lunedì 26 maggio 2014

HA VINTO BERLUSCONI!









"E’ difficilissimo sedurre un imbecille - disse il diavolo. Non capisce le mie tentazioni."
Paul Valèry



Il PD al 40,8% (ho dovuto ricontrollarlo quattro volte … non riuscivo a crederci), l’M5S al 21.2, FI al 16.8 (ho dovuto ricontrollarlo quattro volte, non riuscivo a crederci … pensavo meno), la Lega al 6.2 (la Lega chi???), “Scudocrociato” Alfano al 4.4, Tsipras al 4.0, Fratelli d’Italia (Famiglia Addams) al 3.7, i Verdi allo 0.9, Scelta Europea allo 0.7, l’Italia dei Valori allo 0.7, la Südtiroler Volkspartei allo 0.5, Io Cambio allo 0.2, Io Invece ho il Selettore Automatico allo 0.2.
Questi sono i risultati definitivi che inchiodano i leader di ogni schieramento alle loro scelte e alle loro responsabilità, che distribuiscono i seggi europei e fanno si che gli elettori che credono di aver vinto stappino il loro spumantino (tanto arriveranno gli 80 euro di Renzi), mentre quelli che credono di aver perso lo ripongano mestamente in cantina.
Ma che è successo? Il PD che oltrepassa il 40% dei consensi non s’era mai visto! E da solo poi, senza SEL (le prime volte che sentivo il PD col Sel o il PD senza Sel mi sembrava di rivedere quella pubblicità delle patate al selenio che ti rendono più intelligente), senza Rifondazione Comunista, senza Rifondazione di Rifondazione, senza il Partito Comunista Leninista, il Partito Comunista Non-Leninista, il Partito Stalinista, il Partito Trockijista, il Partito Maoista, il Partito Castrista, il Partito Guevarista, i Blairiani, i Kennediany, i Zapateriani, i Tsiprasiani, il Partito Comunista dei Lavoratori, il Partito Lavorare Stanca, Lotta Continua, Lotta Alternata, Lotta Comunista, Democrazia Proletaria, Dittatura del Proletariato,  Comunisti Senza Se e Senza Ma, Comunisti Senza Se e con Qualche Ma, Comunisti con i Se e Senza Ma, Comunisti con i Se e con i Ma, Comunisti con i Forse, Comunisti con i Perché, Verdi Europei, Verdi Arcobaleno, Verdi Pozzanghera, Verdi Sole Che Ride, Verdi Sole che Rode,  Verdi Sole che Piange, Turigliatto, Turi e Gliatto (perché nel frattempo si è scisso da solo e non va più d’accordo con se stesso), Italia dei Malori, Nannimorettiani Conquestileadernonvinceremomai, Girotondini, Girondini, Montagnardi, Vandeani, Giacobini, Sanculotti, ….




Non ci si crederebbe, Corrado Guzzanti avrebbe detto: “Questa nun è politica, è un firm de paura!”; Edvard Munch avrebbe ridipinto L’Urlo, Omer Simpson avrebbe strillato il suo: “D’oh!” e Fonzie avrebbe detto: “Ehi!”.
Chi l’avrebbe detto che un tizio che faceva il sindaco di Firenze e che ha fatto una campagna elettorale durante le primarie del PD che sembrava alternativamente Barack Obama o uno dei Blues Brothers (ha iniziato la campagna che assomigliava a Dan Aykroyd e l’ha finita che assomigliava a John Belushi), che è andato da Maria De Filippi col giubbotto di pelle di Fonzie, che insieme a Barack Obama durante la visita di quest’ultimo in Italia, sembravano Stanlio e Ollio e che ha fatto l’ultima campagna elettorale delle europee assomigliando sempre di più al Silvio Berlusconi del 1994, avrebbe stravinto le elezioni.





Cosa manca ormai a Renzi per essere il nuovo Berlusconi? La faccia tosta? Il fatto che vada dovunque lo invitano (anche da Santoro) facendo il suo show? Il populismo? Il sorriso sempre stampato sulla faccia come un testimone di Geova o un venditore porta a porta? Ecco, forse gli mancano ancora i processi e le vagonate di mignotte che seguono silvio ovunque vada … qualcuno si è preoccupato di controllare se le vecchiette di Cesano Boscone sono davvero vecchiette o olgettine travestite? Perché quell’uomo è capace di tutto, pure di aver scoperto che con i movimenti del parckinson è più eccitante, meglio della centrifuga della lavatrice. Lupus mutat pilum, non mentem!




Ma Renzi è giovane e ambizioso, non credo che si fermerà davanti a niente pur di avere sempre più successo,  non ha forse già dimostrato ampiamente di non avere scrupoli dopo aver pugnalato Letta alle idi di marzo avendolo rassicurato con #enricostaisereno, e aver stretto accordi “nominabili” con Berlusconi dopo che i suoi predecessori avevano stretto con lui accordi innominabili? Matteo è giovane e ha davanti a sé tutto il tempo per commettere tutti i reati che vuole e crearsi una fedina penale rispettabilissima, senza la quale in certi ambienti non conti nulla.
In quanto alle vagonate di mignotte, per il momento nulla, o riesce a non far filtrare niente, circondato da un’omertà impermeabile, oppure davvero non si muove foglia … peccato però, perché Berlusconi alla sua età si era già portato molto avanti su questo piano.
E il popolo della sinistra, quello che come me deriva dalla tradizione del PCI, o del Socialismo (quello vero, non quello craxiano), quello che leggeva Marx (Il Capitale e non soltanto il Manifesto), Engels, Lenin, i Quaderni di Mao, Trockij, Gramsci, quelli che amavano Togliatti e Berlinguer, quelli che mai e poi mai avrebbero fatto accordi e governato insieme a Silvio Berlusconi, quelli per cui  la questione morale è una questione di vita o di morte, perché la corruzione, il finanziamento illecito ai partiti, gli appalti truccati, il malaffare, portano cementificazione, degrado e mafia nelle istituzioni e creano un potere inamovibile per decenni (dal ventennio del Fascismo al sessantennio della DC, al ventennio del berlusconismo), com’è che ha accettato Bersani che si è detto possibilista, se il Paese lo richiede, se l’Europa lo vuole, se Napolitano è d’accordo, a dialogare con Berlusconi, ha accettato Letta che con Berlusconi ci ha fatto un governo.
E ha accettato Renzi che con un Berlusconi ha in piedi accordi per la legge elettorale e per la legge di stabilità, lo stesso Berlusconi che è condannato in tre gradi di giudizio come evasore fiscale, condannato per sfruttamento della prostituzione in primo grado, indagato per corruzione e compravendita di senatori e chissà cosa altro potrebbe ancora saltar fuori da un individuo senza scrupoli che si circonda di delinquenti, di mafiosi, di camorristi, di altri individui senza scrupoli e di leccaculo?



Comprendo perfettamente che sono decenni che la sinistra non vince e quando vince (nelle due occasioni con Prodi leader) vince perché diventa democristiana, comprendo le frustrazioni delle mancate vittorie di Occhetto, di D’Alema, di Veltroni, la vittoria di Pirro di Bersani, ma scegliere il più berlusconiano dei leader di sinistra pur di vincere, diventando berlusconiani anche voi, non vi pare un po’ troppo?
Fate un semplice sillogismo, Renzi assomiglia a Berlusconi (tanto è vero che alcuni berlusconiani hanno votato per lui adesso), Renzi vince le elezioni, allora è come se Berlusconi avesse vinto le elezioni.  Chi ve lo doveva dire a voi, cari piddini, che dovevate diventare berlusconiani per vincere?

P.S. Nessun politico (nemmeno Renzi) aveva capito come sarebbe andata, nessun giornalista se lo aspettava, nessun tuttologo l’avrebbe mai immaginato … scommettiamo che adesso saranno tutti li a spiegarvi perché Renzi ha stravinto, perché Grillo non solo non ha sfondato (come tutti pensavano) ma ha perso qualcosa e perché pur avendo preso un misero 16 e rotti%? Perché Berlusconi non ha perso? E perché i Verdi e l’IdV, pur sapendo in anticipo che non sarebbero arrivati da nessuna parte, si sono presentati da soli  … si sono presentai comunque? C’è ancora qualcuno che sappia leggere la realtà sociale e politica di questo Paese? C’è ancora qualcuno a cui interessa leggerla? 












sabato 24 maggio 2014

EUROPA BOREALE





Martin De Vos, The Rape of Europa


« O Freunde, nicht diese Töne!
Sondern laßt uns angenehmere
anstimmen und freudenvollere.
Freude! ».

« Amici, non questi suoni!
Piuttosto, altri intoniamone,
più piacevoli e gioiosi.
Gioia! »

(Ludwig Van Beethoven, Introduzione del compositore ad An die Freude di Friedrich Schiller)

Io fra qualche ora cercherò di superare lo schifo assoluto che mi ha suscitato questa campagna elettorale ed andrò a votare, non so ancora per chi, ma so perché: mai come oggi l'idea di Europa va rilanciata e ricostruita, contro gli stessi che ci hanno piombati in questa crisi che non è solo economica, ed oggi se la prendono con l'Europa e con l'euro.


(Aggiornamento: 25-05-2014, ore 23.22)

Ho fatto il mio dovere di buon cittadino, sono andato a votare e ho messo la croce (spero non sia tombale) su Tsipras … certo, sono lontano da una sinistra masochista, inconcludente, con un linguaggio forbito ma incomprensibile vista la barbarie culturale in cui versa ormai l’Italia, e di una litigiosità interna che si mette fuori gioco da sola, prima ancora di essere sconfitta dagli avversari.
Ma allora perché Tsipras, Santo Dio? Perché con tutte le facce da culo che ho visto in questa campagna elettorale, un culo vero (sebbene in bikini in una posa da spiaggia, o da yacht) è già un passo avanti, un miglioramento, qualcosa di più autentico.

Paola Bacchiddu




Mi riferisco all’immagine provocatoria che Paola Bacchiddu (che non è candidata, beninteso) aveva postato sulla sua pagina facebook per dare più visibilità al movimento, perché lamentava a ragione che la lista Tsipras venisse ignorata dai media nazionali, metà dei quali di proprietà di un signore che sembra aver ipotecato la democrazia, e l’altra metà ignobilmente spartita fra i cani più grossi nel canile (PD e Forza Italia prima degli altri, ma già si vedono scodinzolamenti verso i "grillini").
Se posso, un unico appunto farei alla Paola, la prossima volta evita il bikini, in spiaggia già se ne vedono tanti e fra poco ne saremo invasi, meglio nu et cru, senza quel triangolino di stoffa bianca che altro non è che un residuo di ipocrisia, e ancora, se ci devi mettere il culo, almeno candidati, c’è fin troppa gente che fa politica col culo degli altri.




Non potevo certo votare per l’enfant prodige del PD, il Matteo Renzi di Firenze … ma che è st’ammuina: sei stato eletto per fare il sindaco, fai il sindaco, e quando hai dimostrato di aver amministrato bene ti candiderai per qualcos’altro … è poco serio che i sindaci in pieno mandato facciano i ministri o i Presidenti del Consiglio, o entrambe le cose senza dimettersi da nessuna delle due come se avessero il dono dell’ubiquità, come se fossero dotati di poteri eccezionali, come se oltre loro non ci fosse più nessuno capace di fare queste cose.
A proposito, avete notato il tandem Renzi-Berlusconi in campagna elettorale? Ormai, nel solco di una tradizione consolidata fra leader del PD e Berlusconi, quando uno di loro si trova in difficoltà, l’altro gli porge il braccio, gli passa la borraccia, come se fossero Coppi e Bartali, Stanlio e Ollio, Ric e Gian, Gianni e Pinotto.
Il primo ha promesso 80 euro agli italiani con un reddito inferiore ad una certa cifra, così finalmente ripartiranno i consumi, il “volano” dell’economia (il prossimo che dice volano in mia presenza vola dalla finestra per abuso di termine), e concedersi cene luculliane (secondo Pina Picierno, del PD, con quella cifra si può fare la spesa per due settimane … e questo è il nuovo che avanza nel PD, che vive stabilmente sulla Luna), mentre l’alter-ego di Renzi, Silvio Berlusconi ha promesso che regalerà dentiere a tutti … altrimenti come mangiare tutto quel ben di dio?








La Lega, da quando ha fatto la sua “svolta intellettuale” con Matteo Salvini, naviga ormai in mari per me inattingibili (ma anche prima non è che io attingessi …); mi chiedo, ma se siete contro l’Europa, perché vi candidate in Europa? Se siete contro l’euro, perché non restituite gli euro (e anche le lauree i diamanti e le mutande verdi) indebitamente presi in due Parlamenti (quello italiano e quello europeo) in cui non credete e in cui andate così poco che vi tacciano come “fannulloni”?







Rimane Grillo, troppe cazzate, se devo eleggere qualche baldo giovinotto o qualche graziosa fanciulla sulla base di pochi secondi di presentazione di un filmato in rete e questo mi viene spacciato per democrazia, allora vuol dire che siamo davvero spacciati. Ho dato un’occhiata svagata ai candidati M5S, non è che facciano meno schifo degli altri e mi sembrano persino più sciroccati degli altri; ma il colpo di grazia alle mie simpatie per il M5S l’hanno dato l’intervista di Casaleggio (è vagamente inquietante come personaggio come l’Igor di Frankenstein Junior) e la comparsata di Grillo medesimo a Porta a Porta. Se dovesse vincere davvero Grillo, vincerebbe ancora una volta senza convincere, solo perché gli altri fanno più schifo di lui.

(La maggior parte delle immagini di questo post le ho prese qui: http://nonleggerlo.blogspot.it/). 



venerdì 23 maggio 2014

SEI LA COSA PIU' BELLA DELLA MIA VITA ...



"Parlatene, parlatene sempre.
Perché i silenzi diventano pietre.
E le pietre diventano muri.
E i muri, distanze incolmabili."
(Serena Santorelli, In punta di cuore, Galassia Arte Editore, 2014)


Biglietto di Francesca Morvillo a Giovanni Falcone, ritrovato nella cancelleria del Tribunale di Palermo







Quest'anno voglio ricordarli così ....




AI PAMPINI CHE NON FIORIRONO, AL CALICANTO CHE NON SBOCCIO' ... 3

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martedì 13 maggio 2014

AI PAMPINI CHE NON FIORIRONO, AL CALICANTO CHE NON SBOCCIÒ … 2



Gentile Bellini, Processione in Piazza San Marco, Gallerie dell'Accademia, Venezia, 1496.





Questo post segue ed è la naturale continuazione di quest'altro, se avete la pazienza, la bontà e il tempo a vostra disposizione vi consiglio di leggerli in sequenza, altrimenti non importa … entriamo nella vita che è già iniziata ed impariamo di più dall’esperienza diretta che da quelle trasmesseci dalla cultura o da qualsiasi riassunto delle puntate precedenti, non vedo perché non possiamo iniziare a leggere a partire dal punto che meglio ci aggrada.






Il Querini e gli altri veneziani rimasero circa quattro mesi nell’isola, ospiti degli indigeni, egli di questo soggiorno scrisse una relazione dettagliata che è oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana, in cui annota quei fenomeni che più lo colpirono, come la descrizione del cosiddetto “sole di mezzanotte” e della “notte polare” resa con queste parole:

« Per tre mesi all’anno, cioè dal giugno al settembre, non vi tramonta il sole, e nei mesi opposti è quasi sempre notte. Dal 20 novembre al 20 febbraio la notte è continua, durando ventuna ora, sebbene resti sempre visibile la luna; dal 20 maggio al 20 agosto invece si vede sempre il sole o almeno il suo bagliore …».

Non è difficile cogliere tutto lo stupore di questi uomini abituati ad una scansione giornaliera fra il giorno è la notte che oscilla in ritmi di circa dodici ore ciascuno (con escursioni stagionali in cui la durata del giorno prevale su quella della notte, seppur di poche ore, e viceversa), che si trovano in un luogo della terra a loro sconosciuto in cui è sempre notte per quasi tutto il periodo della loro permanenza.
Una notte, invero, molto più illuminata di quelle che solitamente conosciamo, perché le nostre notti possono essere più o meno illuminate dalla luna in base al suo ciclo e alle sue fasi crescenti o calanti, o dalle stelle se non c’è foschia, mentre nelle latitudini inferiori al Circolo Polare Artico, fino a circa il 60° parallelo, è possibile scorgere un chiarore crepuscolare dovuto al fenomeno della rifrazione della luce del sole dopo il suo tramonto.
Fëdor Dostoevskij ambienta nelle notti crepuscolari di San Pietroburgo uno dei suoi romanzi giovanili più riusciti: Belye noči (Le notti bianche); lirico, romantico e crepuscolare, ti da subito l’idea che quelle vicende, così come sono narrate, possono accadere solo in una città che è la più europea di quelle russe, che si trova al 59° parallelo, al confine fra la zona polare e quella temperata, in un’epoca storica in cui la Russia era attraversata da tutta una serie di cambiamenti che sfoceranno nella Rivoluzione di ottobre ma che al momento sembrano alternarsi fra il nulla politico, sociale, culturale ed esistenziale del nichilismo e la promessa di realizzabilità di un paradiso terrestre dove ogni ingiustizia, disuguaglianza, affanno vitale, non abbiano luogo ad esistere, dei movimenti socialisti e comunisti.
Nulla a che vedere, dunque, con quelle ridicole “notti bianche” che hanno preso il via a fine millennio a Berlino, e si sono propagate immediatamente come la gramigna a molte altre grandi città del mondo, in cui durante l’arco di una notte si organizzano iniziative culturali e di intrattenimento, con l’apertura di musei, luoghi di interesse storico, parchi archeologici, locali di intrattenimento, bar e negozi, in un tripudio commerciale in cui gli interessi economici passano per cultura, e la cultura e l’arte seguono le logiche dell’economia, invece che quelle del cuore.





Noi uomini che viviamo nella fascia temperata del globo terrestre rimaniamo attoniti da tale spettacolo, perché siamo abituati all’alternanza giornaliera del giorno e della notte, della luce e del buio e siamo sempre in affanno nel nostro rapporto col tempo, perché le ore del giorno non ci bastano per fare tutte le cose che vorremmo fare, e vorremmo spesso un giorno più lungo per portare a termine ogni cosa, mentre otto ore ci sembrano troppo poche talvolta per le faccende d’amore, in quel breve arco di tempo non prendiamo nient’altro che un assaggio delle delizie che in genere ci riserva e siamo costretti dal desiderio a rinnovare costantemente questi momenti e questi incontri, ad inseguirli, per cui l’amore diventa mancanza di respiro, dispnea, piacere sempre incompleto.
E davvero era il caso che la notte si protraesse quanto più possibile perché questi uomini della Serenissima Repubblica di Venezia, dopo essere scampati al naufragio e alle correnti di deriva che li sballottarono nell’atlantico su di un guscio di noce, approdarono su qualcosa di molto simile, per loro, al paradiso.
Il clima, nonostante fosse inverno, era relativamente mite per quella latitudine a causa delle temperate correnti del Golfo, circa la bellezza dei luoghi basterebbe dare un’occhiata alle immagini che tentano di descriverli, per capire che il mondo possa essere bello anche in zone così a nord, ma ciò che rese sublime e indimenticabile il loro soggiorno fu la calorosa ospitalità dei norvegesi, Querini scrive:

«Questi di detti scogli sono uomini purissimi e di bello aspetto, e così le donne sue, e tanta è la loro semplicità che non curano di chiuder alcuna sua roba, né ancor delle donne loro hanno riguardo: e questo chiaramente comprendemmo perché nelle camere medeme dove dormivano mariti e moglie e le loro figliuole alloggiavamo ancora noi, e nel conspetto nostro nudissime si spogliavano quando volevano andar in letto; e avendo per costume di stufarsi il giovedì, si spogliavano a casa e nudissime per il trar d'un balestro andavano a trovar la stufa, mescolandosi con gl'uomini (...)».


Giuseppe Bernardino Bison, Ballo in maschera, Museo Civico Revoltella, Trieste. 





Di questa “ospitalità” rimane tuttora qualche traccia nei tratti somatici dei discendenti di quella antica popolazione e fu talmente piacevole constatare che essa era assolutamente gratuita, che si riverbera tutta la sorpresa lo stupore a e lo sbalordimento nelle parole che il gentiluomo veneziano usa per farne partecipi i notabili della sua Repubblica; egli infatti prosegue:

«…gli isolani, un centinaio di pescatori, si dimostrano molto benevoli et servitiali, desiderosi di compiacere più per amore che per sperar alcun servitio o dono all’incontro…».

I sedici veneziani superstiti già erano grati agli abitanti dell’isola di Røst per averli salvati dal naufragio, nutriti, accolti fra di loro, ospitati, ma travalicava ogni loro possibilità di comprensione il fatto che le norvegesi (e Querini ci tiene a sottolineare quanto fossero belle e ben fatte) si comportassero con loro con calore, con spontaneità e, se qualcuno degli ospiti era particolarmente gradito, gli si offrivano anche sessualmente, trattando così la sessualità come una cosa naturale, come un’esigenza al pari delle altre, come la fame, la sete, il freddo.
I marinai veneziani erano tutti uomini, non avevano delle donne con loro, per gli abitanti di quelle isole era del tutto naturale che avessero dei desideri sessuali verso le loro donne, era altrettanto naturale che quelle donne potessero desiderarli, era dal tutto naturale che, sposati o no, accadesse lo scambio sessuale, senza drammi, senza gelosie, senza problemi di adulterio o delle ritorsioni violente che si sarebbero avute altrove; insomma, era così naturale che il sesso sembrava far parte dell’ospitalità accordata loro.
E non si trattava semplicemente dell’offrire le proprie donne agli ospiti, come accade in alcune popolazioni, come ad esempio gli inuit o gli eschimesi, in quei casi la concezione della donna è quella di una proprietà, come i propri utensili, la propria slitta, il proprio coltello, che l’uomo offre in prestito all’ospite; fra i norvegesi furono le donne, in una cultura paritaria fra maschi e femmine e che considera il sesso come un fatto naturale e non come un peccato e il partner come un compagno e non come un oggetto, a decidere di concedersi.



Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto, Il ponte dell'Arsenale, Collezione privata (Woburn Abbey), 1730-31.


Non ci stupisce, dunque, che i veneziani fossero sbalorditi da tutto questo, e soprattutto lo erano perché tutto ciò avveniva “più per amore che per sperar alcun servitio o dono all’incontro”, una simile ospitalità avrebbe stupito anche noi; per meglio comprendere il loro (e il nostro) stupore dovremmo ribaltare con la fantasia i ruoli stabiliti dal destino, immaginare, cioè, cosa sarebbe accaduto se invece di 16 veneziani naufragati in un arcipelago scandinavo, fossero naufragati 16 uomini scandinavi a Venezia (lo so che non ci sono correnti che possano far naufragare un relitto nella laguna veneta, ci sono solo le “correnti turistiche” che portano migliaia di persone da tutto il mondo, ma fate uno sforzo di immaginazione).
Certamente questi uomini sarebbero stati tratti in salvo, idratati e nutriti, fors’anche ospitati per breve tempo, quanto basta perché si rimettessero in forze, poi se avessero voluto prolungare la loro permanenza oltre i giorni stretti del rifocillamento o se fossero stati impediti di mettersi in viaggio immediatamente per qualsiasi motivo, gli scandinavi avrebbero dovuto pagarsi il loro vitto e alloggio in denaro se ne avevano o col lavoro.
E non crediate che gli avrebbero offerto un lavoro alla pari, delle pari opportunità, in quanto forestieri (per il veneziano esistono tre categorie di uomini al mondo: città, cioè i veneziani “purissimi”, quelli di Santa Lucia, perché i mestrini sono già tagliati fuori; campagna, cioè tutto il contado, quelli che una volta erano i possedimenti sulla terra della Serenissima Repubblica di San Marco, che venivano usati come foresteria, con buona pace dei vecchi e dei nuovi “serenissimi” che vorrebbero riesumare il “glorioso” passato; e foresti, cioè tutti coloro che, cittadini del mondo, non hanno l’orgoglio e il privilegio di appartenere a Venezia) avrebbero dovuto accontentarsi dei lavori più umili, perché quelli più nobili sono appannaggio dei cittadini legittimi.
In quanto a fare le cose “per amore”, senza sperare in alcuna mercede, il veneziano dubito molto conosca il significato di questa locuzione, pur non essendo sparagnino come un genovese (e lo dico con cognizione di causa, perché anni fa ospitai per 15 giorni nella casa dei miei in Sicilia sei amici conosciuti a Genova, i quali si presentarono con un vasetto di 120 gr. di pesto genovese, come se fosse una sacra reliquia), ed essendo, anzi, piuttosto incline al lusso e allo sfarzo, è invero un po’ bottegaio, un po’ commerciante e un po’ predone.
La ricchezza, la potenza e la bellezza di Venezia, d’altronde, sono il frutto di traffici, di commerci e di saccheggi, la povera Santa Lucia fu trafugata ai bizantini durante il sacco di Costantinopoli nel 1204, nel corso della quarta crociata, che a loro volta l’avevano trafugata ai siracusani, che a loro volta l’avevano uccisa decapitandola; la quadriga di cavalli di rame che potete ammirare sulla terrazza della Basilica di San Marco proviene anch’essa da Costantinopoli, si trovava originariamente nell’Ippodromo di quella città e a sua volta proveniva dalla Grecia, forse opera del grande Lisippo, nel 1797 Napoleone la impacchettò e se la portò a Parigi, ma ritornò a Venezia dopo la sconfitta dell’imperatore francese, grazie all’interessamento del capitano Dumaresq e dell’imperatore d’Austria. Anche fregi, marmi pregiati, monili, utensili, molto oro, argento e pietre preziose, e reliquie, che ornano e rendono orgogliosa la città, provengono in parte da saccheggi e trafugamenti, e in parte da “onesti” commerci.





Il viaggiatore che si trovi a Venezia, da qualche secolo a questa parte, da quando almeno Venezia non possiede più un piccolo impero e non è più padrona dei commerci e regina del Mediterraneo, quella che convogliava le lunghe catene di commercianti beduini che percorrevano le cosiddette via della seta o via delle spezie, che dalla Cina, dal Giappone, dall’India, dall’Arabia Felix, portavano fino alle coste   del mar Mediterraneo, toccando città esotiche, dall’alone di favola, come Samarcanda, Antiochia, Petra, Costantinopoli (o Bisanzio o Istanbul), Alessandria, Edessa, Damasco, può ammirare una città esposta ogni giorno come una vecchia baldracca ancora piacente, ancora dotata di quella bellezza e di quel fascino che le conferiscono i secoli, il lusso e lo sfarzo che la circondano, l’orgoglio e i modi raffinati da vecchia signora che sa ancora porsi con un garbo e una grazie infinite, che non si trovano più da nessun’altra parte al mondo.
Di questa città/donna non ami tanto le bellezze attuali, ma attraverso ciò che si è conservato di quell’antico splendore ami nostalgie ed epifanie di un’arcana bellezza che, seppure solo intuita, adombrata, vagheggiata, è pur sempre migliore delle bellezze standardizzate e globalizzate, private cioè di qualche caratteristica che le renda uniche e irripetibili, di tante città più moderne.
Ma l’anima un po’ bottegaia un po’ da filibustiere del veneziano è rimasta perfettamente intatta, e tratterà il turista come un re solo se ha la borsa ben fornita di denari, come il re di denari appunto; la sua ospitalità sarà squisita, i suoi modi cortesi e raffinati, il suo sorriso garbato, il suoi inchini e le sue piroette degne della commedia dell’arte, vi farà sentire “siore e parone” finché voi sarete come Pantalone de’ Bisognosi, non tanto per l’avarizia, quanto perché alla fine è quello che paga sempre il conto, o che vi comportiate come Colombina, un po’ civetta, briosa, allegra, scaltra, graziosa, deliziosamente bugiarda, con la tendenza a cacciarsi nei guai e a ingelosire chi la ama (come Arlecchino), o a beffare e a fare innamorare qualche vecchio trombone (come Pantalone), maliziosetta, sbarazzina, manesca con chi le manca di rispetto ma di facili costumi con chi le aggrada.
Niente è gratuito in questa città, niente è regalato, niente vi viene dato per amore e troverete amore solo se lo portate con voi al vostro fianco; a ben vedere il turista lascia in questa città più di quello che prende, paga profumatamente per un sogno che, come tutti i sogni, reca con sé la parvenza di essere un dono e quasi nessuno si rammarica alla fine dell’alleggerimento consistente della sua borsa.





Nessuna donna veneziana avrebbe regalato le sue grazie senza compenso, senza niun guiderdone, ai giovani e baldi norvegesi, seppure fossero “purissimi e di bello aspetto”, avrebbero potuto guardare le signore affacciate alle finestre, avrebbero potuto godere di altre signore pagandole, avrebbero trovato mariti compiacenti solo se avessero potuto comprare la loro compiacenza, altrimenti avrebbero incontrato il loro coltello in gola o affondato nelle loro viscere e sarebbero stati rotolati giù per qualche canale o posti in qualche calle dietro a qualcuno dei numerosi pozzi che ornano la città.
Uno sguardo di troppo ad una donna perbene, ad una donna sposata, qualche parola maldestra, per non parlare poi di qualche tentativo di contatto, vietato sempre e comunque (tranne forse in alcuni balli), che avrebbero fatto saltare la mosca al naso a qualche marito geloso e ne avrebbero scatenato il senso di proprietà della donna e la gelosia entrambi sconosciuti agli uomini scandinavi.
Ma i sedici ospiti degli isolani norvegesi, da buoni veneziani qual’erano, non godettero solo delle splendide grazie delle walkirie nordiche, non si bearono soltanto della loro calorosa ospitalità, scrutavano ogni cosa, soprattutto quelle in cui ci si potevano ricavare un po’ di schei, o meglio qualche ducato o qualche zecchino (che erano le monete in vigore allora), ed è così che al Querini, alzato l’occhio da quella interminabile notte brava e guardato qualcos’altro che non fossero le grazie muliebri, nel suo resoconto non sfugge che:

«  …vivevano in una dozzina di case rotonde, con aperture circolari in alto, che coprono con pelli di pesce; loro unica risorsa è il pesce che portano a vendere a Bergen. (...) Prendono fra l'anno innumerabili quantità di pesci, e solamente di due specie: l'una, ch'è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi; l'altra sono passare, ma di mirabile grandezza, dico di peso di libre dugento a grosso l'una. I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butiro e specie per darli sapore: ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d'Alemagna. Le passare, per esser grandissime, partite in pezzi le salano, e così sono buone (...)».


Il mio cartoccetto di pesce fritto di laguna e un'ombra di soave in Calle San Barnaba

Il mio cartoccetto di pesce fritto di laguna, le patate fritte e un'ombra di soave in Calle San Barnaba

I merluzzi, che qui venivano pescati più grandi e più abbondanti che altrove, venivano lavorati immediatamente dopo la cattura, decapitati, eviscerati, puliti e appesi ad essiccare interi o aperti lungo la spina dorsale le cui due metà rimanevano unite dalla coda, a delle rastrelliere, evitando accuratamente che il vento facesse si che i singoli pezzi si toccassero fra di loro.
L’aria e il clima freddo, secco e senza pioggia dei mesi fra febbraio e maggio, proteggeva il pesce dagli insetti e dalla contaminazione batterica; il quale maturava ancora per altri due tre mesi in un luogo chiuso, purché fosse secco e ben ventilato, in modo tale che alla fine di tutto il procedimento il merluzzo iniziale aveva perso circa il 70% del suo contenuto originario d’acqua, ma conservasse intatti i suoi principi nutritivi: proteine, vitamine e sali minerali.
In breve, l’osservatore  veneziano aveva notato la ricchezza delle isole Lofoten, quello stock fish esposto all’aria ad essiccare, ridotto ad una lastra disidratata, mummificato, che manteneva la polpa del pesce disidratata e la conservava per lungo tempo meglio di una mummia egizia e meglio di Marina Ripa di Meana, senza che il pesce stesso perdesse di sapore o le sue capacità nutritive.
Oltre alla lunga conservazione, che i tradizionali metodi di conservazione del cibo non equiparavano e che permettevano viaggi più lunghi ai marinai, quei fogli di pesce si potevano trasportare facilmente data la loro forma e il loro esiguo peso ed erano delle autentiche banconote nei mercati, perché potevano essere usate come moneta di scambio, tanto erano richiesti e pregiati, ed erano anche molto maneggevoli, in ogni caso non più ingombranti delle vecchie banconote da diecimila lire ancora visibili nei film di Totò.
Il 15 maggio 1432 Pietro Querini e alcuni dei suoi compagni di disavventura (gli altri scelsero di rimanere in quelle isole) partirono dall’isola di Røst alla volta di Bergen, portando con sé 60 stoccafissi secchi gran parte dei quali furono venduti per finanziare il viaggio di ritorno; i veneziani passarono per le città di Trondheim e di Valdstena, prima di giungere a Londra, dove trovarono ospitalità presso la nutrita e potente comunità veneziana d’Inghilterra.
Solo il 12 ottobre del 1432, dopo 24 giorni di cavallo, i marinai reduci giunsero a Venezia dove narrarono le loro disavventure e mostrarono a tutti gli stoccafissi rimasti; la serenissima non tardò ad accorgersi di quanto potesse essere prezioso un alimento di lunga conservazione, di scarso peso, facilmente trasportabile e stivabile, ricco di elementi nutritivi e che, opportunamente cucinato, poteva essere molto gustoso.  
  
(Continua)