martedì 23 giugno 2015

SOLSTIZIO D'ESTATE









Un seul sourire disputait
Chaque étoile à la nuit montante
Un seul sourire pour nous deux


Et l’azur en tes yeux ravis
Contre la masse de la nuit
Trouvait sa flamme dans mes yeux

J’ai vu par besoin de savoir
La haute nuit créer le jour
Sans que nous changions d’apparence.

*
(Paul EluardUn seul sourire).







Un solo sorriso contendeva
Ogni stella alla notte nascente
Un solo sorriso per noi due

E l’azzurro nei tuoi occhi estatici
Contro la massa della notte
Nei miei occhi trovava la sua fiamma

Perché volevo sapere ho veduto
La notte alta dare la vita al giorno
Senza che la nostra immagine mutasse.
(Paul Eluard, Un solo sorriso).








Le vent tirait au faisan
Un œil fermé l'autre en bonds clairs
Bulle d'orage hors chemins
Dépassait la pluie embourbée
Un grand frisson ridait d'acier
La poursuite au fil de son sang

La ville folle qui remet tous les jours ses souliers

N'ai-je pas appris à franchir
D'un climat à l'autre les mois
A la suite les années
J'ai mesuré mon impatience
Aux femmes que j'imaginais

On ne mesure pas le désordre

Pourtant

C'est par la femme que l'homme dure

La forge son vin sous la glace
Au carrefour domptait la nuit
Avide fascinée soumise

Comme aux pointes des seins la robe
Comme la proie à son amant

Ailleurs au contraire

Une vague noire qui comble le cœur

Dans des souterrains infinis
Sensible retour à tâtons
Des serpents continuent leur course
Vers le lait lisse d'un seul jour
Vers la verdure du ciel fixe
Qu'un enfant montrera du doigt

Une aile une seule aile rien qu'une aile
Inutile pénible

J'avais des rêves que les femmes Éparpillaient de leurs caresses
Pour me reprendre dans leur ombre
Si j'ai commencé par les femmes
Je ne finirai pas par moi.
(Paul Eluard, Un soir courbé).







Il vento tirava al fagiano
Una pupilla chiusa l'altra a scatti chiari
Bolla di burrasca fuori rotta
Sormontava il pantano della pioggia
Un brivido profondo corrugava l'acciaio
La rincorsa a filo del suo sangue

La città pazza che ogni giorno rimette i calzari

Non ho imparato a valicare
Da un clima all'altro i mesi
Quindi gli anni?
Ho misurato la mia impazienza
Dalle donne che inventavo

Il disordine non si misura
Perciò
È nella donna che l'uomo dura

La forgia riposto il suo vino sotto ghiaccio
Al crocevia domava la notte
Avida incantata sottomessa
Come la veste alla punta dei seni
Come la preda al suo amante

Altrove invece
Un nero maroso che colma il cuore

In sotterranei senza fine
Sensibile ritorno a tastoni
Dei serpenti proseguono la loro corsa
Verso il latte liscio di un solo giorno
Verso le verdi radure del cielo fisso
Che un bimbo mostrerà col dito
Un'ala una sola nient'altro che un'ala
Inutile penosa

Facevo sogni che le donne
Con le loro carezze sparpagliavano
Per riassorbirmi nella loro ombra
Se ho cominciato con le donne
Non finirò da me.
(Paul Eluard, Una sera curva).








"D’una seule caresse
Je te fais briller de tout ton éclat".
(Paul Éluard, XVII).









Avrò notizie di te
se entro nel sole.
Nel magma dei vulcani
coglierò il tuo colore.
Ti cercherò
nel fondo degli abissi,
nel mormorio del vento.
T'ascolterò
adagiati sulla luna,
ci parleremo,
ci culleremo nell'occhio del ciclone,
Perché nel mondo dei sogni
io t'ho incontrato...
(Paul Eluard, Avrò notizie di te).








"Nous vivons dans l’oubli de nos métamorphoses".
(Paul Eluard, Le dur désir de durer, 1946).









Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo,

Nel vuoto dei vetri grevi di silenzio e

D'ombra dove con nude mani cerco i tuoi riflessi,



Chimerica è la forma del tuo cuore

E al mio desiderio perduto il tuo amore somiglia.

O sospiri di ambra, sogni, sguardi.



Ma non sempre sei stata con me, tu. La memoria

Mia oscurata è ancora d'averti vista giungere
E sparire. Ha parole il tempo, come l'amore.
(Paul Eluard, Quei tuoi capelli).









"Yuku haru wa
Tori naki uo no
Me wa namida".
松尾 芭蕉 ).








"La primavera se ne va -
Triste il canto degli uccelli
Lacrime negli occhi dei pesci".
(Haiku giapponese del 1689).




mercoledì 17 giugno 2015

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È in atto un esodo di poveri e disperati senza precedenti, se una volta si scappava dalla fame, se la molla che faceva muovere le masse era la speranza di una vita migliore almeno per i propri figli, ora si scappa da guerre e da malattie mortali; e non importa se il viaggio è molto rischioso, se i pericoli sono immensi, se devi attraversare il deserto, il mare e poi, la parte più pericolosa, il disprezzo e l’indifferenza della gente, non importa se muori per strada, o se impazzisci, o se ti sfrutteranno per tutta la vita facendoti vivere in topaie immonde.
In parte siamo noi occidentali i responsabili di questo esodo, con le nostre politiche economiche predatorie, che vanno ad impadronirsi delle materie prime vitali e delle risorse li dove li trovano,  non esitando ad usare la corruzione, l’ingerenza negli affari altrui, la forza militare anche contro i civili per piegare tutti. Tutte le armi usate nei conflitti interni in Africa e in Asia sono di produzione occidentale, è capitato che le nostre Ong come Emergency e Medecins sans frontieres abbiano curato ferite provocate da armi Beretta e amputazioni a bambini che hanno incautamente messo un piede su una mina anti-uomo di fabbricazione italiana.
Abbiamo cercato di creare artificialmente equilibri geo-politici che facessero comodo a noi e fossero funzionali al nostro stile di vita di consumatori dell’80% delle risorse pur essendo il 20% della popolazione mondiale, uno stile di vita scriteriato che produce incessantemente e che butta al macero almeno la metà dei prodotti alimentari che produce o invita ad un consumo scriteriato di oggetti che andranno ad inquinare il mondo.
Spesso abbiamo fatto più guai di quelli che erano necessari, come la doppia (1990 e 2003) guerra contro l’Iraq, l’invasione dell’Afghanistan, il finanziamento occulto alle popolazioni asiatiche che volevano l’autonomia dalla Russia, come la Bieloussia, la Lettonia, l’Estonia, la Lituania, l’Ucraina, la Moldavia, la Georgia, l’Arzebaijan, o l’appoggio alla cosiddetta “primavera araba”, spacciata per  dai media occidentali come un rigurgito di democrazia contro la tirannide e contro una religione fondamentalista e integralista come l’Islam, mentre era soltanto una guerra fra interessi e bande rivali, dove chi predominava non era migliore di chi veniva soppiantato.




In realtà l'arma migliore contro Salvini sarebbe l'indifferenza, anche le uova scadute lo rafforzano.





Presi, poi, dai sensi di colpa inconsci, perché percepivamo oscuramente che il nostro benessere poggiava sul malessere altrui, se non altro quando alzavamo la suola delle nostre scarpe firmate e ci trovavamo scritto “made in Cina”, “made in Corea”,” made in Vietnam”, o capivamo che un olio extra-vergine di oliva a quattro euro era possibile solo instaurando un regime di schiavitù, una nuova servitù della gleba in nordafrica ad esempio, adottavamo un “negretto” a distanza, o inviavamo il nostro contributo economico, o il nostro 5 per mille, ai padri missionari perché sfamassero, curassero o istruissero gli indigeni.
Contributo che per oltre il 60% veniva utilizzato per mantenere la costosissima “baracca” della Chiesa Cattolica, mentre nemmeno il 40% giungeva in Africa ai destinatari, e qui serviva più per mantenere lo sfarzoso cerimoniale, la pompa e l’immagine, i viaggi apostolici del papa e anche il lussuoso appartamento di 700 metri quadri del cardinal Bertone in centro a Roma e tutte le prerogative concesse ad un principe della chiesa (servitù, macchina con autista,… ).
Non possiamo biasimare, dunque, chi si affida a dei criminali, mettendo loro in mano tutti gli averi di famiglia, tutto ciò che sono riusciti a racimolare, o si offre come schiavo contraendo un debito che sarà pagato con sudore e sangue, per inseguire la speranza che è sempre più di poter sopravvivere e far sopravvivere i propri figli, che non di trovare un qualche Eldorado qui da noi.
Ci sono immigrati che rientrano in patria, ci sono quelli ormai regolarizzati che possono andare e tornare a loro piacimento, ci sono i telefoni per parlare con i propri parenti rimasti nella loro terra, che l’Europa non sia il paese dei balocchi dev’essere noto già da tempo, che il viaggio sia un rischio enorme anche … il fatto che queste considerazioni ormai assodate non dissuadano più di tanto chi intende mettersi in viaggio significa solo che ciò che lascia è comunque peggiore dell’incertezza verso cui si incammina.








Di fronte ad una tragedia di queste proporzioni trovo assurde, ridicole, grette, meschine, squallide, indegne di un essere umano e ottuse certe dichiarazioni, certe chiusure, certi pregiudizi, il soffiare sul fuoco e non si capisce se per trarre un proprio tornaconto (visto che in termini elettorali l’atteggiamento spiccio di chiusura e di rifiuto paga) o soltanto per pura e semplice imbecillità )o, più plausibilmente per una strana mescolanza delle due cose, per cui ciò che ne ricavi arricchisce la tua imbecillità e viceversa).
Non intendo discutere sulle posizioni di chi da sempre ha agitato l’intolleranza verso gli extra-comunitari, definendoli clandestini (ma non preoccupandosi di creare canali di accoglienza per evitare la clandestinità), definendo la clandestinità un reato (facendo così la fortuna dei vari “imprenditori” che potevano disporre di una massa enorme di poveri disgraziati, ricattabili perché illegali, e pagabili una miseria), cosa che ha riempito le nostre carceri di clandestini e di tossici perché le leggi bossi-Fini e Fini-Giovanardi hanno avuto lo scopo di pescare il pesce piccolo, quello meno tutelato, mentre l’immigrazione e l’uso di sostanze stupefacenti non sono state intaccate per niente.
Questa gente è sempre esista, adesso fa crociate contro gli immigrati, una volta faceva le crociate contro il “terrone”, prima ancora borbottava contro gli austriaci, contro gli spagnoli, contro i francesi, contro i barbari quando si è dato il caso che esistesse gente più barbara di loro, e che quando non avevano “nemici” esterni si sono scannati fra di loro: Milano contro Lodi, Firenze contro Pisa, Padova contro Venezia, Genova contro Pisa.
Le rivalità fra regioni o fra città e paesi all’interno della stessa  regione o fra fazioni della stessa città sono storicamente documentate e sono presenti ancora oggi, anche in ambito calcistico, con alleanze molto strane, con accanimenti inconcepibili quando si gioca un derby, con un “tifo contro” che a me sembra assurdo, ma per i tifosi è normale sperare che una squadra della tua stessa città perda miseramente la finale di una coppa contro una squadra straniera.


Che effetto fa essere in testa alle classifiche? "Funzionale" vuol dire che sa leggere e scrivere, ma che non comprende bene ciò che legge e scrive ... pensate a ciò che vota allora.






Si giunge all’assurdo che chi abita più a nord si ritiene migliore di chi abita un po’ più a sud, si tracciano linee immaginarie fra “noi” e ”loro” che basta un soffio per farle saltare, una volta era la “linea gotica”, un’altra volta era il fiume Po, poi è diventata la Padania, che è come dire Dineyland o Topolinia, si fanno distinzioni pure fra chi abita al piano di sopra o al piano di sotto di un condominio.
Sul versante della consistenza storica e culturale, si farnetica di antenati Celti, di ius soli o di ius sanguinis dimenticando che tutte le popolazioni italiche, anche le più antiche sono popoli indoeuropei migrate dall’Asia e giunte sul suolo italiano chissà in quale remota epoca, si vaneggia di esami linguistici a cui sottoporre gli immigrati, quando il 70% dei padani che lo auspica dubito che lo supererebbe a giudicare dalla forma con cui si esprimono i loro leader, dalla struttura grammaticale dei tanti commenti televisivi o sui social network.
Non mi interessa approfondire la meschinità del triumvirato di presidenti di regione (Lombardia, Veneto e Liguria) che si sono detti contrari all’accoglienza di qualche centinaio di migranti a testa, una mossa più demagogica che rispondente a problemi concreti, non mancherebbero le strutture dove ospitare temporaneamente queste persone, esistono reti di volontariato che possono essere attivate gratuitamente e finora hanno fatto di più i cittadini comuni per vestirli e sfamarli dei comuni, delle regioni o dello Stato.
Non starò neanche a perdere tempo con gente come Salvini che sembra non accorgersi che nella sua amata Milano chi raccoglie la spazzatura è extracomunitario, chi attacca i manifesti elettorali della Lega, chi lavora nei bar e nei ristoranti anche  o al mercato ittico e a quello ortofrutticolo sono stranieri quelli che si svegliano alle quattro del mattino, col freddo cane e con la nebbia boia, a scaricare cassette, e sono extra-comunitari coloro che hanno raccolto le mele in Trentino e i pomodori a Rosarno, o quelli che badano al pascolo di mucche, capre e pecore perché per noi sono diventati ormai lavori pesanti, non degni di un italiano, e che se tutta questa gente non ci fosse Milano e l’Italia intera si fermerebbero e Salvini non mangerebbe né mele né pomodori, e gli rimarrebbe solo il freddo cane e la nebbia boia.



In genere rido per la banalità dei loro titoli, per la loro grossolanità, per la loro spiccata cortigianeria ... questo mi ha stupito perché è geniale.





 Che sia una presa di posizione pretestuosa ce lo dice un esempio per tutti, qual è la prima mossa di GiovanniToti, neo-eletto presidente della Liguria, quella che ci dice come sarà il suo governatorato come la prima mossa dello scacchista ci informa se vuole giocare una partita aggressiva, difensiva, tattica? Constata che: «Lo statuto della regione Liguria non va bene: sette assessori sono pochi, servono anche alcuni sottosegretari da impiegare negli assessorati più corposi»; un modo come un altro per dire che “deve” sistemare degli “amici” o degli “amici di amici”, novelli parassiti a spese della comunità che costeranno alla collettività molto di più di un impianto di messa in sicurezza del territorio ligure per prevenire nuove frane, nuovi allagamenti, nuovi disastri e nuovi morti (ricordo che l’autunno è vicino e a Genova ci sono già state due inondazioni nel giro di pochi anni con molti danni e anche morti), e infinitamente molto di più che accogliere e ospitare i migranti.
In tutti questi casi  è l’opportunismo (è sconvolgente per me constare il fatto che più Matteo Salvini compare in televisione e più cresce il consenso nei suoi confronti, avrei creduto il contrario … più lo conosci più lo eviti, insomma), la grettezza, l’umana miseria, il bieco interesse di chi s’è fatto due soldini e teme di doverne devolvere una seppur minima parte ai nuovi arrivati, la stupidità di chi paventa malattie, epidemie, aumento della criminalità, attentati terroristici, la paura del diverso, di chi mette in crisi la nostra identità (che deve essere molto fragile per temere contatti e confronti).
E, soprattutto, quella strana preoccupazione di non essere poi tanto diversi da loro, mentre crediamo di essere superiori … questo spiegherebbe perché sono le persone economicamente e culturalmente più disagiate a temere e a preoccuparsi, perché il confronto è più diretto, vedono insediata la loro condizione di cittadini europei, i privilegi che esigono come a loro spettanti solo per questo (prima il nord o prima gli italiani), senza contare che politiche scriteriate creano la condizione di organizzare centri di accoglienza nei quartieri più poveri e disagiati, concentrando invece di diluire il fenomeno, in modo che sembri più impressionante.

Distributore automatico di pizza ... prima o poi troveremo anche il distributore automatico di sesso.

Ho decisamente sottovalutato Gianni Morandi ... faccio pubblica ammenda.






Non mi preoccupano, insomma i razzisti, gli intolleranti, i demagoghi, le persone meschine e i semplici spaventati, mi preoccupa la reazione di chi invece proviene da una tradizione e da una cultura dell’accoglienza: cattolici e gente di sinistra che mandano preoccupanti segnali di accusare il fenomeno e di non sapere come reagire o di avvicinarsi alle posizioni di Salvini e di Gasparri.
E’ il caso della governatrice del Friuli, Debora Serracchiani, che di fronte alla chiusura degli altri governatori del nord, chiude a sua volta affermando che non permetterà che i migranti rifiutati da Maroni, Zaia e Toti siano scaricati li da lei … pare che stiano discutendo di merce avariata, invece stanno parlando di esseri umani e stanno sfiorando una tragedia immane di cui non pare comprendano le proporzioni.
La regione che in assoluto si sta facendo carico da anni dell’immigrazione è la Sicilia, seguita dal Lazio, dalla puglia e dalla Lombardia, altrove, nelle altre regioni, il fenomeno è trascurabile, niente giustifica tanta demagogia, tanta chiusura e tanta grettezza.
È il caso del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che si fa trovare impreparato quando decine di migranti occupano i mezzanini della stazione centrale perché non sanno dove altro andare (e gli sporcano l’immagine di città efficiente che ospita in questi giorni un grande evento, immagini che hanno girato il mondo come accadde per la spazzatura di Napoli … e chissà se nella mente di Pisapia non ci sia stata un’equivalenza fra immigrati alla centrale e spazzatura di Napoli), che ricorre allo sgombero più o meno forzato, e che a seguire chiarisce meglio la sua posizione parlando di ripristino del “decoro”, della “legalità”, e della “sicurezza” dei cittadini, che non sono mai stati in pericolo con la presenza di quelle poche decine di migranti … anzi, la presenza delle telecamere e dei giornalisti ha disturbato i borseggiatori abituali della stazione Centrale.
Poi afferma, soddisfatto: “No ad altri profughi a Milano. La città più di così non può fare” … non ho commenti per quest’ultima affermazione, rimango solo sbalordito nel constatare che la città che ospita un evento come l’Expò, che si propone addirittura di nutrire il pianeta, non riesca poi ad occuparsi di poche decine di persone.






Ma non sembra si tratti solo di un fenomeno italiano, l’Europa ha fatto orecchie da mercante finora, delegando il problema principalmente ai paesi più coinvolti perché sono le prime sponde per le imbarcazioni dei migranti o si trovano ad essere cerniera fra l’est e l’ovest, fra oriente e occidente, come l’Italia, la Spagna e la Grecia,  e la musica più in voga fino adesso è stata Finché la barca va di Orietta Berti.
La Germania di Angela Merkel ha fatto sapere che non accoglierà migranti e la Francia ha chiuso le frontiere a Ventimiglia, un atto inconcepibile, per non parlare della reazione degli altri Paesi appartenenti alla UE; l’atteggiamento predominante è il ciascun per sé, l’aiutatevi a casa vostra, il fare di noi ciò che noi volevamo fare con la Libia: delegare ad altri il lavoro sporco, l’incombenza di respingere indietro i migranti, di fare i gendarmi del Mediterraneo, magari ricevendone in cambio qualche euro come mancia … dipenderà da quanto siamo stati bravi, tutto pur di presentarsi ai cittadini francesi, tedeschi, scandinavi e poter dire che hanno risolto il problema senza sporcarsi le mani, che il numero dei migranti sul proprio suolo è diminuito.
Naturalmente, ciò vuol dire che non c’è più Europa, non c’è più “Unione” o “Comunità” Europea, se andiamo in ordine sparso sui problemi gravi ed essenziali come la politica estera, l’economia intesa come cosa comune, senza quote o gabbie, ma guardando al benessere di tutti, sganciata dagli interessi delle multinazionali che pretendono sia lecito e legale produrre cioccolata con soltanto il 3% di burro di cacao, che stanno valutando l’ipotesi di brevettare le piante, come se le avessero inventate loro e tante altre amenità che servono soltanto ai grandi gruppi industriali e ai grandi speculatori internazionali.
È un’Europa, questa, che non mi piace, fatta di un intreccio fra la difesa dei grandi interessi economici e del lasciar correre sui localismi, sulla difesa del piccolo territorio che non contrasta con la grande distribuzione e che anzi spesso ne viene assorbito, ma che oltre ad essere estremamente competitivo all’interno dell’Europa stessa e non fra l’Europa e gli altri Paesi, non crea ricchezza, benessere e orgoglio condivisi con gli altri, non crea lo spirito collettivo che essere Europa auspicherebbe.


Un grande Paese e dei grandi politici si vedono per ciò che riescono ad affrontare e a risolvere non per ciò che dicono di non poter risolvere, per il loro coraggio e non per le loro paure.





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Toti,