venerdì 30 gennaio 2015

AU CIEL DE PARIS 1









Ha ricevuto un duro colpo al cuore … al cuore, si, perché il cuore di Parigi non è il Word Trade Center come a New York, i parigini non hanno il cuore nel portafogli, il cuore di Parigi è la sua voglia di ridere di tutto e di godersi la vita, e chi meglio di un settimanale di satira può incarnarlo, chi meglio di una rivista guidata da un direttore che lascia detto a sua moglie che alla sua morte (allora scherzava, non immaginava fosse così vicina) avrebbe voluto essere cremato e che gettasse le sue ceneri nel water, così avrebbe potuto guardarle il sedere tutti i giorni?
Un po’ volgare come battuta, dite? Ne convengo (anche Cuore, che apprezzavo moltissimo, talvolta lo era), ma la sua volgarità non dovrebbe distoglierci dall’assoluta libertà con cui viene espressa, incurante persino del giudizio di “volgare”, e il suo potere dissacrante e dirompente persino su un argomento solenne come lo è la propria morte, intimo come la sessualità e che appartiene al pudore personale come le nostre funzioni scatologiche.
Ed è anche nella sua multietnicità, nella sua multiculturalità, è la città in Europa che ha accolto più immigrati in assoluto e, contrariamente a ciò che avviene nelle nostre città, dove le persone appartenenti ad altri popoli e ad altre culture fanno gruppo a sé, ed hanno con noi soltanto rapporti subordinati e non di amicizia, come ho visto spesso a Parigi;  per cui colpire un supermercato kosher  o colpire un correttore di bozze che si chiama Mustapha o un poliziotto che si chiama Ahmed (figli di immigrati che colpiscono altri immigrati o figli di immigrati) significa colpire l’essenza stessa della città.  
Alcune persone sono state barbaramente uccise nelle sue strade, nei suoi edifici per motivi assurdi e inconcepibili (ma esiste un motivo sensato e concepibile per uccidere una persona?) se non quello del sangue, perché l’unico motivo che spiega il sangue è il sangue stesso, la voglia di vederlo scorrere, di procurare dolore a qualcun altro, di sottometterlo, dominarlo, soggiogarlo, di essere padrone della vita e della morte di un’altra persona, non fatevi ingannare dai motivi (chi uccide può gridare indifferentemente: "Allah hu akbar" o “Gott mit uns” o “Deus le volt”), questi sono spesso degli alibi a giustificazione del delitto, per non assumere in prima persona la responsabilità del sangue, per nascondere la nostra ferocia a noi stessi.
Si possono sempre trovare dei buoni motivi per essere aggressivi con qualcuno, o anche per ucciderlo, ottimi motivi che si propagano in fretta e molto velocemente vengono condivisi da tutti, basta accendere il primo fuoco … l’avete sentito, no, papa Francesco, se qualcuno osa insultare la sua mamma lui “gli da un punio” … altro che porgi l’altra guancia (vorrei qui sottolineare anche l’equazione simbolica fra “mamma” e “chiesa” che ha fatto). Il motivo del “punio”? Non ci si prende gioco della mamma altrui, della religione altrui, di ciò che è sacro insomma.








Ma ciò che è sacro, intoccabile, tabù, diventa inevitabilmente il nostro padrone esterno che ci espropria dalla nostra libertà, dalla nostra umanità, un orrendo Moloch che ci domina inesorabilmente e soffoca ogni speranza, ogni gioia, ogni anelito (perché se non siamo padroni di noi stessi, non siamo niente) e ci schiaccia piallandoci nella retorica del “tu devi” e ci fa dimenticare che tutto ciò che siamo vorrebbe invece gridare “Io voglio” … esiste crimine più orrendo che privare un individuo della sua soggettività, della sua dignità, della sua libertà, fosse anche in nome di qualcosa di sacro, del partito, dello Stato, di Dio in persona?
Se volete capire qual è il meccanismo psicologico che porta all’edificazione di totem e alla costruzione di tabù leggete Totem e tabù di Freud, scritto fra il 1912 e il 1913, da qui il passo al sacro, al dogma, alla rigidità, all’inflessibilità, alla preghiera, all’inginocchiarsi davanti ad idoli (e soprattutto al genuflettersi davanti ai sacerdoti che amministrano il culto di quegli idoli) il passo è breve, sembra che l’uomo fugga più di ogni altra cosa la sua libertà, ogni qualvolta ne ha cognizione o soltanto intuizione cerca subito e disperatamente qualcosa, qualsiasi cosa (pregiudizio, superstizione, religione, scienza, consuetudine, …) a cui sottomettersi … di questo moto spontaneo dell’animo, di questa sorta di viltà, di quanto sia potente la volontà di essere soggiogati (o aggiogati) a qualcosa (potente quanto quella di aggiogare e sottomettere altri alla stessa ideologia) ne rende testimonianza Nietzsche ne Il risveglio dello Zarathustra, in cui gli uccisori del vecchio dio si prostrano a pregare davanti a un asino.
Ogni potere, ogni forma di sacralità, ha per fortuna un suo punto di fragilità, una sua linea di frana, qualcosa che sta fra l’orrendo e il ridicolo, che qualche mente sagace, satirica, coglie prima degli altri e la restituisce a tutti fra scrosci di risa.
Cogliere il punto debole di un potere, di un sapere, di un amore, per quanto ammantati di sacralità, aiuta a coglierne il limite, il punto esatto che potrebbe far crollare tutto o il micro-difetto che potrebbe sgretolare un diamante se solo venisse sfiorato.








Questo potere dissacrante e questa capacità di assorbire la diversità a Parigi è presente più che altrove e, se pure non l’hanno inventato i parigini, sono stati loro a farne un’arte e a divulgarlo ad alti livelli al mondo intero, con l’esempio e con una rivoluzione che fu sociale e culturale prima che politica … pensate a quanto dovettero sobbalzare sui loro scranni gli augusti sovrani d’Europa (i vari Asburgo, i Borbone, i Savoia, i Coburgo-Gotha, gli Orange Nassau, i Braganza, gli Orléans, gli Hohenzollern, gli Hannover, i Romanov, gli Oldenburg, …), quando le chiappe plebee di Gioacchino Murat si posarono sul trono del regno di Napoli nel 1808.
Certo, Murat durò pochissimo, dal 1808 al 1815, quanto durò la meteora del successo napoleonico, ma il gesto era compiuto, il figlio di un albergatore poteva essere re senza possedere quarti di nobiltà, senza la benedizione della chiesa, senza l’investitura divina, e i napoletani (e non soltanto loro) si accorsero che poteva essere persino un ottimo re, sicuramente migliore dei Borbone che l’avevano preceduto.
Parigi ha ricevuto un duro colpo, dicevo, ma adesso la risposta migliore, nello spirito di ciò che la città è e di ciò che rappresenta, non è tanto restituire il colpo, soprattutto se questo significa colpire indiscriminatamente una popolazione, una cultura, delle persone che nulla c’entrano con quegli atti terroristici e che, ormai lo sappiamo, non farebbero altro che alimentare il terrorismo.
Perché è dalle macerie dei bombardamenti occidentali dal fumo dei corpi umani bruciati dal napalm, dai sabotaggi, boicottaggi e dai tentativi di rovesciamento dei governi costituiti in Africa, Asia, Sudamerica, Europa, che i “terroristi” nascono come funghi, è dai funerali, quando ti tocca seppellire persone care, moglie, figli, genitori, parenti, amici, vicini di casa che la tua rabbia sale e imbracceresti qualsiasi arma, colpiresti anche tu indiscriminatamente le loro mogli, i loro figli, …, chiunque anche a costo che questo gesto omicida sia anche suicida, anche a costo di farti brillare in aria imbottito di tritolo.








Qui un elenco completo dell’ingerenza degli USA nella politica e nell’economia di altri Stati dal secondo dopoguerra ad oggi, che merita una seria riflessione: Cina 1945-46; Siria 1949; Corea 1950-53; Cina 1950-53; Iran 1953; Guatemala 1954; Tibet 1955-70; Indonesia 1958; Cuba 1959; Repubblica democratica del Congo 1960-65; Iraq 1960-63; Repubblica Dominicana 1961; Vietnam 1961-73; Brasile 1964; Congo Belga 1964; Guatemala 1964; Laos 1964-73; Repubblica Dominicana 1965-66; Perù 1965; Grecia 1967; Guatemala 1967-69; Cambogia 1969-70; Cile 1970-73; Argentina 1976; Turchia 1980; Polonia 1980-81; El Salvador 1981-92; Nicaragua 1981-1990; Cambogia 1980-95; Angola 1980; Libano 1982-84; Grenada 1983-84; Filippine 1986; Libia 1986; Iran 1987-88; Libia 1989; Panama 1989-90; Iraq 1991; Kuwait 1991; Somalia 1992-94; Iraq 1992-96; Bosnia 1995; Iran 1998; Sudan 1998; Afghanistan 1998; Yugoslavia-Serbia 1999; Afghanistan 2001; Iraq 2002-03; Somalia 2006-2007; Iran 2005 ai nostri giorni; Libia 2011; Siria 2015 ai nostri giorni.
Bisogna evitare il panico, le isterie (a Padova di recente c’è stato un allarme bomba che ha allertato il centro cittadino solo perché qualcuno ha notato dei giovani che legavano ad un’inferriata un pacchetto col fil di ferro … si trattava di una sorta di caccia al tesoro organizzata per le vie cittadine, il pacchetto conteneva il messaggio con le indicazioni per le mosse successive in direzione della scoperta di dove era nascosto il tesoro, dalle dimensioni se fosse stato esplosivo non avrebbe scheggiato nemmeno la vernice dell’inferriata), di farsi sopraffare dalla paura, di fare emergere il peggio di sé che è sempre in agguato.
È quanto mai necessario proteggersi e prevenire ulteriori attacchi, con politiche diverse, più sane, più sostenibili, più egualitarie, perché non possiamo continuare a sprecare in questo modo le risorse producendo beni forsennatamente, la maggior parte dei quali sono inutili, come gli involucri dei prodotti o come le confezioni dei regali di Natale, e non possiamo pretendere che il 20% circa della popolazione mondiale che vive in Occidente consumi l’80% delle risorse mondiali.
Soprattutto se nel mondo ci sono bambini che muoiono per mancanza di risorse e per l’inquinamento che noi paesi ricchi andiamo a sversare nei loro territori … l’acqua del Niger, che attraversa il deserto del Sahara e quattro stati africani, che rappresenta la fonte idrica principale in quella vasta zona, è fortemente infetta da non essere utilizzabile né per usi alimentari né in agricoltura o in pastorizia.
È necessario colpire chi alimenta, chi sostiene, chi arma (anche ideologicamente) il terrorismo contro l’Occidente, ma non dobbiamo arretrare nemmeno di fronte alla scoperta paradossale che i migliori sponsor del terrorismo mondiale siamo in realtà noi stessi … spesso il terrorismo che oggi ci colpisce non è altro che qualcosa che noi abbiamo contribuito a far nascere, abbiamo armato e abbiamo usato senza scrupolo alcuno contro alcuni nemici di quel momento storico … seguendo la massima che fu inizialmente attribuita a Filippo il macedone e che ebbe il periodo di suo massimo splendore e maggiore applicazione nella Roma imperiale e in tutti gli imperi successivi che ad essa si sono ispirati: Divide et impera.








Ma, soprattutto, è necessario che Parigi ritorni ad essere ciò che è, ciò che è sempre stata, la ville lumiére, una grande e superba città occidentale che ha dato moltissimo al mondo intero; detto questo è però necessario cercare di capire cos’è Parigi, cosa rappresenta oggi, cosa è stata, qual è la sua caratteristica più precipua, quella che meglio di altre la definisce.   
Già, cos’è esattamente Parigi? Alcuni pensano che sia una delle città più belle al mondo, e questo è sicuramente vero, ma non è certo la più bella, Venezia, ad esempio, è molto più bella di Parigi, non è certo la bellezza la qualità precipua che la può meglio identificare. Si tratta, anzi, di una bellezza ridondante, tutte quelle rifiniture in oro su inferriate blu, tutti quegli stucchi, le decorazioni, tutta quella esuberanza in ogni dettaglio, in ogni particolare, la fanno assomigliare non tanto ad una bella ragazza, ma ad una vecchia signora in cui si notano tutti i segni del tempo trascorso, che però è truccata, incipriata, imparruccata e profumata talmente da apparire più una maschera che una bella donna … una maschera di sembianze antiche, certamente, ma di abilità moderne, una di quelle che si sa muovere molto bene nel mondo moderno, che sa usare il computer, il palmare ed eseguire una transazione, una prenotazione o un’operazione qualsiasi in rete con perfetta abilità e nonchalance.
Forse allora è la solennità, la maestosità il suo tratto peculiare, ma Vienna è più imponente di Parigi, più serafica, più uguale a se stessa nei secoli, meno cambiata dalle mode e dai tornanti della storia, non solo esteticamente ma anche nella profondità dell’animo o nel suo stile di vita, non è difficile a Vienna immaginare Herr und Frau che passeggiano abbracciati lungo il Ring, lui con la paglietta e lei con l’ombrellino, o comodamente adagiati sul sedile del fiaker, mentre nemmeno a Versailles riuscirete ad immaginare Madame et Monsieur in passeggiata sul Trianon, sul Parterre de Latone o sul Bosquet de Dauphin.
Si è scritto molto sui misteri di Parigi e sul suo romanticismo, a Parigi si potrebbe ambientare un thriller pieno di colpi di scienza e di arcani segreti custoditi per secoli nel suo ventre e le storie più romantiche del mondo, ma basterebbe essere stati a Praga anche una sola volta nella vita per rendersi conto che questa città non ha rivali sia per il mistero, sia per il romanticismo, se avete un partner a fianco vi stringerete in un caldo abbraccio sul Ponte Carlo, quando un brivido correrà ad entrambi lungo la schiena e vi accorgerete come le vostre mani tenderanno ad intrecciarsi e le vostre labbra ad incollarsi senza che quasi ve ne rendiate conto.








Allora è senza dubbio la culla delle arti, Montmartre, il quartiere Latino, Montparnasse, il Louvre, il Musée d’Orsay, a Parigi sono nati, hanno vissuto o sono passati artisti come Toulouse-Lautrec, Monet, Matisse, Picasso, Degas, Cézanne, Pissarro, Manet, Fantin-Latour, Van Gogh, Gauguin, Derain, Modigliani, Soutine, Chagall, Dalì, Léger, Braque, Renoir, Rodin, …, ma per quanto famosi, per quanto abbiano cambiato radicalmente il modo di fare arte, per quanto abbiano fatto conoscere questa città in molti dei suoi dettagli più caratteristici e pittoreschi, per quanto sia stata per decenni il crogiolo dell’arte moderna, assumono nella storia dell’umanità un rilievo indimenticabile e ben maggiore l’antica Atene, la Firenze del Rinascimento, la Roma antica e quella papale, mentre il ruolo di città principe dell’arte moderna, dove si producono e si commerciano oggi le più grandi opere artistiche contemporanee, è da attribuire senza dubbio alcuno alla città di New York.
Mentre nessuno oggi metterebbe in discussione che i diritti civili, i fondamenti dello stato moderno, delle moderne democrazie, della convivenza sociale siano nati in Francia, a Parigi, che non soltanto la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ma anche le Costituzioni di molti stati moderni (compresa l’Italia) sono ricalcate dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789, quella che può essere riassunta nel più famoso motto rivoluzionario di tutti i tempi:  Liberté, Égalité, Fraternité.
Ma, se fu Jean-Paul Marat, nel suo saggio The chains of slavery, pubblicato nel 1774, a coniare il motto nazionale francese che travalicò ben presto i confini della Francia, se la Rivoluzione del 1789 fu preparata e ne fu la logica conclusione, dal pensiero dei philosophes e dei principi che andavano articolando, dall’esprit che imprimevano nei loro taglienti pamphlets e nell’Encyclopédie, è pur vero che questo pensiero e questi principi non erano esattamente originali, né originali furono molti degli atti politici che avvennero durante il periodo della rivoluzione e quello della successiva Prima Repubblica.







Il primo atto che sancisce lo statuto di una monarchia costituzionale e il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini è la Magna Charta siglata dal re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra e dai suoi feudatari, e risale al 1215; il primo stop alla monarchia assoluta e la prima decapitazione di un re che governa per diritto divino, avvenne ancora in Inghilterra con Carlo I Stuart, deposto da Olivier Cromwell e dal Parlamento e messo a morte per alto tradimento; la maggior parte dei principi che informarono l’ideologia illuminista francese e la rivoluzione di luglio erano già presenti nelle opere di Locke, Hume, Berkeley e di Hobbes, tutti inglesi di nascita e vissuti prima dei philosophes francesi come D’Alembert, Diderot, Voltaire, Montesquieu, d’Holbach, Buffon, Condillac, Helvetius o La Mettrie.
Il primo principio che iniziò a declinare fu quello di fraternité, è il meno citato, quello che fece la strada meno lunga, giunse fino in America quando fra il 1775 e il 1783 le colonie americane combatterono per l’indipendenza dall’Inghilterra, poi se ne persero definitivamente le tracce, forse perché poteva sembrare o un motto il cui uso ti identifica nettamente come affiliato alla Massoneria  o come figlio dei fiori o come partecipante ad un gay pride.
Libertà ed uguaglianza, invece, resistono, e sono termini considerati positivamente ancora oggi, soprattutto il primo poi è come il prezzemolo, lo ritrovi dappertutto, uccidono ad esempio 12 persone all’interno di una redazione di una rivista satirica gridando: “Allah hu akbar”? Ecco che subito noi ci imbastiamo sopra un problema di libertà di espressione: li hanno uccisi perché non tollerano le loro critiche, la loro libertà di ridere di loro. Condannano Alessandro Sallusti e Fabrizio Corona? È un attentato alla libera espressione, alla libertà di stampa. E poco importa che probabilmente il vero motivo dell’attentato a Charlie Hebdo è economico e concernente l’umiliazione di non sentirsi veramente né musulmani (essendo nati, cresciuti ed educati a Parigi), né pienamente parigini (vivendo in quartieri periferici chiamati banlieau), o che non si può infamare un giudice con false accuse  che non si può ricattare la gente con foto compromettenti.
E che dire poi della vicenda di Corona? A sentire ciò che dicono e che scrivono alcune persone sembrerebbe che sia stato condannato in maniera spropositata prima a 14 anni e 9 mesi di reclusione, scontati poi a 9 anni e 8 mesi solo perché ha scattato qualche foto.
 Di recente qualche psichiatra ha avanzato l’ipotesi che Corona sia malato e non un delinquente dunque, e in quanto tale le sue condizioni sarebbero incompatibili col carcere, invocando con una certa confusione diagnostica, non so attribuibile a lui o alla stampa che l’ha divulgata, la depressione, la psicosi, gli attacchi di panico, gli stati d’ansia, la patologia borderline … che è come fare un’insalata con tutto ciò che trovi in frigo.







Avvalendosi della collaborazione di Ignazio Larussa, avvocato e parlamentare, Corona ha chiesto a Napolitano la grazia parziale (un ulteriore sconto di pena, quanto basta per rientrare nei limiti previsti dalla legge per usufruire delle pene alternative al carcere o degli arresti domiciliari),  ma il testo della richiesta di grazia viene venduto al settimanale Oggi per 10.000 euro, come anche i dettagli più scabrosi e personali della storia oggi conclusa con Nina Moric erano finiti sui rotocalchi … del maiale non si butta via niente.
Hastag, dibattiti televisivi, colonne di giornali, dedicate a Fabrizio Corona vittima del soffocamento della libertà di espressione, estorsioni e ricatti presentati come inappuntabili servizi giornalistici, disinformazione diffusa dove non si capisce più nemmeno perché stiamo parlando di questa cosa e perché ci stiamo interessando a questo individuo.
In realtà Fabrizio Corona: “è stato oggetto di numerosi procedimenti penali: dal 2002 al 2014 è stato condannato in via definitiva (ovvero passata in giudicato) per aggressione a pubblico ufficiale, estorsione e tentata estorsione, estorsione aggravata e trattamento illecito di dati personali, detenzione e spendita di banconote false e detenzione e ricettazione di una pistola, violazione di domicilio, appropriazione indebita, falso, corruzione, bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale. Ha peraltro ancora dei procedimenti in corso per diffamazione, truffa, oltraggio a magistrato e falsa testimonianza, violazione di misure cautelari e detenzione d'arma”. (Fonte: wikipedia).
Corona, se proprio volessimo usare un termine tratto da un manuale di psicopatologia, potrebbe essere più correttamente definito un “disturbo antisociale di personalità", un tipo che ha una concezione strumentale dei rapporti umani: usare gli altri ed essere usati, fregare per non essere fregati, che non ha il benché minimo senso etico, non conosce il senso di colpa, non è capace di provare empatia o di mettere a fuoco i propri sentimenti, che non si fa alcuno scrupolo e che rispetta solo la forza, l’autorità e il potere.
È uno che non ha avuto remore ad intrufolarsi nella casa della signora Concetta Serrano, (mamma di Sarah Scazzi, la ragazza uccisa ad Avetrana), perché stava cercando delle foto scottanti o compromettenti della ragazza morta, da dare in pasto alla stampa scandalistica, quella che gode nel rimestare nella melma, di cui qualcuno degli “amici” della ragazza gli aveva ventilato l’esistenza.
È uno che se n’è sempre fregato di rispettare le precedenti restrizioni a cui era sottoposto, che ha continuato, finché non l’hanno fermato, a commettere altri reati e ad infrangere la legge per coprire le precedenti infrazioni, che se lasciato libero o in semilibertà ricomincerà a fare esattamente ciò che ha fatto finora e ciò che faceva prima, con in più la soddisfazione di aver fregato ancora una volta tutti quanti.
Uno per cui non basterà la palestra della comunità di don Mazzi perché se ne faccia un cittadino modello, come garantisce lo stesso prete (non ho capito chi garantisce per don Mazzi, però, o lui pensa che gli basta una tonaca a garantire per lui o la fama di prete impegnato nel sociale?), che ha già sulle sue spalle l’abilitazione di Lele Mora con cui l’unico risultato terapeutico finora apprezzabile è quello di aver perso qualche chilo.



2 commenti:

  1. E' stato un duro colpo, hai detto bene perché negli anni passati ho vissuto bellissimi periodi (fra lavoro o vacanze) in Francia o a Parigi. Ed è vero quando dici che i parigini non hanno il cuore nel portafogli, e ciò che è successo a Parigi non è quello che è successo a New York. Concordo anche sull'ingerenza oltreoceano in giro per il mondo. Grande la reazione francese con tutta quella gente in piazza che, devo dire, mi ha commosso e con cui sono molto solidale. Ma penso anche che il guaio di queste situazioni drammatiche alimenti e dia ossigeno ai vari reazionari europei.

    A dir poco stupende le foto e il tuo post, un salutone e alla prossima

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  2. Grazie, Accade, sei sempre molto generoso con i complimenti,
    ero a Parigi fino a qualche giorno prima alla tragedia (ho trascorso li il Capodanno) e mi sono accorto subito che le misure di sicurezza erano aumentate fin da quando ho messo piede in aeroporto; in città poi c'era addirittura l'esercito che vigilava, con quei ridicoli baschi piatti che sembravano nere pizze margherita. Siccome mancavo da qualche anno, ho creduto che fosse naturale dopo l'11 settembre 2001, solo a posteriori ho capito che erano misure di sicurezza straordinarie e alcuni amici francesi mi hanno confermato la cosa.
    Ciao, a presto

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