartiere d’origine, quello in cui aveva abitato con sua madre, un quartiere curioso, con un nome altrettanto curioso, ilo Parnaso era il monte consacrato ad Apollo e alle sue muse, la culla di tutte le arti, sembra che il nome si debba ad alcuni studenti parigini che si recavano su quella che una volta era una collina, prima che venisse spianata dal Boulevard de Mountparnasse per far perdere ai parigini la voglia di fare rivoluzioni ogni volta che gli giravano le palle, a declamare le loro poesie.
Ma dovette ritornare ad abitare in un’altra catapecchia, a rubare il pane per nutrirsi e a lavarsi nei bagni dei bistrot, e il Mountparnasse era pieno di bistrot dove si riunivano artisti di ogni genere, letterari, poeti, scienziati, pensatori e tutta quella fauna ambigua e caratteristica che popolava la Parigi dell’inizio del XX° secolo.
A dare la consacrazione al quartiere di Mountparnasse contribuirono alcuni artisti che, nel pieno del loro successo professionale, scelsero questo posto come luogo per la propria abitazione e per mettere su i loro atelier, i loro studi artistici, il centro nevralgico da cui si irradiava la loro svolta artistica, culturale, filosofica o scientifica o semplicemente l’arte tutta parigina del saper vivere, del bon vivant.

Man Ray - Lee Miller, 1931

Man ray - Lee Miller, 1939

Man Ray - Kiki

Man Ray





Primo fra tutti fu Picasso, ma ben presto lo seguirono anche Soutine, Foujita, Modigliani, Pascin, Léger, Juan Gris ed Henri Matisse … per il resto, praticamente tutti, ma proprio tutti quelli che contavano e anche quelli che speravano di contare qualcosa, ormai frequentavano i locali del Mountparnasse.
In quei locali fumosi, grevi di odori di cibo, di grassi sfrigolanti, di cipolle e di agli rosolanti, di fette di pane tostato, di salse aromatiche, di vassoi ripieni di ogni ben di dio, delle bollicine della Perlier o di qualche champagne, avvenivano discorsi che Alice non poteva nemmeno comprendere in tutta la loro intensità e nella loro profondità.
Così, questo scricciolo di donna, inselvatichita dalla vita che conduceva, frequenta La Rotonde, più per lavarsi gratuitamente che per consumare qualcosa pagando, qui entra nelle simpatie di Chaïm Soutine, un pittore russo, che la presenta a sua volta ad alcuni suoi amici pittori che di tanto in tanto la sottraggono alla vita di stenti offrendole un letto e un pasto caldo.
Molti di loro la ospitarono per simpatia, per spirito di carità, perché lei docilmente posava per loro, per qualche istinto paterno (sempre ammesso che esistano simili istinti) … chissà, ma qualcuno la vide anche come donna anzi, vide in lei proprio un prelibato bocconcino che nessuno sembrava ancora aver colto, nonostante le asperità che aveva attraversato.
A cogliere questo fiore fu il pittore polacco naturalizzato a Parigi Maurice Mendjizky, fu lui a renderla donna (sono quelle cavolate che un uomo inizia a credere per sentirsi importante e che la donna gli lascia credere per amore o per convenienza … una donna è già donna, diventa donna da bambina che era come se fosse la cosa più naturale del mondo un tempo diventava anche madre con la stessa nonchalance … diciamo che l’uomo è soltanto un utile ammennicolo), fu quest’uomo però a cambiarle il nome da Alice Prin a Kiki de Mountparnasse, fu lui a consacrarla come modella dei più grandi artisti dell’epoca e a spianarle la strada come la regina di Paris.

Man Ray - Lee Miller o Kiki de Mountparnasse, lui le scambiava spesso e io ho trovato entrambe le indicazioni

Man-Ray-e-Lee-Miller-©-Lee-Miller-Archives-1939-photo-Theodore-Miller-1931

Marlene Dietrich






Da quel momento diventò la modella per molti artisti di Parigi: Moïse Kisling (Nu assis), Amedeo Modigliani, Tsuguharu Foujita (Nu couché de Kiki), Chaïm Soutine, Francis Picabia, Jean Cocteau, Arno Breker, Alexander Calder, Per Krohg, Hermine David, Pablo Gargallo, Mayo e Tono Salazar, mentre il pittore e regista Fernand Léger filmò il suo sorriso enigmatico nel film Ballet mécanique.
Molti di essi erano perennemente squattrinati, le davano pochi spiccioli, quando potevano darglieli, più spesso vitto e alloggio, ma Alice si spogliava volentieri non tanto per i soldi quanto perché le piaceva farsi ammirare e sperava che quelle opere avessero un successo strepitoso perché anche lei diventasse famosa … come la Gioconda.
E invero, fra gli artisti di quell’epoca, c’era la ricerca spasmodica non solo a produrre una buona arte, ma a produrre il capolavoro dei capolavori, come lo era la Gioconda di Leonardo … un’opera che chiunque poteva osservare pagando pochi franchi per il Louvre, un’opera universale, che ha tracciato la storia dell’arte, di quelle che una volta viste non le dimentichi più, quelle che hanno il potere di far sparire qualsiasi opera per quanto pregevole vicina a loro … chi ricorda quali opere ci siano nella sala del Louvre dov’è esposta la Gioconda e chi saprebbe dirmi quale altra opera di pari dimensione è conservata nell'ex-refettorio rinascimentale del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano proprio di fronte all’Ultima cena leonardesca?
Alice non era ancora un’opera d’arte, era intraprendente, ambiziosa, voleva essere ammirata, voleva diventare la regina di Parigi, ma era incolta e volgare, grezza come una timpa, dura e pietrosa come gli scogli di Longarini, spesso anche scurrile e volgare e anche svergognata … per lei le mutande proprio non esistevano, e quando successivamente le chiederanno in un’intervista il perché non le indossasse rispose che era per comodità, i caffè a quel tempo non avevano la toilette per signore e allora bastava sollevarsi le gonne per fare pipì in un angolo della strada; dell’opera d’arte per il momento aveva solo il nome e le amicizie giuste: gli artisti de La Rotonde a Mountparnasse.
Ma era anche di un candore e di una generosità impressionanti, non solo concedeva spesso il suo corpo a persone disperate, e non soltanto agli artisti, ma una volta nei pressi de La Rotonde sentì piangere una donna a cui era morto il figlio e lei non aveva nemmeno i soldi per pagare il funerale, fu l’unica ad intenerirsi, o l’unica intenerita che fece qualcosa: entrò nel ristorante e girò per tutti i tavoli con la gonna alzata, poi avvicinava loro un cappello chiedendo soldi “per lo spettacolo”, alla fine era riuscita a mettere su non soltanto i soldi per il funerale ma anche di che pagare a quella donna un abito nuovo e più adatto per seppellire suo figlio.

Josephine Baker

Dora Maar (1907-1997) - Jeune Femme Nue Assise 

Kiki

Kiki





La sua storia d’amore più nota, quella più importante, fu con Man Ray, iniziata nel 1921 e che durò, fra alti e bassi, per sei anni, fra migliaia di fotografie scattate, momenti di passione e di tenerezza, fra reciproci tradimenti, urla, strepiti, litigi, schiaffi, pugni, calci, tirate per i capelli, spesso tutto ciò avveniva pubblicamente, quella relazione per molti aspetti non riusciva proprio a rientrare nelle faccende private, sembrava aperta al pubblico sia nelle effusioni sia nelle accese discussioni.
Entrambi erano gelosissimi del partner, bastava un niente per scatenare un putiferio, bastava un gesto, un’occhiata, una parola di troppo ad un amico o ad un cliente dei locali dove adesso lei si esibiva come cantante e ballerina, perché a lui salisse il sangue agli occhi e uscisse il fumo dalle orecchie e si alzasse dal tavolo per pestarla, lei non si difendeva soltanto, ma contrattaccava con calci e pugni, con tirate di capelli.
Anche lei non scherzava, in certi casi diventava una furia, come quando una sera al cafè La Coupole si accorse che fra il suo uomo e Lee Miller, indossatrice ed aspirante fotografa catapultatasi dagli Stati Uniti a Parigi per consacrarsi al sacro fuoco dell’arte, bisessuale e libertina quanto e forse più della stessa Alice, c’era un’intesa intima scandalosamente manifesta; Alice non seppe trattenersi, gli sferrò un pugno in faccia e avrebbe continuato a menarlo se lui non si fosse rifugiato sotto il tavolo, da dove lei cercava di stanarlo lanciandogli addosso, piatti, bicchieri e ingiurie.
Ad un certo punto di questo ménage sado-maso Alice face un ennesimo colpo di testa, stanca della tensione continua creatasi fra lei e Man Ray colse al volo l’occasione per scappare negli Stati Uniti con un giornalista americano, ma soltanto qualche mese dopo spedì al suo uomo a Parigi un telegramma da Saint Louis con tre lettere soltanto: “SOS”.
Mar Ray accorse in suo aiuto e la loro relazione riprese con più impulso di prima, ma la nuova linfa dovuta alla paura di perdersi e al piacere di ritrovarsi durò molto poco, lei riprese ad esibirsi al Jockey, un locale notturno non molto raffinato, dove faceva una versione erotica del can-can, ballando senza mutande, quasi sempre ubriaca o sotto l’effetto di qualche droga, che quando cantava dimenticava le parole e ravvivava l’atmosfera alzandosi la sottana e mandando tutti i presenti in visibilio.


Kiki

Pablo Gargallo, - Kiki de Montparnasse - bronze doré, 1928 © Archives P. Gargallo





Non è che i due non si amassero, a modo loro si amavano pure, è che proprio nessuno dei due riusciva ad essere fedele: lui se trovava sulla sua strada qualche donna bella e interessante, lei se qualcuno le piaceva o soltanto se le faceva pena, sarebbe bastato allora che non fossero gelosi l’uno dell’altro, ma sfortunatamente lo erano fino alla follia, fu una fortuna allora quando si separarono, altrimenti si sarebbero massacrati.
Quando lascia Man Ray Alice è definitivamente per tutti Kiki de Mountparnasse, oltre ad essere cantante e ballerina per i locali di Parigi (si esibì anche all’Oasis), calcò anche le scene del teatro  con un’opera di Francis Picabia (sfortunatamente con scarso successo) e provò anche a tenere un pennello in mano combinando un completo disastro.
Al suo vernissage, organizzato in grande stile dal suo amante di turno, il disegnatore Henri Broca, erano presenti gli artisti più famosi, molti intellettuali, giornalisti e persino il ministro dell’interno Albert Serrault; in uno scatto d’ira Kiki contestò i rappresentanti del governo e li riempì di insulti e parolacce, il giorno dopo lo scandalo era enorme e lei era su tutti i giornali.
Fu anche attrice cinematografica, interpretando otto film nel ruolo a lei congeniale di donna perduta, ma non divenne famosa per le sue, peraltro discutibili, qualità artistiche, quanto perché divenne  un’icona, un modo di essere, un profilo ben noto perché artisti ormai famosi la resero immortale, tanto da non sembrare affatto fuori luogo che questa donna nel 1929, all’età di 28 anni decidesse di scrivere le sue memorie.
E che a scriverle la prefazione dell’edizione americana fosse il grande Ernest Hemingway, che disse di lei con un tono che la diceva lunga sul loro rapporto e che non sembrava per niente affettato o esagerato: “Del suo corpo splendidamente bello, della sua voce gradevole, adatta a parlare più che a cantare. Kiki ha certamente dominato l’era di Montparnasse più di quanto la regina Vittoria abbia dominato quella che si chiama era vittoriana”.

Paul Almásy

Kiki

Kiki






E, rincarando la dose: “Se siete stanchi dei libri scritti dalle signore della letteratura per entrambi i sessi, questo è un libro scritto da una donna che non è mai stata una signora. Per quasi dieci anni è stata a un passo dal diventare quella che oggi sarebbe considerata una Regina, il che, naturalmente, è molto diverso dall'essere una signora”.
In molti, uomini e donne, a Parigi, desideravano Kiki de Mountparnasse, chi desiderava essere simile a lei, avere la sua sfrontatezza, essere desiderata e amata da tutti come lei era, e chi desiderava invece la sua compagnia, le sue attenzioni, il suo affetto, il suo corpo morbido, i suoi baci infuocati, il suo culo strepitoso impressionato in molte pellicole e pennellato su molte tele, quel culo che mostrava con sfrontatezza alle famigliole o alle coppiette borghesi dopo averle avvicinate con un sorriso e aver chiesto loro: “Posso fare qualcosa per questi bravi signori?” che venivano a passeggiare nel suo quartiere, ormai diventato di moda.
Ma Kiki, o meglio Alice, aveva due soli desideri, del primo è lei stessa a parlarcene quando confessa che: “Ho solo bisogno di una cipolla, un tozzo di pane e una bottiglia di vino rosso, e troverò sempre qualcuno che me li offre”.
A me non colpisce la povertà delle sue richieste, una persona avvezza a poco e a saltare i pasti può anche accontentarsi di poco anche quando economicamente sta bene, oppure esagerare adesso che può e pretendere solo ostriche, caviale e champagne, come una sorta di risarcimento per ciò che non ha avuto, così come andava a letto con molti uomini alla ricerca di quell’affetto che non aveva mai provato, e come le piacesse essere guardata e desiderata come compenso per non essere mai stata badata e accudita.
Mi colpisce piuttosto il suo candido: “ … troverò sempre qualcuno che me li offre”, la vita era stata dura con lei, molto precocemente aveva dovuto ricorrere all’arte di arrangiarsi, altrimenti sarebbe morta di fame, di freddo, di stenti, di fatica o di malattia, aveva dovuto contare solo su se stessa, proprio per questo era per lei importante poter pensare che qualcuno sempre e dovunque avrebbe provveduto a lei, non le avrebbe fatto mai mancare quel poco che poteva darle e che sarebbe stato sufficiente a tenerla in vita.

 Man Ray and Lee Miller at the Fairgrounds, 1930

Man ray - Kiki de Mountparnasse 1926

Kiki






L’altro desiderio, molto più esplicito ed evidente, che abbiamo rincorso per tutta la narrazione di questa vicenda di vita, era quello di diventare la regina di Parigi, la più famosa, la più ammirata, la più desiderata, quella che manda in visibilio tutti.
Ma a Parigi in quel tempo c’erano molte prime donne, anche più belle e seducenti di lei, più melodiose, più conturbanti, più ambiziose, più intraprendenti, più intelligenti, più talentuose, più geniali, più fredde e calcolatrici, più manipolatrici, più diaboliche … ma nessuna di loro riuscì a spuntarla, Parigi è una donna gelosa, dispettosa e capricciosa, solo lei è la regina e le varie vamp, starlettes, femmes fatales, chanteuses, danseuses, … duravano un periodo più o meno breve, una moda, il passaggio di una meteora, Parigi le illuminava, e Parigi le spegneva, senza ragione alcuna le elevava e senza ragione alcuna le faceva precipitare.
Ed è proprio nel periodo del suo massimo splendore, nel 1929, quando scrive le sue memorie, quando è ormai conosciuta da tutti e vive agiatamente, quando possiede un locale tutto suo, il “Chez Kiki” (l’ex Oasis), in rue Vavin, che la sua carriera artistica e il suo successo iniziano a declinare; Kiki deve la sua esistenza e il suo successo a quel miracolo di equilibrio fra genio, arte, follia, sregolatezza e tolleranza (le amministrazioni parigine tolleravano, saggiamente, in quel quartiere e a Mountmartre cose che non erano tollerate altrove, ad esempio a Pigalle, dove la “mondaine”, la buoncostume, interveniva spesso … nessun uomo che non fosse Utrillo o Modigliani poteva aggirarsi per i vicoli di Parigi completamente ubriaco ad ululare alla luna senza passare la notte alla sûreté) che era Mountparnasse.
Alice si approssima ai trentanni, l’abuso di droghe e alcol aveva accelerato il naturale decadimento del suo fisico, era molto ingrassata, il volto tumefatto, nessun pittore avrebbe più pensato a lei come modella per un nudo femminile, e di culi sodi e desiderabili Parigi era piena, iniziò ad isolarsi, a non voler vedere più nessuno, se non poteva più essere Kiki de Mountparnasse, voleva almeno essere ricordata per ciò che era stata e non per ciò che era diventata.
Il suo carattere focoso e impulsivo completò il suo precipizio, venne arrestata per aver picchiato un commissario di polizia e rimase in sicurezza per dieci giorni, durante l’invasione tedesca intreccia legami con la resistenza ed è costretta a rifugiarsi in Borgogna per sfuggire alla Gestapo, nel dopoguerra viene di nuovo arrestata per traffico di stupefacenti, dei soldi fatti durante il periodo di massimo successo non le rimane più niente, ha perso di vista molti amici di allora che: o hanno fatto una brutta fine o hanno raggiunto il successo.


Moise Kisling (Poland 1891-1953 France) Kiki de Montparnasse (1924) oil

Kiki






A cinquant’anni per sopravvivere legge la mano ai clienti nei bistrot, è diventata obesa, il ventre gonfio per l’idropisia, viene ricoverata all’ospedale di Laënnec, dove morirà il 23 marzo del 1953 dopo una breve agonia, al suo funerale dei suoi vecchi amici sono presenti solo DominguezFoujita e nessun altro, in compenso nessuno dei vecchi locali che Kiki aveva frequentato e dove si era esibita (La Coupole, Le Dôme, Le Jockey, La Jungle ….) mancò di inviare una corona di cordoglio.

Povera Alice, piccolo grumo di carne, sangue, muscoli e ossa, scagliato sulla terra, oggetto di mille desideri, generosa di te e del tuo corpo fino al masochismo se solo qualcuno ti piaceva, se sapeva farti ridere, se ti era simpatico, se lo trovavi patetico, se vedevi in lui lo sconfitto, l’umiliato, il bisognoso, nessuno ti ha guardata come avresti voluto, nessuno ha ascoltato i tuoi sospiri più profondi, nessuno ha mai preso sul serio i tuoi desideri.