martedì 28 aprile 2015

UN GRAFFIO IN TESTA 5




Immagine di Alberto Ghizzi Panizza




3
¿Es o no es
el sueño que olvidé
antes del alba?

Esiste o no
il sogno che smarrii
prima dell'alba?
(Jorge Luis Borges, Haiku no.3, da La cifra).



Photo by Willy Otto Zielke, 1939.




"Ogni amore procede dal vedere: l’amore intellegibile dal vedere intelligibilmente; il sensibile dal vedere sensibilmente".
(Giordano Bruno, De gli heroici furori).



Gabriele_Rigon-Ever Magazine.



Still from The American Venus, Dir. Frank Tuttle, Paramount Pictures, USA, 1926.



Ma come era potuto accadere, com’era successo che fosse salita su quel tacco 12 che lui aveva scelto per lei e che serviva, e lei lo sapeva perfettamente, solo a condurla dal suo padrone; come poteva accettare un rapporto così subordinato, con uno che non si faceva mai sentire anche per mesi quando erano distanti, neanche per chiederle: “Come stai?” e che poi appariva all’improvviso e le chiedeva di vederla, anche all’ultimo momento, come quella volta del concerto di Capodanno a Vienna, quando lei si era precipitata nella città austriaca mollando tutto e tutti senza grandi spiegazioni, senza avere il tempo e la voglia di imbastire delle scuse plausibili?
E come era possibile che tutto questo le accadesse proprio adesso che amava un uomo e ne era riamata, proprio ora che forse per la prima volta si sentiva legata a qualcuno, ora che qualcuno stava lasciando per lei la moglie con cui aveva trascorso parecchi anni, con cui era stato felice e aveva avuto dei figli?
Era senza dubbio molto strano tutto questo, era stata e credeva ancora di essere una donna libera, gelosa della sua autonomia, una che non avrebbe mai tollerato alcuna mancanza di rispetto, molto orgogliosa del suo essere donna e indipendente, che non avrebbe tollerato alcun rapporto di dipendenza da un uomo.
E adesso? Eccola li che non poteva contare nemmeno i momenti per rivederlo, perché ogni volta non sapeva quando l’avrebbe rivisto e non sapeva nemmeno se l’avrebbe rivisto … più i giorni passavano e più cresceva la sua paura che non si sarebbe più rifatto vivo  eppure, lo sapeva, lei non l’avrebbe mai chiamato … poteva accettare qualsiasi cosa da lui eccetto il fatto di essere lei a contattarlo per prima … sembrerà poca cosa, sembrerà nulla, ma la chiamata di lui la faceva sentire desiderata … dimenticava tutto in fretta … l’attesa, talvolta lunga, l’umiliazione di stare li ad aspettarlo senza che lui si degnasse di darle qualche notizia o qualche rassicurazione, senza che ci fosse qualche cenno da parte sua di interesse sensibile verso di lei.


Joan Fradera






Quando un uomo non ti chiama, nella stragrande maggioranza dei casi, è perché non ti vuole o non ti vuole più o, se preferisci, è perché l’hanno rapito gli alieni; quando una donna non ti chiama, nella stragrande maggioranza dei casi è perché ha già qualcun altro o, se preferisci, perché l’hanno rapita gli alieni ... oppure perché è troppo orgogliosa per farlo, e preferisce perderti piuttosto che comporre il tuo numero e dirti: “Pronto!”.
Ma qui ogni logica era capovolta, lui non la chiamava mai e poi, ad intervalli irregolari squillava il telefono e sentivi la sua voce, come se niente fosse, come se fosse tutto naturale, normale, come se ti avesse chiamata la mattina e ora voleva aggiungere qualcosa; mentre lei aveva rinunciato quasi completamente al suo orgoglio, che rimaneva arroccato in un bastione imprendibile alla sua impossibilità di prendere l’iniziativa di contattarlo. 
Non poteva fare a meno di cogliere la stranezza della sua situazione e il trasporto che sentiva per quest’uomo la spaventava, era sicura che non fosse amore, quello lo provava per Desiderio, era piuttosto attratta dal carisma di Adelchi, dai suoi modi autoritari, dal senso di dominio che emanava, dal farla sentire di appartenere a qualcuno come mai si era sentita … non si trattava di stare a fianco di un uomo, ma di essere sua come si appartiene ad un branco, dove lui era il maschio alfa da cui tutto il branco dipende e a cui tutti devono obbedienza.
Si sentiva amata non soltanto dall’amore che è trasporto, passione, tenerezza, prendersi cura, ma di quell’amore che è possesso, sottomissione, soggiogamento, dominio o, meglio, un amore che è entrambe le cose come quella morsa che usa il leone durante l’accoppiamento, quando ferma con decisione la nuca della compagna irrequieta con le sue fauci che potrebbero spezzarle il collo ed ucciderla, eppure quella presa è nello stesso tempo ferma e delicata, come quando solleva i piccoli per la collottola, senza far loro alcun male.
D’altronde fu lo stesso Freud ad intuire quanto le pulsioni perverse non fossero delle aberrazioni, delle alienazioni dell’individuo o delle degenerazioni, ma appartenessero di diritto e andassero a costituire, sotto l’egida della sessualità genitale, gli elementi dell’amore maturo; il bacio, la carezza, l'attrazione per lo sfintere anale, il trattenere e il rilasciare, erano residui di piacere che obbedivano allo scopo di stimolare e mantenere l’eccitazione in funzione dell’accoppiamento.



Vienna

Vienna, Stadtpark.




Egli scrisse che:

“La sessualità della maggior parte degli uomini si rivela mescolata a una certa aggressività, all’inclinazione alla sopraffazione, il cui significato biologico potrebbe risiedere nella necessità di superare la resistenza dell’oggetto sessuale anche diversamente che con atti di corteggiamento”. (Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale. Le aberrazioni sessuali, in OSF, Vol. 4, Bollati Boringhieri, p. 470).  

Io credo piuttosto che il corteggiamento sia un gioco complesso in cui si manifestano elementi libidici ed aggressivi in proporzione variabile ed entrambi contribuiscono al successo o all’insuccesso della conquista del partner se sono dosati di volta in volta a stimolare e a mantenere il piacere di stare insieme e non sono dissonanti o sproporzionati da provocare dispiacere.
Freud aveva un’idea, legata al suo tempo e alla sua cultura, per cui era il maschio a sedurre, a conquistare, ed era la femmina ad essere conquistata, il maschio ad essere attivo e la femmina ad essere passiva, il maschio a dover dimostrare affetto e ad imporre la sua presenza e il suo dominio e la femmina ad accettare o a rifiutare l’una e l’altro.
Forse a quel tempo, con quei presupposti, il corteggiamento si svolgeva davvero assumendo quelle forme e forse ancora adesso è rimasta qualche inconsapevole traccia di quella forma mentis, e le persone semplicemente recitavano il copione che la loro cultura di appartenenza e la loro classe sociale prevedevano; forse adesso si sono semplicemente modificati i ruoli e l’attività/passività e l’iniziativa non sono più strettamente legate all’essere maschio o femmina.








Forse, più semplicemente ancora, esistevano ed esistono delle forme di corteggiamento che sono come dei modelli guida, all’interno dei quali due individui possono giocarsi la loro partita dell’amore senza infrangere le regole vigenti e nello stesso tempo senza rinunciare alle proprie esigenze interne.
Per cui se la cultura prevedeva che la donna fosse “passiva” e accogliente, ella trovava altre strade che non fossero l’imposizione diretta, per affermare le proprie esigenze, strade che erano comunque difficilmente arginabili e a cui ci si poteva opporre con più fatica che alle vie più dirette; succedeva, dunque, che in ogni caso una donna intelligente prevaleva in una coppia comunque, anche se la cultura la voleva sottomessa all’uomo, e talvolta in una coppia prevaleva (e prevale) comunque la donna, anche se non spicca per intelligenza sul suo uomo, perché è più volubile? Perché ama di meno? Perché è prepotente? Perché in fondo siamo una cultura matriarcale travestita da patriarcato? Per motivi ancora tutti da indagare?
Fatto sta che nel mio gruppo di amici d’infanzia, tutti maschi, e fra molti miei amici e conoscenti attuali, del nord, del centro, del sud Italia (isole comprese) o di Paesi europei o di altri continenti, solo alcuni maschietti se la giocano alla pari con le rispettive compagne, tutti gli altri sono inesorabilmente subordinati, se non proprio vergognosamente sottomessi, alla propria moglie.
Nell’età del suo sviluppo, intorno ai 15 anni, Ermengarda si era sentita a disagio in quel corpo improvvisamente allungato, con quelle nuove forme rotondeggianti, con quei fianchi sinuosi, con quei glutei sodi che volevano riempire le forme di ogni suo vestito quasi volessero mostrarsi all’esterno e con quel seno che gonfiava le sue camicette quasi volesse fare capolino, debordare, esplodere.
Ma il peggio era che anche i suoi amici d’infanzia, soprattutto i maschi, ora erano in imbarazzo a stare con lei, non aveva mai sospettato che potessero essere così imbranati e deficienti, che potessero fare o dire tante cose buffe, mentre le sue amiche prendevano le distanze … troppo bella, troppo appariscente, ma lei tutto questo non lo capiva e si pensava sbagliata.


Vienna, il Parlamento.





Persino gli uomini che frequentavano la sua casa, gli amici di famiglia, quelli dell’età dei suoi genitori, erano cambiati nei suoi confronti, in molti erano più freddi ora, quasi indifferenti, non scherzavano e giocavano più con lei come prima, evitavano il contatto fisico, anche solo di sfiorarla, mentre altri erano interessati alle sue nuove forme, sentiva che i loro occhi la guardavano in maniera completamente diversa, quasi lubrica.
I ragazzi che le piacevano esitavano a farsi avanti e lei non capiva il perché, le rivolgevano la parola gli spacconi, gli esibizionisti, i bulli, quelli molto più grandi di lei … quelli che non le piacevano; non le ci volle molto a capire che era fittizia tutta la sicurezza iniziale che dimostravano i suoi nuovi ammiratori, e a rendersi conto dell’immenso potere che lei poteva avere su chiunque di loro.
Dopo lo smalto iniziale del maschio, la sua euforia per l'abbordaggio riuscito (bastava solo che lei gli desse retta) e, se ne rese conto quasi subito dopo, la  sua ebbrezza per gli occhi carichi di invidia degli altri ragazzi che gli si posavano addosso e lo ritenevano “fortunato” perché aveva avuto il coraggio di parlarle e non solo lei stava al gioco, ma si accompagnava a lui, rideva delle sue battute, accettava i suoi inviti ed era disponibile per nuovi appuntamenti, lei si rese conto che era incredibilmente facile piegare i maschietti ad ogni suo capriccio e ad ogni sua volontà.
Un po’ ci giocava, alzava la posta, li sottoponeva a prove d'amore incredibili, impossibili, come se queste potessero eccitarla davvero, ma ben presto si stancava di queste cose leziose ed anche di loro; nessuno capiva perché lei li scaricava: i maschietti (tutti indistintamente) pensano che una ragazza si conquista mostrando i muscoli e le proprie abilità, lei mostra le sfide da superare e loro mostrano tutto il coraggio nell’affrontarle e nel superarle.

Deauville - France -1913,  © Collection Yves Aublet.

 In the Wings at the Opera House (1889). Jean-Georges Béraud (French, 1849-1935). Oil on canvas. Musee de la Ville de Paris, Musee Carnavalet, Paris.





Non capiscono che più cedono ai capricci della ragazza e più questa perde interesse per loro, che quello che alla fine rimane davvero nel loro cuore è quello che resiste, quello che non cede, il restìo, quello che sa tenere loro testa, quello che un po’ le domina e che sa capovolgere i rapporti di forza, riequilibrarli, quello che sa prenderle con una presa ferma senza essere molle e senza soffocarle.
Quanto sono prevedibili i maschi, quanto sanno essere banali, quanto ogni loro intento, anche quello che ritengono più nascosto, sia in realtà scoperto, elementare, manifesto, quanto in loro non parli solo la bocca, ma gli occhi che ti guardano, che ti accarezzano, che ti spogliano, anche quando sembrano guardare altrove o quando tu guardi altrove e sai dove sono e sai che ci sono, come quando lui ti aiuta ad indossare la giacca, sai già che i suoi occhi indugiano sul tuo sedere, non ti serve girarti a guardarlo.
E le mani, quante cose ti dicono quelle mani che si muovono mulinando nell’aria se solo le sai osservare, se riesci ad accorgerti quanto in realtà non stanno commentando ciò che lui dice, ma stanno dando forma aerea ai suoi desideri, che non sempre vengono detti, quelle mani ti slacciano, ti sganciano, ti sfilano cose, ti accarezzano, ti spogliano, ti penetrano con le dita, si impossessano di te come se tu fossi un oggetto sospeso nell’aria.
Ma le donne sembrano in genere indifferenti a tutte queste cose, le donne ascoltano, non tanto le parole, le frasi, i significati di ciò che un uomo dice loro, le donne ascoltano il timbro e la musicalità della voce dell’uomo, tutto questo penetra come miele nelle loro orecchi e e va dritto al cuore, mentre gli uomini guardano, osservano, scrutano e tutto ciò non sembra vada necessariamente al cuore ma in qualche altro organo più sensibile o il cui percorso con gli occhi sia privilegiato.

Per questi canali ci innamoriamo noi, uomini e donne, per questi canali stillano gocce di rugiada, di resine odorose che incatenano i nostri sensi, per questi canali veniamo irretiti l’uno dall’altro; in realtà in amore gli uomini dovrebbero essere ciechi e le donne sorde se non vogliono prendere delle paurose cantonate.  

(To be continued ...) 


  

4 commenti:

  1. Sarebbe impensabile per me essere come Ermengarda. Non potrei mai "darmi" a uno come quello. Mi fa andare in bestia questa donna.
    Sai dove glielo avrei ficcato io il tacco 12?
    Notte Garbo.

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  2. Eppure, io penso che un po' di Ermengarda sia in ogni donna (forse in ogni essere umano), che l'orrore che tu hai per "uno come quello" sia il suo stesso orrore di sentirsi avvinghiata ad uno come quello. Anche lei n avrebbe pensato, come te, di non poter mai essere così, eppure ora ne era attratta e atterrita. Forse anche lei andava in bestia con se stessa quando di "dava" ad Adelchi. Dove glielo avresti ficcato il tacco 12? ... non dirmelo, credo di indovinarlo :-)
    Buona notte a te.

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  3. Cercherò di immaginarti Ermengarda su un tacco 12 :-) ma forse esiste anche un po' di Adelchi in ciascuno. Passione, tenerezza, dominio, possesso, convivono in noi e nei nostri rapporti, nella reciproca giocosità dei ruoli. Talvolta però l'equilibrio si scardina, la giocosità scompare, e può accadere che l'uno non si accorga di essere lo specchio entro cui l'altro pretende di mirare se stesso, il sembiante che questi cerca di plasmare sui propri desideri, sulle proprie forme....ma non sono le forme che appartengono autenticamente all'Altro. Mi piace pensare che non siamo linee rette nè curve, ma angoli, spigoli, pieghe...caos autentici di origine garantita. Dunque forse insieme possiamo solo unire caos a caos, generare mescolanze magnifiche ma comunque immiscibili.... Per questi canali credo che ci innamoriamo noi, uomini e donne....e forse in amore dovremmo imparare la vista e l'udito, perchè il senso della vera avventura è guardare, ascoltare, cercare Te...e Me con te...
    I think...Ciao Garbo...
    Flâneuse

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  4. C'è un sottile perverso piacere nell'essere vittima... che ha a che fare con la paura della solitudine, si preferisce un legame anche distruttivo piuttosto che accettare l'idea che nessuno si occupi di noi. Questo porta a situazione che viste da fuori sembrano assurde e inaccettabili che vengono contrabbandate per amore. :-)
    http://specchio.ilcannocchiale.it

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